Barton Fink
di Joel e Ethan Coen
Barton Fink - USA 1991 REGIA: Joel e Ethan Coen con John Turturro, John Goodman, Judy Davis, John Mahoney, Michael Lerner, Jon Polito, Steve Buscemi.
Durata 116 min.
Dover dare conto in due pagine , seppur fitte -
di un film come Barton Fink
- Palma d’oro a Cannes nel 1991 come miglior film , miglior regia e
migliore attore protagonista , con una giuria presieduta da Roman Polanski
( caso come vedremo di
rara assonanza tra giudice e
premiati ) - è impresa di
fatto impossibile. Quello
che si può pertanto fare è di additare in questa scheda almeno le grandi
regioni di significato artistico e
culturale cui rimanda tale
opera , ritenendo che in seguito debba
essere attento oggetto di
approfondimento monografico per i
corsi avanzati di lettura del linguaggio cinematografico che
stiamo elaborando.
I fratelli Coen appartengono a questa tendenza
avanzata e hanno alcuni elementi in
comune con il regista del Montana
e in questo film si potranno evidenziare ( soprattutto in confronto con Velluto
Blu) . Ma è altrettanto vero che i
Coen hanno una propria
dimensione autoriale , uno stile personale e
una varietà di tematiche e di sviluppi
che sinceramente stupiscono.
Se il loro primo film Blood
Simple poteva essere
assimilato alla ibridazione di generi in un elegante “gioco” citazionista ,
già con il secondo film che abbiamo analizzato , Miller’s
Crossing, i conti non tornano
più in questo senso . Abbiamo visto infatti che con esso c’è ancora la
raffinata rivisitazione di un genere classico ( nel 1° il crime-movie , nel 2°
il gangster-movie), e ancora c’è
quella commistione di macabro e
grottesco che contrassegna il
cinema cosiddetto”post-moderno”. Ma Miller’s
Crossing riesce ad andare oltre questi confini e a farsi riflessione,
con immagini ricche di senso
, e il “crocevia del mugnaio” diventa metafora degli infiniti crocevia della
vita, pur nell’approccio ironico
degli autori. In Barton
Fink l’ambizione espressiva
e la complessità di tematiche intrecciate fanno un balzo ancora maggiore, e
l’ironia diventa feroce sarcasmo.
Barton Fink è tanti film assieme . Per esempio è un
film sul rapporto tra uno scrittore
e la sua creazione , che in questo caso deve diventare una sceneggiatura
cinematografica. E’ un film sullo
scacco della presunzione di poter
descrivere con un ottica “realista” “la
vita della gente comune”, come si propone già dalle prime battute il
protagonista . Ma – come si vedrà - la
realtà della gente “comune” ha spesso recessi oscuri e inimmaginabili e lo
scrittore potrà avvicinarvisi solo in una dimensione visionaria , dove egli
stesso diventa film totale ,
nell’immersione in una rappresentazione
pura , dove è “la vita della mente” ( la vita della sua mente)
a diventare
realtà: altrettanto “vera”
( anzi più “vera”) di quella populista
che la sua retorica di
intellettuale presuntuoso credeva di afferrare.
Alla fine “entrerà” definitivamente nel quadro , divenuto
“vivente”, che aveva visto per la prima volta nella sua stanza: nel mondo
della rappresentazione pura, quindi, con la “scatola” 8della sua
coscienza?).
Il film è congegnato come un sistema di scatole
cinesi dove si
gioca la vicenda , che è
una vicenda del tutto cerebrale , cioè espressionista allo stato puro, esprimente
quindi lo sviluppo interiore dei vari stati d’animo
vissuti dal protagonista, e
ancora, i suoi incubi, che diventano rappresentazione obliqua
di un reale rimosso. Il
contenitore più grande è il
desolato albergo in cui si vede soltanto un altro cliente oltre a Barton (e
in aggiunta di una coppia si
sentono una volta i gemiti del loro amplesso) ; dentro l’albergo esiste la
stanza di Barton e da quella stanza uscirà una misteriosa scatola .Cosa
conterrà la scatola? La testa della
donna con cui poco prima Barton si era accoppiato?
O non la stessa sua “mente” , “quanto di più prezioso
hai al mondo”, gli dice John Goodman nel consegnargliela ? E chi ha ucciso la
donna ? Barton o il suo vicino ? O in realtà è tutta una trasfigurazione
visionaria dello scrittore , che così esce dalle secche della pagina bianca,
dando vita inquietante a persone e situazioni altrimenti anonime e senza forza
narrativa?
Ma questo non è un film giallo o poliziesco e gli stessi Coen , interpellati in proposito , avvisano che incamminarsi in un’interpretazione contenutistica è fuorviante e che la realtà da afferrare è quella artistica in tutte le più varie soluzioni espressive , nelle sue infinite possibilità , dove “il film stesso sogna se stesso, per mezzo del protagonista, e sogna incubi , vicoli ciechi narrativi ,possibili evasioni e scavalcamenti concettuali” .
Elementi comuni a Lynch che
possono essere mutuati da lui ( Velluto
Blu): il tema dell’orecchio
innanzitutto : orecchio infettato di
John Goodman , ma orecchio anche
come prevalenza del suono nel connotare le situazioni cruciali . Sussurri e
grida , qua e là , rumori innaturali : per esempio Barton guarda il
quadro dove è raffigurata una ragazza sulla spiaggia, e si sente il rumore del
mare; eppoi il gorgogliare
del lavandino in cui sprofonda come in un buco nero
( anche Eraserhead e i suoi
corti animati ) , eppoi ancora l’osservazione
rivoltagli da Goodman : “tu non
ascolti” .
Il film sembra iniziare con un esplicito riferimento
al Kubrick di Shining : l’albergo vuoto e desolato , uno scrittore
che dalla sua incapacità di produrre scrittura deraglia poco alla volta
in un delirio . Qui l’albergo
si chiama Earle , e , EAR(le) vuol dire orecchio ,
dove viene affermato il primato dell’udito , mentre in Shining
il nome è Overlook , non a caso
esprimente una visione deformata dello sguardo
( look) che è appunto trasceso ( over ) dall’incubo.
Ma poi il film assume
tante suggestioni da Polanski ( L’inquilino del terzo piano
, ma anche Rosemary’s Baby) .E come ne L’inquilino del terzo piano
, l’ambiente claustrofobico in cui vive il protagonista, lo pervade a
poco a poco , ha la meglio su di lui ,impone la sua vita.
L’ambiente –come nella migliore tradizione espressionista – è infatti
animato , pulsa , geme, trasuda : la carta da parati che si scolla
è come lo sciogliersi progressivo di Barton in un’altra dimensione , e
ha assonanza col pus dell’orecchio infettato di Goodman ; e
il calore , che poi arriva
all’incendio , significa l’incrementarsi progressivo –fino al suo diapason
- della temperatura della storia , che dall’immersione nel lavandino in
poi assume i tratti di pura
visionarietà . Lo scrittore , dopo essere stato “battuto” , reso impotente
nel suo proposito di leggere la realtà dell’uomo
della strada, quando questo uomo
della strada gli appare in una sua dimensione
inquietante , che egli non riusciva a “vedere” perché “non ascoltava”
, ora riesce ad “ascoltare” ,
ad un livello plurisensoriale, e gli
scatta la creatività e scrive di getto la sua storia .
La sua nemesi arriverà comunque perché il produttore , quando gli
consegna la storia, dice che una “cazzata” , che la gente
ha bisogno di storie che non riguardano
le crisi di coscienza e i suoi meandri, soprattutto
ora che “siamo in guerra” . Siamo nel 1941 , gli Usa sono appena entrati in
guerra , e tutto viene semplificato
e omologato al “pensiero unico” . Soprattutto siamo a Hollywood e la logica
delle majors
è totalmente estranea a la
scrittura interiorizzata di un Barton.