"Nashville" di Robert Altman

Nashville ( 1975 ) è uno di quei film “sempre-verdi”, che anche tra 50 anni rimarrà come simbolo di un ‘epoca.

Si può dire che tutto il cinema di Altman tende a confluire dentro questa che può essere considerata la sua opera-evento .Concepito in occasione del duecentenario della nascita degli USA come nazione indipendente, il film è un grande affresco dell’America , ma in fondo di tutta la società occidentale.Il festival nazionale di musica country in cui tutto si svolge, è un escamotage attraverso cui Altman squinterna sullo schermo un viluppo di storie, fatti, suoni, colori .

Ben 24 personaggi si intrecciano, in apparenza casualmente, in realtà con un accordo formidabile, nel quale emerge una struttura originalissima, e potenzialità espressive della forma cinematografica che hanno fatto scuola, rimanendo inimitabili , e rendendo il film sempre estremamente attuale.Si è travolti e catturati nel caleidoscopio nel quale ci fa entrare Altman , e nello stesso tempo si rimane affascinati dalla grandiosità e genialità del quadro di umanità varia e temi coinvolgenti che via via si compone sotto i nostri occhi , fino alla commovente e tragica scena finale di una folla disorientata e in preda al panico che pare tuttavia recuperarsi al suono di “Don’t worry me “ , immagine del malessere profondo, ma anche della grandezza di una nazione che tanto influisce sull’intero pianeta.

E’ la coralità allo stato massimo espressa dal grande cinema, ma la macchina da presa di Altman mai come qui riesce ad essere uno strumento magnifico di approfondimento psicologico e contemporaneamente antropologico e sociale. E’ anche infine un’allegoria sulla società dello spettacolo , e sulla natura complessa dello spettacolo in sé . Grandissimo film.