Velluto Blu
di David Linch
Di David
Lynch con Kyle
MacLachlan , Isabella Rossellini, Dennis Hopper, Laura Dern, Dean Stockwell,
“
A Quentin Tarantino interessa
guardare uno a cui stanno tagliando un orecchio ( cfr.
Le iene), a David Lynch interessa l’orecchio” : quell’orecchio umano
che all’inizio di Velluto blu il
protagonista rinviene nel suo giardino , prima grande metafora in cui si
“entra” come in una spirale
labirintica in un mondo misterioso.
Velluto
blu inizia a rappresentarci il mondo idilliaco ,ben ordinato e di sani
propositi della provincia americana, e subito sotto la sua crosta fuoriesce quel
mix di feroce, malvagio, torbido e
ipocrita di cui è condita parte di questo american dream , ma
in genere di tutta la
contemporanea società occidentale. Velluto
Blu riesce ad essere tante cose assieme e tutte
miracolosamente compresenti e funzionali al film : è l’iniziazione
alla “perdita dell’innocenza” di un giovane sprovveduto che entra in
contatto con il ribollire oscuro del “ male”, è un transfert edipico in cui
i personaggi giocano vari ruoli, ma è anche la trasfigurazione
della corporeità che
richiama i quadri di Bacon e le sculture di Kienholz ; è “ L’Uomo della
sabbia che entra in punta di piedi nella mia stanza tutte le notti , solo per
spargere polvere di stelle e sussurrarmi, va tutto bene” ( cantato nel brano In
Dreams che torna due volte nel
film), ma è lo stesso “Uomo della sabbia” che nel racconto di Hoffmann
getta sabbia negli occhi dei bambini fino a quando non balzano fuori dalle
orbite. Velluto
blu è un film in cui Lynch da’ una dimostrazione della sua capacità
di rendere strano
il quotidiano , e proprio in
quei momenti dove “non succede nulla” riesce ad imporre alla pellicola un
andamento inquietante .Un esempio è fornito dalla scena in cui i due giovani
Jeffrey e Sandy parlano nell’atrio della casa : ad un certo punto i due hanno
un sussulto e si voltano verso la porta dello
studio del padre di Sandy. L’inquadratura si sposta sullo stesso luogo , ma
per alcuni attimi si limita a mostrare un ambiente vuoto;
il padre compare solo dopo alcuni secondi , e basta questo prolungamento
del tempo d’attesa a innescare
una suspence incredibile e
inaspettata; così come quando Jeffrey dalla sua camera apre la porta per scendere le scale nell’atrio
sottostante : Lynch all’apertura
della porta inquadra un ambiente
totalmente oscurato , che si carica di incertezza minacciosa , e ancora lo
spettatore , assieme a Chion si può chiedere “come
è riuscito Lynch , al contrario di tutto il cinema precedente ‘a
farci paura’ mostrandoci
la discesa di una scala”, senza che di sotto ci
siano assassini, né mostri in
agguato , ma solo lavorando con un gioco
di luci. “ La straordinaria
pregnanza del film risiede nel fatto di far apparire ogni tematica affrontata
-dal sadismo, all’erotizzazione dell’inquadratura, dall’autorità
familiare , al voyeurismo , all’adolescenza - uniti in un’atmosfera surreale
e onirica, e contemporaneamente come
assolutamente reale e possibile” . E’ tutto “ un ambiente emozionale ,
visivo e sonoro , dove c’è
un’ibridazione di espressionismo arcaico con una suggestione postmoderna che
si esplica con la costruzione di labirinti narrativi mentali-visivi
–uditivi”. “Conseguenza : la continua disattesa delle aspettative dello
spettatore e al tempo stesso il suo coinvolgimento in un tipo di fruizione
percettiva plurisensoriale in
cui il male rappresentato sullo schermo è potenzialmente il suo”. La
dimensione sonora connota qui, come negli altri film
di Lynch, semanticamente ed emotivamente le immagini , anche attraverso
il sodalizio con Angelo Badalamenti che da questo film in poi curerà le musiche
di ogni lavoro di L.
Nasce
a Missoula ( Montana / USA) nel 1946
. Chiariamo subito che queste
sono solo prime note introduttive sul
percorso artistico e umano di questo autore
di cui analizzemo attentamente l’opera per tutto il ciclo di gennaio .
Riprenderemo nelle schede degli altri tre incontri , approfondimenti successivi
e ulteriori riflessioni man mano che si svilupperà il discorso.
Lynch
- l’autore che rende in
cinema gli incubi neri della provincia profonda ( e poi anche della metropoli )
americana , facendoli emergere non da alieni fantascientifici o da
orrorifici’nightmare’, ma dalla banale quotidianità -
nasce in un luogo molto
simile alle cittadine in cui ambienta Velluto blu, Cuore selvaggio,
Twin Peaks . E’ interessante notare
come , nei cenni che L. fa alle
sue esperienze e luoghi d’infanzia e adolescenza , quasi sardonicamente esca
fuori il contrasto tra
l’apparentemente idilliaco e ordinato ambiente socio-urbano delle middle-town
americane e segni
perturbanti di un magma sottostante in
qualche modo insano, torbido, repellente : è il filo rosso della sua poetica
cinematografica . “ Era un mondo di sogni ,il cielo blu, gli aerei che lo
percorrevano rombando, gli steccati, l’erba verde, i ciliegi…Ma sotto quei
ciliegi trasudava una specie di resina mezza gialla e mezza nera” . Del resto
egli racconta la sua infanzia come una sceneggiatura da fumetto e da film ,
fatta da inquadrature molto contrastate , come sarà fatto il suo cinema :
“Vedevo la vita tutta fatta di primissimi piani - in uno per esempio, la
saliva si mescolava al sangue – o di piani ‘totali’ in un ambiente
monotono” … “ Avevo decine di amici, ma preferivo rimanere solo a
contemplare gli insetti che brulicavano in giardino”. Infine i ricordi del suo primo film a 6 anni ( Wait till the sun shines, Nellie) : “ C’era una scena che mi
aveva colpito molto, quando un bottone si conficca nella gola di una
bambina…”. La formazione
originaria di Lynch è pittorica già dall’infanzia
e prosegue fino alla Pennsylvania Academy of Fine Arts dove viene influenzato da Hopper , Pollock, Kline , Doganiere
Rousseau , Bacon e Kokoschka , per
incontrare il quale va in Europa. Questa
formazione figurativo- pittorica contrassegna
tutto il suo cinema
giacchè , come dichiara ,
“ho cominciato a fare film di animazione che somigliavano né più né meno a
quadri in movimento” e ancora per “ dare un suono” alle pitture e alle
composizioni scultoree cui si dedicava .
Il
suo primo corto nel 1967 Six figures getting sick ( 1’) , esprime
queste ispirazioni originarie: proiettato su una sorta di
schermo-scultura con dei rilievi a forma di teste , e
nel corso delle proiezioni le
teste si trasformano in stomaci e tutto
comincia a contorcersi, con una
sirena per colonna sonora;
“Sin
dai primi corti Lynch si sofferma sul male, sul dolore dell’essere umano.
Tutta la sua filmografia si rivela una sincera, spietata analisi della
sofferenza umana e di tutte le possibili fughe oniriche dovute
all’insoddisfazione di questa esistenza” : pertanto quelli che abbiamo
appena descritto non sono giochetti alla moda tra l’orrorifico e lo
stupefacente fini a se stessi , ma il suo cinema , “ costruito attorno
all’incubo e al mistero , non risulta fondato su strane fobie dell’ignoto o
di un’entità mostruosa, ma piuttosto sembrerebbe ruotare intorno al timore di
se stessi , al delirio concreto dovuto alle potenzialità della mente e ai suoi
oscuri corridoi”. “ Nel caso
dei film di L. potremmo ipotizzare una ‘forma audio-visiva a-modale’, capace
di riattivare meccanismi sintetici
primitivi e dimenticati, da cui proverrebbe anche il singolo potenziale
perturbante racchiuso nelle
immagini”. E il macabro che
tracima nel grottesco presente nei
suoi film ,più che muovere al riso è appunto perturbante
in senso freudiano , ma senza le
mediazioni teorico-esplicative
del metodo analitico : come se L. ci restituisse direttamente i contenuti
rimossi dell’inconscio . Entrare quindi nel gioco di specchi stregati di L. è
inquietante perché ha a che fare con la materia viva delle nostre angosce
segrete. E infatti non pochi si arrestano alla soglia. Ma , se si decide di
“entrare”, comincia il viaggio
affascinante in un universo
sensoriale a più dimensioni , dove l’espressività filmica
è tradotta in una splendida texture di immagini e suoni , in una gioia
di cinema totale che da’
godimento allo sguardo come all’intelligenza : e tutto questo senza alieni o
mostri , ma alterando o ingrandendo
un dettaglio della quotidianità banale ,
inserendo quelle sonorità che “costituiscono l’80%” del coinvolgimento percettivo sensoriale dei suoi film ( come
dallo stesso L. testualmente affermato) .
Per
ora ci limitiamo solamente ad elencare i suoi lungometraggi ,
rimandando a schede specifiche sui singoli film che
verranno fornite in successione durante il ciclo :
1977
: Eraserhead ;
1980
: The Elephant Man ;
1984
: Dune
1986
: Velluto blu
1990
: Cuore selvaggio
1992
: Twin Peaks - Fuoco cammina con me
1996
: Strade perdute
1999
: Una storia vera
2001:
Mulholland
Drive
Come si cercherà di sviluppare nel ciclo, i primi due film, Eraserhead e The Elephant Man ( gli unici due in bianco e nero ) affrontano la tematica del “mostruoso” nella diretta deformità di creature umane : nel primo , tramite il feto-neonato simile a un lombrico o altro animale repellente , vi è una sorta di “epopea del residuo: il residuo di un uomo ( schiacciato dalla propria esistenza) , di un feto ( di cui non resta che una creatura deforme ) , di una famiglia , di un mondo destinato ad esplodere” ; nel secondo - attraverso il giovane affetto da neurofibrimatosi ed esibito come animale da baraccone - dove “lo spettatore viene scosso dal proprio sguardo, , dove è la somiglianza del ‘mostro’ a noi quello che più sconcerta e turba , come i vagiti ( umani , troppo umani) del neonato del primo film.”
In Velluto blu, Cuore Selvaggio e Twin Peaks - pur con tutto lo straniamento ambientale dove il sonoro diventa testo e anticipa il dettaglio visivo , con la deformazione corrosiva e grottesca dell’american dream della provincia profonda - la narrazione segue schemi ancora familiari .
Invece in Strade perdute e Mulholland Drive siamo del tutto oltre il racconto convenzionale, dove i canoni classici della narrazione sono stravolti ,i generi attraversati e reinterpretati e quello che sembrava un thriller si rivela nella seconda parte un sogno, e un apparente revival anni ’50 diviene un noir , mentre i personaggi cambiano nome ,identità, posizione e il loro movimento è sempre più irrintracciabile e indecidibile , “film sul cinema” sublime e inesplorato e sui suoi sensi profondi.