"Sostiene Pereira" di Roberto Faenza

SOSTIENE PEREIRA di Roberto Faenza , Ita/Fra 1995

(dal romanzo omonimo di Antonio Tabucchi , 1994) ( a cura di Letterio Scopelliti )


Regia: Roberto Faenza Sceneggiatura: Roberto Faenza, Sergio Vecchio Direttore della fotografia: Blasco Giurato Direzione artistica: Giantito Burchiellaro Montaggio: Ruggero Mastroianni Musica: Ennio Morricone Produzione: Elda Ferri per Jean Vigo International/K.G. Production Origine: It./Francia Distribuzione: Mikado Durata: 1 h e 44' 
Gli interpreti
Marcello Mastroianni (Pereira) Daniel Auteuil (dottor Cardoso) Stefano Dionisi (Monteiro Rossi) Nicoletta Braschi (Marta) Joaquim De Almeida (Manuel) Marthe Keller (signora Delgado) Teresa Madruga (portiera) Nicolau Breyner (padre Antonio) Filipe Ferrer (Silva) Mario Viegas (direttore del giornale) 

La storia. Siamo a Lisbona nel 1938, al tempo della dittatura di Salazar, dittatura iniziata nel 1932 e che finirà solo nel 1974, qualche anno dopo la morte del dittatore ( 1968). Pereira è un giornalista del Lisboa giornale filogovernativo. 
Ha vissuto sempre in modo appartato e non si è occupato mai di politica. Tuttavia, essendo il responsabile della pagina culturale del quotidiano, crede di essere del tutto libero nel suo campo e che tra letteratura e politica non vi sia una necessaria relazione. Pereira assume un giovane, laureato da poco in filosofia con una tesi sulla morte, e gli affida l’incarico di preparare necrologi anticipati di illustri personaggi della cultura. Quando il giovane presenta pezzi di chiaro taglio politico e avversi al regime, il giornalista li rifiuta. Ma, successivamente accoglierà il giovane in casa e, dopo la selvaggio intervento della polizia che lo pesta a morte, Pereira, presa ormai coscienza politica, denuncia l’assassinio sul giornale e fugge all’estero.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, vincitore del premio Campiello e Viareggio, che parla di una metamorfosi, di una trasformazione , ed è una sorta di romanzo di formazione che si traduce con la presa di coscienza politica della situazione del Portogallo, al tempo della dittatura di Salazar. 
Il film è fedele al romanzo e, del resto, lo stesso autore ha collaborato alla sua sceneggiatura.
Due sono i temi centrali dell’opera letteraria e cinematografica: quello della presa di coscienza politica di taglio marxista /hegeliano e quello della morte, di taglio possiamo dire heideggeriano. Il protagonista passa dal sonno della ragione, da una miope acquiescenza, dall’isolamento e dalla cecità intellettuale, alla piena consapevolezza della sua responsabilità non solo politica ma civile e morale. Quando prende coscienza della situazione non può che agire di conseguenza e, a questo punto, si verifica una vera e propria rinascita che si traduce anche nell’atteggiamento interno e perfino corporeo del personaggio, prima rassegnato alla morte e precocemente invecchiato, poi pronto ad una nuova vita e quasi ringiovanito e finalmente libero e fiero della nuova scelta. E’ una presa di coscienza non di classe ma individuale anche se il giornalista può pensarsi come il borghese medio, tipico esemplare di una classe che crede di non essere responsabile della dittatura e delle atrocità commesse dal potere, ma che ha una reazione quando si sente coinvolta e comprende finalmente che non si può stare sempre alla finestra e che è necessario prendere una posizione. 
La scelta- come afferma Kiekergaard- è inevitabile perché qualsiasi comportamento implica una scelta morale e civile e l’uomo è non può non scegliere. Di fronte all’Aut Aut Pereira sceglie la parte della vittima e della libertà piuttosto che quella del carnefice e tiranno. L’autore e di conseguenza anche il regista ripropongono la vexata questio del rapporto tra cultura e politica. Può la cultura vivere in un limbo, lontano da ogni coinvolgimento o al contrario essa è sempre e comunque responsabile non solo del suo impegno ma anche dei suoi silenzi? Quale deve essere il ruolo dell’intellettuale? 
Quanto al tema della morte che percorre ogni pagina ed declinato e ricordato in molteplici modi ( il mestiere del padre – la morte della moglie – la sua minaccia di morte imminente – i necrologi degli scrittori illustri - Il titolo della tesi del giovane assunto da Pereira – la morte del giovane ucciso dalla polizia segreta – la morte come inevitabile destino del protagonista ) non va visto senza dubbio come semplice richiamo, come memento mori di medievale memoria, ma piuttosto va pensato come vera ossessione che riconduce il protagonista al passato e non gli permette di vedere con giusti occhi il presente. Ma questa ossessione e cecità si dissolve man mano che la vicenda procede e Pereira può alla fine andare incontro al presente dopo aver compiuto il gesto più rivoluzionario di tutta la sua vita. E la morte è vista anche come morte della libertà del libero arbitrio come legame alle tradizioni politiche e religiose come insomma morte dell’anima e aderenza ai dogmi. 

Prendendo in esame il rapporto romanzo- film possiamo vedere come il film si serva della voce fuori campo per introdurre elementi letterari e trasmettere quel particolare taglio proposto nel libro tra soggetto narrante e autore che fa sì che Pereira stesso parli di sé come in terza persona. Il sintagma Sostiene Pereira che è come un leit . motiv che accompagna ironicamente spesso il testo e il racconto filmico e ha funzione ironica e umoristica vicina a quella che Pirandello usava per prendere insieme le distanze e partecipare coi suoi personaggi. 
Proviamo ora a confrontare l’incipit del libro con la scena iniziale: Nel libro Pereira è a casa e sta leggendo una rivista in una bellissima giornata ( quel bel giorno d’estate con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva e con una città che scintillava sotto la sua finestra e un azzurro un azzurro mai stato ,sostiene Pereira di un nitore che quasi feriva gli occhi , lui , si mise a pensare alla morte. Vediamo come il regista introduca un elemento dinamico rispetto alla staticità del libro e faccia leggere la rivista che sarà il pretesto per l’assunzione del giovane Monteiro Rossi mentre affidi alla visione quello che nel testo è scritto. Queste scene mostrano un altro protagonista del romanzo che è la città di Lisbona : da queste prime note possiamo capire come Tabucchi consideri questa città eccezionale e ce la presenti sotto una luce straordinaria per sottolineare la vitalità la forza e la bellezza della città che invece contrasta con il grigiore e la cupezza sia del protagonista in questo momento sia della situazione politica e generale che il paese sta vivendo. 
Il film di Faenza, nonostante sia notevole, per la scelta degli attori tra i quali primeggia un Mastroianni alla sua ultima grande interpretazione, e che vede la partecipazione di Daniel Auteuil nei panni del medico delle terme, Stefano Dionisi nel ruolo del giovane oppositore, Nicoletta Braschi nelle vesti della sua compagna e che si avvale delle musiche di un maestro come Morricone risulta inferiore alla forza del romanzo perché ha una tendenza più narrativa ed espositiva o drammatica piuttosto che poetica come avviene nel romanzo. Il registro del film è sicuramente dignitoso e forte ma privilegia solo alcune delle tematiche del testo lasciandone in ombra altre e l’insieme appare condizionato da una venatura di malinconia perché è come tutto visto con gli occhi del giornalista mentre nel romanzo è il narratore che descrive le vicende in modo incalzante e drammatico. Mastroianni è bravo ma Faenza non è riuscito a raggiungere le vette poetiche del libro privilegiando la strada delle emozioni e del sentimento. Una delle conseguenze di quanto detto è il fatto che mentre nel romanzo il ritmo è incalzante ed il lettore resta come sospeso nel film solo nel finale c’è come una accelerazione che coincide con la metamorfosi del protagonista

ROBERTO FAENZA 
Torinese, classe 1943, Roberto Faenza esordisce direttamente nella regia - dopo essersi diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia ed aver fatto una breve esperienza come documentarista - con "Escalation" (1968), aspro apologo contro la società capitalistica ed i mille lacciuoli e condizionamenti che essa impone alla libertà dell'individuo.
Se le medesime preoccupazioni paiono riscontrabili nel successivo "H2S" (1969), bizzarra favola fantascientifica impregnata d'utopismo antitecnologico, il prosieguo della carriera del Nostro va in direzioni differenti e non sempre coerenti: la satira politica ("Forza Italia!", 1977; "Si salvi chi vuole", 1980 ), il film di genere ("Copkiller", 1983), per infine acquetarsi nella trrasposizione più o meno creativa di opere letterarie ("Mio caro dottor Gräsler", 1990; "Jona che visse nella balena", 1993; "Sostiene Pereira", 1995; "Marianna Ucrìa", 1997; "L'amante perduto", 1999).
Oltre al cinema, Faenza si è a lungo interessato di controinformazione, interrogandosi sui meccanismi dei mass-media, ed ha pubblicato sull'argomento alcuni libri ("Senza chiedere permesso", "Tra abbondanza e compromesso", "Fanfan la tivù", ecc.) di notevole interesse.
Nel 2003 ha girato il film "Prendimi l'anima", concentrato sul percorso umano di Sabina Spielrein e sul suo innamoramento per Jung - psichiatra, allievo e pupillo di Freud - che curò e guarì la malattia della donna secondo il metodo appreso dal maestro. Nel 2005 I giorni dell’abbandono .

ANTONIO TABUCCHI 
nato a Pisa. il 24 settembre 1943, Antonio Tabucchi viene allevato nella casa dei nonni materni a Vecchiano, un borgo nelle vicinanze della città toscana. Durante gli anni dell’università, intraprende numerosi viaggi in Europa, sulle tracce degli autori incontrati nella ricca biblioteca dello zio materno.

Al ritorno da uno di questi viaggi a Parigi, trova su una bancarella nei pressi della Gare de Lyon, firmato con il nome di Alvaro de Campos, uno degli eteronimi del poeta portoghese Fernando Pessoa (1888-1935) il poema Tabacaria, nella traduzione francese di Pierre Hourcade. Dalle pagine di questo libercolo ricava l'intuizione di quello che sarà per più vent'anni l’interesse principale della sua vita.
Recatosi infatti a Lisbona, sviluppa per la città del fado e per il Portogallo una vera passione. Finisce così per laurearsi nel 1969 con Silvio Guarnieri e Luciana Stegagno Picchio con una tesi sul Surrealismo in Portogallo.
Si perfeziona alla Scuola Normale Superiore di Pisa negli anni ‘70 e nel 1973 viene chiamato ad insegnare Lingua e Letteratura Portoghese a Bologna.
Con María José de Lancastre, ha tradotto in italiano molte delle opere di Fernando Pessoa, ha scritto un libro di saggi e una commedia teatrale su questo grande scrittore.
Nel 1973 scrive il suo primo romanzo, Piazza d'Italia (Bompiani 1975), un tentativo di scrivere la storia dalla prospettiva dei perdenti, in questo caso gli anarchici toscani, nella tradizione di grandi scrittori italiani di un passato più o meno prossimo, come Giovanni Verga, Federico De Roberto, Tomasi Di Lampedusa, Beppe Fenoglio, e contemporanei, come Vincenzo Consolo.
Nel 1978, anno in cui viene chiamato a insegnare all’università di Genova, pubblica Il piccolo naviglio (Mondadori) e, nel 1981 Il gioco del rovescio e altri racconti (Il Saggiatore), seguito da Donna di porto Pim (Sellerio 1983). Il 1984 è l’anno del suo primo romanzo importante, Notturno indiano, da cui nel 1989 è stato tratto un film di Alain Corneau, con Jean-Hugues Anglade, Clémentine Célarié e Otto Tausig. Il protagonista è un uomo che cerca di rintracciare un amico scomparso in India, ma in realtà è in cerca della propria identità.
Nel 1985 pubblica Piccoli equivoci senza importanza (Feltrinelli) e, nel 1986, Il filo dell'orizzonte. Anche in questo romanzo il protagonista, Spino, che cerca di dare un nome al cadavere di uno sconosciuto è il tipico personaggio sulle tracce di se stesso. Non si sa se questi personaggi riescano nel loro intento, ma nel corso della loro vita sono costretti ad affrontare l’immagine che gli altri restituiscono di loro. Anche da questo romanzo è stato tratto un film (1993) con Claude Brasseur e la regia del portoghese Fernando Lopez.
Nel 1987 anno in cui pubblica I volatili del Beato Angelico (Sellerio) e Pessoana Minima (Imprensa Nacional, Lisboa), riceve in Francia il Prix Médicis, per il miglior romanzo straniero (Notturno indiano). Nel 1988 scrive la commedia I dialoghi mancati (Feltrinelli). Nel 1989 il presidente della Repubblica portoghese gli conferisce l’Ordine Do Infante Dom Herique e nello stesso anno è nominato Chevalier des Arts et des Lettres dal Governo francese.
Nel 1990 pubblica Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa (Feltrinelli) e l’anno successivo, L'angelo nero (Feltrinelli 1991). Nel 1992 scrive in portoghese Requiem, un romanzo che più tardi verrà tradotto in italiano (Feltrinelli, vincitore del Premio P.E.N. Club italiano) e pubblica Sogni di sogni (Sellerio).
Il 1994 è un anno molto importante nella vita di Antonio Tabucchi. E’ l’anno de Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa (Sellerio), ma soprattutto del romanzo per il quale è diventato maggiormente conosciuto: Sostiene Pereira (Feltrinelli), vincitore del Premio Super Campiello, del Premio Scanno e dl Premio Jean Monnet per la Letteratura Europea. Il protagonista di questo romanzo diventa il simbolo della difesa della libertà d'informazione per gli oppositori politici di tutti i regimi antidemocratici. In Italia, durante la campagna elettorale, intorno a questo libro si aggrega l’opposizione contro il controverso magnate della comunicazione Silvio Berlusconi. Il regista Roberto Faenza ne trae il film omonimo (1995) in cui affida a Marcello Mastroianni la parte di Pereira e a Daniel Auteil la parte del dottor Cardoso.
In novembre viene chiamato dell’Ecole des Hautes Etudes di Parigi a tenere una serie di lezioni. Nel 1995 appaiono Conversaciones con Antonio Tabucchi di Carlos Gumpert (Anagramma) e Dove va il romanzo (Imucron)
Nel 1997 scrive il romanzo La testa perduta di Domasceno Monteiro, basato sulla storia vera di un uomo, il cui corpo fu trovato in un parco. Si scoprì che l’uomo era stato assassinato in una stazione di polizia della Guardia Nazionale Repubblicana nei dintorni di Lisbona. Un fatto di cronaca che colpì la sensibilità e l’immaginazione dello scrittore. Per portare a termine questo romanzo, Tabucchi ha lavorato sui documenti raccolti dagli investigatori che, al Cosiglio d’Europa, a Strasburgo, tengono sotto controllo il rispetto dei diritti umani e le condizioni di detenzione in Europa. In poche parole, controllano le interazioni tra i cittadini e gli agenti all’interno dei commissariati di polizia. Il romanzo si rivelò profetico quando il sergente José dos Santos, l’assassino, finalmente confessò il delitto, per il quale fu condannato a una pena di 17 anni di reclusione.
Nel 1997 scrive Marconi, se ben mi ricordo (Eri). L’anno successivo, L'Automobile, la Nostalgie et l'Infini (Seuil, Parigi 1998)
Una vecchia diatriba sul ruolo dell’intellettuale lo contrappone a Umberto Eco, secondo il quale l’intellettuale ha principalmente il compito di organizzare la conoscenza, mentre Tabucchi rivendica il diritto, di fronte ai fatti preoccupanti della nostra società, di prendere posizione e, quando è necessario, suonare l’allarme. E' il tema che collega i brevi saggi raccolti ne La gastrite di Platone pubblicato prima in Francia, per la traduzione di Bernard Comment, e in seguito in Italia (Sellerio 1998). L’autore toscano vi contesta un’affermazione del Tractatus di Ludwig Wittgenstein: «Nulla dire se non ciò che può dirsi... Su cio di cui non si può parlare si deve tacere», perché permetterebbe di parlare soltanto di ciò che si conosce. Fantasia e immaginazione appartengono esse stesse, in un certo qual modo alla conoscenza, anche se non hanno nulla a che fare con la logica di Wittgenstein, ma rappresentano una forma di conoscenza che interessa il sospetto e il dubbio.
Il 1998 è l’anno in cui riceve dall’Accademia Leibniz il Premio Nossack. Nel 1999 scrive Gli Zingari e il Rinascimento (Sipiel) e Ena poukamiso gemato likedes (Una camicia piena di macchie. Conversazioni di A.T. con Anteos Chrysostomidis, Agra, Atene 1999). I dubbi sono come macchie su una camicia bianca, fresca di bucato. La missione di ogni intellettuale e di ogni scrittore è di instillare i dubbi per la perfezione, perchè la perfezione genera ideologie, dittatori e idee totalitariste. La Democrazia non è uno stato di perfezione.
Attratto fatalmente dai personaggi tormentati e pieni di contraddizioni, Antonio Tabucchi, il più europeo degli scrittori italiani, non sta mai dalla parte dell’Autorità. Nei suoi romanzi il sentimento e lo sdegno trovano il modo di esprimersi in un senso più lato e fanno appello ad un pubblico più vasto, oltre i limiti della lingua e i confini nazionali. I suoi romanzi sono stati tradotti in tutta Europa.
La capacità di dubitare è molto importante, quasi a livello fisiologico: bisogna dubitare delle religioni fondamentaliste che non ammettono dubbi; dei regimi politici imposti, che non ammettono dubbi, di ogni forma estetica di perfezione, che non da spazio al dubbio. Anche se esistono dei valori fondamentali sui quali non è possibile equivocare: come l’affermazione «Tratta il prossimo tuo come te stesso», o la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Nel 2001 Tabucchi pubblica Si sta facendo sempre più tardi, un romanzo epistolare. Diciassette lettere che celebrano il trionfo della parola, che come «messaggi nella bottiglia», non hanno destinatario, sono missive che l’autore ha indirizzato «a un fermo posta sconosciuto». E' lo stesso Tabucchi a definirle «discorsi autoreferenziali», tentativi di spiegare a se stessi qualcosa che si è capito in ritardo; a causa di ciò si è perduta un’occasione irripetibile e poi... «la vita è transitata». Per questo libro gli viene attribuito il premio France Culture 2002 per la letteratura straniera.
Nel 2003 appare in libreria Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori, sette testi di poetica, per la maggior parte inediti o inediti in Italia, che illuminano un pensiero, una parola, una suggestione presente nei romanzi dello scrittore.
Lisbona è la città in cui vive scrivendo per sei mesi all’anno, insieme alla moglie, che vi è nata, e ai figli: un maschio e una femmina. Passa il resto dell’anno in Toscana, e insegna Letteratura all’Università di Siena. Tabucchi infatti, si considera scrittore solo in un senso ontologico, perché dal punto di vista esistenziale è felice di potersi definire “professore universitario”. La Letteratura per Tabucchi non è una professione, «ma qualcosa che coinvolge i desideri, i sogni e la fantasia». (Antonio Tabucchi, un dubitatore impegnato. Intervista di Asbel Lopez).
Antonio Tabucchi ha accesso alle pagine culturali del «Corriere della Sera» e del «País», dove i suoi articoli appaiono regolarmente nella sezione letteraria.
Nell'articolo La letteratura come memoria , ripercorrendo le opere di Antonio Tabucchi, nelle parole di alcuni scrittori (Ferroni, Mauri, Romano, Segre), si riscontra una tenace fede nella letteratura come memoria, «memoria lunga che si oppone alla memoria breve dei mass-media», letteratura come veicolo verso una presa di coscienza che avviene per vie tortuose e misteriose e contribuisce a una maturazione, a un ingrandimento, una dilatazione del nostro angusto piano esistenziale.

E’ molto interessante questo incontro tra l’autore di letteratura Tabucchi e quello di cinema Faenza perché entrambi hanno avuto ( ed hanno) importanti esperienze nelle loro opere di rapporti tra cinema e letteratura.

Antonio Tabucchi ha infatti visto , oltre a Sostiene Pereira, tradotti in versioni cinematografiche altri due suoi libri : Notturno indiano ( 1984) da cui è stato tratto nel 1989 un film di Alain Corneau, e Il filo dell’orizzonte (1986) , con Claude Brasseur e la regia del portoghese Fernando Lopez nel 1993. 

Roberto Faenza ha a sua volta realizzato altri film tratti da varie opere letterarie : Mio caro dottore Grasler ( 1990) da Schnitzler ; Jona che visse nella balena ( 1993) da Jona Oberski ; Marianna Ucria (1997 da Dacia Maraini ; L’amante perduto ( 1999) da Abraham Yehoshua , I giorni dell’abbandono ( 2005) da Elena Ferrante . e sta ultimando le riprese de I Viceré , il grande romanzo di Federico De Roberto .

Faenza è autore che esce fuori dall’orizzonte italiano e esplora sempre nuovi territori e forme espressive , con uno stile personalissimo e raffinato, che comunica ogni volta immagini e racconti filmici pieni di intensità e passione : da ricordare , tra gli altri , Prendimi l’anima (2003) .

Tabucchi è considerato uno degli scrittori italiani di respiro più internazionale, ed è il più grande studioso del portoghese Fernando Pessoa , e di tutta la letteratura di questo paese , dove vive per 6 mesi all’anno. 
Nello stesso anno ( 1994) Tabucchi pubblica Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa e Sostiene Pereira , che gli vale un grande successo di critica e di pubblico . Pessoa e il Portogallo in Sostiene Pereira ispirano a Tabucchi tre elementi principali : la saudade, la finzione e il lato nascosto della realtà. La tecnica narrativa ha caratteri tutti suoi : il giallo e il poliziesco , e una letteratura d’inchiesta che ricorda Sciascia e Durrenmatt. 
Questo piccolo grande libro avvince dal suo incipit , nella sua apparente semplicità e tono dimesso, che in realtà danno una particolare forza epica al grande personaggio dell’oscuro e grasso redattore culturale Pereira , che acquisisce sempre più spessore e dignità , in un affresco della dittatura salazariana degli anni ’30 , che diventa una raffigurazione di tutte le società autoritarie ed opprimenti. 
Il grande merito del film di Faenza , uscito l’anno dopo, nel 1995 , è stato quello di riuscire a superare gli ostacoli legati alla particolare struttura del testo letterario ( con il continuo reiterarsi della frase “Sostiene Pereira” ) , dando alla narrazione filmica il ritmo incalzante degli avvenimenti e della progressiva presa di coscienza del protagonista . oltre alla poesia delle atmosfere che si sciolgono poi in quella meravigliosa immagine finale con Pereira / Mastroianni (grandissimo) che si lascia dietro il paesaggio di Lisbona e tutti i compromessi e le paure, e va incontro con coraggio a una passione civile definitivamente acquisita solo ad un’età ormai anziana .

Se ne "La vita è bella" e in "Train de vie" veniva affrontato in un'inedita chiave grottesca il dramma per eccellenza - la Shoah - vissuto dal popolo ebraico negli anni più bui della propria storia, Roberto Faenza ha deciso di confrontarsi con la "condizione" attuale di codeste genti per il tramite d'un capo d'opera della letteratura israeliana contemporanea, "L'amante" di Abraham B. Yehoshua, best-seller internazionale tradotto in quindici lingue.Non nuovo a tematiche consimili (già affrontate nel ‘93 in "Jona che visse nella balena", drammatica rievocazione delle vicende d'un bambino olandese nel corso del secondo conflitto mondiale, tra lager ed imperante antisemitismo), né al gusto della trasposizione schermica di testi letterari (nel ‘90 un romanzo di Schnitzler per "Mio caro dottor Grasler", nel ‘95 il Tabucchi di "Sostiene Pereira" e due anni più tardi la Maraini di "Marianna Ucrìa"), il cinquantaseienne cineasta torinese ha qui affrontato problemi consistenti per l'adattamento in celluloide della pagina scritta (si parla, addirittura, di quindici differenti versioni della sceneggiatura), forse cagionati dalla preoccupazione di ulteriormente sottolineare il messaggio di invito alla tolleranza ed alla pacifica coesistenza, in Yehoshua ben più sfumato.Nella storia di Adam ed Asya, ebrei di origine inglese giunti in Israele con una pena segreta - la perdita del primogenito di quattro anni in un incidente - ed inconfessabile, legati da un amore che sfiorisce nella malinconia, con una figlia adolescente dolente spettatrice della loro impotenza a comunicare, s'inserisce all'improvviso un elemento di rottura: la comparsa d'un giovane israeliano venuto da Parigi che, con la sua fragilità e bellezza, mette in crisi il precario equilibrio della famigila.Asya se ne innamora, proprio mentre la sua figliola sente i primi battiti del cuore per un ragazzo arabo suo coetaneo: quando si ha l'impressione che tutto sia sul punto d'infrangersi, ogni cosa parrà infine ricomporsi sotto il segno della comprensione e della solidarietà.Girato con ampiezza di mezzi, valendosi d'un cast cosmopolita e funzionale alle intenzioni registiche, "L'amante perduto" indulge a tratti a semplificazioni manichee e non è esente da concessioni ad un didascalismo vagamente predicatorio. Tuttavia, in virtù pure di contributi tecnici assai validi, è certo uno dei rari prodotti italici pensato per platee più ampie di quelle nostrane: in tempi di opprimente regionalismo, di predominio sbracatamente comicarolo, di disimpegno a tutti i costi, non si tratta di pregi da poco. 

TABUCCHI ( Pisa 1943 )docente di letteratura portoghese all’università di Genova è tra gli scrittori che ha diffuso particolarmente in Italia la cultura portoghese, in particolare facendo conoscere il poeta e scrittore portoghese Pessoa del quale ha tradotto molte opere. La sua narrativa è pervasa dal senso del mistero e dello smarrimento sospesa tra il gioco dell’ironia e l’assurdo, sempre attirata dalle citazioni colte, cattura situazioni esistenzialmente cruciali. 

Bibliografia: Piazza Italia 1975 Il gioco del rovescio 1981 Notturno indiano 1984 Piccoli equivoci senza importanza 1985 Il filo dell’orizzonte 1986 L’angelo nero 1991 Requiem scritto in portoghese Sosteine Pereria 1993 Premi Campiello e Viareggio La testa perduta di Damasceno Monteiro 1997 
Autore anche di testi teatrali : I dialoghi mancati 1988 Gli ultimi tre giorni di Fernardo Pessoa 1996