"Luna di Fiele"
di Roman Polanski (1992)
A differenza dei
due precedenti film del ciclo Cinema e Letteratura
, ispirati a due grandi
scrittori come Kundera e Pirandello , questo film di Polanski è tratto da
un’opera non memorabile (di Pascal Bruckner), ma il tocco
di uno dei più geniali cineasti esistenti
ne ha fatto egualmente un lavoro ricco di intensità espressiva.
E’ la storia sulfurea di eros e thanatos
di due coniugi che passano per tutte le gamme dell’amore e dell’
odio, desiderio e repulsione e, nel loro gioco di dilaniamento
estremo , coinvolgono un’altra
coppia di turisti inglesi : il
tutto su una nave in crociera , con la storia che si dipana attraverso una
serie di flashback.
Anche qui tornano alcuni archetipi di Polanski come l’acqua , il
viaggio attraverso essa , una coppia che si lacera :
presenti già nel suo primo film Il
coltello nell’acqua ; ma l’acqua è centrale anche in Cul
de sac , Chinatown
, Frantic ( la doccia
che “permette” il
rapimento della moglie ) .
Luna di fiele è anche la storia di un racconto, proprio come narrazione
“letteraria” che il marito effettua nel suo ruolo di scrittore .
E in questo racconto, per
evitare le secche dell’erotismo patinato ( e un po’ ridicolo ) alle Nove
settimane e mezzo , di questo Polanski
fa la parodia in vari punti
, lo mette lui direttamente in
ridicolo, tanto da lasciar spiazzato lo spettatore , portato
sempre tra il tragico e il grottesco.
E’ in questa chiave ironica e beffarda che vanno lette
alcune scene sdrammatizzanti , anche se in questo caso a volte risultano
forzate e non di prima mano.
Ma la maestria di Polanski ha comunque la possibilità
di venir fuori nell’impianto
generale del film, , procedente come un sistema di specchi rovesciati che
comprende anche il rapporto tra le due coppie. E così ogni gesto d’amore
a un certo punto della storia pare ripetersi , ma in chiave perversa e
grottesca. Così il gesto d’incontro delle mani dei due amanti , sulla
giostra , all’inizio della storia, si ripete in una scena chiave del film ,
dove però sfocia
nell’incidente indotto con sadismo da lei , e che rende invalido il
marito . Ricambiando con gli interessi e
cattiveria la visita
ricevuta da lui anni addietro : allora era lei nel letto di ospedale, distrutta
dall’aborto voluto da lui, e
dalla di lui indifferenza .
Allo stesso modo la gioia di vivere
che era esplosa su quella giostra , allo statu
nascenti del loro amore , ha poi nel finale il suo rovescio nel Capodanno
sulla nave , in una falsa allegria
in realtà carica di tragicità e
di presagi. Dopo , quando tutto è finito,
la coppia inglese coinvolta in questo gioco perverso si ritrova sul ponte
della nave , in una scena simile a quella di apertura , e la nave
continua andare sul mare , presenza
inquietante e a volte ossessiva.
Ma la poetica dei segni come presagi , che
caratterizza il cinema di Polanski
, anche qui si mette in luce varie
volte fin dall’inizio della storia , dove
al primo piano di lei , che con sguardo sognante
si volta a guardare lui, il carrello all’indietro mostra
poco a poco che siamo in movimento su un autobus , che
ironicamente porta un cartello di pubblicità a un servizio di prostitute. “
Ogni rapporto fra uomo e donna , anche il più armonioso, contiene in sé il
seme della farsa e della
tragedia” , fa dire Polanski ad
Oscar e
ci mostra con tali
segni-presagi che , anche nella
pienezza dell’inizio , sono contenuti i semi
della distruzione futura.
Così come il primo incontro tra la coppia inglese
e Mimì avviene nel segno del malessere e dello spaesamento , ma soprattutto
si riflette nel mal di mare di Fiona , in un’esemplare capacità di associare due diversi livelli simbolici.
Nato a
Parigi nel 1931
, ritorna ancora bambino in Polonia con
i genitori che nel 1941 finiscono in un campo di concentramento nazista dove la
madre muore . Dopo un’esperienza di giovane attore di teatro ( e poi a più
riprese - fino a tempi recenti
e con ottimi risultati -
recita anche nel cinema) , si iscrive alla scuola di regia cinematografica
di Lodz dove si diploma nel 1959. Dopo
alcuni cortometraggi che ne rivelano già la carica surreale e il gusto del
grottesco , gira nel 1962 Il coltello nell’acqua , diventato un cult-movie
,“ un racconto di ammirevole finezza psicologica , ma anche un apologo
sull’opportunismo e il regime delle mezze verità in Polonia”, ambientato in
una barca a vela su un lago , che
prende a volte le gelide tonalità
di un fondale tragico.
Ritornato a Parigi , gira nel 1965
Repulsion , quasi la
fenomenologia schizoide di
una donna , in un film che gioca con i canoni del thriller, infiltrati però di
sottile ironia e sulfurea comicità .
Nel 1966
Cul de sac
lo consacra autore di valore
assoluto ( Orso d’oro a Berlino) in un film
che fonde verità e illusione, incubo e sogno, tragedia e humour
corrosivo , dove i vari
personaggi , che su
un’isola deserta si dilaniano ,
rimandano a una metafora di un universo scisso e autodistruttivo .
Nel 1967 Per favore… non mordermi sul collo con la moglie Sharon Tate , è la migliore e più raffinata parodia sul vampirismo, piena di gusto filologico.
Comincia a lavorare negli Stati Uniti e
nel 1968 Rosemary’s
baby , con Mia Farrow e John Cassavetes ,
ottiene un enorme successo di pubblico e di critica divenendo un classico
: è la storia di una giovane donna intrappolata
in un meccanismo di magia nera e si muove “ ai bordi del paranormale, dentro le oscurità
misteriose del male” .
Dopo la tragica morte della moglie Sharon Tate ,
assassinata nel ’69 da una setta
satanica , torna a girare nel
1971 Macbeth
e nel 1972 Che
? .
Nel 1974 Chinatown è un altro suo capolavoro , ambientato a Los Angeles negli
anni ’30 ( con Jack Nicholson e
Faye Dunaway ) , dai toni del noir
chandleriano , ma con un più di inquietante e torbido .
Nel 1976
L’inquilino del terzo piano
, è un thriller paranormale,
tutto costruito su un gioco di allucinazioni , dove il protagonista (
interpretato dallo stesso Polanski) si
identifica sempre più morbosamente con la vita devastata del precedente
inquilino , finendo col ripeterne
il suicidio .
Nel 1979 è
la volta di Tess , e nel 1986
di Pirati ,
opere non perfettamente riuscite .
Degno del suo talento è invece nel 1988 Frantic , con Emmanuelle Seignier e Harrison Ford , medico americano sperduto in una Parigi che lo respinge e alla disperata ricerca della consorte rapita misteriosamente : è un thriller alla Hitchock , ma anche un film sulla solitudine e l’incomunicabilità.
Nel 1992 Luna di fiele , coprotagonista di nuovo Emmanuelle Seigner , divenuta nel frattempo sua moglie.
Nel 1996 La morte e la fanciulla , con Sigourney Weaver e Ben Kingsley , lascia ogni tono grottesco e scava nella messa in scena della crudele dialettica tra vittima e carnefice , affrontando ferite recenti come quelle dei desaparecidos sotto la dittatura militare dell’Argentina , con un’esplorazione mirabile delle zone cupe dell’agire umano .
Nel 1999
La nona porta è
considerata una pellicola sottotono .