“Un nuovo paradigma
creativo: caos e libertà”
di Roberto Verolini
Il tema
“All’inizio, esisteva una sola scienza, ed era la filosofia. Oggi,
certo, si sente spesso affermare - e perlopiù da parte delle scienze dello
spirito - che solo in tempi recenti si sarebbe prodotta una frattura, una
scissione della scienza in scienze naturali e scienze dello spirito; ma questo
è un errore che poggia su un fondamentale disconoscimento dell’essenza della
ricerca naturale”.
Konrad Lorenz introduce con
queste parole La scienza naturale
dell’uomo. Il manoscritto russo, un opera in cui sostiene, in un sapiente
misto di rigore scientifico e di capacità divulgativa, le sue tesi a favore di
una concezione realistica della natura contro le formulazioni idealistiche
della filosofica classica. Ancor più, Lorenz tocca sul vivo il problema epistemologico fondamentale della
filosofia e della scienza moderne: la possibilità di una unione inedita tra scienze naturali e scienze dello spirito. L’indagine scientifica si colloca in una
metafisica realistica - critica - in cui si afferma l’esistenza reale di un
universo fisico esistente a prescindere dal fatto che lo si osservi, di cui
l’uomo è parte, che possiamo percepire sensorialmente e rappresentare in schemi
intellettuali.
All’interno di questa
metafisica, si è sinora collocata l’indagine scientifica su due polarizzazioni che incarnano i grandi
temi esistenziali dell’intera storia dell’uomo: ateismo e teismo.
Sorge l’interrogativo di
valutare se i loro particolari contenuti formali, alla luce delle quali sorgono
le più accese dispute, rappresentino negli aspetti peculiari della cultura
occidentale i contesti più consoni per una armonica collocazione delle
concezioni scientifiche odierne. O se, per contro, sia possibile definire
sistemi ulteriori di coordinate metafisico epistemologiche più idonei ad
ospitare le risultanze dell’osservazione scientifica.
In questo modo si potranno
infatti rivisitare e considerare, con ben altra pertinenza, concetti
fondamentali della filosofia come necessità, contingenza, realtà, tempo,
spazio, materia, essenza, epoché,
spirito, soggettività, creazione, dio, etica, uomo, libertà. Dunque, una
metafisica nuova: trasversale,
inedita, realistica, scientifica, netta, autonoma, matura, che si definisca ab ovo da una profonda disamina
dell’osservazione, del dato empirico, dell’evidenza e dalla verifica così come,
dall’evidenza di una cosmologia, di un’antropologia, di una scienza umane,
sempre e comunque umane, sorse la celebrata filosofia ellenica. Questo, il
primo passo per muovere poi, finalmente, ad un inedito confronto tra queste
metafisiche: nuovo, aperto, costruttivo, oggettivo che sicuramente ci farà ... tirar fuori cose nuove e cose vecchie.
Le teorie cardine della
scienza moderna sono la meccanica quantistica, la teoria cosmologica del big bang, l’evoluzionismo e le
recentissime teorie sul caos, proseguo queste ultime della rivoluzione
concettuale nel campo della matematica che prese le mosse, in particolare, dai
lavori di Gödel e Poincaré. Gli orizzonti euristici proposti da queste teorie
hanno sollevato quesiti quali mai la filosofia occidentale sia stata chiamata
ad affrontare, sin dalle sue origini. È possibile dunque proporre, nell’ambito
della metafisica realistica, la collocazione delle teorie scientifiche moderne
in un paradigma scientifico ed una antropologia inediti. Questa verifica è
oramai improcrastinabile.
I quanti
La teoria della relatività,
ed ancor più la meccanica quantistica, sono le teorie che, più di tutte, hanno
sfidato la logica e l’intelletto umani. La meccanica quantistica nasce
dall’esigenza di interpretare dei fenomeni del mondo sub microscopico che
sfuggono esplicitamente alla logica della fisica classica.
Bohr arguiva che se non si
fosse sorpresi, confusi, dalla meccanica quantistica, ciò indicava che non la
si era capita. Questa teoria ha posto una sfida decisiva alla riflessione sulle
accezioni di realtà, di induzione e deduzione logico filosofiche a fondamento della
fisica e della filosofia dei secoli passati.
Molte polemiche originate
dall’introduzione di tale teoria fisica si condensano sul suo referente
epistemologico. La formulazione ortodossa della teoria quantistica, detta di Copenaghen, ricorre ad una funzione
matematica, la funzione d’onda di Schrödinger, per rappresentare lo stato completo di un sistema microscopico, ad
esempio un elettrone che orbiti attorno al nucleo di un atomo. Questa funzione
d’onda avrebbe una caratteristica particolare.
Essa collasserebbe, nell’evenienza di un’osservazione del fenomeno da
parte di un osservatore, in soluzioni singolari, mutuamente incompatibili. La
palese impredicibilità dei fenomeni fisici derivante da questo collasso della pur deterministica
funzione d’onda, da cui ad esempio deriva l’impossibilità di conoscere
contemporaneamente determinate coppie di parametri fisici, come velocità e
posizione di un elettrone, esprimerebbe la natura oggettivamente
indeterministica della realtà fisica. Da questo fatto risulta infatti l’indeterminazione sancita dal principio
di Heisenberg.
Questo fondamentale
principio comunque non esaurisce completamente il fenomeno della
complementarità dei processi quantistici. Tale fenomeno, ben più profondo ed
essenziale nella teoria quantistica, si esprime in ulteriori forme e modalità,
non necessariamente connesse all’eventuale misurazione da parte di un
osservatore.
Questa indeterminatezza cioè
non deriverebbe esclusivamente dall’impossibilità di eseguire misurazioni
esatte da parte dell’osservatore ma sarebbe insita nella realtà sottesa alla
stessa funzione d’onda, intesa quale descrizione completa del reale. L’interpretazione di Copenaghen afferma infatti
un’indeterminabilità oggettiva degli eventi sub atomici negando, in
particolare, l’esistenza di relazioni sottostanti con leggi e variabili nascoste.
La natura quantistica di
questi fenomeni si estrinsecherebbe dunque in una sovrapposizione di stati quantistici alternativi, impliciti della
natura fondamentale degli stessi, che vengono risolti solo a seguito di
un’eventuale osservazione. A questa formulazione si oppongono altre teorie, che
rifiutano l’indeterminatezza introdotta dalla meccanica quantistica, reputando
equivoco lo stesso concetto di collasso
della funzione d’onda.
Una di queste teorie
alternative è quella proposta dal fisico David Joseph Bohm. Essa evita il
ricorso al collasso della funzione d’onda, sostenendo una descrizione
matematica dei sistemi sub atomici in cui ogni particella è sorretta da un’onda pilota che non assume il significato
di mero oggetto descrittivo matematico, quanto di vera e propria entità fisica
alla stessa stregua, ad esempio, di un campo magnetico.
Questa teoria, in ossequio
al classico principio di causalità e di determinabilità che sottostà alla
fisica classica, nega qualsiasi accenno d’indeterminatezza quantistica. Essa
spiega bizzarrie come il dualismo onda
corpuscolo che emerge, ad esempio, dagli esperimenti di diffrazione
attraverso fenditure, tramite un’interazione fisica che si realizzerebbe tra la
particella sub atomica e la rispettiva onda pilota.
C’è da dire che in merito a
questa teoria, matematicamente valida, sono state sollevate diverse critiche
epistemologiche per il fatto che la stessa presenta un contenuto, l’esistenza
fisica di un’onda pilota, assolutamente impercettibile a qualsiasi
osservazione, che vela decisamente quest’ipotesi di metafisica.
Sono stati concepiti
paradossali esperimenti rivolti a verificare gli assunti fondamentali della
meccanica quantistica. Recenti esperimenti, quali quelli condotti dall’équipe
del prof. A. Aspect, a Parigi e da altri ricercatori, tra cui il prof. Leonard
Mandel ed i suoi collaboratori dell’Università di Rochester, sembrerebbero
confermare, almeno per ora, l’interpretazione di Copenaghen a sfavore delle altre teorie - avallando quindi gli
scenari paventati anche da Einstein, irriducibile avversario
dell’indeterminatezza quantistica. In alcune interessanti verifiche si è potuta
addirittura osservare la reversibilità del collasso della funzione d’onda anche
dopo l’osservazione di tale fenomeno.
È chiaro che la teoria
quantistica interpreta questi fenomeni tramite una correlazione stretta tra risoluzione reale del fenomeno ed
osservazione: sarebbe questa acquisizione di informazioni, tramite il collasso della funzione d’onda, a dare
senso concreto e determinato ad uno degli stati dell’indeterministica
sovrapposizione di stati inerente alla stessa. Alcuni ricercatori sono riusciti
a posticipare ulteriormente la scelta del tipo di osservazione da condurre. È possibile
quindi ripristinare il dualismo onda corpuscolo a prescindere dall’osservazione
in sé, come se la natura recuperasse l’indeterminatezza risolta dal collasso
della funzione d’onda in tempi successivi alla stessa osservazione, dunque
senza introdurre alcuna azione fisica invasiva
nel fenomeno.
Ciò a riprova dell’efficacia
dell’interpretazione di Copenaghen e del fatto che la funzione d’onda
rappresenti solo una descrizione esaustiva dei processi. Questi risultati
pongono gravi quesiti alle teorie realistiche, ed anche quella di Bohm, poiché
non sembra potersi economicamente inferire su come l’onda pilota, intesa quale
entità fisica, possa essere invocata per interpretare queste esperienze, in cui
si attuano acquisizioni sfalsate nel tempo dei valori osservati. Comunque, tali
verifiche non sono ancora giunte a conclusioni sufficientemente esaustive e ciò
deve indurre attenzione e prudenza nell’esatta interpretazione di questi
bizzarri fenomeni, lasciando aperta la discussione.
Resta comunque l’impressione
che alcune peculiarità del mondo sub atomico, come la non località, la
correlazione quantistica, la perfetta caoticità del processo di riduzione
d’onda - che ulteriori teorie forse sostituiranno, come molti fisici ed
epistemologi auspicano, dall’attuale significato di collasso inerente ad un’osservazione cosciente ad un eventuale
processo fisico, comunque non
computabile -, rappresentino una qualità intrinseca
di questa dimensione della realtà.
Caos, Dio e libertà
Specialmente nel caso dalla
valutazione epistemologica del dibattito sul determinismo e sull’indeterminismo
in cui sfocia l’interpretazione di questi fenomeni, sembra potersi paventare
una fondamentale deformazione concettuale nelle intenzioni di alcuni studiosi.
Si vuol sostenere come tale eventualità rappresenti in realtà un ostacolo
decisivo verso il raggiungimento di un’accezione della realtà foriera di
interessanti significati sia scientifici che filosofici.
Pur concordando in pieno
sull’opportunità di sottoporre a continue verifiche sperimentali teorie
discordi su questi paradossali fenomeni, si vuol far notare come l’attenzione
di taluni studiosi verso certi paradigmi interpretativi possa risultare
eccessiva e come questo rischi di farci perdere l’opportunità di cogliere
aspetti peculiari della natura. Una qualità sicuramente evincibile tramite una
visione pluridisciplinare della realtà, ma che i paradossi quantistici forse
fanno intuire in modo più immediato. Possiamo trarre il senso di questa frase
già dalla decisa affermazione di Einstein: “Dio
non gioca a dadi!”.
Con questa battuta
l’illustre fisico esprimeva il suo disagio dinanzi alle risultanze
indeterministiche della meccanica quantistica che affiancò dagli inizi del
secolo la sua rivoluzionaria teoria della relatività.
Pur riconoscendo la
pertinenza delle critiche di Einstein, si vuol sottolineare l’inopportunità del
disagio intellettuale che ad essa
sottenderebbe. Questo disagio è
ulteriormente ben esemplificato dal tentativo di Plank di postulare l’esistenza
di uno spirito ideale che, al di
sotto della soglia d’indeterminazione del mondo sub atomico, potesse operare
causalmente sui fenomeni microscopici affrancato dallo sguardo dell’osservatore
umano.
Perché tale indeterminatezza
della natura induce disagio? Alla
luce di quali principi od aspettative metafisiche? Ricordiamo ancora i continui
tentativi di descrivere le dinamiche bio evolutive come strumenti in grado di
giungere all’emersione di una predeterminata specie vivente - nella fattispecie
l’uomo -, nel contesto di una concezione teologica. Questa ricerca di
spiegazioni deterministiche è espressione di una sana curiosità intellettuale ed una consona attività scientifica o
è solo un’esigenza contingente, magari imputabile ad un condizionamento
paradigmatico?
È chiaro che il confine tra
queste due valenze sia quanto mai indefinibile, e che l’interrogativo posto può
essere polemicamente inteso non pertinente dal punto di vista epistemologico.
Eppure una disamina di quest’eventualità è quanto mai opportuna. Nella fisica
classica il principio deterministico è esplicito nelle leggi fisiche.
Il principio deterministico
di causa ed effetto, ugualmente invocato dalle metafisiche realistiche, è di
solito rappresentato ponendo una sequenza ininterrotta di eventi, tra loro
connessi da delle leggi naturali, che permeano tutto l’universo fisico: E1
Þ E2 Þ E3 Þ E4 Þ...Þ Ek Þ Ek+1
Þ Ek+2
Þ... E¥. Questa sequenza è valida
come generalizzazione in cui si scandisce in un accezione discreta una sincronicità universale di eventi continui.
L’indeterminazione
quantistica sembra sulle prime epistemologicamente porsi quale screzio, cesura
incomprensibile di tale uniformità. Eppure non esiste nulla di irrazionale, di
epistemologicamente inaccettabile nell’indeterminismo, quantistico o meno che
sia. In realtà l’indeterminazione quantistica, correttamente collocata, esprime
la valenza inattesa di un’accezione della natura estremamente positiva a
riguardo di tutta una serie di profonde riflessioni epistemologiche e
filosofiche. I fautori del determinismo cercano di salvaguardare una visione
della natura in cui si recuperi anche in questi fenomeni la sana capacità predittiva abbattuta dalla
meccanica quantistica nell’infinitamente piccolo, unificando così tutti i
livelli della realtà un unico principio esplicativo. Questa interpretazione
introduce invece la possibilità di una concezione della natura foriera di
grossi interrogativi.
Le attuali teorie sul caos e
sulla complessità, sulle dinamiche dei sistemi complessi, aggiungono un
contributo che condiziona pesantemente, nell’accettazione di queste concezioni
pan-deterministiche, alcuni decisivi aspetti ontologici. Alla luce sia delle
teorie quantistiche che delle teorie matematiche sul caos e sulla complessità
emerge una visione degli aspetti propri del mondo fisico che solo
apparentemente è violata da quell’indeterminatezza di base che tanto disagio induce in pensatori e scienziati
filo deterministici.
Il senso di questa evidenza
si coglie in particolare considerando il significato epistemologico delle
recenti teorie sulle dinamiche dei sistemi complessi, dette sensibili alle condizioni iniziali.
L’inadeguatezza dei classici
modelli matematici di rappresentare fenomeni complessi come le fluttuazioni
atmosferiche, le turbolenze del moto fluido, le dinamiche bio evolutive, ha
condotto all’adozione di strumenti teorico matematici intrinsecamente
indeterministici quali il calcolo della probabilità e gli attrattori caotici,
gli algoritmi frattali, ed ha esteso l’uso di modelli a funzioni non lineari e
delle geometrie non euclidee nell’interpretazione dei fenomeni naturali.
La verifica della non
computabilità e della non linearità della stragrande maggioranza delle
dinamiche naturali illumina di luce nuova gli orizzonti della fisica e della
matematica spingendo irrimediabilmente il sogno laplaciano della perfetta e
totale determinabilità del mondo fisico in un incubo di profondità
inconcepibile. Quale significato epistemologico potrebbe avere il fatto che al di sotto del mondo macroscopico,
informato da questa valenza particolare di stretta e reciproca relazione fisica
tra infiniti fattori, possa o meno esser presente una fonte intrinseca, oggettiva d’indeterminatezza?
Cosa potrebbe implicare, al
contrario, la possibilità che sin ai più assoluti limiti inferiori del reale
possa mantenersi un indefesso e rigido principio deterministico? Proviamo ad
analizzare a fondo questa seconda ipotesi consci comunque che ciò potrà
apparire epistemologicamente e scientificamente uno scontato anacronismo.
Ma nello scenario che si
para dinanzi in questa evenienza, forte della sua elegante ed assoluta
simmetria deterministica sembra risorgere lo scheletro del settecentesco
spirito investigativo che condusse Laplace a scrivere nel suo “Saggio filosofico sulle probabilità”,
nel 1814:
“Un’intelligenza che, per un istante dato, conoscesse tutte le forze da
cui la natura è animata e la situazione rispettiva degli esseri che la
compongono, se fosse abbastanza vasta da sottoporre questi dati ad analisi
abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi dell’universo e
quelli dell’atomo più leggero: per essa non ci sarebbe nulla d’incerto, e il
futuro come il passato sarebbe presente ai suoi occhi”.
Se, per amor di tale simmetria paradigmatica si perora una
visione deterministica che si spinga nelle profondità dell’infinitamente
piccolo, del sub nucleare, tale esigenza epistemologica deve analogamente
prevedere che anche i suddetti principi teorici del caos, dei sistemi
complessi, siano opportunamente valutati. Ma quale quadro emerge se non quello
in cui il determinismo laplaciano viene riaffermato, alla luce di tali teorie,
con una violenza ed una valenza inaudite? Le influenze che intercorrono a
carico dei sistemi caotici intessono relazioni finissime tra eventi
infinitesimi, magari posti a distanze incommensurabili gli uni dagli altri.
Estendendo tale determinismo
a tutta la realtà cosa resta se non l’immagine di un gigantesco ed immutabile
meccanismo in cui, molto più profondamente di quanto si potesse concepire sino
al secolo scorso, ogni oggetto e dinamica naturale risulta essere effetto ineluttabile? Poniamo ad esempio
che sia valida la teoria di Bohm.
Alla stessa stregua
dell’onda pilota associata ad ogni infinitesima particella si giunge a
postulare l’esistenza di una funzione d’onda deterministica dell’intero
universo capace di comprendere in sé ogni oggetto macroscopico o complesso che
sia del reale. Riprendiamo la precedente rappresentazione della sequenza
causale di eventi E1 Þ E2 Þ E3 Þ E4 Þ...Þ Ek
Þ Ek+1
Þ Ek+2
Þ... E¥. Adattiamo
quest’espressione al concetto di funzione d’onda dell’intero universo. Per far
ciò dovremo porre alcuni vincoli formali. Si ponga dunque, seppur per assurdo,
che tutte le entità fisiche elementari E siano esattamente date nei livelli k
della sequenza causale. Le odierne teorie dell’informazione ci mostrano come
non esista nell’universo osservabile una dimensione spazio temporale
fisicamente capace di ospitare “l’intelligenza
che, per un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata
e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono...”.
Ciò comunque non impedisce
di postulare l’esistenza di una soluzione deterministica, alla luce della quale
non “...ci sarebbe nulla d’incerto, e il
futuro come il passato sarebbe presente...”. Tale soluzione, che noteremo
con la notazione y (k), ove k è un indice che
indica la successione causale di eventi elementari E, esisterebbe a prescindere
dal fatto che una qualsiasi intelligenza possa o meno afferrarla. Questa
evidenza è decisiva.
Le teorie sulle dinamiche
dei sistemi complessi, sensibili alle condizioni iniziali, affermano che un
dato evento Ex(k) può, in linea di principio, essere condizionato da
tutti gli n enti fisici elementari E del livello (k-1) della sequenza ad esso
pertinenti, magari solo per gli effetti gravitazionali - comunque non
ignorabili nella valutazione completa di ogni dinamica fisica. Ogni evento Ex(k)
è dunque funzione della sommatoria di tutti gli n eventi En(k-1).
Ciò è espresso dall’uguaglianza Ex(k)=f(åEn(k-1)). Ed a
sua volta y(k) = åEx(k).
Ciò implica che la
sequenza causale y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ...Þ yk Þ...Þ yk+1 Þ yk+2 Þ... y¥ , che descrive le
interazioni tra le n componenti fisiche espresse dalla
funzione d’onda y dell’universo in ciascuno
dei k termini della stessa, è esattamente determinata. Ogni termine y(k) è causalmente equivalente
agli altri. Ciò significa che, nell’eventualità di poter definire un termine
iniziale, detto y0, tale termine comprende in
sé tutti i termini successivi. Va detto, per inciso, che questa eventualità
riconduce implicitamente ad una metafisica realistico teistica, anche se la
riflessione può essere significativa anche in una visione atea. Ciò non
aggiunge nulla all’idea laplaciana ma determina una vera trasformazione filosofica
in un’ipotesi teistica. Il quadro concettuale infatti muta drasticamente
considerando come le dinamiche naturali siano, contrariamente a quanto atteso
da un filosofo o matematico del settecento, prevalentemente ad evoluzione non
lineare, ossia estremamente sensibili alle condizioni iniziali.
La sequenza y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ...Þ yk Þ...Þ yk+1 Þ yk+2 Þ... y¥,, no n può essere
ricostruita ed intesa
prevalentemente in modo lineare,
contando cioè in una relativa indipendenza causale
di eventi sufficientemente separati tra di loro. Gli eventi naturali, a
prescindere dalla loro rilevanza assoluta, sia che siano microscopici, sub
atomici, che macroscopici, galattici, non possono cioè essere intesi ed
analizzati come sistemi locali, chiusi. Questo sia dal punto termodinamico che
dal punto di vista delle dinamiche fisiche e biologiche.
È dunque impossibile
postulare tale reciproca indipendenza causale
- sicuramente alle scale spazio temporali tipiche degli eventi più importanti
riscontrabili nell’universo attualmente osservabile: formazione dei sistemi
planetari, evoluzione organica etc. In realtà in ogni termine della stessa si
ha un effetto preponderante nell’interazione reciproca di tutte le n componenti
fisiche di y.
Ogni evento è infatti
funzione di tutti gli eventi del livello precedente e fa parte dei termini causali che andranno ad influenzare,
alla stessa stregua ed a prescindere dalla loro rilevanza, tutti gli eventi del
livello successivo.
La storia di ogni evento Ex(k)
è dunque data da una successione causale
in cui si esprime un numero di interazioni che cresce spaventosamente lungo la
sequenza in una realtà a nk fattori, o dimensioni.
Ogni evento posto nella
sequenza è cioè espressione olistica
di una rete di relazioni inconcepibilmente complessa. Tutte queste relazioni
sono dal punto di vista causale identicamente
essenziali nel determinare il divenire fisico di ogni evento. Ora, proviamo a
collocare queste osservazioni nel quadro di una metafisica in cui si affermi un
proposito teleologico espresso nel reale, identificabile nell’evento Ez(p),
ed un evento creativo - divino - dell’ente reale: si pone dunque l’esistenza di
un evento y0, espressione originaria di
un disegno riconducibile all’ente assoluto: Dio.
Valutiamo cioè l’ipotesi di
una metafisica teistico deterministica, quale quella perorata dalle correnti di
pensiero teistico creazionistiche attuali, dalle attuali religioni occidentali,
in cui si postula l’intervento mondano della divinità nella determinazione
delle dinamiche naturali. Cosa pongono le nostre considerazioni precedenti
all’idea che la realtà fisica possa essere espressione di una data teleonomia
fondata sull’attuazione dell’evento Ez(p)?
Ebbene tutti gli n eventi E
di tutti p-1 livelli precedenti sono ugualmente essenziali ed imprescindibili
per la realizzazione dell’evento Ez(p) e devono essere racchiusi
solo ed esclusivamente nella y0. La sequenza esprime dunque
una ferrea rigidità causale. Ora, il
fatto filosofico fondamentale è che questa concezione deterministica abissale,
vertiginosa, dissolve irrimediabilmente, in tale metafisica, ogni ipotesi sul
più blando libero arbitrio.
Si sviluppa infatti tutta
una serie di problematiche insostenibili alla luce dei principi epistemologici
incentrati sull’emersione delle forme coscienti e del loro libero arbitrio.
Ogni ente del reale, ogni dinamica, evento od essere vivente, risultano essere
esclusivamente tappe di una ferrea sequenza pan-deterministica: meri automi fisici che esprimerebbero
deterministicamente lo stato reale iniziale. Ogni dinamica naturale, per quanto
caotica o complessa, non può sfuggire a questo fondamentale determinismo di
fondo. Ebbene, questa realtà risulterebbe sicuramente inafferrabile a qualsiasi
intelligenza fisica, ma nello stesso tempo la stessa sarebbe ineluttabilmente data.
Questo poiché l’esistenza di
una y0 in una sequenza
pan-deterministica non può comprendere nel suo interno alcun grado di libertà.
Le teorie dell’informazione, gli assunti di indeterminabilità computazionale
della matematica hanno dimostrato che l’estensione degli eventi naturali e la
complessità delle dinamiche fisiche sono sì tali da rendere impossibile ad ogni
intelligenza finita una comprensione deterministica dell’intero universo.
Ma nello stesso tempo
l’ipotesi deterministica pone ineluttabilmente l’esistenza di una y0 in cui sia racchiusa la
contingente realtà dell’universo. Essa è, od è stata, posta - dal caso, dalla natura, da Dio etc. - e da queste condizione iniziali emerge la
rigida catena causale di eventi che,
in tale ipotesi, determinerebbero l’unicità reale del creato. L’esistenza di
questa y0 preclude ogni accenno a
qualsiasi novità ed apertura ontologica
del mondo e mina qualsiasi ipotesi di libero arbitrio per qualsivoglia ente
cosciente finito.
È evidente che un essere reale, finito, cosciente - come ad esempio
l’uomo -, viene ad essere posto in un’oggettiva necessità di porre in atto
decisioni, scelte, ontologicamente vissute su una valutazione parziale ed
imperfetta degli elementi causali di ogni infinitesimo evento sia nella loro
determinazione esterna che interna - psichica. Non essendo nella possibilità di
comprendere in sé l’infinitezza sia dei fattori fisici coinvolti, dei
valori esatti dei parametri e delle
variabili in gioco in una qualsivoglia dinamica naturale, nonché la radice
inconscia del suo essere cosciente, tale essere non potrebbe infatti che solo
postulare l’illusione di una volontarietà
o ponderatezza cosciente nelle
proprie scelte. Questa volontarietà e ponderatezza risulterebbero essere
soltanto una perfetta illusione di una libertà
- responsabilità - ontologica in realtà pesantemente limitata, contingente
e decisamente condizionata da nascosti ed impercettibili fattori esterni alla
sua consapevolezza e responsabilità ontologica.
A tal pro è possibile
formalizzare l’accezione di libertà
ontologica di un tale soggetto cosciente al più in un suo parziale
contributo intellettuale autonomo,
quindi oggettivamente responsabile, nella determinazione di scelte etiche,
operative o quanto altro, successivo alla percezione e valutazione finite di un ventaglio di possibili
alternative indipendenti, controfattuali, nel quale si esprime una pluralità di
gradi di libertà.
Ebbene in una realtà pan
deterministica si avrebbe dunque solo una mera illusione di porre in atto
scelte, gesti, principi, emozioni soggettivamente intese come perfettamente coscienti e libere mentre, assolutamente
inconsapevoli della profonda realtà che determina ogni evento, tali esseri
pongono in atto solo dinamiche profondamente originate da fattori sottostanti
ad ogni possibile percezione d’individualità e libera scelta e fissate ad una distanza causale
inconcepibile da un dato evento in oggetto. Ma non è tutto. Come si prospetta
questo ad un livello eminentemente fisico?
La cosa più frustrante ed
irrimediabile è che questo avviene ora nella consapevolezza che le cause ultime
di ogni infinitesima dinamica naturale risiedono, in ultima analisi, oltre il muro costituito dal limite
d’indeterminazione di Heisenberg. Ogni risposta alle nostre vertiginose domande
è dunque irrimediabilmente celata oltre quel msx*sv³h/4p (dove p=3,14159..., h=costante di Plank, msx*sv il prodotto dell’indeterminazione della
posizione e velocità della particella di massa m), che chiude la nostra
osservazione al mondo dell’infinitamente piccolo.
Osserviamo le alternative.
Nell’eventualità di relazioni sottostanti agli eventi microscopici descritti
indeterministicamente dalla meccanica quantistica, il muro di indeterminazione
di Heisenberg si andrebbe a porre lungo i termini di una sequenza causale
totalmente deterministica, precludendo la determinazione di tutti i livelli
inferiori da parte di un qualsiasi osservatore fisico macroscopico.
▒
▒ Ü Soglia d’indeter. di Heisenberg
▒
y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ...Þ yk Þ...Þ yk+1 Þ yk+2 Þ... yp-1 Þ Ez(p)
▒
Questa eventualità
sancirebbe in modo irreversibile sia una perfetta e totale predestinazione del
reale che una altrettanto perfetta e totale impossibilità per qualsiasi essere
cosciente di risolvere quest’angosciante consapevolezza.
Non è azzardato allora
considerare come questa paradossale
realtà sembra ingenerare un disagio
ben più oggettivo ed immediato di quello paventato da Einstein e dagli altri
scienziati che rifiutano i paradossi
della fisica quantistica. Si può immediatamente osservare come le cambiano in
modo radicale nell’eventualità alternativa che la meccanica quantistica
rappresenti la corretta interpretazione del microcosmo reale.
Nella misura in cui la
soglia d’indeterminazione di Heisenberg rappresenti un’oggettiva cesura causale
tra il determinismo dei livelli macroscopici, classici e l’intrinseca
indeterminatezza derivante dal collasso delle funzioni d’onda pertinenti
ai livelli quantistici, si ottiene una
rappresentazione generalizzata della realtà in cui non si ha nessun insondabile
sfondamento di tale soglia:
▒
▒ Ü Soglia d’indeter. di Heisenberg
caos ▒
quantist. ▒ COLLASSO Þ y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ...Þ yk Þ...Þ yk+1 Þ yk+2 Þ... yp-1 Þ Ez(p)
▒
▒
Ciò implica delle
considerazioni peculiarissime dal punto di vista metafisico epistemologico.
Per primo il determinismo
del reale giunge sino alla soglie del mondo quantistico e ciò ci permetterebbe
di osservare come la natura esprima, all’inizio stesso dei livelli accessibili
all’osservazione da parte di enti coscienti fisici, un’intrinseca
indeterminabilità. Una semplice considerazione: è veramente azzardato intendere
questo fatto quale messaggio
altamente significativo e pertinente della natura?
Questa qualità spezza ogni catena deterministica
introducendo continuamente, ad ogni evento quantistico, una novità,
un’indeterminabile componente di caos fisico che, specialmente nell’ottica
delle dinamiche dei sistemi complessi e del caos, funge da polmone
indeterministico inesauribile di tutte le dinamiche successive, sia nella
dimensione spaziale che temporale. Questa valenza, introducendo sempre degli
elementi perturbanti, in ogni istante e luogo, nella sequenza causale y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ...Þ yk Þ...Þ yk+1 Þ yk+2 Þ... y¥, rende intrinsecamente imprevedibile ogni
pur elementare dinamica naturale.
Ad ogni livello infiniti
eventi quantistici I, causalmente disgiunti dalla sequenza in corso, ed
assolutamente non imputabili ad alcuna legge deterministica sottostante, entrano inattesi nella stessa,
insufflando il reale di novità, in una continua, infinita creazione ex novo di ulteriori eventi causali assolutamente
imprevisti nella y0.
È come se fosse presente una
cesura tra la determinatezza del mondo macroscopico e l’indeterminatezza del
mondo quantistico. Vedi fig. 1
Tale
situazione potrebbe essere così generalizzabile:
nI1 nI2 nI3 nI4 ... nIk ... nIk+1 nIk+2 ... nI¥
ß ß ß ß
ß ß
ß ß
y1 Þ y2 Þ y3 Þ y4 Þ yk Þ yk+1 Þ yk+2 Þ ... y¥
L’inestricabile complessità
della natura, come accennato, è dunque perentoriamente sancita dalla coazione
tra evoluzione dinamica dei sistemi fisici e meccanica quantistica. Il divenire
dell’universo, in ogni infinitesima espressione, non è dunque contenuto nel
novero delle condizioni iniziali da
cui ha preso origine: la conoscenza delle leggi naturali e delle condizioni
iniziali non può più rappresentare completamente
il dinamico evolversi dei sistemi fisici. La non linearità delle leggi fisiche, spesso definite da relazioni
complesse tra le numerose variabili che descrivono tali trasformazioni,
amplifica esponenzialmente l’influenza esercitata su qualsiasi evento da ogni
pur infinitesima componente dell’intero universo. Ne deriva che il progredire
della quasi totalità dei sistemi fisici, sin dai più semplici, è
intrinsecamente imprevedibile: dunque perfettamente caotico.
La maggior parte
dell’evoluzione dei sistemi fisici, dai movimenti degli strati atmosferici alle
dinamiche biologiche, mostra un comportamento in cui l’elemento deterministico
delle leggi fisiche s’interseca profondamente con una rilevante frazione di
aleatorietà, determinando la prodigiosa complessità ed imprevedibilità della
realtà.
Quali sono le questioni più
significative sollevate da questa concezione della realtà?
Cosa implica questa
concezione nell’idealistica esistenza di una intelligenza superiore, o,
parafrasando Einstein, sulle partite a dadi di Dio? I risultati di questa
analisi sono determinanti nell’eventualità di un Dio creatore. In merito a tali domande si possono fare due
considerazioni di rilevanza metafisico epistemologica:
1) L’intelligenza superiore,
se vuol disporre l’evolvere di una qualsiasi semplice dinamica naturale in un
progetto teleologico, deve sobbarcarsi l’estenuante compito di sottoporre ad
analisi continua l’enorme quantità di eventi fisici elementari in atto nella
totalità dei livelli del reale, alcuno escluso.
Usando termini cari alla
metafisica teologica, a cui, più o meno inconsapevolmente, sia Laplace, che
Einstein che Plank, giusto per citare autori già richiamati nel corso di questo
lavoro, facevano riferimento, la teleologia del creato, la provvidenza divina o l’influenza della divinità sull’universo
fisico, nella sfera mondana, non può assolutamente esimersi da una continua e
totale dedizione conoscitiva ed attuativa, che spoglia totalmente ogni accenno
al libero arbitrio delle sue creature. In questa eventualità Dio avrebbe dovuto
cimentarsi nella supervisione di ogni singolo
lancio in una partita a dadi di
estenuante impegno, in cui si aveva come posta in palio la specie umana, in
corso da almeno quindici miliardi di anni, in ogni luogo e tempo dell’universo!
Ogni decadimento
radioattivo, ogni transazione energetica in atto in un orbitale atomico, ogni
urto quantistico, ogni dinamica naturale, dalle fluttuazioni di una particella
invisibile alle violente maree cosmiche, ogni pur insignificante mutazione
genetica, ogni battito di farfalla, ogni tempo ed evento della realtà debbono essere
sottoposti all’analisi ed al controllo fine, ossessivo, di tale intelligenza.
Tutti gli eventi evolutivi,
dalla sintesi prebiotica delle prime proto cellule alle mutazioni genetico
metaboliche che condussero alle prime cellule eucariotiche, dall’impatto
dell’asteroide che, come sembrerebbe, decretò l’estinzione dei dinosauri
all’acquisizione della mano prensile da parte di ominidi protoumani, dovrebbero
essere stati finemente supervisionati da ogni divinità che avesse avuto in
animo di creare la specie umana sul
terzo pianeta interno del sistema solare. L’unica alternativa concepibile a
tale fine ed estenuante impegno divino, per inciso assai poco convincente e
credibile, è quella in cui la divinità potrebbe essere postulata come origine,
causa causarum, di un universo... lasciato a se stesso. Un universo in cui
dunque non si cerca di attuare a priori alcuna specifica dinamica naturale.
L’obiezione immediata che viene alla mente è: Sì ma che senso avrebbe allora il concetto di disegno teleologico, il
concetto di creazione?. Sorprendentemente una risposta a tale domanda
scaturisce inattesa proprio da una considerazione olistica delle teorie
matematiche e fisiche su esposte e di altre decisive teorie scientifiche
odierne. Essa risiede proprio nell’indeterminatezza indotta dalla cesura quantistica e sviluppa una
metafisica pienamente coerente con le attuali teorie cosmologiche ed
evoluzionistiche.
Big bang ed evoluzione: una
scommessa di Dio?
La moderna cosmologia ha da
parte sua rimandato molti contenuti della classica riflessione filosofica e
scientifica sul concetto di universo, realtà e creazione ad orizzonti euristici
inediti. Le odierne teorie cosmologiche non fanno altro che porre un contributo
ulteriore, decisivo, all’accezione di una realtà intrinsecamente
indeterministica.
Molti aspetti teorici
dell’odierna cosmologia, dalle estrapolazioni teoriche verso gli stati fisici
dello stesso attimo iniziale, il Big Bang, al problema dell’entropia dei buchi
neri, dalle rotture di simmetria da cui deriva la separazione delle forze
fondamentali della natura alla formazione ex novo di particelle dovute a
fluttuazioni quantistiche del vuoto, alle teorie inflazionarie, fanno ricorso
alla meccanica quantistica od alla CDQ (cromo dinamica quantistica) che dalla
prima deriva. Oggigiorno la ricerca di frontiera sulle origini dell’universo si
compie sempre più in stretto contatto con la fisica atomica sperimentale,
grazie alle teorie quantistiche sull’infinitamente piccolo.
Un ulteriore, inquietante
esempio di ciò potrebbe essere tratto a partire dalla questione, affascinante
quanto ancora aperta, relativa all’unicità degli universi che alcune teorie
cosmologiche sollevano, spinte dalle implicazioni di un approccio eminentemente
quantistico. Alcune teorie cosmologiche postulano l’esistenza di universi paralleli, l’uno indipendente
dall’altro, per risolvere le bizzarrie del collasso
quantistico. Un riferimento d’obbligo è da farsi sull’originale teoria
sull’universo inflazionistico auto riproducentesi proposta dall’astrofisico
sovietico Andrei Linde. Secondo tale studioso, l’universo in cui ci troviamo
non è altri che un singolo processo di
evoluzione cosmologica che sarebbe posto nel quadro di un complesso albero frattale di universi che si
originano gli uni dagli altri, in una sequenza perfettamente caotica, per
semplice gemmazione quantistica. Ora,
nell’eventualità di poter porre un inizio
anche a questo immenso, caotico grappolo di universi, è chiaro come possa
essere arduo porre un’eventuale opzione deterministica, una super funzione
d’onda z0 comune a tutti questi
eventi cosmologici.
L’azione di un’eventuale
divinità creatrice sarebbe ancor più allontanata dalla realizzazione fine di
una data realtà fisica e ciò non fa che amplificare ulteriormente, se ancora ce
ne fosse bisogno, sia l’assurdità di una concezione pan-deterministica che
l’intrinseca aleatorietà dell’alternativa impostazione indeterministico
evoluzionistica.
Da parte sua, la teoria
dell’evoluzione, proclamata nel 1859 da C. Darwin con la pionieristica opera “L’origine delle specie”, rappresenta
oramai la fondamentale base assiomatica di tutte le odierne discipline
biologiche.
La maturità raggiunta dal
paradigma cosmologico evolutivo moderno sembra dunque indicare come siano
oramai maturi i tempi affinché lo stesso esprima la sua influenza anche oltre i suoi più consoni campi di
applicazione. Da tale paradigma, si può derivare una metafisica teistico
realistica, in nuce coerente con lo
stesso.
Ciò conduce ad ipotesi
metafisiche inedite che possono essere comprese appieno solamente ridefinendo
la stessa figura ideale di divinità
creatrice. Ad esempio, nella nostra cultura siamo abituati ad attribuire in toto alla divinità le qualità di ente
creatore, ente onnisciente, ente morale ed ad accettare un determinato rapporto
etico tra creatura e divinità. Ebbene, si può dimostrare che questi caratteri
non rappresentino un insieme elementare
di qualità, quanto coacervi compositi, dovuti all’apposizione di assunti
metafisici sconnessi tra di loro. Possiamo teoricamente concepire sistemi
teologico cosmologici in cui si
originino enti che esprimano solo alcune di queste qualità.
Bisogna ricordare come la
teologia ortodossa esprima una concezione della divinità, della creazione e di
tanti altri caratteri ulteriori, fondandosi su di una visione perfettamente
fissistica, antropocentrica e geocentrica. Tutta la Scolastica, tutte le
riflessioni di autori quali S. Tommaso, S. Agostino, S. Bonaventura, Spinoza,
Kant e via dicendo, sono essenzialmente comprensibili inscrivendo il problema
dell’esistenza di Dio, il rapporto uomo Dio, l’antitesi tra bene e male e così
via, in una teologia legata ad una cosmologia ed un’antropologia nettamente
diverse da quelle evincibili dalle odierne teorie scientifiche.
La scienza moderna ha posto
inquietanti accezioni in merito a queste concezioni metafisiche e questo non
può essere assolutamente composto.
Ecco la ragione del fallimento di ogni intento concordistico. Solo una inedita, radicale sintesi teologico
scientifica può rendere giustizia a tali interrogativi. E questo è ciò che si
sta proponendo.
Un diverso inquadramento del
problema conduce infatti ad una fondamentale revisione della riflessione
teologica relativa all’idea di Dio, alle accezioni di creazione, teleologia,
escatologia, rivelazione, peccato, male, salvezza etc. Una divinità può, ad
esempio, non essere invocata in un sistema metafisico che contempli l’esistenza
d’oltretomba, od essere concepita in modo da non esprimere alcune qualità
solitamente imputate alla stessa null’altro che per assuefazione culturale.
Queste ipotesi sono
perfettamente coerenti e valide dal punto di vista filosofico. Non abbiamo
ragione di credere che la nostra metafisica possa esprimere tutte le possibili
sfaccettature del sacro, né possiamo oggettivamente sostenere che la stessa
possa rappresentare la migliore, se
non rifacendoci ad oscurantistiche e faziose spiegazioni etnocentriche. Solo il
ricorso ad un metodo oggettivo di
confronto può permetterci di risolvere tale problematica.
Ecco perché si invoca, a sostegno
di una data teologia e cosmologica, il ricorso ad un giudizio di congruità da
parte della scienza. Un giudizio, incentrato su una verifica del suo connettersi con la realtà naturale che,
indirettamente, ci conduca poi a poter optare per l’una o l’altra metafisica. E
le potenzialità di questa applicazione delle conoscenze scientifiche sono
quanto mai valide ed inesplorate. La scienza odierna, ad esempio, si è spinta a
porre seri veti sulla possibilità di postulare determinate finalità nello svolgersi delle naturali dinamiche evolutive.
L’impossibilità di cogliere
il fenomeno dell’evoluzione, nelle sue singole forme, quale strumento di un progetto originario
incentrato sull’emersione nel creato della specie umana, ha rappresentato
sinora un ostacolo insormontabile per intendere le dinamiche naturali quali
docili effettori di un magnifico progetto divino puntato sull’uomo. I processi
evolutivi, lasciati a se stessi, non sono in grado di dirigersi autonomamente
verso l’emersione di un predeterminato obiettivo, a meno di invocare un
continuo intervento correttore dei
complessi eventi mondani tramite una provvidenziale
supervisione divina di ogni infinitesima dinamica naturale. Un’eventualità
quest’ultima che, come abbiamo visto, mina irrimediabilmente il principio di
libero arbitrio delle creature.
Al contrario, nel contesto
di un universo indeterministico, caotico, autorganizzantesi, si deve
evidenziare un fatto fondamentale in merito alla possibilità di affermare una
qualsiasi valenza teleologica.
Ogni creatura che emerge nel
creato tramite il processo evolutivo è assolutamente impredicibile nei suoi
caratteri particolari, data l’intrinseca casualità presente nell’interminabile
serie di eventi con cui essa si origina. Parimenti, assolutamente imprevedibile
è il contesto spazio temporale ove ciò si andrà a verificare.
In particolare, rispetto ai
canoni metafisici delle teologie dalla nostra cultura, la classica concezione
di un universo in cui predeterminate creature siano alfine chiamate a
realizzare, con la loro emersione, la base biologico fenomenologica su cui
imporre l’attuazione di assoluti, sovrannaturali principi etici, è totalmente
incompatibile con l’universo descritto dalla scienza attuale. Come attendersi
che una data linea evolutiva condurrà a quella determinata specie vivente ed
ancor più a quei peculiari caratteri biologici che ne determineranno, ad
esempio, la sessualità?
Dal punto di vista
fenomenologico e causale, come stabilire allora a priori dello stesso evento creativo, dunque a monte del livello y0, assoluti principi morali,
in questo caso tabù sessuali, se le particolarità anatomico etologiche di un
essere vivente - evento Es(k), ove k>>0 - sono assolutamente
impredicibili nel corso di milioni e milioni di anni di evoluzione? Tali entità
o qualità contingenti non possono essere assolutamente intese quali mete di un intento originario affidato
alla spontanea, naturale attuazione del processo di evoluzione cosmico
biologica.
Tale impossibilità è dunque
perentoriamente sancita dalle modalità sull’evoluzione dinamica dei sistemi
fisici, dalla meccanica quantistica e dai recentissimi studi sul caos che, nel contesto delle dinamiche
bio evolutive, giungono ad avere un risalto peculiarissimo. Il divenire
dell’universo, ed in particolare delle forme viventi, in ogni infinitesima
espressione, non è contenuto nel novero delle condizioni iniziali da cui la realtà naturale ha preso origine: né
può la conoscenza delle leggi naturali e delle condizioni iniziali
rappresentare completamente il
dinamico evolversi dei sistemi fisici. Ma è allora scientificamente impossibile
sostenere un qualsivoglia contenuto teleonomico nelle dinamiche naturali? Non
sembra.
Si può assumere una
connotazione universale ai processi bio evolutivi con l’evenienza che questi
fenomeni risultino statisticamente
ricorrenti nell’universo, con scenari peraltro sempre unici, irripetibili
ed imprevedibili nei dettagli. Il processo di selezione naturale può essere
inteso come un fenomeno a cui attribuire la possibilità di dare origine, nel
tempo e nello spazio, comunque in forme e contesti assolutamente imprevedibili
a priori, a realtà biologiche progressivamente più complesse.
In particolare, è possibile
postulare l’origine di quadri bio evolutivi caratterizzati dalla presenza di
organismi dotati di strutture psichiche progressivamente più raffinate, capaci
infine di supportare l’emersione dell’intelligenza, della coscienza riflessa.
Quest’ultima osservazione, se opportunamente collocata, assume profondo risalto
teologico.
L’innegabile indeterminazione
di un dato itinerario bio evolutivo sfuma
nella valenza universale del fenomeno
evolutivo. I contenuti finalistici ad esso associabili emergono chiaramente
qualora si comprenda tale processo al di là della contingenza degli eventi che
hanno contraddistinto, ad esempio, l’affermazione della vita sulla terra o i
caratteri dei singoli esseri viventi.
Gli studi sulla genesi dei
sistemi planetari, sull’origine abiogena e sulle capacità di autorganizzazione
selettiva di composti biochimici complessi, inducono a prospettare con una
certa attendibilità tali scenari nel cosmo. Tali risultanze, nel tentativo di
sostenere una valenza finalistica nei processi evolutivi, possono far deporre a
favore di un quadro che postuli nell’universo una emersione ripetuta, dunque
statisticamente attendibile, di forme viventi autocoscienti. Si può inoltre
ricordare la questione delle cosiddette costanti
fisiche fondamentali della natura. Tali grandezze, precisamente determinate
dalla ricerca scientifica, assumono un concerto di valori estremamente critico
ed interdipendente, che non sembra procedere da alcuna legge o relazione
naturale sottostante. Perché questo concerto di valori, decisivo nel rendere
possibile l’emersione della vita?
Perché questo universo? Per alcuni autori questi fatti rappresenterebbero
un indizio a favore di una finalità teleologica che in parte si condivide, a
patto di non invocare l’attuazione di alcuna predestinazione etica o genetica.
Come si vede, omettendo
contenuti teologici irrazionalmente ancorati ad un’improponibile visione antropocentrica a favore di un finalismo
assolutamente non focalizzato sull’uomo, è possibile disporre di un modello
scientificamente coerente quanto teologicamente valido. In esso l’uomo, pur scalzato dal ruolo, infondato, di apice dell’evoluzione, può sostenere una
relazione con il sacro non meno soddisfacente di quanto avvenuto sinora.
È chiaro che in tutto ciò
anche la divinità subisce una riformulazione formale: questo compone
diversamente il rapporto ontologico tra uomo e Dio, evidenziandone nuovi
contenuti.
In un contesto
evoluzionistico indeterministico, la teleologia della creazione non è
incentrata in una determinata specie vivente ed in ambiti esistenziali su cui
porre valori etici superiori, intervenire, vigilare e sui quali attuare veti e
sanzioni. Il gesto creativo
costituirebbe un progetto in cui non si predefinisce l’emersione di alcuna
realtà etica o genetica da sottoporre all’osservazione di vincoli di origine
sovrannaturale: un fatto, questo, a cui una divinità non è necessariamente né avvezza, né bramosa. In tale progetto
il creato sarebbe lasciato evolvere, essere,
in piena libertà, quale intrinseca, spontanea manifestazione delle leggi
naturali.
In modo analogo, l’uomo
risulterebbe totalmente libero di essere e divenire, sia nelle sue prerogative
che nei suoi limiti naturali; ne deriva la condizione ontologica di un essere
eticamente indipendente dalla divinità. Questi esseri sono cioè, finalmente,
ontologicamente liberi. Liberi di
essere, responsabilmente ed autonomamente liberi anche dinnanzi al loro stesso
creatore. Questo è il solo possibile
risultato teleologico di un processo di evoluzione biologica pertinente
nell’ontopoiesi della coscienza riflessa, nell’emersione del pensiero nel
creato.
Questo
rappresenterebbe il fine teleologico
della creazione da parte di una divinità: naturale e totale libertà alle
creature.
Genesi: una nuova
metafisica, una nuova teologia dalla scienza.
È intuibile come le
potenzialità esplicative e filosofiche di questo modello definiscano principi
inediti, da cui deriva una decisa rottura filosofica con i canoni attuali, non
detrattiva rispetto all’opzione teistica.
Nessuna teologia aveva mai
potuto coerentemente originarsi da un simile connubio tra indeterminismo, caos,
libertà, nessuna teologia ha mai potuto comporre in un quadro simile il
rapporto ontologico tra Dio e uomo, tra creatore e creatura: ciò rappresenta
una meta inedita del pensiero umano, mai immaginata in tutto il nostro passato.
Un risultato filosofico d’importanza incommensurabile.
Tale modello si oppone,
infatti, a tutte quelle ideologie che hanno costituito i più subdoli strumenti
di oppressione ideologica e politica, di condizionamento e controllo coatto
delle coscienze, delle masse, mai attuati in tutta la storia dell’uomo.
Ideologie che costituiscono una cristallizzazione e sublimazione dei principi
autoritaristico sessuo-repressivi fondamentali, come evidenziò la critica di
autori del calibro di Freud, Nietzsche, Fromm, Marx e tanti altri, della struttura
socio-economica e culturale di tutte le società storiche note.
Ebbene, si dispone
finalmente, per la prima volta nella storia del pensiero scientifico moderno,
di una inedita metafisica in grado di porsi come alternativa a tutte queste
inconsistenti, deleterie dottrine. Ma questo nuovo orizzonte dell’uomo si
compie con un ulteriore, decisivo risultato filosofico scientifico.
L’attuale ricerca, sfociata
dapprima in una pubblicazione dell’ateneo di Camerino del 1994 “Metamorfosi della ragione. Esegesi evoluzionistico
psicosociologica di Gn 1,3 ed implicazioni bioetiche”, e successivamente in
“Il Dio laico: caos e libertà” edito da Armando Armando editore, nel
1999, oltre ad altri articolo e pubblicazioni accademiche, ha dimostrato come
questa inedita concezione metafisica, dalle interessanti implicazioni
teologiche, possa essere desunta addirittura da un’esegesi scientificamente
valida, pesantemente corroborata da una mole impressionante di dati
sperimentali, del libro del Genesi.
Nella teologia del Genesi è possibile
infatti rintracciare, si noti bene in modo filosoficamente economico, un deciso
riscontro di queste nostre riflessioni: il Dio del Genesi, al contrario da
quanto sostenuto dall’ortodossa, millenaristica esegesi, sembra condividere
questa metafisica. Un risultato ermeneutico dunque clamoroso.
L’affermazione pressoché
implacabile dell’attuale concezione scientifica della natura, evoluzionistico
indeterministica, ha stimolato un’imponente ricerca teologica. L’impegno
profuso da autori notevoli quali Maritain, Guitton, Balthasar, Rahner,
Alszeghy, l’attenzione, e l’ostracismo, rivolti dalla Chiesa a questi problemi
danno la misura dell’importanza di questo intento e di queste tematiche.
Tra i tanti, T. de Chardin è
lo studioso che più di ogni altro evoca lo sforzo compiuto dai teologi odierni
di mediare una sintesi tra evoluzionismo e teologia tradizionale. Rispetto a
queste interpretazioni però si dissente profondamente, pur rispettando lo
sforzo intellettuale da cui sono scaturite.
Tali tentativi costituiscono
infatti solo delle congetture concordistiche,
il più delle volte sganciate da una sufficiente verificabilità scientifica,
mediante le quali si tenta di forzare le ortodosse interpretazioni dei primi
tre capitoli del libro del Genesi nella visione evoluzionistica della natura.
Questo deriva dall’indole classica di
affrontare tali tematiche in modo eminentemente filosofico, senza avvertire la
necessità di qualsivoglia verifica sperimentale, empirica degli assunti e
postulati. Questa prassi va a scapito
della possibilità di addivenire ad ipotesi scientificamente verificabili, in
ossequio al principio della confutabilità delle teorie sollevato ed auspicato
da Popper, oltreché teologicamente valide. Nella fattispecie, il problema si
concretizza nella necessità di rappresentare esaurientemente i temi dalla
creazione divina dell’universo, delle forme viventi ed in particolare dell’uomo
e, principalmente, dall’evento della caduta,
o peccato originale. Questo
fantomatico evento innesca tutta la dinamica salvifica che giunge a compimento
nella figura e missione redentiva di Cristo narrata dai Vangeli.
A tutt’oggi, alcuna
interpretazione sembra possedere l’energia a la fondatezza necessarie per
risolvere le contraddizioni che una valutazione approfondita del modello
evolutivo fa emergere in merito a questi aspetti di fede.
Le posizioni ufficiali del
Magistero Cattolico inoltre vertono ancora su una interpretazione letterale,
storica dei fatti narrati nel Genesi, assolutamente incompatibile con il
moderno paradigma scientifico.
Sembra che, persa la
possibilità di una lettura diretta di
tali brani, i teologi moderni non siano in grado di proporre una traduzione
scientificamente intelligibile delle allegoriche narrazioni di questi testi. Le
ipotesi formulate sinora sono molteplici, alcune anche pregevoli ed
interessanti. Ma tutte, indistintamente, conducono ad interpretazioni
scientificamente inconsistenti, seppur lecite, che invocano assunti e principi
esplicativi solitamente inaccessibili a qualsiasi concreta verifica
scientifica. Pertanto è quanto mai auspicabile una rivoluzione in questo campo
d’indagine, facendo sì che la scienza moderna ponga le sue risultanze anche in
questo ambito.
Qualcuno potrebbe infatti
obiettare come sia una palese contraddizione tentare un’interpretazione di un
testo che dovrebbe veicolare una verità
assoluta, sovrannaturale, ricorrendo ad un metodo, quello scientifico, basato
sulla categoria della contingenza, sull’intrinseca limitatezza del dato
empirico, dell’esperienza mai compiuta e sulla conoscenza sempre in divenire.
Si è convinti però che le
attuali concezioni scientifiche costituiscano uno strumento d’indagine
insostituibile per una valutazione nuova, oggettiva e non ideologica, di tali
argomenti. Dunque “... vino nuovo in otri
nuovi”.
Il lavoro sviluppa un
modello teologico cosmologico perfettamente compatibile con l’odierna visione
evoluzionistico-indeterministica della natura. Nei suoi assunti, esso risulta
fondamentalmente antitetico alle ortodosse dottrine conosciute. Ciò permette,
per la prima volta nella storia del pensiero moderno, di sottoporre
interpretazioni metafisiche in competizione per una interpretazione del Genesi,
ad una oggettiva verifica, nel pieno rispetto e tradizione del metodo
scientifico, senza dover forzatamente alienare l’ipotesi teistica.
La teoria è caratterizzata
da una concezione filosofico teologica in cui la divinità assume esclusivamente
una funzione creatrice della realtà. In essa si concede l’esistenza di un ente
increato distinto da un mondo inteso come sua opera, emanazione diretta, ma non
si attribuisce alla divinità alcuna ulteriore prerogativa etica nei confronti
delle creature. Tale modello può far evocare l’illuministico ideale del deismo, ma si differenzia da questo per
la particolare interpretazione della Genesi, per il suo inquadramento
evoluzionistico e nel sostenere un peculiare rapporto uomo Dio.
Si dimostra come tale
modello sia intrinsecamente compatibile con una ampia base di evidenze
antropologiche, sociologiche e psicanalitiche.
Una massiccia letteratura
etnologica conferma come simili concezioni teologico cosmologiche siano tipiche
di società ad ordinamento socio economico pre statuale e delle più arcaiche
società conosciute. Questo permette anzi di candidare lo stesso a pieno titolo
quale più primitiva credenza religiosa sviluppatasi nell’ecumene umano.
Questa interpretazione si
colloca nell’alveo di una visione storico evolutiva della religiosità condivisa
in varie discipline, dall’antropologia culturale alla storia delle religioni,
ma pone un netto distinguo con le consuete concezioni dell’evoluzione
religiosa.
Da questo paradigma deriva
una teologia ove la divinità esprime qualità inedite rispetto ai modelli in cui
la stessa esprime caratteri ulteriori, incentrati sull’onniveggenza etica, e
ciò assume un significato decisivo.
Questo fatto, giust’appunto,
conduce a postulare, al contrario di come fatto sinora, l’impossibilità di un continuum evolutivo tra questi diversi
paradigmi religiosi. Su questa distinzione è incentrata una classificazione
dicotomica dell’universo del teismo,
delle credenze religiose, in due classi fondamentali: quella delle ‘religioni’
vere e proprie (sistemi che non prevedono divinità morali) e quella delle
‘teo-eto-tomie’ (neologismo che indicherà i modelli dove la divinità assume
qualità onniveggenti e morali, conducendo ad una divisione - tomia - della
sfera etica).
Tale divisione è determinata
dall’osservazione di come questi modelli, radicalmente differenti nei loro
assunti metafisici, procedono da esigenze esistenziali del tutto distinte e si
collegano a realtà socio culturali antitetiche per la loro alterna ragione di
essere, la differente collocazione formale, storica, etnologica e sociologica.
Quest’aspetto, sinora sottovalutato nel suo autentico rilievo, induce una
valutazione nuova delle correlazioni tra modello teologico cosmologico, sistema
culturale e realtà socio economica. Si può dimostrare l’intrinseca qualità dei
modelli religiosi di coesistere
perfettamente con la concezione evoluzionistico-indeterministica propria della
fisica e della cosmologia, in particolare con le teorie evoluzionistiche
sull’origine dell’uomo. Innanzitutto una divinità eminentemente creatrice, quale quella contemplata nei
modelli religiosi, ovvierebbe tranquillamente all’estromissione da qualsivoglia
ruolo attivo nelle dinamiche
naturali, ponendosi semplicemente a monte
del creato quale causa causarum.
Questa divinità, senza
alcuno scadimento teologico, è perfettamente in grado di prescindere
dall’eventuale modalità con cui il creato sarebbe andato ad emergere. Tale
valenza teleologica fa dunque perno su una connotazione universale dei processi
bio evolutivi di modo che questi fenomeni risultino statisticamente ricorrenti nell’universo, con scenari peraltro
sempre unici, irripetibili ed imprevedibili nei dettagli; un’evenienza questa
che, come si è visto, non risulta in contrasto con le attuali tendenze
scientifiche. Una divinità religiosa, non morale, coesiste dunque senza affanno
e scadimento con i vincoli imposti dall’attuale visione della natura, non
essendo nella necessità d’irrompere nella determinazione delle realtà
ontologiche del creato, specialmente per quanto sarebbe finalizzato
all’esercizio della sua onniveggenza morale.
È intuibile come le
potenzialità esplicative e filosofiche di questo modello definiscano principi
inediti, da cui deriva una rottura filosofica non detrattiva rispetto
all’opzione teistica. Tale modello si oppone, finalmente, a tutte quelle
ideologie che hanno costituito i più subdoli strumenti di oppressione
ideologica e politica, di condizionamento e controllo coatto delle coscienze,
delle masse, mai attuati in tutta la storia dell’uomo.
Ma il nocciolo di Metamorfosi della Ragione consiste
nell’identificare la caduta narrata
dalla Genesi con la transizione dovuta al passaggio da modelli socio culturali
di tipo religioso a quelli teoetotomistici.
La teoria dimostra
clamorosamente come i brani biblici, al contrario di quanto inteso sinora,
sostengano la superiorità del modello religioso su quello teoetotomistico. Essa
attribuisce alle culture teoetotomistiche una vera e propria degenerazione
filosofico ontologica a carico dell’individuo e della comunità. Ciò permette di
disporre di una interpretazione esauriente dei fatti metaforicamente evocati in
Gn 2,3 e relativi ad una misteriosa degenerazione
del genere umano - il cosiddetto peccato
originale, o caduta -,
inquadrando in modo nuovo il contrasto tra evoluzionismo e fede. Sino ad oggi
questa controversia è derivata dalla manifesta impossibilità dei teologi di far
coesistere in modo economico e scientificamente intelligibile l’ortodossa
lettura di Genesi 1,3 con la teoria evoluzionistica. Quest’ultima nega
un’origine particolare dell’uomo, dimostrando la discendenza dell’uomo da
specie pre umane di primati nel corso di milioni di anni di naturale evoluzione
filetica. Ciò contraddice inappellabilmente l’assunto di un monogenismo
genetico originario della specie umana.
Tutto ciò inoltre confuta
l’eventualità di contemplare nella forma canonica il verificarsi del cosiddetto
peccato originale, evento con il
quale si sarebbe determinato in tutta l’umanità successiva uno stato di
corruttibilità ontologica per generazione diretta dai protoparenti Adamo ed
Eva. Di questo evento, decisivo per il canone teologico dei testi biblici,
sinora non si è proposta in contenuti verosimili alcuna ipotesi
scientificamente accettabile.
Dove collocare tale evento
nell’evoluzione umana? Chi ne fu l’artefice? L’H. sapiens sapiens, l’H. erectus
od addirittura l’H. habilis? Tale evento fu individuale, o no? Come poté essere
immune dall’influenza della frazione istintuale, genetica, imputabile dunque alla natura umana e quindi direttamente generata dal creatore,
della determinazione del comportamento umano? Dove avvenne tale cataclisma
ontologico?
Perché ci fu un tragico
coinvolgimento della sfera sessuale in tutto ciò? Nell’impossibilità di
sostenere una diretta discendenza genetica di tutti gli uomini da una coppia
capostipite, come è possibile concepire un’estensione assoluta, perfetta di
tale stato di corruzione nell’umanità? Tale evento rappresenterebbe un accidente locale che interessò il
pianeta Terra o si estese all’universo tutto?
Tali quesiti non hanno avuto
sinora alcuna risposta plausibile diversa da un assunto fideistico sordo a
tutte le sollecitazioni della scienza moderna. Ora, se si dimostra come
nell’universo del teismo la divinità non assuma necessariamente connotati etici
autoritaristici le cose cambiano drasticamente.
Nell’universo metafisico del
teismo l’individuo non è forzatamente
coinvolto in un rapporto con la divinità basato sulla sudditanza etica,
sull’obbedienza morale, sull’essere oggetto di un condizionamento esterno,
divino, nella determinazione delle sue scelte. Simile paradigma, pur
collocandosi in un ideale teistico, si caratterizza come segue:
1) Riesce a superare il
problema del monogenismo genetico - sia di coppia che di gruppo - invocato
dalla esegesi ortodossa e confutato senza equivoci dalla biologia malgrado una
lettura teologicamente positiva di Genesi
2,3.
2) Identifica, senza
invocare sedicenti cause sovrannaturali, l’evento storico a cui associare la
leggendaria caduta originale con un fatto socio culturale: l’origine delle
società teocratiche statuali, classiste, teoetotomistiche.
3) Pone una precisa
corrispondenza tra documentazioni storico geografiche ed i testi.
Ciò si ottiene collocando
nell’evoluzione socio culturale umana il verificarsi di un processo di
diffusione culturale del modello teoetotomistico associato alle società
statuali. Tale modello si estese in tutta la terra grazie alla maggiore
efficienza politica, militare ed economica di tali società, che presero il
sopravvento sulle culture di tipo religioso. Questa transizione, secondo
documentazioni storiche, avrebbe interessato proprio i popoli neolitici della mezzaluna fertile medio orientale.
4) Afferma una trasmissione
di tale stato non su base genetica, ma per naturale trasmissione o diffusione
culturale.
5) Ha influenze decisive
nelle speculazioni filosofico teologiche relative alla teodicea, rifiutando
l’accezione personale del principio sovrannaturale del male, senza limitare la valenza teologica ed escatologica di Gn
2,3.
Queste osservazioni
sarebbero tali da imputare a meccanismi sociologici e psicologici
dettagliatamente evidenziati nella teoria, la metamorfosi socio economica, ed
ancor più psico sociale, che diversi autori sinora hanno invano invocato per
comprendere correttamente questa trasformazione. La teoria si distingue da quei
tentativi di spiegare l’origine delle società classiste, teocratiche, autoritaristico repressive della storia
a partire da antecedenti culture egalitarie,
invocando esclusivamente l’influsso di contingenti aspetti economici,
ecologici, tecnologici, demografici etc.
Nel panorama etnologico
delle religioni si ha infatti conferma dell’esistenza di due antitetiche
polarità del sacro, al contrario delle precedenti ipotesi che immaginavano
un’unica forma di evoluzione religiosa.
Nella prima la divinità
assume principalmente un ruolo «creativo», non mostrando alcun carattere
di onniscienza morale rivolto al condizionamento etico dell’uomo. In queste
culture l’accesso alla vita d’oltretomba non è influenzata dal comportamento
dell’individuo. La sfera etica è dissociata dal sacro in relazione al destino futuro
dell’individuo e questo rende decisamente gratificante il rapporto uomo-Dio.
Questi modelli «senza peccato» sono tipici di culture, solitamente
intese come «primitive», ad organizzazione sociale pre-statuale.
Nelle culture «moderne» la divinità assume invece una
preponderante funzione morale e censoria, esprimendo una capillare onniveggenza
delle azioni umane. In questo secondo polo del sacro, ove le scelte etiche
dell’individuo condizionano la qualità della sua futura vita d’oltretomba, si
sviluppano aspetti ulteriori: l’esistenza di una elite sacerdotale,
l’affermazione di assolute norme etiche e del concetto di peccato, di oblazione
e di colpa.
In esso il rapporto uomo-Dio
risulta profondamente alterato e l’uomo è scaraventato in una condizione di corruzione
e sudditanza etica nei confronti della divinità psicologicamente molto
problematica. Questo polo e' strettamente correlato a strutture sociali
classiste, autoritaristico-statuali e sessuo-repressive.
Numerose evidenze
filosofiche, sociologiche e psicanalitiche ci conducono ad intendere questi
secondi modelli come autentiche «degenerazioni» del sacro. Questo fatto ci
autorizza a distinguere i due sistemi con i termini «religioni» e «teoetotomie»
rispettivamente in funzione dell’assenza o presenza della funzione morale,
essendo ogni sistema dotato di caratteri formali, origine ed evoluzione a sé.
Le «religioni», per la loro maggiore semplicità e per il fatto di essere
tipiche di sistemi pre-statuali, furono certamente antecedenti alle «teoetotomie».
È impossibile poi proporre un’«evoluzione» delle credenze religiose in
cui si attui un’«inevitabile transizione» dal modello «religioso»
a quello «teoetotomistico». Si deve dunque optare per una ricostruzione
dicotomica, in cui due diverse direzioni evolutive sono contemplate, l’una
propria delle «religioni», l’altra, postuma, delle «teoetotomie»
che si sviluppano in concomitanza all’attuazione di strutture socio economiche
diverse, non classiste le prime, classiste le seconde.
Meccanismi socio-psicologici
evidenziati da analisi etnologiche, psicanalitiche e sociologiche indicano come
una «evoluzione morbida» sia
assolutamente improponibile, anche per la potente avversione di qualsiasi
cultura alla trasformazione di un importante aspetto culturale quale un modello
socio religioso. Come poté dunque avvenire questa trasformazione quando ancora
non si era affermata una qualsivoglia concezione «teoetotomistica»? È necessario il verificarsi di un evento
culturale dirompente, sicuramente mediato da fatti contingenti, affinché si
realizzi lo «sblocco», la «mutazione» che si esprimerà poi in una
nuova caratterizzazione psicologica e sociologica della personalità
dell’individuo «medio» di tali
culture. Tale trasformazione rappresenta comunque una «involuzione» filosofica del concetto di divinità creatrice in
divinità eminentemente morale, da cui segue una degenerazione del rapporto
ontologico uomo-Dio.
Sintesi. Evidenze storiche ed
etnologiche mostrano che la trasformazione da società pre-statuali a società
statuali, classiste, avvenne nel bacino Medio-orientale all’inizio del
Neolitico. Si propone di collegare l’avvento delle «teoetotomie» a tale
evento storico. Questa grande mutazione delle concezioni teologiche e
cosmologiche originò profonde trasformazioni sociali affermando la superiorità
morale del Dio sull’uomo, e conducendo all’affermazione di un’analoga autorità
etica da parte di una elite - il clero - che imponeva severe norme etiche della
società mediando la funzione divina. Questo potente mezzo psico-culturale e
politico permise l’affermazione delle società teocratiche, classiste, «statuali»
che soppiantarono le culture religiose.
I contenuti del paradigma
religioso, ed in generale di questa ricostruzione del sacro, risultano forse
paradossali viste le concezioni teologiche a noi più consuete, ma permettono di
riformulare il concetto di Dio, di creazione, la nostra stessa «intuizione»
filosofica dell’essere uomo, i nostri interrogativi di fondo. Questa
concezione, oltre alla rilettura dell’evoluzione religiosa tramite una nuova
concezione del sacro, propone la transizione tra Religioni e Teoetotomie
quale interpretazione psico-sociologica della «caduta originale» narrata
nella Genesi, superando così tutti i problemi che le teorie scientifiche
moderne - evoluzionismo in testa - hanno sinora sollevato e proponendo un nuovo
paradigma esegetico. Una ricostruzione, è qui il caso di ripeterlo, che si
presenta assolutamente coerente, al contrario delle interpretazioni classiche,
con la concezione evoluzionistica ed indeterministica sostenuta dalle teorie
scientifiche moderne - evoluzionismo, fisica quantistica, teoria della
relatività etc. -, lo stesso si colloca nel dibattito «fede scienza», «ateismo
teismo» come «terzo» polo interpretativo.
Concludendo, il modello
religioso si qualifica per un rapporto uomo divinità da cui derivano:
1) Alterazione radicale
delle accezioni di teologia, teleologia della creazione ed escatologia.
2) Mancanza della concezione
di corruzione ontologica del creato collegabile esclusivamente ad una
definizione teologico-cosmologica non
monistica.
3) Completo affrancamento
dalla visione fissista, implicita nel paradigma teoetotomistico, e dal
conseguente ruolo onniveggente ed attivo che la divinità ivi assume.
4) Alternativa composizione della
critica laica al teismo accusato di esser causa di degenerazioni ed alienazioni
a carico dell’uomo e della società.
5) Riduzione della valenza
della critica marxista: si dimostra come non si debbano rivolgere tali accuse
al teismo tout court, quanto indirizzarle esclusivamente in direzione delle
teoetotomie.
6) Si dissocia la figura
della divinità da quei caratteri patriarcali,
autoritaristico sessuo repressivi, di
cui la stessa è stata indifferentemente investita, stante la canonica
identificazione di divinità nell’accezione, contingente, dell’ideale
teoetotomistico.
È interessante a questo
punto notare un altro significativo collegamento: tali caratteri, qualificando
il profilo teologico delle stesse, hanno indirizzato negativamente la critica
freudiana al teismo. Si può dimostrare l’esistenza di una correlazione positiva
tra la formazione più o meno ipertrofica e duratura del Super-Io, l’insorgere
delle regressioni pregenitali connesse con le dinamiche edipiche e
l’affermazione dell’ideale teoetotomistico. Un’analogo riferimento è sostenuto
tra l’attuazione di atteggiamenti etici repressivi riguardo la sessualità e
l’espressione delle degeneri personalità
di base (aspetti della personalità individuale modali di un dato contesto
sociale) riscontrate nell’indagine psicologico-etnologica delle culture
classiste statuali. Ciò fornisce un inedito contributo per inquadrare anche
psicanaliticamente lo scatto
caratteriale dovuto all’affermazione di un ideale teoetotomistico
sull’individuo, ribaltando molte posizioni freudiane. Concludendo, questa
ricerca propone una concezione del sacro, di Dio e dell’essere umano capace di
evincere, con contenuti nuovi ed il più possibile oggettivi ed intelligibili,
una teologia, un’antropologia ed una cosmologia finalmente sgombre dai pesanti
contenuti ideologici che hanno costituito il riferimento scontato del sacro,
dell’idea di Dio.
Questo spunto ha inoltre
l’energia necessaria a sostenere positivi spunti interpretativi del Nuovo
Testamento, in particolare dei Vangeli, in cui si rivaluta, anche dinnanzi alla
teologia ortodossa, la figura e missione redentiva di Cristo, identificando
contenuti altrettanto pertinenti quanto assolutamente antitetici e dirompenti
rispetto al canone tradizionale. Si può intuire come questa diversa condizione
ontologica informi la prassi quotidiana e l’autoconsapevolezza dell’individuo
di ben altri contenuti, che vanno ad intaccare profondamente il dibattito
epistemologico relativo alle tematiche ultime dell’esperienza umana: la fede ed
il rapporto con Dio.
Per ulteriori informazioni
consultare il sito www.diolaico.it
BIBLIOGRAFIA
1) -
Homo. Viaggio alle origini della storia.
Testimonianze e reperti per 4 milioni di anni. Cataloghi Marsilio. Venezia
1985.
2) -
Le scienze. Quaderni. Gli antenati dell’uomo. I cervelli degli
ominidi fossili. Holloway L. Ralph, ottobre 1984.
3) -
Le scienze. Quaderni. Il
Paleolitico, giugno 1986.
4) -
Letture da Le Scienze. L’universo, problemi
ed incognite, 1976.
5) -
L’evoluzione dei primati. Jaca Book, Milano,
1986.
6) -
Binford
R. Lewis - Preistoria dell’uomo. Rusconi, Milano, 1990.
7) -
Camps
Gabriels - La preistoria. Alla ricerca del paradiso perduto. Bompiani, Milano,
1985.
8) -
Catechismo
della Chiesa Cattolica. Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992.
9) -
Chagas
Carlos a cura di - AA.VV. - L’evoluzione dei primati. Jaca Book, Milano, 1986.
10) -
Childe
G. - L’alba della civiltà in Europa. Einaudi, Torino, 1978.
11) -
Clastres
Pierre - La società contro lo stato. Ricerche di antropologia politica.
Feltrinelli, Milano, 1984.
12) -
Dacquino
Giacomo - Religiosità e psicanalisi. Saggi S.E.I., Torino, 1981.
13) -
Darwin
Charles - L’origine delle specie per selezione naturale o la preservazione
delle razze privilegiate nella lotta per la vita. Newton Compton, Roma, 1973.
14) -
Davies
Paul - Dio e la nuova fisica. Arnoldo Mondadori, Milano, 1984.
15) -
Davies
Paul - La mente di Dio. Arnoldo Mondadori, Milano, 1993.
16) -
Dawkins
Richard - Il gene egoista. Zanichelli, Bologna, 1980.
17) -
Dawkins
Richard - L’orologiaio cieco. Rizzoli, Milano, 1988.
18) -
Eliade
Mircea - Il sacro e il profano. Boringhieri, Torino, 1984.
19) -
Eibl-Eibesfeldt
I. - Etologia della guerra. Boringhieri, Torino, 1984.
20) -
Evans-Pritchard
E. Edward - Teorie sulla religione primitiva. Sansoni, Firenze, 1978.
21) -
Flich
M. Alszeghy Z. - Il peccato originale. Queriniana, Brescia, 1971.
22) -
Freud
Sigmund - Il disagio della civiltà ed altri saggi. Boringhieri, Torino, 1971.
23) -
Freud
Sigmund - L’Io e l’Es. Boringhieri, Torino, 1982.
24) -
Freud
Sigmund - Totem e tabù. Boringhieri, Torino, 1969.
25) -
Fromm
Erich - Anatomia dell’aggressività umana. Arnoldo Mondadori, Milano, 1975.
26) -
Fromm
Erich - Fuga dalla libertà. La comunità, Milano, 1981.
27) -
Greene
C. John - La morte di Adamo. L’evoluzionismo e la sua influenza sul pensiero
occidentale. Feltrinelli, Milano, 1971.
28) -
Hall
Rupert A. Hall Boas M. - Storia della scienza. Il Mulino, Milano, 1991.
29) -
Harris
Marwin - Antropologia culturale. Zanichelli, Bologna, 1990.
30) -
Harris
Marwin - Cannibali e re. Le origini delle culture. Feltrinelli, Milano, 1984.
31) -
Hawking
Stephen - Dal big bang ai buchi neri. Rizzoli, Milano, 1988.
32) -
Korner
Melvin - L’ala impigliata. I condizionamenti biologici dello spirito umano.
Feltrinelli, Milano, 1984.
33) -
Kung
Hans - Dio esiste? Arnoldo Mondadori, Milano, 1979.
34) -
Le
scienze. Versione italiana di Scientific American, n° 119. La radiazione
cosmica di fondo e la nuova deriva dell’etere. Muller A. Richard, luglio 1978.
35) -
Le
scienze. Versione italiana di Scientific American, n° 137. La teoria dei quanti
e la realtà. Bernrd d’Espagnat, gennaio 1980.
36) -
Le
scienze. Versione italiana di Scientific American, n° 162. Il principio
antropico. Gale George, febbraio 1982.
37) -
Le
scienze. Versione italiana di Scientific American, n° 191. L’universo
inflazionario. Guth H. Alan Steinhardt J. Paul, luglio 1984.
38)
- Le Scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 222. Il
Caos. James P. Crutchfield, J. Doyne Farmer, Norman H. Pachard, Robert S.
Shaw., febbraio 1987.
39)
- Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 236. L’evoluzione del clima sui pianeti
terrestri. Kastling J.F. Toon J.B., aprile 1988.
40)
- Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 271. I pianeti delle altre stelle. Black C. David, marzo 1991.
41) - Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 283. Il caos quantistico. Gutzwiller C. Martin, marzo 1992.
42)
- Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 289. La filosofia dei quanti. John Horgan, gennaio 1992.
43)
- Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 290. Come la cosmologia divenne una
scienza. Brush G. Stephen, ottobre 1992.
44) -
Le
scienze. Numero speciale - La vita sulla terra. Versione italiana di Scientific
American, n° 316. Articoli di Stephan Jay Gould, Steven Weinberg, Carl Sagan,
William H. Calvin ed altri novembre 1994.
45) -
Le
scienze. Versione italiana di Scientific American, n° 317. Un universo
inflazionario che si autoriproduce. Linde Andrei, gennaio 1995.
46)
- Le scienze. Versione
italiana di Scientific American, n° 329. La natura: un universo di
indifferenza. Dawkins Richard, gennaio 1996.
47) -
Leakey E. F. Richard Lewin Roger - Origini. Nascita e possibile futuro
dell’uomo. La terza, Bari, 1979.
48) -
Lenneberg
H. Eric - Fondamenti biologici del linguaggio. Boringhieri, Torino, 1982.
49) -
Leroi-Gourhan
André - Le religioni della preistoria. Rizzoli, Milano, 1970.
50) -
Leroi-Gourhan
André - Il gesto e la parola. Tecnica e linguaggio. Einaudi, Torino, 1977.
51) -
Lieberman
Philip - L’origine delle parole. Boringhieri, Torino, 1982.
52) -
Lorenz
Konrad - L’aggressività. Il Saggiatore, Milano, 1969.
53) -
Lorenz
Konrad - La scienza naturale dell’uomo. Il manoscritto russo. Arnoldo Mondadori,
Milano, 1993.
54) -
Lorenz
Konrad - L’altra faccia dello specchio. Per una storia naturale della
conoscenza. Adelphi, Milano, 1974.
55) -
Molari
Carlo - Darwinismo e teologia cattolica.Borla, Roma, 1984.
56) -
Monod
Jacques - Il caso e la necessità. Arnoldo Mondadori, Milano, 1970.
57) -
Morin
Edgard - L’uomo e la morte. Newton Compton, Roma, 1980.
58) -
Nietzsche Friedrich - L’Anticristo. Maledizione del
Cristianesimo. Newton Compton, Roma, 1977.
59) -
Nietzsche
Friedrich - La gaia scienza. Adelphi, Milano, 1989.
60) -
Pettazzoni
Raffaele - L’essere supremo nelle religioni primitive. Einaudi, Torino, 1965.
61) -
Popper
R. Karl - Verso una teoria evoluzionistica della conoscenza. Armando Armando,
Roma, 1994.
62) -
Ruelle
David - Caso e Caos - Boringhieri, Torino, 1992.
63) -
Stewart
Ian - Dio gioca a dadi? Boringhieri, Torino, 1993.
64) -
von
Ditfurt Hoiman - Non siamo solo di questo mondo. Longanesi & C., Milano,
1981.
65) -
Verolini
Roberto, Petrelli Fabio - Metamorfosi
della ragione. Esegesi evoluzionistico psicosociologica di Gn 1,3 ed
implicazioni bioetiche. Dipartimento Scienze Igienistiche e Sanitario
Ambientali, Università degli Studi di Camerino, ITALIA, 1994.
66) -
Verolini
Roberto, Petrelli Fabio, Venturi Larissa - Neuroscienze
ed evoluzionismo per una concezione olistica delle psicopatologie e dei
disturbi della personalità, , Camerino, Università di Camerino, 2000.
67) -
Verolini Roberto - Il Dio laico:
caos e libertà, Roma, Armando Armando, 1999.
68) -
Wilson O. Edward - Sulla natura umana.
Zanichelli, Bologna, 1980.