"Germania anno zero" di Roberto Rossellini
a cura di Giuseppe
Panella
Il dodicenne
Edmund stenta la propria vita tra le macerie di una Berlino distrutta dalla
guerra nel tentativo di sbarcare il lunario per sfamare tutta la famiglia,
composta da un padre gravemente ammalato, da una sorella che si prostituisce per
bisogno e da un fratello maggiore vile che non si è arreso né intende
costituirsi alle autorità nonostante combattuto fino all’arrivo degli
alleati. La pessima influenza di un vecchio insegnante, ancora legato ai valori
del nazismo, ispira a Edmund l’uccisione del padre, ritenuto un peso per la
società e destinato quindi a morire comunque.Deluso dal rifiuto del suo gesto
da parte del vecchio insegnante che si spaventa alla notizia dell’omicidio
avvenuto, sconfortato ed escluso da qualunque tipo di rapporto interpersonale,
Edmund decide di trovare la morte lasciandosi cadere dall’alto di una casa
diroccata.
Edmund è escluso dal mondo in cui si trova a vivere in quanto bambino, non ancora adultoe in bilico tra due condizioni esistenziali alle quali non può aderire pur vivendole: prima viene allontanato dal cimitero in cui sta scavando fosse (esperienza simbolica alla quale idealmente si ricongiungerà al termine del film), poi ad essere più volte truffato (nel caso della bilancia che il suo padrone di casa gli ha affidato affinché la vendesse, ma anche quando i suoi estemporanei compagni di strada gli sottraggono, raggirandolo, i dieci marchi guadagnati per aver venduto il disco con i discorsi del Führer), ad essere deriso dalla ragazza cui vuol bene, e, infine, a non poter giocare al pallone perché avvertito come un diverso.
Il suo dramma è quello di tutta l’infanzia colpita duramente dalla Seconda guerra mondiale (e non solo), quello cioè di essere letteralmente fuori dal tempo: troppo giovani per poter assumere le responsabilità che altri hanno rifiutato (la viltà del fratello maggiore di Edmund, Karl-Heinz oppure la paura un po’ schifosa del vecchio maestro dopo aver appreso della morte del padre del ragazzo), ma troppo invecchiati dalle vicende della vita per poter condivedere i piaceri che affascinano gli altri ragazzi.
Con Germania anno zero Rossellini rivela come il Neorealismo non si
limiti alla formula classica e già stantia all’epoca (ma pur sempre adottata
con successo da De Santis in Riso amaro
o da Renato Castellani in E’
primavera… ), formula legata alla recitazione di attori – come si diceva
allora – “presi dalla strada”, ma prospetti una nuova (e spesso inedita)
ipotesi di cinema, un modo di scoprire per mezzo della macchina da presa ciò
che, forse, solo il mezzo cinematografico è in grado di mostrare con profondità
e nitidezza. Non è un caso se sarà
proprio questo film a consacrare definitivamente Rossellini in Francia come
autore e maestro indiscusso per quei giovani registi che da lì a poco
inizieranno la Nouvelle Vague…