"Brucio nel vento" di Silvio Soldini

 ( a cura di Letterio Scopelliti )

"Se come regista smettessi di bruciare, di cercare altre strade, sarebbe la fine!" ha detto Silvio Soldini in una intervista rilasciata in occasione dell'uscita del film.

Silvio Soldini  ha trattato nella sua carriera varie tematiche utilizzando anche registri diversi in base ai film,  passando da toni ironici dell'Aria serena dell'ovest ,a quelli  più riflessivi dell' Anima divisa in due , a quelli decisamente comici ma anche poetici di  Pane e Tulipani, una commedia delicata e poetica che sa ironizzare e divertire anche trattando temi difficili, come la crisi della famiglia e l'emarginazione. Ciò che rende i suoi film  apprezzabili è sicuramente il suo stile particolare ed  il coraggio di non seguire le mode ma di obbedire ai suoi interessi autentici e l'aver fatto comunque dell'anticonformismo e la diversità la cifra della sua opera.

 In questo film, Brucio nel vento,  i toni sono drammatici ma non  rinunziano alla  vena poetica del regista. Qui  Soldini riadatta in film  un testo affascinante ma duro, essenziale, scabro e scabroso, un libro disperato, il romanzo "Ieri ", della scrittrice ungherese Agota Kristof  che sembra riprendere e proseguire il discorso magistralmente condotto nella "Trilogia della città di K." la sua opera precedente.

 Il film, ambientato in Svizzera, racconta la storia di Tobias, un giovane operaio che proviene da un paese straniero, non ben identificato. E' ossessionato dal suo passato del quale ha cercato di cancellare ogni traccia perchè, forse, ha  ucciso il padre e ferito la madre prostituta, della quale si vergognava.Così ha cambiato persino il suo nome e si è rifugiato in un anonimo paesino della Svizzera . Nonostante questo, Tobias spera che la sua vita prenda un corso diverso perchè aspetta il suo vero amore, al quale ha dato il nome immaginario di Line. Intanto egli  vive una vita sospesa   tra amori superficiali e momenti di follia, una vita alla quale   cerca di dare significato, rifugiandosi nella scrittura e nella poesia. Quando Lina  arriva veramente non ha i colori del sogno, non è bella e luminosa, ma è la proiezione del passato e si incarna nella sorellastra Caroline, sua compagna di scuola al tempo dell'infanzia. Eppure, anche così, il miracolo si compie perchè Tobias si innamora perdutamente di lei, nonostante lei abbia un marito e una figlia. Il passato  sembra  tuttavia condizionare anche il presente e, in qualche modo, anche ripetersi. Ma il finale sarà diverso e, forse, meno   terribile.

 Il merito del regista è di aver saputo restituire lo stile del romanzo e la "weltanshaung",  la concezione della vita del protagonista,con immagini  che alternano visioni oniriche e descrizioni della vita di fabbrica, monotona e insignificante. La prospettiva di Soldini e anche del testo letterario è minimalista,  struggente e insieme estremamente romantica . Parole che pesano come pietre:  il passato, ieri appunto, incombe sul protagonista come una ossessione e sembra condannarlo alla follia ma, nello stesso tempo, costituisce l'unico spiraglio possibile per una vita diversa.

L'amore assoluto, l'amore romantico, l'amore definitivo è cercato disperatamente da Tobias . Tobias aspetta la sua Line che trasformerà la sua grigia e impossibile vita in qualcosa di indicibile. Il sensucht romantico, lo struggimento è il sentimento che sembra prevalere nel protagonista ma  nel film ha una sua meta e non resta dunque tale,  mentre nel romanzo era puro streben, quel "tendere verso" che, per definizione, non può realizzarsi. E' per questo che il romanzo aveva un esito negativo mentre il film percorre altre strade.  Qualche critico  ha considerato la scelta di modificare il finale del libro come una infelice stonatura, in quanto tradisce lo spirito stesso del testo letterario ma, a parer mio, la variatio va vista come simbolo del potere della scrittura e del cinema che è capace di rendere vero il sogno e, in tal senso, è giustificata e fornisce una legittima scelta del regista.     

 Il tema centrale dell'opera è sicuramente quello dello straniero, dell'estraniamento. E' tema del resto qui declinato con valore filosofico e simbolico e che si intreccia ad altri temi importanti, come quello del tempo e della scrittura, come dolorosa ma insieme struggente e poetica fuga dalla realtà. Straniero perchè fuggito dal suo paese natale - nel romanzo il tema era anche autobiografico in quanto la scrittrice è effettivamente fuggita dall''Ungheria nel 1956 in seguito all'intervento sovietico- dove una infanzia terribile lo aveva portato a tentare di uccidere il padre per vendicare in qualche modo la madre. Ma straniero anche a se stesso, come del resto tutti gli uomini che escono dall'essere e vengono "gettati" nell'esistere, e  in cerca di un assoluto per riscattare la sua esistenza, sospesa tra un passato di umiliazione e un presente di alienazione.  

Un altro tema importante è quello dell'alienazione come follia, ma anche come genialità e  dell'arte, come riscatto della vita,  quello della scrittura e della poesia come vero ed unico modo di accedere al noumeno, all'assoluto. Nel film Tobias recita una delle sue poesie a Line ed è un momento alto perchè sa unire parole e immagini in un tutt'uno e la poesia, normalmente bandita dalle sceneggiature dei film, può trovare il suo riscatto.

Ma c'è un  tema che tutti li racchiude che è genialmente declinato nel romanzo e ripreso nel film : quello del tempo. "Ieri" il titolo, allude al passato,   al passato che è sempre presente nelle allucinazioni del protagonista, al passato che è insieme tormento e speranza tanto che la Line del sogno avrà proprio le fattezze della sorellastra che proviene da quel passato dal quale Tobias aveva voluto fuggire. Ma non si sfugge al destino che si ripresenta puntuale. Come Edipo, che ha ucciso il padre, sarà costretto a sposare la madre, così Tobias è spinto dalla sorte a unirsi alla sorella, in un rapporto che, più che avere i caratteri dell'incesto, assume i connotati del amor folle, dell'amore estremo che rende insignificante ogni  evento che  rientri nei caratteri della normalità.  In modo analogo a quello che si prova di fronte  al sublime che atterrisce e incanta nello stesso tempo, Tobias è spinto a portare alle estreme conseguenze il suo amore. Il tempo si ripresenta quasi ciclicamente in un eterno ritorno che altro non è che volontà di eliminare il suo scorrere ed attingere all'Assoluto. E il tema del tempo è scandito anche dal lavoro del protagonista che svolge le mansioni di operaio in una fabbrica di orologi: compie ossessivamente lo stesso gesto ma non vedrà mai nessun orologio finito.

L'uomo è costretto al tempo, è sottoposto alla schiavitù del tempo, senza riuscire a vedere la sua fine, il suo compimento. E' la condanna al divenire che resta senza senso, fino a quando non compare qualcosa che muta del tutto il grigio orizzonte dell'esistenza. Soldini traduce questo grigiore con riprese sempre senza sole che riescono a  restituire alle scene quella cupa e inesorabilemnte fredda tonalità che è presente del romanzo.  Tuttavia quando Line compare nella vita di Tobias, tutto acquista un senso, una bellezza che prima non esisteva. Tobias, come i suoi compatrioti che frequenta nel pub, sembrava destinato all'infelicità, una infelicità che ha portato molti suo amici addirittura al  suicidio. Ma Tobias è un privilegiato, rispetto agli altri, perchè possiede il dono della scrittura e perchè sogna l'arrivo di Line, il suo amore assoluto che lo salverà e lo porterà in un mondo diverso. Solo così l'incantesimo del tempo che sembra una condanna sarà spezzato. Ma tutto qeusto è solo un sogno? Secondo Agota Kristof sì . Secondo Soldini è un sogno che può trasformarsi in nuova vita. 

La vita è sogno.....questo il messaggio nascosto nell'ultima scena del film che cita Calderòn de la Barca.  La vita è sogno e il sogno  diventa vita: ecco il circolo virtuoso che riassume la concezione, nel complesso ottimistica e ironica, del cineasta milanese. E le regioni del sogno prendono le sembianze di un mondo colorato, dove il sole e il mare sono protagonisti, dove finalmente i personaggi hanno trovato una loro dimensione autentica e si sentono quasi a casa, anche se continuano ad essere stranieri, perchè l'uomo non cesserà mai di esserlo.  E la canzone che chiude il film suggella in modo esemplare questa idea perchè ha i toni dell'esotico del romantico insieme.

La fotografia di Bigazzi che sa cogliere del paesaggio svizzero il suo aspetto rigoroso e freddo e che gioca quasi con le linee e le curve, regalandoci inquadrature indimenticabili,  ci restituisce la magia della poesia e nello stesso tempo il dolore e la pesantezza dell'esistenza.

La colonna sonora che alterna silenzio, musica appena accennata, il suono delle campane e della neve, il suono dei fuochi d'artificio e struggenti canzoni, sempre in lingua originale, sottolinea e accompagna bene l'asciuttezza e la poeticità delle immagini.

Gli interpreti, sia il protagonista che gli attori, molti dei quali svizzeri, sanno ben assecondare gli intenti del regista e, con rigore e asciuttezza, ci restituiscono l'atmosfera particolare del soggetto. Le parti che il regista ha volutamente sottratto al doppiaggio sottolineano ancora meglio l'estranietà del linguaggio  e costringono lo spettatore allo stesso sforzo del protagonista, facendo implicito riferimento alla lingua, quella francese, scelta dalla scrittrice ungherese per esprimere le sue emozioni.

 

AGOTA KRISTOF

Agota Kristof è nata in Ungheria, ma ha abbandonato il suo paese nel 1956, in seguito alla repressione sovietica e oggi vive a Neuchatel, in Svizzera. Scrive in francese, che è diventata la sua lingua di adozione, e i suoi romanzi hanno ottenuto un grande successo in Francia. Nel 1998 la casa editrice Einaudi ha pubblicato la Trilogia della città di K., che comprende Il grande quaderno, La prova e La terza menzogna, e un volume con due pièces teatrali: La chiave dell’ascensore. L’ora grigia. Ieri.