La
pubblicazione all'inizio del 2001 della sequenza del genoma umano ha
aperto una nuova era per le ricerche biologiche.
A una analisi dettagliata, oltre il 98 per cento delle
sequenze di DNA che costituiscono il genoma umano non è codificante,
ossia non specifica proteine; sono sequenze
più o meno ripetute o appartenenti ad altri organismi e trasferite al
nostro genoma per via orizzontale.
È evidente che non è più possibile considerare
l’"altro" genoma come un contenitore di sequenze inerti e
parassite: in realtà le sequenze ripetute sono gli agenti che
attivamente, anche se ancora in modo non chiaro - e su questo punto si
svolgeranno le ricerche di punta dell’era postgenomica - modellano la
composizione, l’organizzazione e la funzione di tutti i genomi, compreso
quello umano.
Agli inizi degli anni settanta, una pionieristica serie di lavori compiuti
da Maria Gabriella Manfredi Romanini, Ernesto Capanna ed Ettore Olmo
analizzò la relazione tra complessità degli organismi e composizione e
organizzazione dei genomi.
Si è innanzitutto osservato che le
dimensioni dei genomi di parecchie specie non sono affatto correlate con
la loro complessità, mentre lo sono con le dimensioni delle
cellule. Inoltre si è constatato che gli animali dotati di un metabolismo
elevato come pipistrelli e uccelli volatori hanno un genoma relativamente
piccolo, mentre animali con metabolismo lento hanno un genoma più grande.
Per quanto riguarda
l’"altro" genoma, quello considerato inutile e costituito in
gran parte da sequenze ripetitive, si può già affermare che deve
svolgere un ruolo indispensabile sia per la corretta funzionalità del DNA
codificante, sia per lo sviluppo e il differenziamento cellulare.
La riduzione delle dimensioni del
genoma è sempre dovuta alla diminuzione del numero di copie della
frazione di DNA ripetitivo. Ma questa frazione non manca mai, anche se può
essere presente in quantità ridotte, come si osserva nei pipistrelli o
nel pesce Fugu dove costituisce solo il 10 per cento del genoma, e ciò è
un indizio molto significativo di un’ulteriore possibile funzione
dell’altro genoma: è probabile che i geni responsabili delle complesse
funzioni fisiologiche presenti nei vertebrati superiori richiedano un
minimo di DNA ripetitivo non-codificante per essere espressi regolarmente
nel corso dello sviluppo. Questi dati mettono in luce come le sequenze
ripetute non possano essere più considerate DNA spazzatura, bensì una
componente del genoma di estrema importanza funzionale, capace di
esercitare sia degli effetti nucleo-tipici sia degli effetti regolativi,
entrambi utili per l’adattamento ai vincoli eco-etologici delle specie e
capaci di assicurare potenzialità evolutive. Più in generale, risulta
chiaro che le sequenze di DNA ripetitivo possono influire sulle
caratteristiche del fenotipo, indipendentemente dalle capacità di
codificare per proteine.
Ricerca di
Alessandro D'Angelo
settembre
2002
Le Scienze S.p.A.