Cuore
Selvaggio
di
David Lynch
USA 1990 REGIA: David Lynch
ATTORI: Nicolas Cage, Laura Dern, Willem
Dafoe, Isabella Rossellini, Harry Dean Stanton, Crispin Glover, John
Lurie, Jack Nance, Sherilyn Fenn, Sheryl Lee, Diane Ladd.
Cuore
selvaggio
, Palma d’Oro a Cannes 1991, come
in Velluto blu (e in Twin
Peaks) , ha di nuovo come sfondo la smalltown
della provincia profonda americana . Anche qui l’ambientazione è anni
’50 e così le musiche rock-melodico-revival
di quegli anni . Anche qui una coppia di giovani che attraversa un universo di
violenza e malvagità , e anche qui infine lo sguardo ironico che fa il verso a
“questo mondo crudele , dal cuore selvaggio” (così definito alla fine dai
due protagonisti)e che evidenzia il contrasto tra il modello
idilliaco, stereotipato, da fumetto, impersonato dalla coppia di amanti,
e la realtà torbida e sanguinolenta che li circonda .
Ma,
se Velluto blu ha soprattutto i
tratti di una favola gotica in cui dominano i colori scuri, Cuore
selvaggio – dove il rosso prevale – è un racconto fondamentalmente
neo-barocco, nei suoi eccessi e contaminazioni post-.moderni ( espressione del
caos della nostra contemporaneità) . Riteniamo
sia questo il film di Lynch
che abbia più influenzato il cinema di
Tarantino ( Le Iene e Pulp
Fiction in
testa ) , anche se tutta la
produzione di L. è senz’altro creditrice
verso certo cinema
post-moderno : oltre a Tarantino, I fratelli Coen (Blood
Simple, Barton Fink, Fargo ) ,Van
Sant, Leigh, Jarmush e altri
ancora. Rispetto alla cifra “espressionistica-arcaica”
che si coglieva nel
precedente film , queste contaminazioni di genere qui producono a volte come una
“vegetazione simbolica”
lussureggiante e incontrollata ,
un’autentica esplosione di immagini e sequenze .
“ La sua forma pulviscolare, tenuta insieme con il pretesto non nuovo
dell’itinerario tipo Odissea del Male , trova giustificazione
nei ripetuti ammiccamenti alla forma-racconto televisiva ( sequenze ripetute,
musica d’atmosfera, recitazione sopra e sotto le righe)” : qui, ancora
di più che in Velluto blu ,
si evidenzia l’accostamento eterodosso , la frizione stridente tra immagini
forti e dialoghi inconsistenti, scritti
volutamente per rappresentare “quei simpatici imbecilli” di Sailor e Lula,
che parlano , sentono e si muovono come i protagonisti dei fotoromanzi allora in
massima voga, costruendosi una mitologia consolatoria
dell’amore ricavata ancora dalla
pubblicità, dai fumetti ,dalle favole della cultura americana : abbondano i
riferimenti ironici e ripetuti al “ Mago di Oz”( le fate ,etc.).
Qui – come anche in Velluto blu e
Twin Peaks - in questo
microcosmo della piccola provincia USA, “tutto”
può accadere ci racconta Lynch, il meraviglioso, il raccapricciante, tutto
quanto è narrativamente improbabile , “ perché tutto
in qualche modo è già accaduto, anzi, se si ripensa alla storia del
cinema, tutto potrebbe essere nato lì”.
In Cuore
selvaggio Sailor e Lula sono da una parte visti come degli “eroi
puri” , che attraversano senza
fermarsi un universo fatto di repulsione e di orrore,
e nel contempo si vede
che ambiguamente nascono e si
alimentano di questo stesso mondo e forse ( come suggerisce il finale) si
apprestano di nuovo a replicarlo. .In Cuore
selvaggio “l’intreccio richiama alla mente fosche tragedie
shakesperiane , dove le passioni adulterine e i rapporti familiari nascono
all’insegna della violenza e della morte, frutto di congiure ordite
segretamente per punire chi non rispetta la volontà dei genitori. Su questo
scenario gravido di sciagure –dove il sangue
e il fuoco sono i simboli di
una vicenda calabile in una barbarica notte dei tempi – Lynch
innesta alcune caratterizzazioni da
fumetto del tutto stridenti con il tono del racconto. La madre di Lula si
comporta come Lady Macbeth, ma appare
come Crudelia ; Bobby/Dafoe , dovrebbe essere un inquietante killer, ma il suo
ghigno sdentato sotto la calzamaglia lo trasforma in una specie di zucca di
Halloween : Sailor e Lula parlano
come nei fotoromanzi , ma i
cadaveri che attorniano i due ragazzi sono veri e rappresentati come tali,
sfigurati dal dolore e dalle ferite , senza nessuna concessione alla
convenzionalità” . Anche qui si
accumulano materiali espressivi tra loro eterogenei , spiazzando lo spettatore
fuori da un registro narrativo cui
solitamente si aggrappa fin dalle prime inquadrature.
A mediare
stilisticamente parodia e affresco apocalittico, Lynch introduce nelle sequenze
più macabre elementi sdrammatizzanti ( il cane che si porta via la mano di un
impiegato tranciata
dopo la sparatoria di una rapina , le imprecazioni buffe del primo killer
mentre viene trucidato, etc). Esse quindi trascendono così l’horror e
acquistano una connotazione surreale, onirica, quasi bunueliana, “che le rende
inquietanti come un presagio”.