Quell'oscuro oggetto del desiderio
di Luis Bunuel
FRA
,1977 - Durata 100 min.
con
Fernando Rey , Carole Bouquet ,
Angela Molina , Julien Bertheau , Andrè
Weber
, Milena Vukotic
E’ l’ultimo film di Bunuel (6 anni dopo morirà) ed è ancora per lui un Oscar come migliore film straniero. E’ tratto da La donna e il burattino (1898) di Pierre Louys , romanzo che , pur non memorabile nella storia della letteratura, deve aver esercitato una malìa ricorrente verso il mondo del cinema dato che ha avuto ben 4 versioni ( e titoli diversi) : 2 ad Hollywood , 1920 e 1935 , (quest’ultima di J. von Sternberg con M.Dietrich : The devil is a Woman ) , e 2 in Francia , 1929 e nel 1959 con la regia di J. Duvivier , entrambe firmate con lo stesso titolo originale del libro : La femme et le pantin . Bunuel reinterpreta il romanzo ai nostri giorni , e la storia dell’amore insoddisfatto e ossessivo del vecchio signore per la bella e giovane cameriera diventa - per il grande autore spagnolo - l’apologo simbolico per chiudere il suo dissacrante cerchio sull’itinerario involutivo della borghesia . In L’angelo sterminatore la borghesia rimaneva prigioniera delle sue bassezze e meschinità , mentre ne Il fascino discreto della borghesia veniva continuamente interrotta nel suo rito gastronomico perché cominciava a perdere il suo legame con la realtà . Poi con Il fantasma della libertà si assisteva a un totale ribaltamento nei suoi riti e infine ora , in Quell’oscuro oggetto del desiderio, questa classe declinante e corrotta non può più soddisfare neppure l’amore , perché “non vede” e “non sente” più la realtà che ha intorno : come accade al protagonista che non si avvede che il vecchio ordine sta crollando sotto gli attacchi terroristici del “Gruppo Armato Rivoluzionario del Bambin Gesù” e che il suo “oggetto del desiderio” ( la donna) non è più “un oggetto”, come cerca di spiegargli Conchita dicendogli “ la chitarra è mia e la suono quando mi pare” . Matheau però non capisce il reale senso e la portata di queste parole e sino alla fine continuerà a inseguire Conchita , portandosi dietro appeso a una spalla un sacco di preziosi merletti, simbolo della sua inadeguata e sterile educazione. Per rendere più chiara e lampante la cecità di Matheau , Bunuel fa interpretare il personaggio di Conchita da due attrici , una angelicata e bionda (Carole Bouquet) , l’altra tenebrosa e bruna (Angela Molina) , che sono di volta in volta le facce cangianti della donna che si confondono agli occhi della sua ossessione. L’altro livello di lettura è quello psicanalitico e infatti la storia, che coincide col racconto svolto dal protagonista ai suoi occasionali compagni in un viaggio in treno , è in realtà un intrigante viaggio nell’inconscio , pieno di trabocchetti, scherzi, false piste , inganni , da leggere come un sogno, fonte zampillante di sorprese, simboli, trasgressioni. “L’inattualità dell’inconscio diventa l’attualità del conscio” , come quando Matheau ordina di gettare nel fuoco la biancheria con le tracce di Conchita e subito dopo un’ automobile esplode . Bunuel cattura e diverte lo spettatore e i movimenti meccanici dei personaggi in treno ( formazione del gruppo, frattura, ricomposizione ideologica delle marionette attorno al soggetto narrante ) ci fanno toccare l’assurdo che stiamo per attraversare : il processo filmico è così “ l’attuazione dello humour come rifiuto dell’esistente” . E alla fine del racconto il treno entra in stazione e Conchita ripaga della doccia di un secchio d’acqua quella subìta dal suo spasimante alla partenza del treno.
Mentre la voce di uno speaker radiofonico annuncia la fusione di tutti i gruppi terroristici , in una galleria di negozi i personaggi del treno sostano davanti a una vetrina , dove vedono una donna estrarre da un sacco due camicie da notte immacolate e una terza macchiata di sangue e strappata. Mentre la cucitrice s’appresta a rammendarla , il volto di Matheau si eccita e stringe la mano di Conchita : ancora il miraggio della deflorazione , l’orgasmo mentale del protagonista alimentato e/o proiettato in quelle mani di sapiente mezzana che ricuciono il sesso riproponendolo alla prova del sangue . Don Juan – Mathieu si allontana con Conchita , mentre l’esplosione ricopre la superficie dello schermo. Come nel Fascino discreto della borghesia viene fuori il ‘meraviglioso’ della vita quotidiana , la solita proliferazione di significanti , le situazioni di pura e velenosa clownerie , il modo burlesco del meccanismo , “la semplicità fiabesca dello stile” dove “il surrealismo quotidiano di Bunuel è questo stravolgimento della consolatoria e banale descrittività dei sentimenti, questa follia del perduto amore”.LUIS BUNUEL
Calanda (Spagna) 1900 – Città
del Messico 1983 . Figlio di
un proprietario terriero, dopo un’educazione molto rigida dai gesuiti , a
Madrid già negli anni ’20 entra
in contatto con il movimento surrealista e con
il meglio della cultura spagnola , tra cui Lorca e Dalì. . Assieme a quest’ultimo a
Parigi realizza nel 1929
il corto Un chien
Andalou , che rivela
immediatamente un pungente spirito anti-istituzionale e impressiona molto per la
crudezza di alcuni immagini (celebre
quella dell’occhio tagliato da un rasoio , metafora
dello “sguardo che
attraversa” del suo cinema corrosivo ). Nel 1930
L’age d’or si scaglia violentemente contro la borghesia e la religione (
e questi temi accompagneranno tutta
la sua produzione), combinando una carica anarcoide con tratti di commedia
satirica. Nel 1932 Las Hurdes , è un aspro documentario su alcune delle zone più
povere della Spagna dell’epoca. Nel
1939 , dopo la vittoria dei franchisti,deve riparare in USA , dove lavora al
MOMA e come direttore del doppiaggio alla Warner Bros . Ma denunciato come ateo,
è costretto a spostarsi in Messico dove
realizza nel 1950 I
figli della violenza , che descrive le condizioni di miseria di giovani
abbandonati a se stessi, e che vince a Cannes per la miglior regia.
Realizza
nel 1952 El
, sulla ossessiva gelosia di un ricco borghese verso l’innocente
moglie , e poi una trasposizione nel
1953 di Cime
tempestose . Nel 1955
Estasi di un delitto è una
commedia nera dove un ricco signore
proietta le sue frustrazioni sessuali in allucinazioni in cui si crede serial
killer di donne , e invece sono
solo proiezioni dei suoi
desideri inconsci .
Nel
1958 Nazarin ( premio della Giuria a Cannes) , è la parabola amara di un
prete buono e umile che deve sperimentare sulla propria pelle l’impossibilità
di vivere coerentemente con i precetti di Gesù , il quale è rappresentato
a ridersela di gusto sotto
la corona di spine .
Sotto
l’onda del successo il franchismo lo fa tornare in Spagna : nel 1961
Viridiana , è la parabola di una novizia che scopre
a sue spese l’inanità delle istituzioni cristiane basate sulla carità.
Franco ne vieta la distribuzione, accusandolo di blasfemia,
ma il film vince la Palma d’oro a Cannes .
Nel
1962 L’angelo
sterminatore torna decisamente ai moduli espressivi del surrealismo e
sfrutta le usuali strutture del thriller per costruire un apologo della
borghesia in una situazione di stallo .
Nel
1964 Diario
di una cameriera , con J.Moreau , è centrato sul feticismo di un
vecchio borghese. Nel 1967 Bella
di giorno ( con C.Deneuve) vince il Leon d’oro a Venezia ed è il suo
massimo successo di pubblico, con la storia della bella signora dalla doppia
vita , in una contaminazione tra realtà e sogno e pieno di simbolismi. Nel 1968
La Via Lattea riprende il suo
dissacrante discorso sulla religione cattolica ,e attraverso il viaggio di due
pellegrini definisce un itinerario
sfolgorante attraverso le eresie di
duemila anni . Nel 1970
Tristana
, con l’allegorica amputazione di una gamba
della protagonista ; nel 1972 Il
fascino discreto della borghesia , dove i ricchi personaggi marciano
senza meta verso il nulla come sequenza iterativamente intercalata nel
racconto : Oscar come miglior film straniero ; nel 1974 Il fantasma della libertà
, dove paradossalmente i patrioti spagnoli gridano “abbasso la libertà”,
mentre vengono trucidati dalle
truppe d’occupazione della Rivoluzione francese ; E infine nel 1977
Quell’oscuro oggetto del
desiderio , suo
ultimo film.
In tutta la sua opera Bunuel ci ha mostrato come “ far diventare cinema i concetti” . Egli non si affida tanto ai dialoghi ( volutamente convenzionali) , ma al suo modo originalissimo di filmare attraverso movimenti di macchina fluidi , “naturali” , soprattutto piccole panoramiche per seguire gesti e personaggi . Il suo cinema è una messinscena dove , sotto comportamenti “soavi”, “ il vetriolo morde la carne e rivela gli scheletri” , ma attraverso il sorriso dell’ironia e i continui spiazzamenti della fantasia . L’ellissi e l’iperbole si alternano nelle sue invenzioni espressive , l’onirico e la realtà si frammischiano continuamente . Ed è proprio il caso di dire che Bunuel “ ha dato agli uomini la gioia del cinema e assieme le sue ‘ali strappate’.”. Affermava: “basterebbe che la bianca palpebra dello schermo potesse riflettere la luce che le è propria per far saltare l’universo… nessun’arte manifesta una sproporzione così grande tra le possibilità che offre e le proprie realizzazioni...” . E faceva sue le parole di Engels sulla funzione ideale del narrare: “la distruzione delle rappresentazioni convenzionali, lo scuotere l’ottimismo conformista e l’obbligare il lettore/spettatore a dubitare della perennità dell’ordine esistente”.