Elettrotreni ETR.220

La tecnica

 

Gli elettrotreni del gruppo ETR.220 nascono come evoluzione del preesistente gruppo di elettrotreni ETR.200 che, dopo un avvio di carriera piuttosto tribolato, dovuto alle caratteristiche innovative, avevano rappresentato il fiore all’occhiello delle FS negli anni immediatamente precedenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Gli ETR.200 erano elettrotreni a tre casse poggianti su quattro carrelli, caratterizzati dal rodiggio B’o(1Ao)(Ao1)B’o (carrello interamente motore, poi due carrelli dotati di un asse portante ed di uno motore ed infine un secondo carrello a completa aderenza). Il profilo aerodinamico, studiato su un modello in scala 1:10 nella galleria del vento del Politecnico di Torino, rimase unico nel panorama ferroviario internazionale e venne esteso, sia pure in forme leggermente diverse, a svariate serie di elettromotrici italiane costruite negli stessi anni.

Consegnati tra il giugno del 1936 e il dicembre 1941, gli ETR.200 attraversarono gli anni della guerra perdendo due unità delle più recenti e riprendendo il regolare servizio tra il 1946 ed il 1952.

Le loro caratteristiche li portarono ad essere impiegati, come prima della guerra, sulle più importanti relazioni rapide della penisola: si segnala in particolare la ‘Freccia del Vesuvio’ Milano – Napoli, che viaggiava in doppia trazione su parte del percorso.

Ma nel 1957 le FS, dopo aver immesso in servizio i nuovi elettrotreni ETR.250 Arlecchino, che seguivano di pochi anni i primi due ETR.300 Settebello, si rendono conto che gli ETR.200 risultano ormai in parte superati da questi nuovi treni dalle maggiori capacità. E’ per questo che viene progettata una modifica talmente radicale che si sente la necessità di creare un nuovo gruppo: nascono così gli elettrotreni della serie ETR.220, con progressivi da 221 a 236, senza alcun riferimento alla numerazione avuta dai treni come ETR.200, ma legati semplicemente alla sequenza di consegna.

A livello esteriore, gli ETR.220 si distinguevano a prima vista per la diversa colorazione: se gli ETR.200 avevano sempre circolato nella classica livrea castano/isabella (nel dopoguerra era anche presente una fascia rossa tra il castano e l’isabella), gli ETR.220 sfoggiano l’elegante livrea in verde magnolia/grigio nebbia inaugurata pochi anni prima con gli ETR.300 ed adottata anche per gli ETR.250.

Ad un’osservazione poco più attenta non poteva sfuggire che gli ETR.220 erano stati dotati di una cassa aggiuntiva rispetto agli ETR.200 e che, conseguentemente, anche il rodiggio era variato. La quarta cassa, infatti, poggiava su due carrelli propri, in quanto era stato deciso di modificare il meno possibile dei vecchi ETR.200: per questo, il nuovo elemento era in pratica ‘giustapposto’ al terzo elemento del vecchio treno, a cui era stata tagliata la testata aerodinamica. Naturalmente il rodiggio perdeva la sua originale simmetria, diventando B’o(1Ao)(Ao1)B’o+2’2’: i nuovi carrelli portanti erano del tipo Zpm 1040, mentre il resto del treno manteneva gli originali Cm 1000.

Sia le nuove casse che i carrelli vennero costruiti da Breda Ferroviaria. L’aggiunta della quarta cassa aumentava la capacità di questi treni da 100 a 154 posti a sedere: era inoltre presente una sezione bar, in aggiunta alla preesistente cucina posta sul terzo elemento.

A livello di circuito di trazione le modifiche non furono eclatanti, però, in considerazione dell’aumentato peso del treno (da 110 a 164 tonnellate), si provvide a aumentare il coefficiente di elasticità dei motori [1] adottando tre gradini di indebolimento di campo [2] per ogni combinazione [3] (serie, serie-parallelo e parallelo), mentre gli ETR.200 erano dotati di un solo gradino di indebolimento di campo per le sole combinazioni di serie e serie-parallelo.

Ulteriori modifiche volte a migliorare le caratteristiche allo spunto degli ETR.220 e a consentir loro di raggiungere una buona velocità (160 km/h massima in regolare esercizio) nonostante il peso aggiunto furono un potenziamento del reostato d’avviamento (si provvide a renderne più fine l’esclusione) e la modifica del rapporto di trasmissione, che passava dal 32/42 degli ETR.200 al 28/42.

Pur dotato del quarto elemento, il treno era così ammesso ad affrontare rampe fino al 24‰, mentre per gli ETR.200 il limite era del 18‰. Ma le novità riguardano anche i servizi ausiliari, con una modifica che già era stata applicata anche su alcuni ETR.200: la tensione di alimentazione viene variata, passando dai precedenti 24 Volt in corrente continua, generati da due gruppi motore-compressore-dinamo (a servizio, quindi, anche dell’impianto pneumatico ed il cui motore a 3.000 V e della potenza di 10 kW trascinava in rotazione la dinamo da 4.5 kW destinata alla ricarica delle batterie) a 220 V in corrente alternata a 50 Hz, ottenuta da due alternatori mossi ognuno da un motore in corrente continua alla tensione di linea e della potenza di 65 kW.

Il motivo della modifica era dovuto alla necessità di aumentare la potenza disponibile per alimentare le utenze della cucina, del condizionamento (compressori), l’illuminazione di nuovo tipo (luci a fluorescenza), ma anche i ventilatori del reostato e dei motori di trazione. A parte le modifiche sopra citate, riguardanti l’aumentata finezza di regolazione nell’esclusione del reostato e l’aggiunta di nuovi gradini di indebolimento di campo, il circuito di trazione non subì ulteriori modifiche: i pantografi rimasero dell’originario tipo 42, così come i motori tipo 62-100, del peso di 2.660 kg ed i cui dati di targa erano: tensione nominale 1500 kW, potenza oraria assorbita 188 kW (147 kW la continuativa), corrente oraria di 125 A (98 A la continuativa) alla velocità di regime orario di 903 giri/minuto (in regime continuativo erano 980 giri/minuto).

In definitiva, i nuovi elettrotreni si presentavano come complessi di quattro elementi della lunghezza complessiva di 87.550 mm per un peso a vuoto di 164 t, altezza massima (esclusi i pantografi) di 3.800 mm e larghezza massima di 2.920 mm. Disponevano di 154 posti a sedere a cui se ne aggiunsero 7 non prenotabili quando fu soppresso il bar, sostituito, a partire dal 1962, da una saletta: questa modifica, effettuata all’atto della trasformazione per gli ultimi sei treni (ETR.231-236), venne poi progressivamente estesa anche agli altri dieci.

Mantenevano l’impianto di condizionamento che già equipaggiava gli ETR.200: in particolare, cinque treni (ETR.224, 231, 233, 234 e 235 ex ETR.205, 204, 215, 203 e 235) erano dotati di un condizionatore Stone applicato tra il 1953 ed il 1956 in sostituzione dell’originale Dell’Orto e che aveva comportato l’aggiunta sull’imperiale tra la prima e la seconda carrozza di una vistosa ‘gobba’, ove trovavano spazio i ventilatori di aspirazione dell’aria di rinnovo con i filtri.

Ma l’evoluzione tecnica di questi prestigiosi treni, ormai con trent’anni di vita sui....pantografi, era destinata a non arrestarsi. In occasione della trasformazione dell’ETR.206 in ETR.235, le FS decisero di effettuare delle modifiche, a livello di carrelli, rodiggio e circuito elettrico di trazione, tali da eguagliare le prestazioni di un ETR.220 a quella degli ETR.250 e delle ALe 601, mezzi ben più giovani che tendevano, ormai, a soppiantare i nostri treni sulle tracce più prestigiose.

La modifica, che portò la massa dalle originarie 164 tonnellate a 175, consisteva principalmente nella sostituzione dei carrelli e nella modifica del rodiggio: vi furono inoltre alcune modifiche minori, fra cui l’eliminazione dello specchietto frontale (utilizzato per verificare in marcia il comportamento del pantografo in presa) e la chiusura di alcuni finestrini sulla terza cassa. I carrelli adottati furono del tipo Z 1040 motori e Zpm 1040 portanti, utilizzati anche per gli ETR.250 e per le ALe601. Si trattava di carrelli con un passo di 3.000 e diametro delle ruote a nuovo di 1.040 mm, equipaggiati con motori del tipo T.165 FS appositamente progettato per le ALe601 e dalle caratteristiche veramente innovative: grazie all’elevato grado di elasticità che lo contraddistingueva, fu possibile superare, sui mezzi leggeri, le limitazioni operative per cui gli ETR.300 ed ETR.200, che potevano sviluppare una velocità massima di 160 km/h, avevano bisogno del rinforzo di una locomotiva per superare pendenze superiori al 18‰.

Il T.165, i cui avvolgimenti erano isolati in classe F (idonei a sopportare temperature fino a 100°), disponeva di cinque gradini di indebolimenti di campo ottenibili mediante l’esclusione di spire: i gradini variavano da 22 % a 33%, 44%, 55.5% e 66.5%. Il motore, della massa di 2.400 kg (260 kg meno del precedente 62-100), forniva una potenza oraria all’albero di 250 kW a 665 giri/’ ed una potenza continuativa di 200 kW a 715 giri/’. Come detto, anche il rodiggio subì una radicale modifica: si passò così dalla disposizione B’o(1Ao)(Ao1)B’o+2’2’ al nuovo Bo’2’2’B’o+B’o2’, trasformando il quarto elemento da rimorchiato in motore.

Con tale nuova disposizione venne anche modificata la disposizione dei carrelli intermedi, quelli in comune fra due casse contigue: fino ad allora, infatti, a causa del fatto di avere un asse portante ed uno motore e quindi un’anomala distribuzione del peso sui due assi stessi, tali carrelli avevano l’asse di rotazione in posizione eccentrica, distando 1.325 mm dall’asse portante e 1.675 dall’asse motore. Con l’adozione dei carrelli Zpm 1040 tale anomalia scomparve e l’asse di rotazione potè essere portato in posizione baricentrica. Venne anche modificato il rapporto di trasmissione, che divenne il 34/50 in luogo del precedente 28/42, con il quale sarebbe stato possibile raggiungere la massima velocità di 180 km/h. Migliorarono anche le prestazioni in salita tanto che i treni modificati erano ammessi a marciare su linee con pendenza massima del 24 ‰. E’ tuttavia da segnalare che in regolare esercizio i nostri treni erano ammessi a circolare ad una velocità massima di 160 km/h a causa di problemi di frenatura.

Il potenziamento descritto rese tra l’altro possibile la marcia in comando multiplo degli ETR.220 con le ALe 601 e gli ETR.250 ‘Arlecchino’, in quanto ora le prestazioni dei tre gruppi di rotabili erano analoghe.

Ritenendo che le modifiche effettuate fossero soddisfacenti, dopo l’ETR.206 trasformato in ETR.235 nel settembre 1965 toccò all’ETR.201 subire analoga trasformazione per rinascere come ETR.236 nel febbraio 1966. Anche i treni già trasformati in ETR.220, in occasione della prima riparazione ciclica, rientrarono in officina per subire le modifiche che portarono alla nascita del sottogruppo degli ETR.220 Potenziati. Fra l’agosto del 1966 e l’agosto del 1969 uscirono dalle officine ulteriori 9 ETR.220 Potenziati, come da tabella riepilogativa.

Riguardo agli ETR.220 e alle loro origini come ETR.200 vale la pena riportare le parole di Alfredo Forti, capo deposito di Milano Greco dal settembre 1975 a luglio 1983 e che seguì passo passo tutte le vicende di questi treni dal 1950. Così ricorda, in un’intervista ad Angelo Nascimbene per Voiée Ferrées ed. Italiana n.22 (luglio/agosto 1985): ‘Lei mi chiede un giudizio sugli ETR. Semplificando, possiamo dire che gli ETR.200, ormai leggendari, ci davano solo qualche problema di frenatura, in quanto erano dotati di un impianto frenante di concezione antiquata e non del tutto adeguato a fermarli quando erano lanciati a 140 km/h. Occorreva quindi una guida molto attenta. La situazione migliorò con la trasformazione in ETR.220 e si fece ancora meglio con il potenziamento, quando si adottarono anche i carrelli Z 1040 dall’ottimo comportamento dinamico. Erano mezzi con buona affidabilità; peccato che la regolazione dell’impianto di condizionamento non fosse delle più raffinate.’

Ma il cammino evolutivo degli ETR.220 era lungi dall’essere terminato. Il panorama ferroviario sembrava infatti in rapida evoluzione e con interessanti prospettive soprattutto nell’ambito dei collegamenti a lunga distanza e ad elevata velocità: in quest’ottica si pone l’ordinazione delle 21 nuove elettromotrici ALe 601 di terza serie, appositamente attrezzate per una velocità massima di 200 km/h, (le serie precedenti erano previste per velocità di 180 km/h), dopo la sperimentazione condotta su sette unità della prima serie: rispetto alle unità non trasformate, le nuove elettromotrici vennero dotate di un nuovo rapporto di trasmissione, dei dispositivi per la frenatura elettrica e del sistema di ripetizione continua dei segnali in cabina (RS).

La relativa affinità tecnica che accomunava le ALe 601 agli elettrotreni di più recente costruzione fece sì che anche i 3 ETR.300 Settebello e i 4 ETR.250 Arlecchino fossero dotati delle innovazioni adottate sulle elettromotrici ‘Alta Velocità’, come furono denominate. Ma, a ennesima conferma della bontà del progetto e delle caratteristiche dei nostri elettrotreni, anche 6 ETR.220 furono sottoposti alle modifiche atte ad aumentare la velocità massima in servizio regolare, che venne fissata in 180 km/h, formando così il sottogruppo denominato ETR.220 AV (Alta Velocità). Le differenze che contraddistinguono gli ETR.220 AV dai P (Potenziati) erano principalmente tre, le stesse viste per le ALe 601 AV:

L’adozione della frenatura elettrica si rese necessaria per garantire i margini di sicurezza in frenata, in considerazione dell’aumento della velocità massima. Le modifiche qui elencate comportarono un aumento della massa del treno di ulteriori 11 tonnellate e se la modifica del rapporto di trasmissione permise di raggiungere velocità più elevate, come rovescio della medaglia si ebbe la diminuita capacità di ‘scalatori’ di questi treni, in quanto furono ammessi a percorrere linee con grado di prestazione inferiore o uguale a 22, contro il 25 permesso agli ETR.220 P.

Le modifiche in ETR.220 Alta Velocità riguardarono 5 elettrotreni non ancora potenziati (ETR.223, 224, 225, 227 e 229) e l’ETR.236, che aveva già subito il potenziamento, e si svilupparono nell’arco di un paio d’anni, sino alla consegna dell’ETR.229 nel maggio 1972.

Tali treni, ad esclusione dell’ETR.236, formarono nel successivo decennio, dopo ulteriori modifiche, il gruppetto degli ETR.240 (vedi le relative schede). Una nuova modifica, relativa alla sicurezza del personale di condotta ma che alterò sensibilmente l’aspetto estetico dei nostri treni, tanto da farli soprannominare ‘Polifemo’, venne apportata su tutto il gruppo (AV e P) nel 1972 e consistette nell’adozione di un singolo vetro frontale per le cabine di guida al posto dei due precedenti separati da un montante. Il nuovo vetro unico, conformemente a quanto fatto per altri rotabili in costruzione all’epoca, era formato da cristalli di sicurezza con interposta una trasparente lamina d’oro.

Ma molteplici motivi sembravano ormai spingere gli ETR.220 verso la pensione: dopo quasi cinquant’anni di fulgida carriera, passando attraverso la trasformazione da ETR.200 a ETR.220 e innumerevoli modifiche, i nostri elettrotreni sembravano sull’orlo del baratro, tanto che, a partire dall’orario estivo 1984, si assiste ad una forte contrazione dei servizi in cui erano impegnati e all’accantonamento di alcuni di loro. In servizio regolare rimangono solo gli ETR.220 AV.

Ma ancora una volta, la fortuna gira e le riparazioni cicliche vengono riavviate, con interventi di modifica atti a migliorare, ancora una volta, i nostri treni dal punto di vista tecnico e del comfort. Le modifiche riguardarono in un primo momento i soli treni AV: si decide di sfruttare gli spazi ormai inutilizzati da anni sulla terza carrozza, destinata ai servizi. Cucina e bagagliaio vengono sostituiti da 50 posti di prima classe, mentre si provvede all’installazione dell’impianto di condizionamento separato anche su questa vettura, che fino ad allora ne era sprovvista: su questo elemento trova posto anche un compartimento per il capotreno, che fino ad allora disponeva di un posto sulla seconda carrozza. I posti disponibili passano così da 154 a 205. La quarta carrozza vede la trasformazione del salottino in minibar.

Per poter alimentare senza problemi le nuove utenze, si provvede anche al potenziamento del gruppo motogeneratore, che viene sostituito. Viene inoltre modificato l’impianto frenante dei carrelli portanti, con l’applicazione dei freni a disco al posto di quelli a ceppi.

Le modifiche non passano inosservate all’osservatore esterno: le fiancate della carrozza 3 hanno ora un aspetto completamente differente, dovuto alla soppressione della saracinesca del bagagliaio e alla presenza dei nuovi finestrini. I lavori di trasformazione, vengono svolti presso le officine di Cittadella: nella primavera del 1986 sono in lavorazione gli ETR.224 e 225: toccherà al primo inaugurare questo nuovo ciclo di vita per gli ETR.220, il 30 luglio 1986. Ma anche per gli ETR.220 P le FS previdero interventi di riordino e di trasformazione, che portarono questi treni a disporre di due carrozze di seconda classe: sulla quarta vengono installati 85 posti a sedere, sulla terza 71. Sulla seconda carrozza si fa spazio al minibar e al compartimento per il capotreno: i posti di prima classe scendono da 47 a 30.

A livello meccanico, si provvede alla modifica del rapporto di trasmissione, che passa dal 34/50 al 31/53: la velocità di punta scende leggermente, ma gli elettrotreni così modificati disporranno di una maggiore accelerazione e capacità di affrontare linee acclivi (massimo grado di prestazione affrontabile pari a 25 prima della modifica, 28 dopo): la massima velocità d’esercizio non viene comunque modificata, in quanto i 160 km/h erano un limite dovuto all’assenza di frenatura elettrica e non all’impianto di trazione o alla meccanica. Per le poltroncine di seconda classe vengono riutilizzate, con qualche lieve modifica, quelle prelevate dalle ALn.880 in corso di accantonamento. I treni così ottenuti dispongono di un totale di 240 posti, divisi fra 84 di prima e 156 di seconda. Dal 1987 la numerazione degli elettrotreni di sola prima classe viene variata, con la costituzione del nuovo gruppo ETR.240.  

 


 

[1] Si definisce coefficiente di elasticità di un motore elettrico il rapporto tra numero dei giri a campo minimo e quello a campo massimo, nelle condizioni di tensione normale di alimentazione e per un determinato valore della corrente assorbita.

[2] Si definisce indebolimento di campo una particolare combinazione di marcia in cui, una volta escluso il reostato, si regola la velocità di rotazione del motore variando l’intensità del campo magnetico del motore.

[3] Si fa riferimento alle diverse configurazioni che poteva assumere il circuito di trazione in funzione della velocità raggiunta dal treno e delle prestazioni richieste: allo spunto e a bassa velocità i sei motori erano disposti in serie elettrica (combinazione di marcia in serie) attraversati dalla totalità della corrente prelevata dalla linea di contatto e sottoposti ognuno ad una tensione di 3.000V/6= 500 V.

All’aumentare della velocità il macchinista impostava la combinazione di serie-parallelo, in cui si avevano due rami composto ognuno da tre motori in serie, ciascun motore era attraversato da metà della corrente prelevata dalla linea e sottoposto ad una tensione di 3.000V/3=1.000V.

Ad elevate velocità il treno marciava in parallelo, cioè avendo i motori distribuiti su tre rami in parallelo ognuno con due motori in serie. Ogni motore era attraversato da una corrente pari ad un terzo di quella prelevata dalla linea e sottoposto ad una tensione di 3.000V/2=1.500V. L’avvio e le transizioni fra una combinazione e l’altra avvenivano mediante l’esclusione a gradini, grazie ad un’accorta disposizione circuitale, di un’apposita resistenza, il reostato.