Giuseppe Zani
Pàrlô come t’à ’nsegnàt tò màder
Pubblicazione fuori commercio

 

Introduzione

Di quale storia siamo figli?

 

Finora abbiamo letto quasi esclusivamente storie di famiglie nobili, storie di persone ricche o potenti che ci hanno tramandato, scrivendola, la loro versione della storia; ma anche la gente comune, il popolo, tenuto analfabeta e usato come forza lavoro e carne da macello nelle varie guerre che non capiva, ha "scritto" la sua storia, altrettanto degna di attenzione, condensando "in pillole" (come quelle che troverete in questa pubblicazione) la propria esperienza di vita. In esse sono racchiuse la sapienza, l'intelligenza, l'arguzia, il sarcasmo, l'ironia, la rassegnazione e la religiosità di una comunità semplice, ma spiritualmente ricca e vivace.

Proverbi, motti, modi di dire, canti, filastrocche... diventarono così un bagaglio culturale, facile da portarsi dietro come i pochi beni di cui poteva godere, da tramandare ai figli.

La mia generazione è di quelle che ha messo le proprie radici in quel mondo (mentalità prevalentemente contadina dove la lingua principale era il dialetto), ma è cresciuta in un altro che ha visto una più vasta scolarizzazione, il lavoro in fabbrica, il consumismo, la cementificazione del territorio, la massificazione televisiva, il tempo sempre più scandito dall'orario.

In questa situazione di grande cambiamento è facile che succeda quello che in gran parte è avvenuto: non riconoscere più alcun valore al passato, dimenticando che il futuro può essere costruito in modo consapevole solo sulla conoscenza di questo passato.

Le moderne tecnologie, soprattutto quelle della comunicazione, hanno ulteriormente accelerato questo processo. Si impongono culture che se da un lato permettono contatti con tutto il mondo pur restando nella propria casa, dall'altro contribuiscono ad assottigliare il senso di condivisione e di responsabilizzazione individuale rispetto alle scelte della propria comunità.

Ascoltando i racconti degli anziani, spesso mi sono chiesto quale sarà il testimone, quale il bagaglio culturale che la mia generazione lascerà a quelle successive. Di quale storia si sentiranno figli i giovani di oggi?

Questo mi ha spinto a prestare maggiormente attenzione a parole, detti, modi di dire, storie, canti, conte, preghiere, filastrocche e altro, che nel parlare degli anziani sono un mondo ancora vivo e reale, ma che con la nostra quotidianità non hanno quasi più nulla a che vedere.

Nella raccolta di questo materiale non c'è stato nessun "metodo scientifico" di ricerca; l'unico criterio usato è stato quello di raccogliere personalmente le testimonianze delle persone di Corte Franca, il comune dove abito.

Questa, dunque, non vuole essere l'ennesima pubblicazione di motti dialettali perché, se l'avessi voluta fare, tra almanacchi, libri, calendari e altre pubblicazioni, non avrei avuto che l'imbarazzo della scelta.

Quello che mi interessa è fissare sulla carta certe espressioni della gente del luogo dove vivo, gente semplice ma straordinariamente concreta, espressioni che stanno scomparendo, portando con sè tutto un mondo che invece non deve essere dimenticato.

Per farlo ho dovuto imparare a scrivere in dialetto e a tenere a portata di mano una biro e un pezzo di carta per annotare subito ciò che sentivo. Nonostante questo, alcune cose sono andate perdute perché i momenti privilegiati per l'ascolto della nostra parlata sono stati la vendemmia, l'uccisione del maiale, le nozze, ... e in queste situazioni non sempre si è pronti a scrivere.

Siccome questa pubblicazione non ha pretese esaustive, ho pensato di lasciare dei fogli bianchi dove poter fare delle annotazioni che permettano una personalizzazione e una continuazione di questo libro. Alcune persone, leggendo, potranno dire: «Io la sapevo così», altre, ricordando, «Questa non l'ha scritta».

Sarebbe interessante poi se qualcuno, con più metodicità e mezzi del sottoscritto, raccogliesse il tutto insieme a fotografie, disegni o veri e propri dipinti di volti e personaggi, scritti, oggetti e altro materiale dimenticato nelle cantine e nelle soffitte, utili a completare un quadro di cui questa pubblicazione può essere solo la tessera di un "puzzle".

«Sentirsi una parte» è l'elemento base per fare una Comunità.

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