"Crimini e misfatti" di Woody Allen


CRIMINI E MISFATTI L’IMPORTANTE E’ CAPIRE. IL CINEMA COME FORMA ETICA IN WOODY ALLEN ( a cura di Giuseppe Panella ) 

Crimini e misfatti (Crimes and Misdemeanors, 1989) è forse il film più difficile di Woody Allen. 
Un film in cui la tematica “filosofica” relativa alla possibile punizione delle colpe e dei delitti (i crimini “veri” e i misfatti morali) viene affrontata in tutta la sua gamma etica ed esistenziale. In esso, infatti, ad un omicidio realmente compiuto e commissionato a un boss della Mafia seguono diverse e forse più perverse forme di malvagità impunita: il protagonista viene abbandonato dalla moglie per un farabutto da quattro soldi, un pensatore ebraico sostenitore della speranza per le sorti del mondo si uccide, Dio non si rivela e non manifesta la sua volontà riguardo la Shoah, il Genocidio che ha distrutto la maggior parte della popolazione ebraica dell’Europa moderna e che il Dio più potente delle religioni monoteistiche non ha fermato né sanzionato. Il Male trionfa, i criminali restano impuniti, i crimini non vengono puniti, i misfatti trionfano sul bene. In un incontro per il Seder pasquale Judah (un nome che è tutto un programma!), famoso e stimato medico filantropo che ha commissionato a suo fratello Jack l’uccisione di Dolores, la sua amante, che vorrebbe trasformare la loro relazione in un’unione alla luce del sole, chiede al fratello Sol, pio ebreo, alla sorella May che pensosa si interroga sulla funzione di Dio sulla terra devastata dalla Shoah e al cognato Al, cinico e più disincantato, che cosa succederebbe se: 

“Judah (fuori campo) E se qualcuno… commette un crimine… un…un.omicidio?
Sol e gli altri guardano Judah.
Sol Allora, in un modo o nell’altro, sara punito.
Al Se viene scoperto 
Sol Se non è scoperto, dal suo atto di violenza sboccerà un fiore immondo
Al Ah, tu confidi un po’ troppo nella Bibbia, Sol. 
Sol No, no, no! Che sia il Vecchio Testamento o Shakespeare, l’assassino verrà sempre scoperto.

Judah ha un’espressione spaventata.

Judah Chi ha parlato di assassinio?

Tutti lo guardano

Sol Tu.
Judah Davvero?

Sol guarda Judah.

May E io dico che se riesce a commetterlo e a farla franca, e decide di non farsi affliggere dall’etica, allora ce l’ha fatta”.

Si tratta di non farsi scoprire, di farla franca (come avviene nel più recente Match Point ). Il teorema di Konisberg /Allen capovolge i criteri “assoluti” della filosofia kantiana della ragion pratica (e non a caso forse Kant era nato proprio a Konisberg, oggi Kaliningrad nella Prussia Orientale!). Non è l’etica a salvaguardare il comportamento umano, ma il caso e il caso non sa distinguere tra buoni e cattivi, malvagi e virtuosi ma solo tra vincitori e vinti. E allora qui l’importante è conoscere quello che è accaduto per poter giudicare. Il cinema serve proprio a questo: dare criteri di giudizio per saper giudicare, per capire, per poter essere in grado di dare un giudizio oggettivo su ciò che è accaduto. L’occhio del cinema vede tutto – assomiglia forse all’occhio pantocratico di Dio?

"Il cinema di Woody Allen appartiene, in maniera sempre più netta, all'universo della schizofrenia. Fenomeno che gli è particolare, come è particolare - non bisogna dimenticarlo - alla maggior parte dei registi comici, Chaplin prima di ogni altro. Schizofrenico, il cinema di Allen lo è innanzitutto nella sua progressione, poiché la sua carriera è come spaccata in due. Una prima parte, quella che va da PRENDI I SOLDI E SCAPPA fino a AMORE E GUERRA, che è composta, più che da film comici, da opere farsesche: trionfo della gag, predominanza soprattutto della comicità verbale ereditata dall'apprendistato teatrale e radiofonico. Patrimonio formidabile, ed apparentemente inesauribile di soluzioni satiriche, talvolta addirittura sprecato da una scrittura cinematografica approssimativa. ANNIE HALL (1977), più del seguente e leggermente compiaciuto MANHATTAN, rappresenta l'opera-cerniera: disgregando la struttura narrativa, introducendo il flash-back, moltiplicando personaggi e situazioni, il comico si fa regista. E introduce quegli elementi di linguaggio che diverranno, a partire da quel momento, delle sue costanti. Da dieci anni a questa parte, dunque (secondo elemento schizofrenico), il cinema di Allen diventa quello dell'alternanza: un film "comico" o leggero, seguito da uno tragico o perlomeno drammatico. All'interno di questo schema, l'arte registica del comico si affina sempre di più, fino a raggiungere il perfetto equilibrio espressivo di quella che è probabilmente la sua opera strutturalmente più compiuta, HANNAH E LE SUE SORELLE. Comparendo quale attore per la prima volta dopo cinque anni, fondendo la vena più malinconica di UN'ALTRA DONNA al film ad incastro genere HANNAH o RADIO DAYS, con quest'ultimo CRIMINI E MISFATTI Woody Allen perfeziona ulteriormente il proprio itinerario verso una poetica della schizofrenia. Poiché tutto, in questo film costruito sulla nozione dello sguardo (dei due protagonisti, uno è oculista e l'altro cineasta, il rabbino che fa da intermediario perde progressivamente la vista, l'amante aspira ad essere finalmente "vista", eccetera) si situa in antitesi. Tragedia e comicità, per la prima volta nel cinema di Allen, coesistono infatti con volontà di radicale parallelismo all'interno di uno stesso film; due personaggi, uno in modo tragico, l'altro in maniera comica, incarnano quel sentimento di colpevolezza che è alla base di CRIMINI E MISFATTI. Un medico benpensante, socialmente e privatamente onorato, accetta progressivamente l'idea di sbarazzarsi di un'amante divenuta insopportabilmente ingombrante. Ed un cineasta del tipo cosiddetto impegnato, accetta il compromesso più vile: girare - per ragioni alimentari - un documentario sul fatuo regista di successo commerciale. Il quale, quasi non bastasse, finirà per far innamorare di sé l'intellettuale donna dei sogni del nostro delizioso perdente. Due storie, quindi, due personaggi, due toni espressivi: che servono al regista per smorzare (vecchio procedimento del cinema comico), passando da un episodio all'altro, l'effetto drammatico quando diventa eccessivamente marcato. Due filoni che si sviluppano autonomamente sul tema (tipico della cultura ebraica alla quale Allen, come sempre, più che esplicitamente si riallaccia) della colpa e dell'espiazione: per ricongiungersi in un finale fin troppo casuale per non essere un tantino forzato (ed è proprio l'aspetto più discutibile del film, contribuendo a tingerlo di un leggero moralismo di maniera, che mal si concilia con la tradizionale leggerezza di tocco dell'autore). Malgrado questa esitazione finale, il parallelismo di CRIMINI E MISFATTI, proprio perché lo sentiamo maturato sulle esperienze delle opere precedenti, non è però mai arbitrariamente introdotto. Quasi il regista ponesse costantemente uno sguardo retrospettivo alla sua opera, esso appare invece come un rifiuto a scegliere fra due strade: ma un rifiuto espresso in termini creativi e non inteso come accettazione di una impotenza espressiva. Sempre di più i suoi personaggi giocano di questo parallelismo per costruirsi artisticamente: grazie alla maturità registica di Allen, essi possono ormai costantemente proiettarsi dal mondo della realtà a quello della fantasia . Così, come quelli de LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO passavano dallo schermo alla platea, e cioè dal mondo della creazione a quello della quotidianità, così la Gena Rowlands di UN'ALTRA DONNA accedeva ad un mondo diverso - e di difficile accettazione - ascoltando al dilà di un muro, ciò che stava accadendo ad un altro essere umano. Così ora, sempre poiché guidati da un mano registica vieppiù' sapiente, essi possono permettersi, in CRIMINI E MISFATTI, di tenerci col fiato sospeso con il loro deambulare fra quelle due dimensioni: e tentare - inutilmente, come sappiamo - di sfuggire alla diversità di quei due mondi. Che sono poi quelli del proprio destino, del proprio passato, dei propri compromessi. Eterno trasformista - proprio come quel ZELIG al quale riusciva di mutarsi a seconda delle circostanze e delle necessità - il personaggio alleniano assomiglia quindi sempre di più al proprio burattinaio: nel suo rifiuto delle regole, nella sua volontà di sfuggire ai condizionamenti del mondo che lo circonda, al peso della tradizione e del conformismo sta la sua disperazione e la sua vitalità. In due parole, il suo essere moderno."
Claudio Bacchi C. e m. è forse il film più drammatico scritto e diretto dal cineasta newyorchese, e ciò nonostante è anche un film in cui si ride molto anche se qui – più che altrove – il sapore di queste risa è particolarmente amaro.Il solito cast brillante e impareggiabile, Martin Landau su tutti ed anche una breve ma irresistibile parte per Anjelica Houston..; ma ciò che più colpisce è l’ambizione moralistica e per certi versi scontata del racconto. Un grande oculista, grande professionista e ben allacciato con gli ambienti del potere ebreo e non, ad un certo punto, per salvare la propria rispettabilità decide di far assassinare la propria amante che vorrebbe ricattarlo. E se questo lì per lì potrebbe tormentarlo col rimorso e la paura, ben presto passa in secondo piano facendolo rituffare nella propria vita tranquilla e agiata, fatta di lusso e certezze.Woody fa qui invece da alter ego buono di Landau, un uomo misero e condannato ad essere un perdente, che passa il proprio tempo a rivedere vecchi film classici, affezionatissimo alla nipotina, ovviamente divorziato.., ma soprattutto costantemente in transito da una sconfitta all’altra: uomo che non vuole e non sa farsi valere nella vita reale, inguaribile sognatore e dunque un fallito.La trama celebra il trionfo del cinismo e del pragmatismo. I sogni e gli ideali hanno diritto ad esistere solo se razionalizzati ed organizzati per poter convivere con agio e tranquillità fisica e spirituale. “2 cuori e una capanna” è cessato e tutti, proprio tutti, desiderano arrivare al più presto alla riconoscibilità e al successo, da raggiungere con ogni mezzo. Landau si serve addirittura di un omicidio, ma non è che l’esemplificazione che serve ad Allen per postulare il proprio teorema. Mia Farrow, anche nel film ex moglie di Woody, lo abbandona per ul regista televisivo allegro e vivace, ed una delle gag più irresistibile è proprio quando questi, appena conosciuto l’ex di Mia, accende il registratore e dice:”idea per un prossimo film.., storia di un fallito che non sa più che pesci prendere…” Direi in conclusione trattasi del suo film più nero, costruito con una sceneggiatura d’acciaio con cerniere zincate (e questo da all’opera uno spessore enorme), che oscilla tra il giallo e la black comedy, e in cui l’unica speranza di luce è rappresentata dalla nipotina, innocente, tenera, deliziosa, che un giorno si spera potrà fare meglio di questi grandi i quali, tra fasulli e rampanti, e brillanti, e falliti, formano il quadro di una società sull’orlo dell’abisso.Terminata la visione – è ciò rappresenta un unicum nella florida produzione di W.A. – le prime impressioni sono di inquietudine e fastidio. Le risate indotte sono subito state cancellate per lasciar spazio alle considerazioni etiche e morali, e ciò, al termine dei film di Allen, non era mai accaduto.