ATTI DI TOMMASO |
ATTI
DI TOMMASO I Primo
atto dell'apostolo Giuda Tomaso: Egli lo vende al commerciante Habban
affinché discenda e vada a convertire l'India [1]
In un momento in cui tutti gli apostoli Ä Simone Cefa e Andrea, Giacomo e
Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Tomaso e Matteo il Cananeo, Giuda figlio
di Giacomo Ä si trovavano a Gerusalemme, si divisero i vari paesi tra di
loro affinché ognuno predicasse nella regione che gli sarebbe toccata e
nel luogo al quale il Signore l'avrebbe inviato. Sia
nella sorte che nella divisione, l'India toccò all'apostolo Giuda Tomaso.
Ma egli non aveva voglia di andare, dicendo "Non ho forza
sufficiente; sono debole. Inoltre io sono Ebreo e come posso istruire gli
Indiani?". Mentre
Giuda ragionava così, di notte, gli apparve in visione nostro Signore e
gli disse: "Non temere, Tomaso! E' con te la mia grazia". Ma
egli non ne fu per nulla persuaso e replicò: "Mandami dove vuoi tu,
Signore nostro! E' solo in India ch'io non voglio andare". [2]
Giuda ragionava così allorché un mercante indiano di nome Habban,
dall'India capitò nella regione meridionale. Lo aveva mandato il re
Gudnafar affinché gli portasse un abile costruttore. Nostro Signore lo
vide camminare per la strada e gli domandò: "Vuoi tu acquistare un
costruttore?". Quello gli rispose: "Sì". Nostro Signore
gli disse: "Ho uno schiavo che è costruttore. Te lo vendo!".
Gli mostrò Tomaso, che si trovava alquanto distante, si accordò con lui
sul prezzo di venti pezzi d'argento e scrisse l'atto di vendita, così:
"Io, Gesù, figlio del falegname Giuseppe, del paese di Betlemme, in
Giudea, certifico di aver venduto il mio schiavo Giuda Tomaso a Habban,
commerciante del re Gudnafar". Terminato l'atto di vendita, Gesù
prese Giuda e lo condusse al commerciante Habban. Appena lo vide, Habban
gli domandò: "Costui è il tuo padrone?". Giuda gli rispose:
"Sì, è il mio padrone". Allora il commerciante Habban gli
disse: "Egli ti ha venduto a me completamente". Giuda se ne restò
zitto. [3]
Il mattino seguente, s'alzò, pregò, si rivolse al suo Signore e gli
disse: "Su, Signore nostro, sia come tu vuoi! Sia fatta la tua volontà";
se ne andò dal commerciante Habban senza prendere con sé null'altro
all'infuori del suo prezzo: il Signore, infatti, glielo aveva dato. L'apostolo
e il commerciante. Giuda se ne andò. Trovò il commerciante Habban mentre
stava caricando la sua merce su di una nave e prese ad aiutarlo a caricare
la merce. Quando salirono sulla nave e si sedettero, il commerciante
Habban domandò a Giuda: "Qual è il tuo mestiere, che arte
eserciti?". Giuda gli rispose: "Il mestiere di falegname e il
mestiere di muratore". Il commerciante Habban gli domandò ancora:
"Che cosa sai fare con il legno e che cosa sai fare con la pietra
levigata?". Giuda gli rispose: "Con il legno ho imparato a fare
aratri, gioghi, pungoli, remi per barconi e alberi per navi; con la
pietra, pietre tombali, monumenti, templi e palazzi per re". Il
commerciante Habban gli disse: "E io ero proprio alla ricerca di un
artigiano del genere!". Il
vento era favorevole, ed essi presero a navigare; la navigazione
procedette tranquilla fino a quando giunsero alla città di Sandaruk. [4]
Discesi a terra, si dirigevano in città allorché udirono il suono di
zampogne, di organi ad acqua e di molti canti. Giuda domandò: "Qual
è il motivo di questa allegria in città?". Gli risposero: "Gli
dèi hanno condotto anche te in questa città affinché tu sia allegro! Il
re, infatti, ha una sola figlia e la sta dando in sposa a un uomo; è
l'allegria della festa nuziale. Il re ha inviato araldi a proclamare
l'evento, affinché tutti vengano alla festa, ricchi e poveri, schiavi e
liberi, stranieri e cittadini. Chiunque non viene alla festa è sotto la
minaccia dell'ira del re". Il commerciante Habban disse a Giuda:
"Andiamo anche noi, affinché non si parli male di noi, soprattutto
che siamo stranieri!". Dopo aver preso alloggio in un albergo ed
essersi riposati alquanto, andarono alla festa. Giuda si assise in mezzo
agli altri, e tutti lo osservavano come uno straniero giunto da un'altra
località. Il commerciante Habban, suo padrone, si era assiso in un altro
luogo. [5]
Mentre essi mangiavano e bevevano, Giuda non assaggiava assolutamente
nulla. Quelli che gli stavano vicino gli domandavano: "Perché sei
venuto qui se poi non mangi e non bevi?". Giuda rispose: "Sono
venuto qui per qualcosa di meglio che mangiare e bere, cioè per
accontentare il re e compiere la sua volontà, e perché gli araldi
proclamavano che colui che udiva e non veniva sarebbe stato punito". Allorché
essi terminarono di mangiare e di bere, furono portati l'olio e la frutta
secca; ed essi si servirono. Alcuni si unsero la faccia, altri la barba ed
altri altre parti. Giuda, lodando Dio, si segnò la fronte, inumidì, con
un poco d'olio, le sue narici, ne pose un po' sulle orecchie e si fece il
segno sul cuore; intanto fu posta sul suo capo una ghirlanda di mirto ed
egli prese in mano un ramo di canna. La
suonatrice di flauto, che si trovava in mezzo alla compagnia, stava
girando da tutti e, giunta da Giuda, si arrestò a suonare su di lui. La
suonatrice di flauto era ebrea. [6]
Mentre lei seguitava a restare a lungo presso di lui, Giuda non sollevò
mai il suo sguardo, ma lo tenne sempre fisso a terra. Allora giunse un
coppiere, alzò la mano e lo colpì con uno schiaffo. Giuda lo guardò e
gli disse: "Il mio Dio ti perdonerà quest'atto nel mondo futuro, ma
in questo mondo egli mostrerà le sue opere meravigliose sulla mano che mi
ha colpito: la vedrò presto dilaniata da un cane!". Giuda prese poi
a cantare questo canto: La
mia Chiesa è figlia della luce, è suo lo splendore dei re. Grazioso e
piacevole è il suo sguardo, elegante e adorno d'ogni cosa buona. I suoi
abiti sono come i fiori, dal fragrante e gradevole profumo. Sul suo capo
dimora il re, che ciba quanti dimorano sotto di lui. Sul di lei capo è
posta la verità, dai suoi piedi traspare la gioia. Aperta è la sua bocca
e grazioso il modo con cui recita ogni canto di lode. I dodici apostoli
del Figlio, e i settantadue risuonano in lei. La sua lingua è la tendina,
che il sacerdote alza per entrare. Il suo collo è una lunga rampa di
gradini edificato dal primo demiurgo. Tutte e due le sue mani proclamano
il luogo della vita, e le dieci dita hanno aperto la porta del cielo. Splendente
è la sua camera nuziale, e piena di dolci effluvi di salvezza. Al suo
centro è pronto un incensiere, amore, fede e speranza allietano ogni
cosa, dentro c'è la verità in umiltà: la verità adorna le sue porte. [7]
E' circondata dai suoi paraninfi, tutti invitati da lei, le sue damigelle
pure la precedono, cantando lodi. I vivi sono in attesa di lei, rivolti
verso lo sposo che verrà, splenderanno della sua gloria, saranno con lui
nel regno, che non tramonterà mai; saranno nella gloria, che assembrerà
tutti i giusti, saranno nella gioia riservata ad alcuni; indosseranno
ornamenti splendenti, saranno vestiti dalla gloria del loro Signore.
Loderanno il Padre vivo, del quale ricevettero la maestosa luce:
illuminati dallo splendore del loro Signore, dal quale ebbero un cibo, che
non lascia alcun rifiuto, bevettero dalla vite che acuisce la sete di
quanti ne bevono; glorificarono il Padre, Signore di tutto, il suo
unigenito figlio e
lodarono lo Spirito, che è la di lui sapienza. [8]
Quando ebbe terminato questo canto, quelli che gli erano vicini lo
guardavano e videro che cambiava aspetto; non potevano però comprendere
quanto aveva detto, perché egli aveva parlato in ebraico, lingua che essi
non conoscevano. La suonatrice di flauto, essendo Ebrea, comprendeva ogni
cosa e lo guardava; ed anche quando lo lasciò per andare a suonare da
altri, non cessava di guardare a lui, amandolo come suo connazionale: ai
suoi occhi, egli era più bello di tutti i presenti. Terminato
che ebbe di suonare, la suonatrice di flauto si sedette davanti a lui e
non distolse più i suoi occhi da lui. Egli però non alzò mai gli occhi,
né guardò alcuno, restando sempre con lo sguardo fisso a terra fino a
quando si levò e partì dalla sala del banchetto. Nel
mentre il coppiere era disceso alla fontana ad attingere acqua, ma capitò
là un leone che lo assalì e lo fece a pezzi; vennero poi i cani a
portarne via le membra ed un cane nero ne asportò la mano destra, che
egli aveva alzato contro Giuda, e la portò in mezzo alla sala del
banchetto. [9]
A quella vista, tutti rimasero stupefatti e allorché si domandarono a chi
di loro mancasse, si scoprì che si trattava della mano del coppiere che
aveva colpito Giuda. Allora
la suonatrice di flauto ruppe i suoi flauti, andò ai piedi dell'apostolo,
si sedette e disse: "Quest'uomo o è Dio o un apostolo di Dio. Io,
infatti, compresi quanto egli disse in ebraico al coppiere e vidi che si
avverò subito. Egli disse: "Vedrò presto un cane dilaniare la mano
che mi colpì!" e voi avete visto come quel cane la dilaniava".
Alcuni credettero alla suonatrice di flauto, e altri no. Quando
il re udì questo fatto, venne e disse a Giuda: "Vieni a pregare per
mia figlia. E' l'unica che ho e oggi la do in sposa". Egli non voleva
andare con lui, poiché il Signore nostro non gli si era ancora
manifestato in quel luogo. Ma il re lo portò con la forza alla camera
nuziale. [10]
Allora cominciò a pregare così: "Signore nostro, compagno dei suoi
servi, guida e maestro di quanti credono in lui, rifugio e riposo degli
afflitti, speranza dei poveri, liberatore dei deboli, guaritore delle
anime inferme, datore della vita all'universo e salvatore di tutte le
creature, tu sai le cose che avverranno, tu le compi per mezzo di noi, tu
sveli i segreti nascosti, tu riveli le parole misteriose, tu sei colui che
pianta l'albero buono ed è per opera delle tue mani che avviene ogni
azione. Tu sei nascosto in tutte le tue opere e ti manifesti nelle loro
azioni, Gesù, perfetto Figlio e grazia perfetta, tu sei divenuto il
Messia e ti sei rivestito dell'umana natura. Tu sei la potenza, la
sapienza, l'intelligenza e la volontà, il riposo del Padre tuo, nel quale
tu sei velato nella gloria e nel quale tu sei manifestato nella tua
attività creativa: voi siete uno solo con due nomi. Tu ti sei manifestato
come debole e quanti ti videro pensarono che tu fossi un uomo bisognoso di
aiuto, tu hai manifestato la gloria della tua divinità dando prova di
longanimità verso la nostra umanità, allorché abbattesti il malvagio
dalla sua potenza, chiamasti con la tua voce i morti e divennero vivi, e a
quelli che erano vivi e speravano in te facesti la promessa di una eredità
nel tuo regno. Tu fosti l'ambasciatore inviato dalle altezze supreme,
perché hai l'abilità di compiere la viva e perfetta volontà di colui
che ti invia. Tu sei glorioso, Signore, nella tua potenza; il tuo governo
rinnovatore è in tutte le creature, in tutte le opere preparate dalla tua
divinità, e nessuno può annullare il volere della tua maestà, né
contrapporsi alla tua natura, al tuo essere. Tu discendesti nello sheol,
sei andato proprio fino in fondo, ne hai aperto le porte, hai liberato i
suoi prigionieri e, per opera della natura della tua divinità, hai
preparato la strada che conduce in alto. A te, Signore, mi rivolgo in
favore di questi giovani affinché tu faccia loro quanto sai che sarà
loro benefico". Pose poi le mani su di essi e disse: "Il Signore
nostro sia con voi!"; e, lasciatili, se ne andò via. [11]
All'ordine del re, i paraninfi uscirono dalla camera nuziale; e quando
tutti furono fuori e le porte della camera nuziale chiuse, lo sposo sollevò
il velo per addurre a sé la sposa. Vide allora nostro Signore, nelle
sembianze di Giuda, che se ne stava a parlare con la sposa. Lo sposo gli
domandò: "Oh! ma non sei tu uscito per primo? Com'è che sei ancora
qui?". Nostro Signore gli rispose: "Io non sono Giuda, sono il
fratello di Giuda". Nostro Signore si sedette poi sul letto, fece
sedere i giovani su delle sedie e prese a dire loro: [12]
"Ricordatevi, figli miei, quello che vi disse mio fratello, conoscete
colui al quale egli vi ha affidato e sappiate che non appena vi asterrete
da questo sordido rapporto, diverrete templi puri, sarete preservati dalle
sollecitudini palesi e dalle invisibili, e da ogni fastidiosa cura di
bambini il cui fine non è che amara tristezza. Se avrete dei figli, per
amor loro diverrete ladri, avari, aguzzini di orfani e predoni di vedove e
per il loro agire malvagio sarete orribilmente torturati. Poiché la
maggioranza dei fanciulli sono causa di molti affanni: o li prende il re,
o sono preda di un demone o sono ghermiti dalla paralisi; e se godono
buona salute, cadranno malati o a causa di adulterio o di furto o di
fornicazione o di omicidio o di vanagloria; e a causa di queste sciagure
voi subirete per loro una tortura. Lasciatevi
convincere da me, mantenendovi puri per Dio e avrete dei fanciulli vivi
che non saranno lesi o toccati da alcuno di questi malanni, non avrete né
cure, né preoccupazioni, né tristezze e vivrete nella speranza della
visione della vera festa nuziale ove sarete tra coloro che lodano Dio e
annoverati tra coloro che entrano nella camera nuziale". [13]
I giovani furono convinti da nostro Signore, si diedero a lui, si
astennero dal sordido piacere e passarono la notte ai loro posti. Nostro
Signore se n'era partito, dicendo loro: "Sia con voi la grazia del
Signore vostro". Al
mattino il re fece imbandire una tavola molto presto, l'introdusse davanti
allo sposo e alla sposa e li trovò seduti l'uno di fronte all'altro: la
faccia della sposa era scoperta e lei se ne stava seduta, mentre lo sposo
era pieno di gioia. La madre della sposa le domandò: "Perché te ne
stai seduta così senza alcuna vergogna, quasi che fossi sposata da lungo
tempo, da più giorni?". Ed il padre di lei aggiunse: "E' a
causa del tuo grande amore per tuo marito che tu non ti veli
nemmeno?". [14]
La sposa rispose: "In verità, madre mia, sono innamorata e prego il
mio Signore di poter continuare nell'amore che ho sperimentato questa
notte ed essere attratta dallo sposo incorruttibile che questa notte mi si
è rivelato; io non sono velata perché è stato allontanato da me il velo
della corruzione; non sento alcuna vergogna perché da me sono state
rimosse le opere della vergogna; non sono pentita perché dimora in me la
penitenza restauratrice della vita; sono piena di gioia e allegra perché
in questo giorno di gioia transitoria non mi sono lasciata prendere
dall'agitazione; ho disprezzato quest'opera di corruzione e l'allegria di
un banchetto nuziale passeggero perché sono stata invitata alla vera
festa nuziale; non ho avuto rapporto con un marito che finisce in amaro
pentimento, perché mi sono congiunta con il vero marito". [15]
E seguitava a dire molte altre cose di questo genere, allorché lo sposo
l'interruppe, dicendo: "Ti lodo, Dio nuovo, che per opera di uno
straniero sei venuto qui! Ti glorifico, Dio, che sei stato predicato da un
Ebreo, che mi hai liberato dall'infermità che dimorava in me per sempre,
che ti sei rivelato a noi e hai intuito il mio stato, che mi hai salvato
dal cadere e mi hai condotto a uno stato migliore, che mi hai allontanato
da queste cose transitorie e mi hai reso degno di quelle perenni, che ti
sei abbassato fino alla mia piccolezza per potermi condurre alla tua
grandezza, che non hai trattenuto da me che ero perduto, la tua grazia,
bensì mi hai insegnato a cercare me stesso e ad allontanare da me le cose
che non sono mie, che mi hai ricercato quando io ancora non ti conoscevo,
che sei venuto a me quando io ancora non ti scorgevo: ora che io lo
scorgo, non sono capace di parlare di ciò che non conosco, di lui non
posso permettermi di dire alcunché con audacia, giacché è a motivo del
tuo amore ch'io sono audace". [16]
Allorché il re udì queste cose dallo sposo e dalla sposa si stracciò le
vesti e disse a coloro che erano con lui: "Andate presto per tutta la
città, ricercate e portatemi quel mago che io stesso, con le mie mani, ho
introdotto in casa mia domandandogli di pregare per la mia infelice
figlia. All'uomo che, trovatolo, me lo porterà darò tutto quello che
vuole". Quelli uscirono, girarono alla sua ricerca, ma non lo
trovarono perché era partito; andarono all'albergo ove egli si era
intrattenuto, trovarono la suonatrice di flauto che sedeva in lacrime,
perché egli non l'aveva presa con sé. Quando le dissero ciò che era
avvenuto, lei se ne rallegrò e disse: "Qui io ho trovato
riposo!". E, alzatasi, andò dai giovani e dimorò con essi per lungo
tempo. Essi ammaestrarono anche il re e riunirono un buon numero di
fratelli fino a quando si ebbe notizia dell'apostolo nel regno dell'India.
Andarono poi da lui e rimasero con lui. Qui
termina il primo atto. II Secondo
atto: Tomaso entra in India e costruisce in cielo un palazzo per il re [17]
Quando Giuda entrò nel regno dell'India con il mercante Habban, questi
andò a riverire Gudnafar, re dell'India e gli parlò dell'artigiano che
gli aveva condotto. Il re ne fu molto contento e ordinò che Giuda fosse
condotto alla sua presenza. Il re gli domandò: "Quale mestiere sai
esercitare?". Giuda rispose: "Sono falegname, servo di un
falegname e architetto". Gli
domandò ancora: "Che cosa sai fare?". Giuda gli rispose:
"Con il legno so fare gioghi, aratri, pungoli, remi per barche,
barconi e alberi per navi; con la pietra levigata, pietre tombali,
monumenti e palazzi per re". Il re rispose a Giuda: "Ho proprio
bisogno di un artigiano così!"; e aggiunse: "Vuoi costruirmi un
palazzo?". Giuda gli rispose: "Lo costruirò e lo rifinirò
giacché sono venuto per lavorare di muratura e di falegnameria". [18]
Il re lo prese, andò fuori della porta della città, parlando con lui
della costruzione del palazzo e di come dovevano essere gettate le
fondamenta. Giunto al posto in cui il re desiderava che gli fosse
costruito il palazzo, disse a Giuda: "E' qui che desidero costruirmi
un palazzo". Giuda gli disse: "Bene, questo è un luogo
adatto". Si trattava di un prato e nei pressi c'era una quantità di
acqua. Il re gli ingiunse: "Incomincia a costruire qui". Giuda
gli rispose: "Ora, proprio in questo tempo, non posso
costruire". Il re gli domandò: "In che tempo potrai
costruirlo?". Giuda gli rispose: "Lo inizierò nel mese di
tishri e lo finirò nel mese di nisan". Il re replicò: "Tutti
gli edifici sono costruiti in estate; e tu vuoi costruire in
inverno". Giuda gli rispose: "Solo così è possibile costruire
il palazzo". Il re concluse: "Bene, fanne un tracciato affinché
lo possa vedere, giacché io ritornerò qui dopo una lunga assenza".
Giuda prese una canna e cominciò a misurare: dispose le porte verso
oriente, per la luce; le finestre verso occidente, per l'aria; le cucine a
meridione e i canali d'acqua per il servizio a settentrione. Il re gli
disse: "Tu sei veramente un buon artigiano, degno di servire un
re". Gli lasciò una grande somma di denaro e se ne andò. [19]
Di tempo in tempo gli mandava argento e oro, ma Giuda se ne andava per
villaggi e città sovvenendo ai poveri, sollevando gli afflitti, dicendo:
"Ciò che è del re sarà dato al re, e molti avranno riposo". Dopo
molto tempo, il re mandò a Giuda dei messaggeri, con questo messaggio:
"Mandami a dire quello che hai fatto e fammi sapere che cosa ti devo
inviare". Giuda gli rispose: "Il palazzo è costruito, manca,
però, il soffitto". Il re allora gli inviò argento e oro,
mandandogli a dire: "Metti il soffitto al palazzo!". L'apostolo
glorificava nostro Signore dicendo: "Il Signore vostro vi dia riposo!
Solo a lui appartiene la gloria! Egli è, infatti, il nutritore degli
orfani, il sostenitore delle vedove, l'aiuto di tutti gli afflitti". [20]
Giudizio sul palazzo. Allorché il re giunse in città interrogava ognuno
dei suoi amici a proposito del palazzo costruitogli da Giuda, ma essi
rispondevano: "Non ha costruito alcun palazzo, né ha compiuto
alcun'altra cosa, bensì è andato in giro per città e villaggi
sovvenendo ai poveri e ammaestrandoli sul nuovo Dio, curando anche gli
infermi, scacciando i demoni e facendo molte altre cose: pensiamo che si
tratti di un mago. Tuttavia la sua misericordia e le guarigioni che compie
senza chiedere ricompensa, il suo ascetismo e la sua modestia ci inducono
a pensare che sia piuttosto o un saggio o un apostolo del vero Dio. Egli,
infatti, digiuna molto e prega molto, mangia pane e sale, beve acqua,
porta un solo vestito, per se stesso non prende nulla da alcuno e dà agli
altri tutto quello che ha". Udito ciò, il re si colpì il volto con
le sue mani e scosse a lungo la testa [21]
Mandò poi a chiamare Giuda e il commerciante che glielo aveva portato, e
domandò: "Mi hai costruito il palazzo?". Giuda rispose: "Sì,
il palazzo te l'ho costruito!". Il re gli domandò: "Quando
possiamo andare a vederlo?". Giuda rispose: "Tu non lo puoi
vedere ora, ma solo quando sarai partito da questo mondo". Allora,
l'ira del re lo rese furioso e ordinò che sia Tomaso sia il commerciante
che glielo aveva portato fossero legati e condotti in prigione fino a
quando avrebbe potuto interrogarlo per sapere a chi erano stati dati i
suoi denari e metterlo poi a morte. Ma
Giuda se ne andò contento e disse al commerciante: "Non temere!
Credi soltanto e sarai liberato da questo mondo e riceverai la vita
perenne nel mondo che ha da venire". Dopo
aver riflettuto sul genere di morte da infliggere a Giuda e al
commerciante, prese la risoluzione che fosse bruciato dopo essere stato
prima scorticato con il commerciante suo compagno. In
quella stessa notte, il fratello del re, di nome Gad, a causa
dell'angoscia e dell'inganno ai quali il re era stato sottoposto, mandò a
chiamare il re e gli disse: "Fratello mio, ti affido la mia casa e i
miei figli perché io sono afflitto e sto morendo a causa dell'inganno al
quale sei stato sottoposto. Se tu non punisci quel mago, non darai pace
all'anima mia nello sheol!". Il re gli rispose: "Ho meditato
tutta la notte come ucciderlo e ho deciso di bruciarlo nel fuoco dopo
averlo prima fatto scorticare". Allora il fratello del re disse:
"Se c'è ancora qualcosa di peggiore di questo, fallo! Io intanto ti
affido la mia casa e i miei figli". [22]
Mentre diceva queste cose, la sua anima lo abbandonò; il re rimase
rattristato per il fratello, che amava molto, e ordinò che fosse sepolto
in una splendida tomba. Ma allorché l'anima di Gad, fratello del re, lo
abbandonò, fu presa dagli angeli e portata in cielo, le mostrarono
successivamente i vari posti, domandandogli in quale di essi desiderava
essere. Giunti al palazzo edificato da Giuda per il re, suo fratello,
appena lo vide, disse agli angeli: "Miei signori, vi chiedo di
abitare in una delle camere inferiori di questo palazzo". Gli angeli
gli risposero: "Non ti è permesso abitare in questo palazzo!".
Egli domandò loro: "Perché?". Gli risposero: "Questo
palazzo è quello costruito dal cristiano per tuo fratello". Disse
loro: "Lasciatemi vi prego, signori, affinché possa andare da mio
fratello a comprare da lui questo palazzo. Non avendolo visto, egli me lo
venderà". [23]
Allora gli angeli lasciarono andare l'anima di Gad; mentre veniva vestito,
l'anima rientrò in lui ed egli disse ai presenti: "Chiamatemi mio
fratello perché ho da fargli una domanda". Fu portata al re la
notizia: "Tuo fratello è ritornato in vita!". Il re s'alzò dal
suo posto e andò, con molta gente, nella casa di suo fratello, e quando
fu a fianco al letto del fratello era così attonito che non gli riusciva
di articolare parola. Il fratello gli disse: "So, fratello, che se
qualcuno ti avesse chiesto la metà del tuo regno, tu me l'avresti data.
Ora ti chiedo di volermi vendere ciò a cui tu hai faticato". Il re
gli domandò: "Dimmi che cosa ti debbo vendere". Gli rispose:
"Assicurami con giuramento!". Dopo che il re l'assicurò con
giuramento che gli avrebbe dato qualsiasi cosa avesse chiesto, egli disse:
"Vendimi il palazzo che tu hai in cielo". Il re domandò:
"E chi mi ha dato un palazzo in cielo?". Il fratello gli
rispose: "E' quello che il cristiano ha costruito per te". [24]
Il re gli rispose: "Questo non te lo posso vendere! Bensì io prego e
supplico Dio di potervi entrare, di riceverlo e di essere reputato degno
di dimorare tra i suoi abitanti. Quanto a te, se veramente desideri
comprarti un palazzo, questo architetto te ne può costruire un altro
migliore del mio". Mandò
a chiamare Giuda, e il commerciante che era stato imprigionato con lui, e
gli disse: "Come un uomo che supplica un ministro di Dio, io ti
supplico di pregare per me e supplicare in mio favore il Dio che tu veneri
affinché mi perdoni quanto ti ho fatto, mi renda degno di entrare nel
palazzo che tu hai costruito per me e io possa diventare un fedele del Dio
che tu predichi". Si
presentò pure suo fratello, si prostrò ai piedi dell'apostolo e gli
disse: "Anch'io ti supplico di intercedere per me davanti al tuo Dio
affinché io divenga degno di essere annoverato tra i suoi fedeli e di
ricevere ciò che egli mi ha mostrato per opera degli angeli". [25]
Il re e suo fratello. Giuda disse: "Ti lodo, Signore nostro Gesù
Cristo unico Dio della verità all'infuori del quale non ve n'è altro! Tu
conosci tutto ciò che l'uomo ignora, tu la cui misericordia sovrasta
l'uomo da te voluto e creato (che non dimentichi, sebbene ti abbia
dimenticato), accogli il re e suo fratello, uniscili al tuo gregge,
ungili, purificali dalle impurità, custodiscili dai lupi, falli pascolare
sui tuoi prati e falli bere alla tua fonte la cui acqua non è mai torbida
e il cui flusso non viene mai meno. Ecco che essi ti supplicano e
scongiurano, con il desiderio di diventare tuoi servi, di essere
perseguitati dal tuo nemico e di essere odiati per amor tuo. Concedi che,
in te, essi siano coraggiosi, siano rafforzati con i tuoi gloriosi misteri
e partecipino ai doni dei tuoi doni". [26]
Essi manifestando la loro gioia con inni sacri, aderirono all'apostolo e
non si staccavano da lui; ogni bisognoso era aiutato e sollevato, e
chiesero di poter ricevere il segno, dicendogli: "Le nostre anime
sono rivolte a Dio per ricevere il sigillo, giacché abbiamo udito che
tutte le pecore del Dio che tu predichi gli sono note per mezzo del
sigillo". Giuda rispose: "Anch'io mi rallegro e vi chiedo di
prendere parte all'Eucaristia e alla benedizione del Cristo che io
predico". Il
re ordinò che per sette giorni il bagno restasse chiuso e che nessuno vi
andasse a prendere il bagno. Terminati i sette giorni, nell'ottavo giorno
i tre entrarono di notte nel bagno affinché Giuda li potesse battezzare.
Nel bagno erano state accese molte lampade. [27]
Quando entrarono nella sala del bagno, Giuda si presentò davanti a loro e
il Signore apparve, e disse: "La pace sia con voi, fratelli!".
Essi udirono soltanto la voce, ma non videro alcuna figura giacché non
erano ancora stati battezzati. Giuda
si recò sul margine della vasca e versò dell'olio sulla loro testa,
dicendo: "Vieni,
santo nome di Cristo, Vieni,
potenza della grazia che dimori in alto. Vieni,
grazia perfetta; vieni, dono sublime. Vieni,
comunicatrice di benedizione. Vieni,
rivelatrice dei misteri nascosti. Vieni,
madre delle sette case, il cui riposo è nell'ottava casa. Vieni,
messaggera di riconciliazione e mettiti in comunione con le menti di
questi giovani. Vieni,
Spirito di santità, e purifica loro i reni e il cuore". E
li battezzò nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo di
santità. Quando
salirono dall'acqua apparve loro un giovane che reggeva una candela
accesa, al cui fulgore impallidì la luce delle lampade, e divenne
invisibile a loro non appena usciti. L'apostolo disse: "Non potevamo
sopportarne il fulgore essendo troppo forte per i nostri occhi". Al
crepuscolo, nel fare del giorno, egli spezzò l'Eucaristia e li rese
partecipi della mensa di Cristo, con loro gioia e letizia. Allorché
si aggiunsero loro molti altri venuti a cercare il rifugio di Cristo,
Giuda non desistette dalla predicazione e diceva loro: [28]
"Uomini, donne, bambini, giovani e fanciulle astenetevi dalla
fornicazione, dall'avarizia e dal servizio dei demoni, poiché sotto
questi tre capi si riassume ogni iniquità. La fornicazione acceca
l'intelletto, e ottenebra gli occhi dell'anima, confonde i passi del
corpo, cambia la sua complessione e lo debilita. L'avarizia agita l'anima
in mezzo al corpo, sicché prende quanto non le appartiene e teme la
vergogna allorché restituisce le cose ai loro proprietari. Il servizio
del ventre pone l'anima nell'affanno e nella tristezza per il timore di
cadere nell'indigenza, avida di cose che sono lungi da lei. Ma se ne
sarete liberati, diverrete senza affanno e senza dolore e vi si applicherà
il detto: "Non preoccupatevi per il domani, giacché il domani avrà
la sua preoccupazione". Ricordate l'altra espressione scritta per
voi: "Guardate i corvi e osservate gli uccelli del cielo che non
seminano, non mietono e non raccolgono in granai, e tuttavia Dio li ciba;
tanto più egli avrà cura di voi, di voi che avete poca fede". Aspettate
l'arrivo di Gesù, sperate in lui, credete nel suo nome, poiché egli è
il giudice dei vivi e dei morti, e al suo arrivo ricompenserà ognuno
secondo le sue opere. Nessuno avrà la scusa per poter dire: "Io non
lo sapevo". I suoi messaggeri, in tutte e quattro le parti del mondo,
annunziano: Pentitevi, credete alla nuova predicazione e accogliete il
soave giogo e il peso leggero per vivere e non morire. Acquistate queste
cose per non perire. Uscite dalle tenebre e vi accoglierà la luce, venite
verso il bene e accogliete la grazia per voi, e imprimete la croce nelle
vostre anime". [29]
Dopo che l'apostolo ebbe proferito queste parole, alcuni di essi gli
dissero: "Per il creditore è tempo d'essere pagato". Egli
rispose loro: "Il creditore cerca sempre d'avere di più, ma diamogli
quanto gli è dovuto". Recitò una benedizione sul pane e sulle
olive, e li distribuì a loro; ne mangiò anch'egli, perché albeggiava la
domenica. Nella
notte, mentre l'apostolo era addormentato, venne nostro Signore, si pose
alla sua testa e gli disse: "Tomaso, alzati e, dopo la liturgia,
parti e va lungo la strada orientale per circa tre chilometri, e io ti
mostrerò la mia gloria. A motivo, infatti di quanto tu ti accingi a fare,
molti verranno al mio rifugio e vivranno, e tu riproverai il potere e la
natura del nemico". Svegliatosi
dal sonno, disse ai fratelli che gli erano vicini: "Miei figli, il
Signore oggi compirà quello che vuole. Preghiamolo e supplichiamolo
affinché da parte nostra non gli si frapponga alcun impedimento, bensì,
come sempre quando egli vuole mostrare la sua potenza, così anche ora sia
fatta la sua volontà". Dopo aver parlato così, pose la sua mano su
di loro spezzò l'Eucaristia e ne diede a tutti, dicendo: "Che questa
Eucaristia sia per voi grazia e misericordia, non giudizio e
vendetta". Essi risposero: "Amen!". Qui
termina il secondo atto. III Terzo
atto di Giuda: il serpente nero [30]
L'apostolo uscì per andare dove il Signore gli aveva ordinato. Dopo aver
camminato circa tre chilometri, si scostò un poco dalla strada, vide che
per terra giaceva il cadavere di un giovane di bell'aspetto ed esclamò:
"Mi hai dunque condotto qui, nostro Signore, per questa prova? Sia
come tu vuoi!". E prese a pregare, dicendo: "Signore nostro,
Signore dei morti e dei vivi, dei vivi che stanno in piedi e dei morti che
giacciono, Signore, Signore delle anime dimoranti nei corpi, e Padre di
tutte le anime che sono uscite dai corpi, vieni, Signore, in questo
momento, per amore di quella polvere formata dalle tue sacre mani, dal
cielo guarda giù a me che ti invoco e mostra la tua gloria in quest'uomo
che giace qui". E proseguì: "Questo fatto non ebbe luogo senza
l'istigazione del nemico, che compie queste cose. Ma questo nemico che
compie tali cose non avrebbe osato agire così con uno che gli era
estraneo, ma solo con uno che gli era soggetto". [31]
Quando egli terminò di pronunciare queste parole, da una fessura venne
fuori un serpente nero, che scuotendo fortemente la testa e battendo al
suolo la coda, disse ad alta voce all'apostolo: "Ti narrerò per
quale motivo io ho ucciso questo giovane. In questo paese, qui sopra
davanti a te, c'era una bella donna: mi passò vicino, io la vidi, ne
rimasi innamorato, le andai dietro e vidi questo giovane che la stava
baciando; costui dormì anche con lei e fece con lei altre cose
sconvenienti; benché sarebbe facile per me, a te non oso manifestarle,
sapendo che l'abisso di Cristo distruggerà la nostra natura. Per
non spaventare lei, io non l'uccisi in quel momento, ma lo tenni d'occhio
e quando, alla sera, mi passò vicino, lo colpii e l'uccisi, soprattutto
perché aveva osato compiere una tale azione di domenica". Giuda gli
domandò: "Di quale stirpe sei tu?". [32]
Il serpente rispose: "Io sono un rettile figlio di un rettile,
danneggiatore figlio di un danneggiatore. Sono figlio di colui al quale è
stato dato il potere su tutte le creature, che egli tormenta. Sono figlio
di colui che, per coloro che gli obbediscono, si fece simile a Dio affinché
compiano la sua volontà. Sono il figlio di colui che governa ogni cosa
creata sotto i cieli. Sono il figlio di colui che è al di là
dell'oceano, e la cui bocca è chiusa. Sono parente di colui che parlò
con Eva e, per mezzo di lei, fece sì che Adamo trasgredisse il comando di
Dio. Sono colui che incitò Caino ad assassinare suo fratello. Per causa
mia, la terra fu maledetta e su di essa crebbero spine: ed è per questo
ch'io fui creato. Sono colui che osò buttare giù i giusti dalla loro
altezza e li corruppe con la brama delle donne; generarono uomini
corpulenti nei quali io compii la mia volontà. Sono
colui che irrigidì il cuore del Faraone affinché uccidesse i figli di
Israele assoggettandoli a dura bassa schiavitù. Sono colui che traviò il
popolo nel deserto, allorché li persuasi a modellarsi un vitello. Sono
colui che eccitò Caifa ed Erode con calunnie contro il Giudice giusto.
Sono colui che, dopo avermelo assoggettato, indussi Giuda a ricevere il
prezzo per consegnare Cristo alla morte. Sono colui al quale fu dato il
potere su questo mondo, e il figlio di Maria mi afferrò con la forza e mi
strappò ciò che era suo. Sono parente di colui che verrà dall'oriente,
e al quale è stata data la potenza". [33]
Il serpente disse queste cose perché Giuda aveva domandato al Signore che
gli desse la parola e che fosse costretto a parlare della sua natura. Una
moltitudine udiva tutte queste cose e quando ebbe finito di parlare, nel
vedere e nell'udire tutte queste meraviglie, tutti i presenti furono pieni
di timore e di fede, e presero a gridare forte e all'unisono: "Uno è
il Dio, quello di quest'uomo che ci ha istruito sul suo Dio, la cui parola
ha ordinato a questa terribile bestia di manifestare la sua natura". Allora
essi presero a supplicarlo affinché come con la sua parola gli aveva
ordinato di parlare come un uomo così con la sua parola volesse
ucciderlo. Giuda, fatto loro un cenno con la mano, alzò la sua voce e
disse: "Tu sei audace, ma la tua natura è ormai svelata e tu sarai
ucciso. La tua impudenza non doveva giungere a tanto da portarti a narrare
le cose compiute da quelli che ti erano soggetti: tu non hai temuto che
giungesse la tua fine. In nome di nostro Signore Gesù che fino adesso ha
combattuto contro la tua natura fino in fondo per gli esseri umani che
sono suoi, io ti ordino di succhiare il veleno che tu hai sprizzato contro
questo giovane. Il mio Dio, infatti, mi ha mandato a ucciderti e a
risuscitare lui davanti a questa moltitudine affinché possano tutti
credere in lui: egli è il vero Dio e non ce n'è alcun altro". Il
serpente rispose: "Come tu hai detto, non è ancora giunto il momento
della nostra distruzione. Perché, dunque, mi vuoi obbligare a riprendere
quanto ho inoculato in questo giovane? Giacché
anche quando mio padre succhierà e riprenderà quanto ha inoculato nel
creato, sarà la sua distruzione". L'apostolo gli comandò:
"Manifesta, allora, la natura del padre". Il serpente si accostò,
pose la sua bocca sulla ferita del giovane e prese a succhiarne il veleno;
poco alla volta, a mano a mano che il veleno era espulso, il giovane, che
aveva il colore della porpora, acquistava un colorito bianco mentre il
serpente si gonfiava. Allorché ebbe finito di estrarre tutto il veleno
dal giovane, saltò su e corse ai piedi dell'apostolo, si prostrò e lo
riverì. Poi, in conformità alla parola di Giuda, il serpente scoppiò, e
là nel luogo ove cadde il veleno del serpente si fece una grande
voragine. Giuda ordinò al re e a suo fratello di riempire la voragine e
gettarvi le fondamenta per edificare delle case per l'alloggio di
stranieri. [34]
Il giovane e Tomaso. Il giovane glorificava Dio in grazia del quale aveva
riacquistato la vita ed era stato liberato da tutte le sue azioni
precedenti per opera dell'apostolo Giuda; sentendo il rimorso della sua
coscienza, supplicò pure l'apostolo perché l'aiutasse nella preghiera al
Signore. Disse: "Gloria a te, Dio misericordioso, grande e glorioso,
che hai fatto e organizzato tutte le cose create. A
tutte le creature che hai creato, tu hai posto un limite e una misura, e
hai determinato i cambiamenti stagionali che giovano al benessere delle
loro nature. Tu sei colui che ha fatto l'uomo, conforme al volere della
tua divinità, l'hai plasmato con le tue mani affinché dominasse sugli
altri; per lui tu hai creato un'altra creatura perché lotti contro di
essa in forza della libera volontà di cui tu l'hai dotato. Ma
la libera natura dell'uomo si sviò, ed egli divenne suddito della sua
compagna la quale si trasformò in suo nemico, essendosi accorto che egli
aveva dimenticato la sua libera volontà. Il nemico si rallegrò di avere
trovato il modo di infiltrarsi nel suo compagno, e ritenne di essere
diventato il padrone di tutti gli schiavi. Ma tu, misericordioso, per
mezzo della tua grazia, hai versato su di noi la tua bontà, mandando al
genere umano la tua Parola, l'ordinatrice di tutte le cose create, in virtù
del tuo glorioso Figlio. Con la libertà che tu gli hai dato, aiutato
dalla tua bontà, egli venne e ci trovò in quelle opere che il genere
umano compie fin dal suo primo giorno. Tu non hai tenuto conto dei nostri
peccati, bensì mi hai portato alla vita per mezzo della tua bontà, mi
hai mostrato la mia trascuratezza e hai infuso in me l'amore celeste; hai
aperto la mia bocca, che era chiusa, affinché io parlassi di chi mi aveva
assoggettato e dell'abbondanza della tua grazia, che non s'adira contro di
me per quanto sto dicendo su di lei: è del suo amore, ch'io parlo". Giuda
gli tese la mano, lo rialzò, l'abbracciò e gli disse: "La grazia
del Signore sia con te e con tutti quelli che credono in lui". Il
giovane proseguì: "Gloria a te, Dio, che non hai risparmiato il tuo
amore verso di me, che ero perduto, e mi hai mostrato come ricercare la
mia anima, e a tuo proposito mi ha fatto sapere che tu sei il suo
apostolo; a te ha detto: "Per mezzo tuo ho da mostrare tante cose e
tu hai da compiere molte opere in grazia di me per le quali riceverai
giusta ricompensa; tu dovrai la vita a molti i quali andranno in alto,
nella luce dei figli di Dio. Dunque, dai vita a questo giovane, abbattuto
dal nemico giacché tu contempli sempre il tuo Signore". Sì, mio
signore, apostolo di Dio, tu hai fatto bene a venire qui: tu hai tratto
molti a lui ed egli non ti abbandonerà. Io
non ho né affanno né pena perché, per opera tua, la sua grazia è
discesa su di me e perché il suo dono è effuso abbondantemente sulla mia
debolezza. Sono stato liberato da affanni malvagi e da opere di
perdizione, sono sfuggito a colui che mi spronava e incitava a compiere
quelle azioni che tu trovasti in me; tu hai compreso colui che mi
suggeriva il contrario, e io ho distrutto colui che per mezzo dell'oscurità,
sua parente, mi fece incespicare a causa delle sue opere. Ho trovato la
luce, il Signore del giorno, ch'io ancora non avevo visto: ora l'ho visto.
Ho distrutto colui che oscurava e ottenebrava tutti quanti lo seguivano e
gli obbedivano, tanto da non vedere quello che stavano facendo, da non
vergognarsi delle loro azioni di modo che desistano e pongano fine al loro
agire. Ho trovato colui il cui agire fa sì che non si pentano mai coloro
che compiono la sua volontà. Mi sono liberato da colui che è sostenuto
dalla frode, preceduto da un velo e seguito dalla vergogna, da colui che
è audace e impudente. Ho trovato colui che elimina i cattivi, il Signore
della pace, colui che conferma nella verità, colui che allontana il
nemico da coloro che si sono pentiti e tornati a lui, colui che guarisce i
dolori e distrugge chi li sconvolge. Ti
supplico, apostolo di Dio, semina in me la tua parola di vita di modo
ch'io possa nuovamente udire la voce di colui che mi affidò a te e ti
disse: "Questo è uno di coloro che per mezzo tuo vivranno. D'ora in
poi egli resterà con te"". [35]
Giuda gli rispose: "Se tu sarai liberato da queste cose che hai
imparato, come hai detto, dall'artefice del male, e ascolterai colui che
nel fervore del tuo amore tu stai ora cercando, tu lo vedrai e sarai per
sempre con lui, riposerai con lui nella sua grazia e sarai con lui nella
sua gioia. Ma se tu sarai negligente verso di lui, se ritornerai alle tue
prime azioni e disprezzerai colui che ora desideri ardentemente a motivo
della sua bellezza e dello splendore del suo volto, non solo tu sarai
privato di questa vita che hai visto, ma perderai anche quella alla quale
tu aneli". [36]
Giuda andò poi in città, prese la mano del giovane e gli disse: "Le
cose che tu hai visto sono soltanto una parte delle molte che Dio ha in
suo potere. Egli non ci ha mandato promesse riguardanti queste cose
visibili, bensì ci ha promesso cose migliori. Fino a quando siamo in
questo mondo non siamo capaci di parlare di ciò che riceveranno quelli
che credono in Dio. E, infatti, se diciamo che egli ci dà la luce,
menzioniamo qualcosa che abbiamo visto; se diciamo che ci dà le
ricchezze, menzioniamo qualcosa che è in questo mondo; se parliamo di
abiti lussuosi, menzioniamo qualcosa che è indossato dai nobili; se
parliamo di cibi raffinati, menzioniamo qualcosa dal quale siamo stati
posti in guardia; se parliamo di questo temporaneo riposo, sappiamo che
per esso è fissata una sanzione. Noi
dunque parliamo di Dio e di nostro Signore Gesù, degli angeli e degli
spiriti custodi, dei santi e del mondo nuovo, del cibo incorruttibile,
dell'albero della vita e della bevanda della vita; di ciò che occhio non
vide, orecchio non udì né mai entrò nel cuore dell'uomo, di ciò che
Dio ha preparato da lungo tempo per coloro che lo amano. Parliamo di
questo e predichiamo questo. Perciò credi in lui, figlio mio, affinché
tu possa vivere, affidati a lui affinché tu non muoia. Egli, infatti, né
accoglie doni qualora tu glieli offrissi, né si compiace di sacrifici
qualora tu glieli presentassi. Volgiti a lui, ed egli non ti trascurerà,
ritorna a lui, ed egli non ti abbandonerà: la sua bellezza ti spronerà
ad amarlo ed egli non permetterà che tu te ne vada lungi da lui". [37]
L'apostolo e la moltitudine. Mentre Giuda diceva al giovane queste cose,
si aggiunse a loro una moltitudine L'apostolo sollevò gli occhi e vide
che per poterlo vedere si alzavano l'uno sull'altro e andavano su luoghi
elevati; rivolto a loro, l'apostolo disse: "Uomini che siete venuti
all'assemblea di Cristo, uomini che desiderate credere in Gesù, prendete
l'esempio che vi deriva da questa scena: se non vi sollevate in alto, non
potete vedere me che sono piccolo. Incapaci di vedere me, che sono come
voi, come potrete essere capaci di vedere colui che è in alto e si trova
nelle profondità se non vi sollevate al di sopra delle vostre opere
precedenti, al di sopra delle vostre azioni che non giovano, dei piaceri
inopportuni, della ricchezza corruttibile che resta quaggiù, al di sopra
dei beni e dei possedimenti che periscono sulla terra, al di sopra delle
vesti che si consumano, della bellezza che invecchia e si sfigura, al di
sopra del corpo nel quale tutte queste cose si sintetizzano e che le
sostiene tutte, ma poi diventa polvere? Credete, invece, nel Signore
nostro Gesù Cristo, che noi predichiamo, affinché la vostra speranza
riposi in lui, in lui possiate vivere per sempre, affinché egli diventi
la vostra guida in questa terra di errore, affinché in questo mare in
burrasca egli sia per voi un porto, affinché nella regione della sete,
sia per voi una fonte di acqua viva, affinché nel luogo della fame, sia
per voi una cesta piena, affinché sia la quiete delle vostre anime, il
medico e il datore di vita per i vostri corpi". [38]
La moltitudine esclamò: "Apostolo del Dio vivo, guida lungo il
sentiero della vita, rivelatore della verità, molte sono le cose che sono
state fatte per noi, che siamo alieni dal Dio glorioso da te predicato e
fino ad ora non abbiamo osato dichiararci suoi, giacché le nostre opere
sono lungi da lui e a lui odiose. Ma se egli avrà compassione di noi, ci
libererà dalle nostre azioni precedenti e da ogni male da noi compiuto
vivendo nell'errore, non richiedendocene conto né più ricordando i
nostri anteriori peccati, noi diverremo suoi servi e eseguiremo la sua
volontà". Giuda rispose loro: "Egli non ve ne richiederà
conto, né ricorderà più i vostri peccati compiuti vivendo nell'errore,
egli perdonerà le vostre iniquità, quanto avete compiuto
antecedentemente allorché eravate nell'ignoranza". IV Atto
quarto: del puledro [39]
L'apostolo era ancora allo stesso posto sulla strada e parlava alla
moltitudine sul regno di Dio, sulla loro conversione e sul ritorno a
nostro Signore. Mentre, dunque, l'apostolo era sulla strada e parlava con
quella moltitudine, un puledro d'asino andò a porsi davanti a lui. Giuda
gli disse: "Non è senza divina disposizione che questo puledro è
venuto qui. Perciò,
a te puledro dico che in virtù della grazia di Dio ti sarà data la
parola davanti alla moltitudine qui presente; dì quello che vuoi affinché
credano nel Dio vero che noi predichiamo". La
bocca del puledro si aprì ed in virtù di nostro Signore egli cominciò a
parlare come un uomo dicendo: "Fratello gemello di Cristo, apostolo
dell'Altissimo, partecipe della parola nascosta del datore di vita e
ricettatore dei misteri segreti del Figlio di Dio che, nato libero,
divenne schiavo per condurre molti alla libertà per mezzo
dell'obbedienza, figlio di una grande famiglia divenuto spoglio affinché
per opera del tuo Signore tu possa strappare molti al nemico ed essere
causa di vita alla terra degli Indiani. E' contro la tua volontà che tu
sei venuto da uomini che avevano deviato da Dio ed ecco che alla tua vista
e all'udire le tue parole divine essi sono ritornati alla vita. Sali su di
me, cavalcami e riposati fino al tuo ingresso in città". Giuda
alzò la voce e disse: "Gesù, figlio della misericordia perfetta, tu
quieto e silenzioso che parli per mezzo di animali che non hanno la
parola! O nascosto, manifestato dalle tue opere! Nostro provveditore e
custode! Datore di vita ai nostri corpi, datore di vita alle nostre anime!
Dolce sorgente che non viene mai meno, fonte limpida che non si intorbida
mai! Tu sei l'aiuto dei tuoi servi che si trovano nell'agone, tu abbatti
davanti ad essi il nemico! Tu sei in lotta per noi e ci rendi vittoriosi!
Tu sei il nostro vero atleta che non può essere leso! Tu sei il nostro
santo generale che non può essere vinto! Tu conferisci la tua stessa
gioia che non tramonta mai e quella pace nella quale non c'è più
tribolazione! Tu sei il buon pastore, che dà la sua vita per il suo
gregge! Tu hai vinto il lupo e strappato i tuoi agnelli! Noi ti
glorifichiamo e, per mezzo tuo, esaltiamo il tuo sublime Padre,
invisibile, e lo Spirito santo che si libra al di sopra di tutte le
creature". [40]
Allorché l'apostolo pronunciava queste parole, la moltitudine ivi
radunata lo stava osservando nell'attesa di sentire quello che avrebbe
risposto al puledro. L'apostolo rimase a lungo rivolto al cielo, mentre
gli altri stupivano e l'osservavano; poi disse al puledro: "Chi sei
tu? Qual è lo scopo delle moltissime cose meravigliose e grandi espresse
dalla tua bocca?". Il puledro gli rispose: "Io sono della razza
che servì il profeta Balaam e Dio, tuo Signore, cavalcò su di me. Sono
stato mandato da te per darti un po' di quiete, per consolidare così la
fede di costoro e mi sia così aggiunta quella porzione che m'è stata
assegnata per servirti e che mi sarà tolta dopo ch'io ti avrò
servito". Tomaso gli disse: "Il Dio che ti ha dato questo dono
può fare in modo che, infine, esso sia perfetto in te e in quelli della
tua razza; ma io sono troppo piccolo e debole per questo mistero". Ed
egli non voleva cavalcare su di lui; ma il puledro lo pregava e supplicava
di venire benedetto, cavalcato da lui. Egli allora montò su di esso e lo
cavalcò, mentre la gente in parte seguiva e in parte precedeva l'apostolo
correndo per vedere che cosa gli sarebbe capitato e come avrebbe congedato
il puledro. [41]
Giunto alla porta della città, egli smontò e disse: "Va' e resta al
sicuro come sei stato finora!". In quello stesso momento il puledro
cadde a terra e morì, mentre tutti i presenti rimasero tristi e dicevano
all'apostolo: "Ridonagli la vita!". L'apostolo rispose:
"Non gli ridono la vita, non perché sia incapace di ridare la vita a
questo puledro, ma perché ciò è meglio per lui. Colui, infatti, che gli
diede la parola, poteva far sì che non morisse; ma è perché così è
meglio per lui". L'apostolo allora ordinò a quelli che erano con lui
di scavare una fossa e seppellirvi il suo corpo: come aveva ordinato, così
fu fatto. V Atto
quinto: del demone che aveva preso dimora in una donna [42]
Entrato in città accompagnato dalla moltitudine, l'apostolo pensava di
recarsi in casa della famiglia del giovane al quale aveva ridonato la
vita, poiché ne era stato insistentemente pregato. Ma una donna avvenente
gridò a gran voce, dicendogli: "Apostolo del nuovo Dio, venuto in
India, servo del Dio santo, che da te è predicato datore della vita alle
anime di quanti credono e vanno a lui e guaritore dei corpi di quanti sono
vessati dal nemico, tu che sei strumento di vita per l'intero popolo
dell'India, concedi ch'io sia portata davanti a te, ch'io possa dirti
quanto mi è accaduto; forse potrò così avere da te qualche speranza e
quelli che ti circondano approfondiranno la loro fiducia nel Dio che tu
predichi. Ti confesso, infatti, che non è poco il tormento con il quale
mi colpisce il nemico, ormai da cinque anni. Prima stavo bene, avevo pace
da ogni parte, non avevo alcuna preoccupazione e non conoscevo gli
affanni. [43]
Ma un giorno, mentre uscivo dal bagno, incontrai un uomo dall'aspetto
sconvolto, il cui parlare e la cui voce erano molto deboli; costui mi
disse: "Io e te saremo un solo amore! Unisciti a me come si uniscono
un uomo e una donna". Gli risposi: "Non mi sono sposata perché
non posso sopportare l'uomo, e come posso concedermi a te che desideri
avere un'adultera relazione con me?". E dissi poi alla ragazza che
era con me: "Hai visto l'impudenza di quel giovane? Giunse perfino a
farmi proposte licenziose". Lei mi rispose: "Ho visto un vecchio
che parlava con te". Giunta
a casa e cenato, il mio cuore s'impaurì per il fatto ch'egli m'era
apparso sotto due forme e me ne andai a dormire pensando a lui. Nella
notte, egli venne ed ebbe con me una sordida relazione; lo vidi pure
durante il giorno e lo fuggii; ma durante la notte prese a venire in una
forma spaventosa e mi torturava. E fino al giorno d'oggi nel quale tu mi
vedi, per un periodo di cinque anni, non mi lasciò mai sola. Ora, sapendo
io e credendo che diavoli, spiriti e demoni ti sono soggetti e tremano
alle tue preghiere, ti supplico, mio signore, di volere pregare su di me e
di domandare a Dio di allontanare da me questo tormento, affinché per il
tempo che ancora mi sarà concesso io possa essere libera, riacquistare la
mia primitiva natura e ricevere il dono concesso ai penitenti". [44]
Vista l'istigazione del nemico, l'apostolo alzò la voce e disse:
"Male che non può essere frenato, nemico che non ha mai sosta,
invidioso che non ha mai quiete, brutto che combatti contro i graziosi per
riuscire ad assoggettarli a te! Tu hai molte brutte forme, appari come
vuoi, ma il tuo color nero non muta mai perché fa parte della tua natura.
Astuto e guastatore delle opere buone! Albero amaro i cui frutti sono
simili a te! Nemico bugiardo che lotti contro coloro che non sono tuoi!
Seduzione che si contorce in se stessa e la cui impudenza osa assalire
coloro che sono migliori di lui! Malizia che scorri e strisci come un
serpente, entri e prendi di mira la virtù! Ma fino a quando seguito a
dire queste cose? Non farmi aspettare, manifestati subito, nemico dei
servi di Cristo, affinché questa moltitudine veda che noi l'invitiamo al
vero Dio". Dopo che l'apostolo disse queste cose, il nemico venne e
si pose davanti a lui; nessuno però lo vedeva ad eccezione dell'apostolo
e della donna, e gridò a gran voce, udito da tutti i presenti: [45]
Il demonio. "Che cosa abbiamo da fare con te, apostolo
dell'Altissimo? Che cosa abbiamo da fare con te, servo di Gesù Cristo?
Che cosa abbiamo da fare con te, partecipe dei santi misteri di Dio? Perché
vuoi tu distruggerci, quando ancora non è giunto il nostro tempo? Perché
vuoi tu privarci del potere che ci fu dato, mentre finora abbiamo ancora
speranza di servircene? Che cosa abbiamo da fare con te, che sei venuto a
scacciarci? Tu hai potere su quelli che ti obbediscono, e noi abbiamo
potere su coloro che ci sono soggetti. Perché vuoi tu usare la violenza
contro di noi prima del tempo, mentre poi richiedi dagli altri che non
usino violenza verso alcuno? Perché brami ciò che non è tuo? Non ti
basta il tuo? Perché ti assimili al Dio, tuo Signore, che nascose la sua
maestà, apparve come un corpo e noi, vedendolo, credemmo che fosse un
mortale, ma poi egli si voltò e ci eliminò? Tu, infatti, sei nato da
lui! Mentre pensavamo di poterlo assoggettare al nostro potere, egli si
voltò e ci precipitò nell'abisso. Noi non lo conoscevamo, avendoci egli
ingannato con il suo aspetto umile, con la sua indigenza e povertà. Al
vederlo, pensammo che fosse uno dei figli degli uomini, ignorammo che egli
era il datore di vita a tutta l'umanità. Fino a quando dura il nostro
tempo, egli ci diede il potere di non allentare la nostra presa, per
questo ci interessiamo dei nostri. Tu però desideri più di quanto egli
ti ha dato e ci vuoi tormentare". [46]
Dette queste cose, il demone si mise a piangere nuovamente, dicendo:
"Io ti lascio, mia donna avvenente, trovata molto tempo addietro e
nella quale mi sono riposato. Ti lascio, mia sorella e mia amata, nella
quale speravo di dimorare. Non so quello che farò né a chi chiederò
soccorso affinché m'aiuti. Si, so che cosa fare! Andrò in un altro paese
dove non sentirò parlare di questo uomo, e troverò una persona che ti
sostituisca, o mia diletta". Alzò poi la voce e disse: "Stai
bene, tu che hai trovato rifugio in uno più grande di me! Io mi pongo in
cammino alla ricerca di un'altra come te; se non la troverò, me ne
ritornerò da te. So, infatti, che ora che quest'uomo ti è vicino tu ti
rifugi in lui. Ora che me ne vado, tu ritorni com'eri prima, ma quando
giungerà la notte e ti dimenticherai di lui, io avrò il modo di
avvicinarti; il nome di colui che quest'uomo predica mi ha ora
spaventato". Quando il demone ebbe proferito queste cose, in quello
stesso momento egli lo guardò, ma non lo trovò più; non rimase che fumo
e fuoco, e tutti i presenti esterrefatti. [47]
A questa vista, l'apostolo disse loro: "Quel maledetto non ha
mostrato nulla di strano, ma solo la natura in cui viene consumato: è
consumato dal fuoco e da esso si sprigiona il fumo". Invocazione
a Gesù. L'apostolo prese a dire: "Gesù, mistero nascosto che mi è
stato rivelato, a me tu hai rivelato i tuoi misteri più che a tutti i
miei compagni, a me hai detto parole delle quali io brucio, ma che non
posso esprimere. Gesù, nato uomo, ucciso, morto. Gesù, Dio e Figlio di
Dio, datore di vita e vivificatore di morti. Gesù povero, che prendevi
pesci tanto a pranzo quanto a cena. Gesù che saziasti molte migliaia di
persone con un po' di pane. Gesù che ti riposavi dalla fatica del viaggio
come un uomo e camminasti sulle onde come un Dio. [48]
Gesù, voce sublime sorta dalla perfetta misericordia, salvatore di tutti,
liberatore e governatore del mondo, datore di forza ai morti. Gesù, mano
destra del Padre, che hai scagliato il maligno giù negli estremi confini
e hai adunato in una assemblea benedetta la sua proprietà. Gesù, re
universale che sottometti tutto. Gesù che sei nel Padre e il Padre in te,
voi che siete uno nella potenza, nella volontà, nella gloria,
nell'essenza, che per amore nostro sei stato nominato con molti nomi, tu
che sei Figlio e ciononostante indossasti un corpo. Gesù, che divenisti
nazireo, la tua grazia provvede a tutti come Dio. Figlio del Dio
altissimo, che divenisti uomo vilipeso e umile. Gesù che non trascuri
nulla di quanto ti domandiamo, tu causa di vita per tutto il genere umano.
Gesù, che per noi fosti chiamato seduttore, tu che liberi dalla seduzione
i tuoi esseri umani. Io mi rivolgo a te in favore di costoro qui presenti,
che credono in te, che necessitano del tuo aiuto, che aspettano il tuo
dono, che si rifugiano nella tua maestà: apri le loro orecchie affinché
ascoltino le parole dette da noi. Venga la tua grazia, dimori in essi la
fede e li rinnovi rispetto alle loro azioni precedenti, sicché si
svestano dell'uomo vecchio con le sue opere e si rivestano dell'uomo nuovo
ch'io ho predicato loro". [49]
Pose la sua mano su di loro, li benedisse, dicendo: "Resti su di voi
la grazia di nostro Signore per sempre! Amen". La
donna lo supplicò e disse: "Apostolo dell'Altissimo, dammi il
sigillo del mio Signore, affinché il nemico non possa più venire da
me". Allora
andò a un fiume, lì vicino, e la battezzò nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito santo; e con lei furono battezzati molti altri.
L'apostolo ordinò poi al suo diacono di preparare l'Eucaristia; quello
prese uno sgabello, vi stese un panno di lino, portò del pane da benedire
e lo pose sopra. Venne
l'apostolo, vi si accostò e disse: "Gesù che ci hai reso degni di
accostarci al tuo sacro corpo e di partecipare al tuo sangue vivificatore,
avendo fiducia in te, osiamo accostarci e invocare il tuo santo nome
annunziato dai profeti secondo il volere della tua divinità. Tu sei
predicato in tutto il mondo dai tuoi apostoli conformemente alla tua
grazia e sei manifestato ai giusti per mezzo della tua misericordia. Noi
ti supplichiamo di venire e di comunicarti a noi con il soccorso e con la
vita, convertendo a te i tuoi servi, affinché possano piegarsi sotto il
tuo soave giogo e sotto il tuo vittorioso potere. L'Eucaristia sia in essi
salute dell'anima e vita del corpo nel tuo mondo vivo". [50]
Prese poi a dire: "Vieni,
dono sublime! Vieni,
grazia perfetta! Vieni,
rivelatore dei misteri tra i profeti eletti! Vieni,
annunziatore delle lotte del suo apostolo, nostro valoroso atleta! Vieni,
tesoro della maestà! Vieni,
prediletto della misericordia dell'Altissimo! Vieni,
silenzioso rivelatore dei misteri del Sublime! Vieni,
espressione delle cose nascoste e manifestatore delle opere del nostro
Dio! Vieni,
segreto datore della vita ed espositore delle tue azioni! Vieni,
datore di gioia, e riposo di quanti si uniscono a te! Vieni,
potenza del Padre e sapienza del Figlio giacché noi tutti siamo una
persona! Vieni,
e partecipa con noi in questa Eucaristia che celebriamo, in questa offerta
che presentiamo e in questa commemorazione che facciamo!". Fece
sul pane il segno della croce e iniziò a distribuirlo, cominciando dalla
donna alla quale disse: "Ti sia remissione delle mancanze e dei
peccati, e resurrezione perpetua". Poi la distribuì a quanti erano
stati battezzati con lei e a tutti gli altri, dicendo: "Questa
Eucaristia vi sia vita e riposo, non giudizio e condanna". Essi
risposero: "Amen!".
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VI Atto
sesto: del giovane che uccise una donna e dell'Eucaristia [51]
Un giovane che aveva commesso un'odiosissima azione, si accostò, prese
l'Eucaristia e se la stava mettendo in bocca allorché le sue mani
rimasero inaridite e non poterono giungere alla bocca. Appena videro ciò,
quelli che erano con lui andarono a comunicare all'apostolo quanto era
accaduto. L'apostolo
lo chiamò e gli disse: "Dimmi, figlio, non avere vergogna di me! Che
cosa hai fatto prima di venire qui? Ecco, infatti, che il dono di nostro
Signore ti ha smascherato: esso che guarisce così tante persone che si
accostano con amore, con verità e con fede, ti ha palesemente inaridito.
Ciò non ti è accaduto senza un motivo". Visto
che era stato smascherato dall'Eucaristia di nostro Signore, il giovane
andò a prostrarsi ai piedi dell'apostolo supplicandolo di intercedere per
lui e dicendogli: "Ho compiuto un'azione cattiva! Amavo una donna che
viveva fuori della città, in un albergo, e lei pure m'amava. Ma avendo
udito da te la verità che insegni e la fede nel Dio che tu predichi, ben
sapendo che sei veramente l'apostolo di Dio, io pure ricevetti il segno
con gli altri. E siccome tu dicesti: "Chiunque indulge al sordido
connubio, ed in specie all'adulterio, non avrà la vita con il Dio ch'io
predico", pur amandola, la supplicai e cercai di convincerla a vivere
con me una vita innocente, pura, tranquilla, casta e modesta, come
predichi tu, ma lei non ne volle sapere. Quando mi accorsi che non mi
ascoltava, dormii con lei e l'uccisi giacché non avrei potuto sopportare
di sapere che avesse relazioni con altri uomini". [52]
Udite queste cose, l'apostolo disse: "O amore corrotto e spudorato,
che hai incitato quest'uomo a compiere queste cose! O compagno della
corruzione, alla quale quest'uomo non è stato capace di resistere! O
connubio lascivo, che corrompe le menti degli uomini e le aliena dalla
purezza di Cristo! Opera ingannatrice che infurii contro i tuoi!". L'apostolo
ordinò che gli si portasse in un catino dell'acqua da lavare; e quando
gli fu presentata perché su di essa recitasse la preghiera, egli glorificò
Dio e la benedisse, dicendo: "Acqua dataci dall'acqua viva! Luce
inviataci dal glorioso sussistente! Grazia inviataci dalla grazia! Gesù,
nostro datore di vita, venga la tua forza vittoriosa e curativa, discenda
la tua grazia e dimori in quest'acqua sulla quale ho invocato il tuo
nome". Poi disse: "Il dono dello Spirito santo sia in voi
perfetto!". E rivolto al giovane disse: "Lava le tue mani in
quest'acqua!". Appena se le lavò, le mani ritornarono come erano
prima che fossero inaridite. L'apostolo
gli domandò: "Credi tu nel Signore nostro, al quale è possibile
ogni cosa?". Il giovane rispose: "La fede non mi manca! E'
appunto perché credo in Dio ch'io ho compiuto quell'azione, pensando di
fare bene. Io, infatti, l'avevo supplicata, come ti dissi, ma lei non
volle ascoltarmi e mantenersi nella purità e nella castità: è per
questo ch'io agii così". [53]
Giuda gli disse: "Vieni, andiamo nell'albergo dove hai compiuto
questa azione". Egli precedette l'apostolo, mentre una grande
moltitudine lo seguiva. Giunti all'albergo, entrarono e trovarono la donna
morta; a tale vista l'apostolo ne fu addolorato, trattandosi di una
ragazza. Ordinò che fosse presa e portata al centro dell'albergo; dopo
che la presero e portarono in un letto, Giuda Tomaso le impose le mani e
prese a dire: "Gesù,
nostro datore di vita, che non ci trascuri ogni volta che a te ci
rivolgiamo! Gesù, che vieni a noi sempre che ti cerchiamo! Gesù, il cui
orecchio è rivolto a noi che ti cerchiamo! Gesù, che non solo ci hai
concesso di chiedere, ma ci hai pure insegnato come pregare! Gesù, che
ora non vediamo con questi nostri occhi corporei, ma che mai ti allontani
dagli occhi della nostra intelligenza! Gesù, il cui aspetto ci è
nascosto, ma è rivelato a noi per mezzo della tua grazia, delle tue opere
e delle tue gesta! Tu, che noi conosciamo secondo la nostra capacità e in
conformità della nostra misura, eppure ci hai dato il tuo dono superiore
alla nostra misura! Tu, che hai detto: "Chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto", pur timorosi a
causa dei nostri peccati e delle nostre trasgressioni, ti domandiamo di
versare su di noi la tua grazia per mezzo della tua misericordia. Non
cerchiamo né oro né argento, né ricchezze né possedimenti, né beni né
vestiti né nessun'altra di queste cose terrene di questo mondo, che da
esso vengono e ad esso ritornano, bensì domandiamo e supplichiamo dalla
tua benevolenza di voler fare risorgere, nel tuo nome santo, questa donna
che è davanti a te, a tua grande gloria, a lode della tua divinità e a
conferma della fede in te di tutti i presenti". [54]
E rivolto al giovane, disse: "Volgi la mente al Signore nostro".
Lo segnò poi con il segno della croce, e proseguì: "Va', prendila
per mano e dille: "La mia mano ti ha colpito con il ferro, Gesù con
la sua grazia ti risuscita per mezzo della mia fede"". Il
giovane andò, le si avvicinò e disse: "Mio Signore Gesù Cristo, io
ho creduto veramente in te, che sei il dono del Padre tuo, ho creduto che
in te c'è ogni genere di aiuti e di favori, che in te c'è ogni genere di
guarigioni, che in te c'è la vita per chiunque si pente, per chi a te si
rivolge con tutto il cuore. Supplico la tua misericordia, Signore, affinché
venga in aiuto alla mia conversione e per mezzo delle mie mani dia a
questa donna la vita, dal momento ch'io oso compiere ciò". Rivoltosi
a Giuda, disse: "Prega per me, apostolo di Dio, affinché il mio
Signore al quale mi rivolgo venga in mio aiuto!". Posta la mano su di
lei, disse: "Vieni, mio Signore Gesù Cristo, e dà a costei la vita
e a me un pegno della fede". Non
appena afferrò la sua mano, lei s'alzò ritta in piedi, guardò la folla
circostante, vide l'apostolo di nostro Signore che le stava di fronte e,
andatasi a gettare ai suoi piedi, si aggrappò alle sue vesti e gli disse:
"Ti prego, signore, dov'è quell'altro che era con me e che non
permise ch'io restassi nel luogo ch'io vidi, ma mi consegnò a te,
dicendoti: "Portala via con te, affinché divenga perfetta nel suo
amore per mezzo della fede e raggiunga poi il mio luogo?"". [55]
L'aldilà. Giuda le rispose: "Dimmi donde sei venuta e che cosa hai
visto". Lei rispose: "Tu che eri con me e al quale egli mi affidò,
vuoi sentire da me questo?". E prese a raccontare: "Un uomo
dall'aspetto brutto, dal corpo nero e dalle vesti sordide, mi prese e portò
in un luogo pieno di voragini, e con un diffuso odore puzzolente; mi fece
guardare in ognuna delle voragini. Nella prima vidi un fuoco ardente e
ruote di fuoco che vi giravano nel mezzo; mi disse: "A questo
tormento sono destinate le anime di coloro che trasgrediscono la legge,
quelle che mutano l'unione del connubio stabilito da Dio. Altre anime
destinate a questo tormento sono quelle che non hanno conservato la loro
verginità e si sono date ad atti vergognosi: verranno in questo tormento
perché trasgredirono la legge di Dio; saranno abbandonate agli spiriti
cattivi, saranno disprezzate e derise, ed avranno così la loro
retribuzione; poi andranno in un altro luogo di tormenti peggiore di
questo, ove saranno torturate". [56]
Mi mostrò un'altra voragine Vi guardai dentro e vidi cose spaventose alle
quali sono destinate le anime dei malfattori: osservai molte torture
destinate a uomini e donne, a giovani e a ragazze; gli uomini che,
abbandonata la loro moglie, hanno relazioni con le donne dei loro
compagni, giovani che non si attengono alle loro leggi, bensì soddisfano
lascivamente la loro libidine con le prostitute, e ai quali non basta il
violare la legge con le prostitute, ma tendono insidie alle vergini e
indulgono lascivamente al peccato, le ragazze che non hanno conservato lo
stato verginale a motivo della loro lasciva libidine e hanno così
attirato la vergogna sui loro genitori; tutti costoro verranno in questi
tormenti e saranno ripagati secondo le loro opere. [57]
Mi prese nuovamente e mi fece vedere un antro oscuro, dal quale veniva un
odore puzzolente, e mi disse: "Guarda e osserva! Questa è, infatti,
la prigione per le anime delle quali ti parlai allorché ti dissi che al
termine del primo castigo ne sarebbe seguito un altro: alcune saranno qui
consumate interamente, mentre altre saranno dirette ad altri
tormenti"". I custodi di quei tormenti dissero all'uomo che mi
guidava: "Dacci costei affinché la leghiamo al suo posto in attesa
che vada tra i suoi tormenti". Ma l'uomo che mi guidava rispose:
"Non ve la consegnerò perché ho timore di colui che me l'ha
affidata, senza darmi l'ordine di lasciarla qui; la riporterò su con me
fino a quando riceverò ordini a suo riguardo". Mi prese e mi portò
nel luogo ove c'erano gli uomini. Egli, che era come te, mi affidò a te,
dicendoti: "Prendi costei, giacché è una pecora smarrita!". Tu
m'hai ricevuto da lui ed ecco che ora mi trovo davanti a te supplicandoti
di essere condotta, per mezzo tuo, alla fede, di poter trovare la grazia
per mezzo della tua preghiera, e di potere anche andare a quei tormenti
che ho visto". [58]
Giuda Tomaso disse allora: "Avete udito, figli miei, quanto ha detto
questa donna. E i tormenti non sono soltanto questi, ma ce ne sono altri
ancora peggiori. Voi pure, dunque, se non vi convertite alla verità ch'io
predico e se non vi asterrete dalle azioni cattive, da ogni opera che non
vi è di giovamento e dai pensieri sprovvisti di conoscenza, finirete in
mezzo a questi tormenti. Credete, dunque, in Gesù Cristo ed egli farà
svanire le vostre azioni precedenti, vi purificherà da ogni pensiero
terreno proprio della terra, vi purificherà da tutti i vostri peccati,
che senza il pentimento davanti a Dio vi accompagnerebbero, andrebbero con
voi e resterebbero innanzi a voi. Ognuno di voi si svesta perciò del suo
vecchio uomo e si rivesta del nuovo, si svesta cioè del suo modo di
vivere e delle sue opere corporali. Quelli che rubavano, non rubino più,
bensì si diano da fare e lavorino per vivere. Quelli che si davano
all'adulterio non commettano più adulterio, non si abbandonino più a un
momentaneo piacere per non incorrere in un perpetuo tormento; l'adulterio,
infatti, davanti a Dio è più odioso di ogni altra opera cattiva.
Tenetevi lungi dalla menzogna, dall'oppressione, dall'ubriachezza, dalla
calunnia e non rendete male per male. Tutte queste cose sono odiate dal
Dio ch'io predico e davanti a lui sono impure. Camminate, invece, con
tutta umiltà, temperanza e purezza; abbiate fiducia in Dio, diverrete
suoi servi e riceverete da lui quei doni che sono dati solo a pochi". [59]
La moltitudine credette, si arrese obbediente al Dio vivo e a Gesù Cristo
e si rallegrava delle opere benedette dell'Altissimo e del suo santo
servizio. Ognuno portava molto denaro per il sollievo delle vedove, che
l'apostolo radunava in ogni città, a ognuna delle quali egli provvedeva
per mezzo dei suoi diaconi trasmettendo per il vitto e il vestito ciò che
era stato offerto per loro. Egli
non cessava mai di predicare e di parlare loro, di additare in Gesù il
Messia del quale parlarono le Scritture e i cui tipi, misteri e
similitudini sono palesi nella Legge e nei Profeti; il quale fu dato come
alleanza al popolo di Israele affinché per amor suo si astenessero dal
culto degli idoli, come luce ai popoli delle genti per opera del quale è
discesa su di esse la grazia di Dio sicché tutti coloro che osservano i
suoi comandamenti avranno requie nel suo regno e saranno onorati nella
gloria. Egli venne, fu crocifisso e, dopo tre giorni, risorse. Esponeva
loro e spiegava loro, da Mosè fino agli ultimi profeti, perché tutti
predicassero lui e come egli fosse venuto portando veramente tutto a
compimento. La sua esposizione era udita dagli uomini nelle città e nei
villaggi, e chiunque aveva un infermo, un posseduto da spirito cattivo, un
lunatico o un paralitico, lo portava sul letto e lo poneva ai lati della
strada dove sapeva che sarebbe passato, ed egli li curava tutti per opera
del suo Signore Gesù. I malati affetti da gravi infermità, erano
guariti; i paralitici si alzavano completamente sani; tutti glorificavano
Dio con una sola voce, dicendo: "Sia gloria a te, Gesù Cristo, che
ci hai dato la salute per opera del tuo servo e apostolo Giuda.
Completamente sani e pieni di gioia ti preghiamo affinché noi pure
possiamo divenire figli del tuo ovile ed essere annoverati tra le tue
pecore. Accoglici, Signore nostro, e non imputarci i precedenti nostri
peccati, commessi nell'ignoranza". [60]
Allorché Giuda Tomaso li vide, alzò la sua voce e disse: "Sia
gloria a te, vivente dal vivente! Sia gloria a te, datore di vita a molti!
Sia gloria a te, aiuto e sostegno di coloro che vengono al tuo luogo di
rifugio! Sia gloria a te, insonne da tutta l'eternità, ridestatore degli
uomini, vivente e datore di vita! Tu sei Dio, Figlio di Dio, salvatore e
aiuto, rifugio e riposo di tutti coloro che si affaticano nella tua opera.
Datore di riposo a quanti, per amore del tuo nome, hanno sopportato il
peso di tutto il giorno, nel meriggio. Ti lodiamo per il dono che ci hai
dato, per i soccorsi alla nostra debolezza, per la provvidenza alla nostra
povertà. [61]
Perfeziona in noi, fino in fondo, la tua grazia e la tua misericordia!
Concedici il coraggio che è in te! Guarda, Signore! Amiamo solo te!
Abbiamo abbandonato le nostre famiglie e le famiglie dei nostri parenti e,
per amor tuo, siamo divenuti stranieri, senza alcuna costrizione. Guarda,
Signore! Per amor tuo abbiamo abbandonato i nostri possedimenti, per
guadagnare te, possedimento della vita che non può essere tolto Guarda,
Signore, nostro! Per amor tuo abbiamo abbandonato tutti i nostri parenti,
per potere essere incorporati alla tua parentela. Guarda, Signore nostro!
Abbiamo abbandonato i nostri padri, le nostre madri e i nostri tutori, per
potere vedere il tuo Padre sublime ed essere ripieni del tuo cibo divino.
Guarda, Signore nostro! Abbiamo abbandonato le nostre mogli carnali e i
frutti terrestri per essere uniti a te con un'unione verace e produrre
quei frutti celesti che vengono dall'alto, che nessun uomo ci può
togliere, che saranno sempre con noi e noi con essi". Qui
terminano i sei atti. VII Atto
settimo: del generale andato incontro a Tomaso [62]
Mentre Giuda andava predicando attraverso l'India si recò da lui il
generale di un re e gli disse: "Ti prego, servo di Dio, di
considerare che sono venuto personalmente da te, che sei apostolo di Dio
mandato per guarire gli uomini che hanno bisogno di aiuto, dato loro dalle
tue mani! Ho sentito, a tuo riguardo, che non ricevi mercede da alcuno per
te, ma la passi ai poveri; se tu, infatti, accettassi qualcosa ti avrei
mandato una grande somma di denaro e non mi sarei presentato qui
personalmente, giacché il re non fa nulla senza di me. Io vivo
nell'abbondanza e sono ricco, sono uno dei grandi di tutta l'India; non ho
mai fatto un torto ad alcuno, e tuttavia mi è capitato il contrario di
quello che merito. Io ho una moglie dalla quale ebbi una figlia; le voglio
molto bene, come insegna la natura, e non conosco altra donna che lei. Ora
avvenne che nella nostra città ebbe luogo un matrimonio e i contraenti
erano miei grandi amici; vennero, dunque, da me, pregandomi di permettere
che invitassero alla festa sia lei che la figlia. Siccome si trattava di
amici io non potei trovare alcuna scusa e, pur contro la sua volontà, la
mandai accompagnata da molti servi per lei e per la figlia feci una grande
ostentazione di ricchezza [63]
Giunto il momento dell'arrivo, le mandai incontro lanterne e torce; io
stesso me ne stavo sulla strada nell'attesa che arrivasse, per poterla
vedere e accogliere lei e la figlia. E mentre me ne stavo là, udii un
grido di lamentazione e di pianto: alle mie orecchie giungeva, dalla bocca
di tutti: "Ahimè per lei, ahimè!". Vennero poi da me i miei
servi, con le vesti strappate, per annunziarmi quanto era accaduto,
dicendomi: "Abbiamo visto un uomo e con lui un ragazzo che gli
assomigliava; l'uomo pose la mano su tua moglie e il ragazzo su tua
figlia. Esse cercarono di sfuggire loro e noi li colpimmo con le spade, ma
le nostre spade caddero al suolo; ed in quel momento esse caddero a terra
digrignando i denti e sbattendo la testa per terra. Perciò siamo venuti
per informarti di ciò che è capitato". Udite tali cose dai miei
servi, mi stracciai le vesti, mi percossi la faccia con le mani e presi a
correre per la strada come un pazzo; al mio arrivo le trovai a terra per
la strada; allora le presi, me le portai a casa e dopo molto tempo
ritornarono in se stesse ed io le ristorai e le feci sedere. [64]
Iniziai allora a domandare a mia moglie: "Che cosa ti è
capitato?". Lei mi rispose: "Tu non hai capito ciò che mi hai
fatto? Ti avevo chiesto di non andare alla festa perché non stavo bene di
corpo. Mentre camminavo lungo la strada, giunta alla conduttura
dell'acqua, vidi un uomo nero di fronte a me che mi faceva cenni con la
testa e vicino a lui c'era un ragazzo che gli assomigliava. Dissi alla
figlia: Guarda quanto sono orribili questi uomini! La figlia mi rispose:
Ho visto un ragazzo i cui denti erano come il latte e le cui labbra erano
come carboni. Lasciandoli vicino all'acquedotto, ce ne andammo. Giunta
la sera, lasciata la casa ove aveva avuto luogo la festa, ce ne venimmo
via con i servi e, giunti all'acquedotto, la prima a rivederli fu la
figlia, che corse a rifugiarsi da me; dopo di lei, li vidi anch'io venire
verso di noi. I servi che erano con me se ne fuggirono, e quelli
percossero e buttarono a terra me e la figlia". Mentre
lei mi raccontava questo, quelli le assalirono di nuovo e le buttarono a
terra. E da allora esse sono incapaci tanto di uscire per la strada,
quanto di recarsi al bagno, di andare a una casa in festa o a una casa in
lutto; madre e figlia rimangono prostrate notte e giorno e io le ho
rinchiuse in una camera dentro un'altra sia perché a causa loro sono
diventato oggetto di derisione sia perché quando quelli le assalgono le
gettano a terra
e le disonorano ovunque si trovino. Ti supplico dunque e ti
prego di aiutarmi, di avere pietà di me: sono ormai tre anni che
in casa mia non è imbandita una tavola e che mia moglie e mia
figlia non vi si sono assise; soprattutto per la mia infelice figlia,
che in vita sua non ha mai avuto alcuna soddisfazione". [65]
Udite tali cose dal generale, l'apostolo restò molto triste e gli disse:
"Se tu credi che il mio Signore Gesù Cristo le può risanare, tu le
vedrai guarite". A queste parole, il generale gli rispose: "Io
credo che tu puoi risanarle". L'apostolo gli disse: "Io non sono
Gesù, ma suo servo e apostolo. Affidati a lui ed egli le guarirà e le
aiuterà". Il generale rispose: "Mostrami come lo posso invocare
e come posso credere in lui!". "Per quanto ti è possibile Ä
rispose l'apostolo Ä volgi in alto la tua mente, giacché egli ora non è
visibile agli occhi corporei, ma per mezzo della fede lo si riconosce
nelle sue opere ed è glorificato dalle guarigioni che opera". Il
generale innalzò allora la sua voce e disse: "Io credo in te, Gesù
Cristo, Dio vivo, Figlio del Vivente, che sei divenuto uomo, che sei
apparso come medico, come datore di vita e come Salvatore per tutti gli
uomini che veramente si convertono a te. Sì, Signore, ti supplico e
prego, aiuta la mia poca fede e il mio timore, poiché mi rifugio in
te". L'apostolo
ordinò al diacono Santippo di adunare tutti i fratelli che erano là; e
quando furono tutti insieme, l'apostolo si pose in mezzo a loro e disse: [66]
"Figli miei, fratelli e sorelle in nostro Signore Gesù, restate in
questa fede e abbiate fiducia nel Signore nostro Gesù Cristo che vi ho
annunziato; ponete in lui la vostra speranza ed egli vi custodirà; non
staccatevi da lui poiché egli non vi abbandonerà. Se accade che vi
addormentiate di quel sonno che fa sì che l'uomo che dorme non sia più
lui, egli non dormirà, ma sarà sveglio e vi custodirà. Se sarete in
mare su di una nave, dove nessuno è capace di aiutare il compagno, egli
camminerà sulle onde del mare e sosterrà la vostra nave. Io, infatti, mi
allontano da voi e non so se vi rivedrò ancora corporalmente. Non siate
come i figli di Israele che incespicarono allorché partì da loro Mosè
che era stato per un tempo il loro pastore. Ecco, in mia vece vi lascio il
diacono Santippo: egli vi predicherà Gesù Cristo come me. Anch'io
sono un uomo come voi. Non posseggo le ricchezze che alcuni hanno e che
conducono il possessore alla rovina perché non sono utili, lasciandolo
nella terra donde venne e addossandogli quelle mancanze e quei peccati che
per amor loro egli commette; i ricchi caritatevoli sono pochi. Non ho
neppure la bellezza umana, quella che porta ben presto alla confusione
tutti coloro che pongono in essa la loro fiducia; giacché quando colui
che ha la bellezza ne è privato, la sua bellezza non gli serve più e
quanti l'amavano per quella bellezza, lo sfuggiranno con disgusto. E,
infatti, tutte le cose di questo mondo al loro tempo sono amate e al loro
tempo odiate. Ponete la vostra speranza in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
poiché anche noi se non portiamo il fardello che si addice al suo nome,
saremo puniti ed esso sarà per noi motivo di giudizio e di
condanna". [67]
Pregò a lungo con loro, li affidò a nostro Signore e disse:
"Signore di ogni genere di creature che ti aspettano, Dio di tutti
gli spiriti che sperano in te, tu che liberi dall'errore i tuoi esseri
umani, e redimi dalla corruzione e dalla schiavitù quanti ti sono
obbedienti e vengono al tuo luogo di rifugio, resta tu con il gregge di
Santippo, ungi il suo gregge con l'olio di vita, purificalo dalla sua
infermità, custodiscilo dai lupi e dai ladroni sicché non possano
strapparlo dalle sue mani". Impose loro le mani e disse: "La
pace del Signore sia con voi e vi accompagni!". VIII Atto
ottavo: il branco degli asini selvatici [68]
L'apostolo dunque si avviò sulla strada per andarsene, mentre tutti
l'accompagnavano piangendo e scongiurandolo per il Signore di ricordarsi
di loro nelle sue preghiere e di non dimenticarli. Salito
sul carro del generale, l'apostolo si sedette, mentre i fratelli rimasero
dietro di lui. Si accostò allora il generale e disse all'auriga:
"Ch'io sia degno, ti prego, di sedere ai piedi del Figlio di Dio, Gesù
Cristo, di essere il suo auriga lungo questa strada conosciuta da molti,
affinché egli sia la mia guida lungo quella strada che solo pochi
percorreranno". [69]
Dopo avere percorso circa un miglio, Giuda Tomaso supplicò il generale,
lo fece alzare e sedere a fianco a lui, e ordinò poi all'auriga di
andarsi a sedere al suo posto. Mentre percorrevano la strada e Giuda
conversava con il generale, le bestie, stanche per la lunghezza del
percorso, si fermarono rifiutandosi di proseguire. Il generale, gravemente
rattristato, pensava di correre a piedi alla ricerca di altre bestie,
oppure altri cavalli, ovunque avesse potuto trovarle, avendo ormai solo più
poco tempo. Visto
ciò, l'apostolo gli disse: "Non temere, non agitarti, credi soltanto
in Gesù, come già ti dissi, e vedrai grandi meraviglie". Il
generale rispose: "Io credo in lui, e credo che a lui è possibile
tutto ciò che gli si chiede". Giuda
vide allora un branco di asini selvatici che stavano pascolando a una
certa distanza dalla strada principale e disse al generale: "Se credi
in Gesù, va' dal branco e dì: "Giuda, l'apostolo di Gesù Cristo
Figlio di Dio ordina che vengano quattro di voi perché io ne ho
bisogno"". [70]
Pieno di paura perché erano molti, il generale andò e più si avvicinava
più essi gli venivano incontro; quando gli furono vicini, disse loro:
"Giuda Tomaso, apostolo di Gesù Cristo, ordina: "Quattro di voi
vengano con me perché ne ho bisogno"". A queste parole si
affrettarono a correre da lui tutti e, per disposizione del Signore,
appena giunti gli si prostrarono davanti. Allora Giuda Tomaso, apostolo
del Signore, alzò la sua voce di lode dicendo: "Tu
sei glorioso, Dio di verità e Signore di tutti gli esseri, giacché tu
con la tua volontà hai voluto e hai fatto tutte le tue opere, hai
perfezionato tutte le tue creature, le hai inquadrate nell'ordine della
loro natura e hai posto su di loro il tuo timore affinché siano
sottoposte al tuo comando. La tua volontà ha preso il sentiero che
conduce dal tuo nascondimento alla manifestazione e, provvedendo a ogni
anima da te creata, fu manifestata dalla bocca di tutti i profeti con ogni
genere di visioni, di suoni e di voci; ma a motivo della sua cattiva
inclinazione, Israele non obbedì. Ma tu, essendo il Signore di tutto, hai
cura delle creature e spandi su di noi la tua misericordia per opera di
colui che, per tuo volere, è venuto e si è rivestito del corpo, tua
creatura, da te voluto e formato secondo la tua gloriosa sapienza. A colui
che nel tuo segreto hai designato e nella tua manifestazione hai
stabilito, hai dato il nome di Figlio: egli era la tua volontà e la
potenza del tuo pensiero. Così voi siete in vari nomi, Padre, Figlio e
Spirito santo, per il governo delle tue creature, per nutrire tutti gli
esseri, ma siete una sola persona nella gloria, nella potenza e nella
volontà, siete divisi senza essere separati, siete una persona sebbene
siate divisi; tutto sussiste per opera tua e ti è soggetto, perché tutto
è tuo. Io confido in te, Signore, che con il tuo comando hai
assoggettato, nella necessità, queste mute bestie per manifestare la
potenza del tuo governo su di noi e su di esse affinché il tuo nome fosse
glorificato in noi e in queste bestie senza parola". Dette
queste cose, rivolto agli asini selvatici, proseguì: "Pace a voi che
avete obbedito alla parola sovrana. Vengano quattro di voi e si lascino
aggiogare in luogo di queste bestie che si sono fermate e non possono più
proseguire". Ogni asino selvatico si avvicinò e pressava per essere
aggiogato: tra di essi ce n'erano alcuni più forti degli altri, e questi
furono aggiogati, mentre tutti gli altri presero a seguire o a precedere
l'apostolo. Dopo un breve tratto di strada, egli disse loro: "Mi
rivolgo a voi, abitatori del deserto! Fermatevi e andate ai vostri
pascoli; se infatti avessi avuto bisogno di voi tutti so che sareste
venuti tutti con me; ora però ritornatevene al luogo ove eravate".
Gli asini selvatici se ne andarono tranquillamente e scomparvero dalla
vista. [71]
L'apostolo, il generale e gli asini. Sulla carrozza sedeva l'apostolo con
il generale e l'auriga, gli asini selvatici procedevano poco alla volta
tranquillamente e con dolcezza per non dare scossoni all'apostolo di Dio;
raggiunta la porta della città, individuarono la casa e si arrestarono
davanti al cortile del generale. Stupito, il generale esclamò: "Sono
incapace di parlare e di raccontare ciò che è accaduto; se avverrà
ancora un prodigio, allora io racconterò tutto". Avendo visto gli
asini selvatici aggiogati alla carrozza e avendo udito la fama
dell'apostolo che era giunto là, tutti gli abitanti della città si
facevano avanti. L'apostolo disse al comandante: "Dov'è casa tua?
Dove ci conduci?". Il generale rispose: "Sai che ti trovi alla
porta del tuo servo, e queste bestie, che per tuo ordine sono venute con
te, lo sanno meglio di me". [72]
Ciò detto, l'apostolo prese a dire: "Gesù, conoscenza di colui che
in questo paese è sconosciuto; Gesù, voce di colui che in questa città
è straniero; Gesù, che in questa gente sei straniero; Gesù, che hai
inviato il tuo apostolo in ogni paese e in ogni città; che sei
glorificato in lui e che per mezzo suo sei manifestato a tutti coloro che
ne sono degni; Gesù, che ti sei rivestito del corpo, sei divenuto uomo e
sei apparso a tutti noi affinché non ci potessimo allontanare dal tuo
amore; Signore nostro, che ci hai dato te stesso, che ci comperi con il
tuo sangue e ci acquisti per te quale proprietà acquisita a caro prezzo.
E che cosa noi gli possiamo dare per la sua vita? Egli diede, infatti, a
noi la sua vita. Non c'è nulla che ci appartenga né egli chiede a noi
qualcosa, eccetto che noi lo preghiamo per poter vivere". [73]
Quando egli ebbe finito di dire queste cose, molti erano giunti da ogni
parte per vedere l'apostolo del nuovo Dio, che era venuto. Giuda disse:
"Perché restiamo qui oziosi? Che cosa vuoi tu, Gesù? Ordina al
tempo e porta l'opera a compimento!". La
donna, la figlia e il demone. Dieci demoni stavano infierendo sulla donna
e sulla figlia, e i servi del generale ritenevano che non avrebbero
resistito giacché non le lasciavano mangiare mantenendole continuamente
stese sul letto, irriconoscibili a tutti fino al giorno in cui venne
l'apostolo. L'apostolo disse allora a uno degli asini selvatici che
stavano aggiogati alla destra: "Entra nel cortile e chiama quei
demoni e dì loro: "L'apostolo Giuda, discepolo di Gesù Cristo
ordina di venire fuori di lì, essendo stato io mandato per voi e contro
la vostra genia, per condurvi al vostro posto fino a che venga il tempo
della consumazione e ve ne andiate nel vostro abisso"". [74]
Alla presenza di una folla di persone, l'asino selvatico entrò e disse:
"Mi rivolgo a voi, nemici dell'umanità! Mi rivolgo a voi, che
chiudete gli occhi alla luce per non vedere, perché la natura del male
non può restare con il bene! Mi rivolgo a voi, progenie della Geenna e
dell'Abbaddon, figli di colui che fino a oggi non è mai sazio del male,
che produce continuamente dei servi maligni secondo la sua natura! Mi
rivolgo a voi, audaci perversi che perirete di vostra propria mano! Che
dire a proposito della vostra fine? Non lo so! Quello che vorrei dire sono
incapace di esprimerlo; tali cose sono gravi per essere udite e sorpassano
ogni misura giacché, per quanto grandi siano i vostri corpi, sono ancora
troppo piccoli per le vostre retribuzioni. Mi rivolgo a te, demone, e a
tuo figlio che ti accompagna, essendo stato ora mandato contro di voi. Ma
perché prolungo il mio dire sulla vostra natura? Voi la conoscete più di
me e siete sfrontati. Giuda Tomaso, discepolo di Gesù Cristo, egli che mi
ha inviato qui con misericordia e grazia, ordina: "Uscite fuori
davanti a questa folla qui presente e ditemi di quale razza
siete"". [75]
In quel momento uscirono la donna e sua figlia dall'aspetto simile a un
morto, nude e sfigurate. Appena le vide, l'apostolo ne fu rattristato e
disse: "Non v'è stata usata pietà alcuna, perciò avete una
conoscenza limitata! Nel nome di Gesù Cristo allontanatevi da esse e
mettetevi al loro fianco". Allorché
l'apostolo si espresse con queste parole, le donne caddero a terra e
parvero morte: in esse non v'era più respiro né emettevano più alcun
suono. Il demone alzò la voce e gridò: "Sei nuovamente qui, tu che
rimproveri la nostra natura? Sei nuovamente qui, distruttore della nostra
razza? Sei nuovamente qui, tu che cancelli le impronte dei nostri piedi? A
quanto vedo, non vuoi proprio lasciarci sulla terra, ma per ora tu non
riesci a fare questo". [76]
L'apostolo capì che quello era il demone che aveva scacciato da
quell'altra donna; e quello proseguì: "Lasciami andare, te ne prego!
Andrò e dimorerò dove tu vuoi, prenderò gli ordini da te e non avrò
paura di colui che ha autorità su di me, giacché tu sei venuto a
visitare e a fare il bene, così come io sono venuto per distruggere. Come
tu sei riprovato se non adempi la volontà di colui che ti ha mandato, così
anch'io se non eseguisco la volontà di colui che mi ha mandato seguirò
prima del tempo il destino della mia natura. Come il tuo Signore ti aiuta
nelle cose che tu compi, così il padre mio mi sostiene nelle cose che
faccio. Come egli ti prepara degli strumenti degni ch'egli abiti in essi,
così egli mi fa conoscere degli strumenti che gli siano obbedienti, in
modo ch'io compia in essi la sua volontà. Come egli nutre e provvede a te
e a quanti ti obbediscono, così tortura e tormenta me e quelli nei quali
io dimoro. Come a te egli dà la ricompensa del tuo lavoro, cioè la vita
perpetua, così anche a me dà la ricompensa per le mie azioni, cioè la
perdizione perpetua. Come tu godi per le tue preghiere, per le tue opere
buone e per l'Eucaristia, per i canti di lode a lui, per i salmi e gli
inni, così io godo per gli omicidi, per gli adulteri, per i sacrifici e
le libazioni di vino sugli altari. Come tu indirizzi gli uomini alla vita
perpetua, così io indirizzo gli uomini a me, alla perdizione e al
tormento perpetui. Tu ricevi la tua ricompensa, io la mia". [77]
Dopo che il demonio ebbe finito di dire queste cose, l'apostolo rispose:
"Per mezzo mio, Gesù dice a te e a tuo figlio che non entrerete più
in una abitazione umana; uscite e andate a dimorare lungi da qualsiasi
abitazione umana". I demoni gli risposero: "Obbediamo a quanto
ci hai comandato, ma a quelli che ti sono nascosti che cosa farai? Essi
gioiscono nei loro strumenti più di te: sono venerati dalla gente che
compie la loro volontà sacrificando loro, versando loro libazioni di vino
e offrendo sacrifici". L'apostolo rispose: "Alla fine periranno
anch'essi con i loro adoratori". Inutilmente
si cercarono i demoni; di loro non v'era più traccia, mentre le donne
giacevano come morte, senza parola. [78]
Gli asini selvatici se ne stavano l'uno a fianco all'altro senza
staccarsi; ma quello al quale la potenza di nostro Signore aveva dato la
parola se ne stava davanti ai suoi compagni, e allorché tutta la gente lo
guardava in silenzio nell'attesa di vedere quanto avrebbe fatto
l'apostolo, l'asino selvatico, guardando la gente, disse all'apostolo:
"Perché te ne stai lì ozioso, apostolo dell'Altissimo? Al tuo
fianco c'è il Paraclito in attesa di ciò che gli chiederai per dartelo.
Perché indugi, buon discepolo? Il tuo Maestro desidera mostrare grandi
cose per mezzo tuo. Perché te ne stai immobile, predicatore di colui che
è nascosto? Il tuo Maestro desidera svelare, per mezzo tuo, la sua
nascosta natura a quelli che sono degni di udire queste cose. Perché te
ne stai quieto, tu che nel nome del tuo Signore operi prodigi? Il tuo
Signore è a fianco a te per infonderti coraggio. Non temere! Egli non ti
abbandonerà, la sua divinità non permetterà che la tua umanità sia
tormentata. Inizia, dunque, a invocarlo ed egli ti ascolterà come è
solito fare in ogni tempo. Perché ti attanaglia lo stupore davanti alle
sue molteplici opere? Le cose operate per mezzo tuo sono piccole. Se vuoi
enumerare i suoi doni non sarai capace di giungere alla fine. Perché ti
stupisci a proposito delle guarigioni corporali che hanno un termine,
mentre tu ricordi quella sua guarigione che non ha fine? Perché valuti
l'amore temporale, mentre puoi riflettere ogni giorno sulla vita perpetua? [79]
Voi gente qui presente nell'attesa di vedere la risurrezione di costoro
che sono prostrate, credete nel Maestro della verità, credete in colui
che vi incammina verso il vero, credete nel rivelatore dei segreti,
credete nel dimostratore della vita, credete all'apostolo eletto di Gesù,
credete al Figlio, Gesù Cristo, che è nato affinché coloro che sono
nati vivano in virtù della sua nascita, è cresciuto affinché per mezzo
suo apparisse la crescita perfetta; è andato a scuola affinché per mezzo
suo fosse nota la sapienza perfetta, insegnò al suo maestro perché egli
era il Maestro della verità e l'insegnante dei saggi, andò nel tempio e
offrì un sacrificio affinché apparisse manifesto che tutti i sacrifici
sono santificati da lui. Questo è il suo apostolo, questo è l'apostolo
della verità, questo è colui che compie la volontà di colui che l'ha
mandato. Ma
verrà un tempo nel quale appariranno falsi apostoli, profeti bugiardi la
cui fine sarà come quella delle loro azioni, e vi diranno: "Attenti
ai peccati", mentre essi non faranno che commettere peccati,
indosseranno la veste dell'agnello mentre dentro sono lupi rapaci, non si
accontenteranno di prendere legalmente una moglie, ma con le loro parole e
con le loro azioni corromperanno molte donne, non genereranno bambini, ma
corromperanno molti bambini e per questo ne sconteranno la pena, saranno
addolorati a motivo della felicità degli altri e godranno della loro
angustia, ai quali non basta quanto possiedono e desidereranno che tutto
sia al loro servizio ed essere considerati come discepoli di Cristo; nella
loro bocca c'è una cosa e un'altra nel loro cuore; esortano a evitare le
cose odiose, ma intanto non compiono una sola azione buona; davanti a loro
l'adulterio, il furto, l'oppressione e l'avidità sono odiosi, ma,
segretamente, compiono tutto ciò che predicano di non fare" [80]
Invocazione. Mentre esso diceva queste cose, tutti gli asini selvatici lo
stavano osservando e, quando rimase zitto, Giuda disse: "Che cosa
debbo pensare del tuo servo Gesù? Come ti debbo invocare, non so! Tu sei
dolce e silente, sei quieto e loquace! Tu vedi quanto c'è nel cuore,
indaghi ciò che c'è nella mente! Gloria a te, misericordioso! Gloria a
te, Parola viva' Gloria a te, nascosto e multiforme! Gloria a te,
misericordia che ha abbondato su di noi! Gloria a te, grazia discesa su di
noi! Gloria a te, grandezza divenuta piccola per noi! Gloria alla tua
sublimità divenuta umile per noi! Gloria alla tua forza, divenuta
debolezza per noi! Gloria alla tua divinità, che per noi si è rivestita
di umanità! Gloria alla tua divinità che fu fatta nuova per noi, e morì
per dare a noi la vita! Gloria alla tua risurrezione dal sepolcro, affinché
noi possiamo risorgere e salire in alto! Gloria alla tua ascensione in
cielo con la quale tu ci hai preparato la strada verso l'alto, dopo averci
promesso e giurato che saremo seduti alla tua destra e alla tua sinistra,
e saremo giudici insieme a te! Tu sei la Parola del cielo, tu sei la luce
nascosta dell'intelligenza, lo studio del sentiero della verità, colui
che disperde le tenebre e distrugge l'errore!". [81]
Dopo avere detto queste cose l'apostolo andò dalle donne che stavano là,
e disse: "Mio Signore e mio Dio Gesù Cristo, io non dubito di te,
bensì ti invoco giacché in ogni tempo tu ci hai dato aiuto, conforto e
coraggio. Datore della franchezza di parola e della gioia al tuo servo e
apostolo, fa' che queste donne siano guarite, si alzino e tornino a essere
come erano prima che fossero colpite dai demoni". A queste parole, le
donne si volsero in su e si sedettero guarite. Giuda ordinò al generale
di farle accompagnare a casa dai suoi servi e di dare loro da mangiare. Dopo
che esse furono prese e portate via, egli disse agli asini selvatici:
"Seguitemi". Gli andarono dietro ed egli li condusse fuori della
porta; appena usciti, disse loro: "Andate in pace ai vostri
pascoli!". Gli asini selvatici se ne andarono tranquilli, mentre
l'apostolo restava a guardarli, badando che nessuno facesse loro del male,
fino a quando scomparvero dalla vista e non furono più visibili.
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IX Atto
nono: della moglie di Carisio [82]
Ritornato da loro, Giuda, con una grande moltitudine, andò in casa del
generale. Una
donna, di nome Migdonia, parente del re, venne a vedere il nuovo aspetto
del nuovo Dio che era predicato e del nuovo apostolo che era giunto nel
loro paese: sedeva in una lettiga portata dai suoi servi. A motivo della
grande ressa non riuscirono a portarla vicino a lui; lei allora lo mandò
a dire a suo marito il quale inviò degli ufficiali che la precedessero e
tenessero dietro la folla. Appena
l'apostolo vide questo, disse loro: "Perché trattate male questa
gente venuta a sentire la Parola? Perché volete allontanarli con il
desiderio di venire voi qui vicino a me, voi che siete così lontani? A
queste moltitudini che vengono a me nostro Signore dice: "Voi avete
orecchie, ma non udite, avete occhi, ma non vedete"; ed ancora:
"Venite a me, voi tutti che siete stanchi e aggravati, e io vi darò
riposo"". [83]
Encratismo. E rivolto a quegli uomini, disse: "La benedizione
pronunziata all'indirizzo di quelli è caduta su di voi che state
portando; voi, infatti, siete sotto un grave peso mentre lei vi dirige con
il suo comando. Sebbene Dio vi abbia creato uomini, gli uomini vi fanno
portare dei pesi gravi come se foste bestie. Quelli che vi sono superiori
per natali pensano in cuor loro che voi non siate uomini come essi,
ignorano che davanti a Dio tutti gli uomini sono uguali, siano liberi o
schiavi. Giusto è il giudizio di Dio con il quale saranno giudicate tutte
le anime della terra, nessuna esclusa, siano esse schiave o libere, ricche
o povere: quelli che hanno non ne trarranno alcun vantaggio, e quelli che
non hanno non subiranno alcun svantaggio nel giudizio. A noi, infatti, non
fu comandato di fare cose di cui siamo incapaci, né di prendere pesi
gravi, né di edificare edifici, che i carpentieri innalzano per se stessi
con saggezza, né di praticare l'arte di scolpire le pietre dure come,
secondo la loro forza, fanno gli scalpellini, bensì ci fu comandato
qualcosa che possiamo compiere. [84]
Di astenerci: dalla fornicazione, capo di tutti i mali, dall'omicidio in
ragion del quale la maledizione venne su Caino, dal furto che indusse
Giuda Iscariota a impiccarsi, dall'intemperanza che privò Esaù della sua
primogenitura, dalla cupidigia perché chi le è soggetto non considera
quello che fa, dalla vana gloria e dalla calunnia disgregatrice, da ogni
azione cattiva e da atti vergognosi, dal detestabile connubio e
dall'unione impura, ove c'è eterna condanna: questa afferra con forza i
superbi e li getta giù nel sentiero più basso, li pone in suo potere di
modo che non possano distinguere quello che fanno e le loro azioni siano a
essi stessi celate. [85]
Voi, però, ascoltatemi e comportatevi con purezza preferita da Dio al di
sopra di tutti i beni, e con temperanza perché ci mostra il connubio con
Dio e dà la vita eterna. Comportatevi anche con umiltà perché è stata
pesata con ogni altra virtù ed è apparsa pesante sorpassando il peso
delle altre e conquistandosi la corona, con dolcezza stendendo la mano al
povero e provvedendo al bisognoso, ma soprattutto guardate di comportarvi
con purezza; preferita da Dio, essa ci dà accesso alla vita perpetua
essendo al di sopra di tutte le virtù ed è per mezzo suo che si compiono
tutte le buone opere, giacché colui che non è puro è incapace di
compiere qualcosa di buono essendo che tutte le virtù vengono dopo la
purezza. La purezza offre la visione di Dio e distrugge il male, la
purezza piace a Dio ed è per questo che procede da lui, la purezza è un
atleta insuperabile, la purezza è la verità che non vacilla, la purezza
è la torre che non crolla, davanti a Dio la purezza è giudicata degna di
essergli ancella, trovata da molti, la purezza è bellezza, la purezza
distrugge la corruzione, la purezza è messaggera di concordia e
apportatrice di novelle di pace. Chi
possiede la temperanza è libero dalle cure quotidiane, la temperanza non
si cura d'altro che di essere gradita al Signore, la temperanza è
perseverante nella speranza, nell'attesa della liberazione, la temperanza
se ne sta sempre tranquilla perché non compie nulla di cattivo, la
temperanza cerca una vita pacifica: è gioia per tutti quanti la
possiedono ed esalta quelli che le sono familiari. [86]
L'umiltà ha soggiogato la morte e l'ha ridotta in suo potere, l'umiltà
ha conquistato l'inimicizia, l'umiltà è un giogo leggero che non stanca
coloro che lo portano, l'umiltà non teme nulla e non è dura verso
alcuno, l'umiltà è concordia, è pace, è gioia e quiete. Acquistate
la purezza, assimilate la temperanza e tendete verso l'umiltà: giacché
è in queste tre virtù fondamentali che è ritratto il Cristo ch'io
predico. La purezza, infatti, è il tempio di Dio e chiunque la
custodisce, custodisce il suo tempio e Cristo abita in lui. La temperanza
è la quiete di Dio, giacché nostro Signore digiunò quaranta giorni e
quaranta notti senza assaggiare nulla, e Cristo abita in colui che
l'osserva. L'umiltà è una grande forza, perché nostro Signore disse
all'apostolo Simone: "Ritira la tua spada! S'io volessi chiamare la
forza del Padre mio, egli mi invierebbe dodici legioni di
angeli"". [87]
Migdonia e la moglie di Mazdai. Mentre Giuda diceva queste cose, tutta la
folla l'ascoltava premendosi l'un l'altro. E la moglie di Carisio, parente
del re Mazdai, balzò giù dalla lettiga, cadde a terra davanti ai piedi
dell'apostolo e lo supplicò dicendo: "Ti supplico, apostolo del
nuovo Dio venuto dall'abitazione degli uomini in un luogo deserto (noi,
infatti, abitiamo in un deserto perché viviamo come bestie senza parola,
ma ecco che ora siamo addomesticati dalle tue mani), di volgerti anche a
me, di pregare per me affinché ottenga grazia da questo Dio che tu
predichi, possa diventare una sua ancella ed essere unita a voi con la
preghiera, con la speranza e con il ringraziamento, affinché possa
ricevere il segno e divenire anch'io un suo tempio nel quale egli
abiti". [88]
L'apostolo rispose: "Prego e supplico voi fratelli in nostro Signore
e sorelle di Cristo, affinché la parola di Cristo abiti e dimori in voi
tutti poiché a voi è stato dato il potere sulle vostre anime". Prese
poi a dire alla donna: "Migdonia, alzati da terra, pensa a te stessa,
non interessarti dei tuoi ornamenti transitori, né della peritura
bellezza della tua persona, dei tuoi abiti, del tuo nome e della tua
dignità in questo mondo transituro, non degradarti in questo sordido
connubio privandoti dell'amicizia verace. Gli ornamenti, infatti,
periscono, la bellezza si invecchia e muta, gli abiti si sgualciscono, la
potenza passa accompagnata dal castigo, secondo la condotta di ognuno, ed
anche il connubio tramonta con grande disprezzo. Rimane soltanto Gesù,
coloro che sperano in lui, in lui si rifugiano e a lui si affidano". Rivoltosi
poi alla donna, disse: "Va' in pace, e il Signore ti renda degna dei
suoi divini misteri". Lei rispose: "Ho paura che tu mi lasci
partire e poi te ne vada in un altro luogo". L'apostolo la assicurò:
"Gesù non ti abbandonerà, in virtù della sua misericordia".
Inchinatasi, si prostrò davanti a lui, pensando che egli fosse Gesù, e
se ne ritornò a casa contenta. [89]
Carisio, parente del re Mazdai, preso il bagno, era andato a cena
domandando dove mai fosse andata la moglie che, dalla camera, non gli era
andata incontro. Le di lei ancelle gli risposero: "Non si sente di
venire!". Egli entrò, allora, in camera, la vide coricata sul letto
con la faccia coperta e la baciò. Poi
le domandò: "Perché oggi tu sei angustiata e triste?". Lei
rispose: "Sono molto affaticata!". Ed egli: "Perché non
hai rispettato la tua posizione di donna libera, perché non te ne sei
rimasta a casa invece di andare a sentire parole vane e a vedere
sortilegi? Alzati, esci, cena con me, poiché io non posso cenare senza di
te". Migdonia gli rispose: "Scusami se oggi non ceno e non dormo
con te. Sono molto agitata!". [90]
Udito quanto aveva detto Migdonia, Carisio non volle lasciare la camera né
per dormire né per cenare, ordinò ai servi di portargli il vitto per
potere cenare in presenza di lei. Quando fu portato il vitto e posto
davanti a lui, egli le chiese di cenare, ma lei non volle. Allora mangiò
solo lui. Carisio le disse: "Per causa tua, ho rifiutato di fermarmi
a cenare dal mio signore, il re Mazdai, e tu rifiuti di cenare con
me!". Migdonia rispose: "E' perché non mi sento". Poi egli
s'alzò per andare a letto e dormire com'era sua abitudine, ma lei gli
disse: "Non t'ho forse detto che oggi mi debbo scusare, desiderando
dormire sola?". [91]
Udite queste parole, se ne andò a dormire in un altro letto. Svegliatosi
improvvisamente dal sonno, le disse: "Mia signora e sorella Migdonia,
ascolta il sogno che ho visto questa notte. Mi sono visto seduto alla
presenza del mio signore, il re Mazdai, e davanti a noi c'era una tavola.
Vidi un'aquila scendere dal cielo e portare via una coppia di pernici
davanti a me e al re, trasportandole nel suo nido, e ritornare poi
nuovamente a librarsi sopra di noi Il re Mazdai chiese che gli fosse
portato un arco; l'aquila ritornò e portò ancora via davanti un colombo
e una tortora. Allora il re Mazdai le scoccò una freccia che la trapassò
da parte a parte, senza farle alcun male, ed essa se ne andò via al suo
nido. Mi svegliai dal sonno agitato e tormentato a motivo della pernice
che avevo gustato, senza poter proseguire a portarla alla mia bocca mentre
in bocca non mi restava che il gusto". Migdonia
gli rispose: "Il tuo sogno è buono! Tu mangi pernici ogni giorno, ma
l'aquila non ne aveva, forse, mangiato mai fino allora". [92]
Al mattino, Carisio, parente del re Mazdai, s'alzò di buon'ora e,
vestendosi, si infilò la scarpa destra al piede sinistro e disse a
Migdonia: "Ma che è questo? Prima il sogno e poi questa
azione!". Migdonia gli rispose: "Anche questo non è di
malaugurio, ma di buonaugurio; da una cosa di malaugurio deriva qualcosa
di buono!". Lavatesi le mani, andò a salutare il re Mazdai. [93]
Anche Migdonia, moglie di Carisio, s'alzò presto, andò a ossequiare
l'apostolo Giuda e lo trovò seduto in conversazione con il generale e con
una grande moltitudine. Egli diceva loro: "Figli miei, di chi è
moglie la donna che ieri ricevette nostro Signore nel suo cuore e nella
sua anima?". Il generale gli rispose: "E' moglie di Carisio,
parente del re Mazdai. Suo marito è un uomo difficile e in tutto ciò che
dice al re è assecondato. Non permetterà che ella compia quanto ha
promesso, giacché di lei ha detto al re molte cose gentili ed ha pure
affermato che non c'è nessuna come lei. Lei pure gli vuole molto bene e
le cose che tu dici loro sono estranee ad essi" Giuda
replicò: "Se, nella sua anima, nostro Signore è veramente risorto e
se ella ha accolto il seme che in lei è stato seminato, non terrà conto
di questa vita né avrà paura della morte. Anche Carisio non potrà più
farle cosa alcuna né permettere che soffra, giacché colui che lei ha
accolto nella sua anima è più grande, purché lei lo abbia ricevuto, una
volta per sempre, con un amore perfetto". [94]
Udite queste cose, Migdonia disse a Giuda: "Davvero, mio Signore,
attraverso la tua preghiera ho ricevuto il seme vivo della Parola e per
mezzo del mio Signore Gesù produrrò frutti simili al seme?". Giuda
rispose: "Queste nostre anime, che sono tue, ti lodano, o Signore
nostro. Questi nostri spiriti, che sono tuo vero possesso, ti lodano, mio
Signore. Questi nostri corpi, che tu hai reso degne dimore del tuo
spirito, sempre da glorificare, ti lodano, mio Signore". Sull'encratismo.
Rivolto a tutti i presenti, disse l'apostolo: "Beati
i puri, le cui anime non li hanno mai riprovati, perché essi le hanno
acquistate e in loro non alberga alcun dubbio. Beati
gli spiriti dei puri, che hanno ricevuto la corona e dall'agone salgono
verso il premio loro assegnato. Beati
i corpi dei puri, fatti degni templi mondi nei quali dimorerà Cristo. Beati
voi, puri, essendovi concesso di chiedere e di ricevere. Beati
voi, puri, essendo chiamati giudici. Beati
voi, puri, essendovi dato il potere di perdonare i peccati. Beati
voi, puri, giacché non avete distrutto ciò che vi fu affidato, bensì,
con gioia, lo avete portato in alto, insieme a voi. Beati
voi, mansueti, poiché Dio vi ha reso degni di ereditare il regno. Beati
voi, mansueti, avendo vinto il maligno. Beati
voi, mansueti, giacché vedrete il volto del vostro Signore. Beati
voi, temperanti, giacché sarete soddisfatti e godrete delle cose
spirituali che non passano, che non si dissolvono e che sfamano coloro che
di esse si cibano. Beati
voi, temperanti, essendo liberati dal peccato". Mentre
l'apostolo pronunciava queste parole, tutta la moltitudine lo stava ad
ascoltare, e Migdonia, moglie di Carisio, amico del re Mazdai, si
fortificava grandemente nella purezza, nella temperanza e nella
mansuetudine. [95]
Mentre questi si rallegravano tutto il giorno nelle lodi e nella maestà
del Signore, Carisio, amico del re Mazdai, andò a pranzare e non trovò
sua moglie a casa; prese allora a domandare sue notizie ai servi:
"Dov'è andata la vostra padrona?". Uno di essi gli rispose:
"E' andata dallo straniero, e si trova là". Udito ciò dal
servo, si sdegnò contro gli altri servi che non lo avevano informato su
quanto era accaduto. Andò a prendere un bagno, ritornò che era ancora
giorno e, sedutosi, attese Migdonia fino al suo rientro. Fattasi
sera, ella ritornò e appena la vide egli le domandò: "Dove sei
stata fino adesso?". Lei rispose: "Sono andata dal medico".
Egli replicò: "Quel singolare illusionista è un medico?". Lei
rispose: "Sì, è un medico, diverso da tutti gli altri medici.
Questi altri medici, infatti, curano tutti dei corpi che si dissolveranno,
mentre questo medico, con i corpi, cura le anime che non si dissolveranno
mai più". All'udire
ciò, Carisio, parente del re Mazdai, in cuor suo si sdegnò con Migdonia
e con lo straniero, tuttavia non le disse nulla: egli aveva paura di lei,
che gli era di molto superiore sia nella ricchezza che nell'intelligenza;
egli, dunque, se ne andò, entrò nella sala da pranzo e si sedette a
cenare, mentre lei si ritirò nel suo appartamento. Egli disse ai servi di
chiamarla a mangiare con lui, ma lei non volle. [96]
Saputo che lei non voleva uscire, andò da lei e le domandò: "Perché
non vuoi venire a cenare con me? Non vuoi, forse, neppure dormire con me
come d'abitudine? Ho ancora più timore di questo dopo che ho sentito che
quello stregone e imbroglione è molto preoccupato di questo, che un uomo,
cioè, non conviva con la propria moglie, volendo così privarci di ciò
che dà gioia alla natura e fa piacere agli dèi". Mentre
Carisio diceva queste cose, Migdonia se ne stava zitta. Egli allora
proseguì: "Migdonia, sorella mia e amata signora e moglie, non ti
lasciare ingannare da parole oziose e fallaci, né dagli atti magici che,
a quanto ho udito, egli compie in nome del suo dio. Infatti, dal giorno
della creazione del mondo, non si è mai udito che un uomo ridoni la vita
a un morto; eppure, a quanto ho udito, quest'uomo agisce come se ridonasse
la vita ai morti. Quanto poi al fatto che egli non mangia e non beve non
pensare che sia dovuto al suo amore per la giustizia: è perché non ha
nulla. Che cosa può mangiare uno che non ha neppure il pane quotidiano?
Indossa un solo vestito perché non ne ha un altro. Quanto alla
ricompensa, egli non ne accetta da alcuno, sapendo che non guarisce
nessuno". [97]
Quando Carisio diceva queste cose, Migdonia restava zitta come un sasso;
pregava e supplicava che si facesse giorno per poter andare a vedere
l'apostolo di Dio. Egli allora la lasciò e se ne andò mestamente a
cenare. Riteneva che, almeno, avrebbe dormito con lei come d'abitudine; ma
allorché se n'era uscito da lei, ella si inginocchiò e prese a pregare
dicendo: "Mio Signore e mio Dio, Cristo, mio datore di vita, dammi la
forza di vincere la temerarietà di Carisio e concedimi di mantenere la
purezza della quale ti compiaci e per mezzo della quale troverò la vita
eterna". Dopo avere pregato così, si scoprì la faccia e si pose a
giacere. [98]
Dopo avere cenato, Carisio andò da lei e si tolse i vestiti. Ella se ne
accorse e gli disse: "A fianco a me, non c'è più posto per te,
poiché il mio Signore Gesù, al quale mi sono unita, è migliore di te ed
è sempre al mio fianco!". Carisio rise e le rispose: "Tu prendi
bene in giro quello stregone e deridi bene lui che disse: "Se non vi
mantenete puri, non potete vivere davanti a Dio"". Detto
ciò, ebbe l'ardire di porsi a giacere a fianco a lei; ma ella non lo
sopportò e prese a gridare aspramente dicendogli: "Aiutami, Dio
nuovo venuto in India per opera dello straniero! Aiutami, Signore Gesù!
Non mi abbandonare, poiché mi rifugio in te. Ho udito che tu cerchi
coloro che ti conoscono: ecco ch'io ti cerco, ho sentito parlare di te e
ho creduto in te, vieni in mio aiuto, liberami dall'insolenza di Carisio,
non permettere che la sua impurità abbia il sopravvento su di me, non
permettere che egli prenda posto al mio fianco". Poi
ella s'alzò, legò le di lui mani, fuggì dal suo fianco e, strappata la
tenda dalla porta della camera, vi si avvolse; uscita, andò dalla sua
nutrice, e quella notte dormì al suo fianco. [99]
Carisio passò una notte molto triste: batteva una mano contro l'altra,
voleva andare dal re Mazdai per informarlo della violenza che gli era
stata fatta, e pensava: "Se mi presento con la tristezza che sento,
chi mi introdurrà dal re Mazdai? So bene che, se la fortuna non mi avesse
abbandonato e abbattuto dal mio orgoglio, dalla mia grandezza e dall'alta
mia dignità, e precipitato nel disprezzo e nell'umiliazione separandomi
dalla mia diletta Migdonia, anche se il re Mazdai si fosse presentato, a
quest'ora, alla mia porta, io non sarei uscito a rispondergli, ma avrei
atteso il mattino. So che qualunque cosa dica, il re Mazdai mi asseconderà;
gli parlerò, dunque, della stregoneria dello straniero, come abbia agito
violentemente e abbia precipitato in un abisso uno che era in alto; io,
infatti, non sono rattristato per il fatto di essere stato allontanato
dall'unione con Migdonia, bensì sono addolorato per lei, perché la sua
grandezza fu degradata, la sua libertà menomata, umiliato il suo alto
spirito, perché la donna che nessuno dei suoi servi vide mai in collera
fuggì nuda dalla sua camera e non so dove se ne sia andata; sotto
l'influsso della stregoneria dello straniero, forse se n'è andata per la
strada, ma non so con chi, giacché di lei non si sa più nulla". [100]
Prese poi a piangere, dicendo: "Guai a te, per amor tuo, mia vera
consorte della quale ora sono privo! Guai a me, per amor tuo, mia amata e
mia amante, che per me vali più di tutta la mia stirpe! Da te non ho
avuto né un figlio né una figlia con cui potermi ricreare! Non hai
ancora passato con me un anno, ed ecco un occhio maligno ti ha distolto da
me! Se, con la forza, la morte ti avesse strappato da me, mi sarei
annoverato tra i re, tra i prìncipi e tra i nobili, ma non proprio questo
straniero, forse schiavo fuggito dai suoi padroni, venuto qui per essere
la mia sfortuna! Non avrò mai riposo né mi arresterò fino a quando non
l'avrò distrutto, fino a quando non l'avrò castigato e mi sarò
vendicato di lui. Per questa notte non mi mostrerò al re Mazdai, ma se
non mi accontenterà e non castigherà lo straniero, gli parlerò del
generale Sifur, causa della rovina di questa donna. Ecco, infatti, che
egli se ne sta a casa mentre molti entrano ed escono da lui che insegna la
nuova dottrina della purezza, insegna che un uomo non può vivere se non
si separa da tutto ciò che gli appartiene e diventa un asceta, va
mendicando come lui, che cerca di farsi dei seguaci". [101]
Mentre Carisio meditava su queste cose, si fece giorno: si alzò di buon
mattino, si vestì e si mise le scarpe; indossò, tuttavia, ornamenti
dimessi; il suo atteggiamento era oscuro ed egli molto triste. Andò ad
ossequiare il re Mazdai ed appena il re Mazdai lo vide gli domandò:
"Perché sei venuto da me in uno stato così miserabile? Perché è
triste il tuo volto, ed è mutato il tuo atteggiamento?". Carisio
rispose: "Re Mazdai, ho un fatto nuovo da raccontarti e un nuovo
disastro portato in India da Sifur. Un illusionista ebreo abita in casa
sua, non si allontana mai da lui, molti si recano là ove egli insegna
loro il nuovo Dio e inculca nuove leggi che presso di noi non furono mai
udite; dice: "Non potete divenire figli della vita perpetua ch'io
insegno se non vi separate, il marito dalla moglie e la moglie da suo
marito". Ora avvenne che la mia infelice e misera moglie andò a
vederlo e, udendo le sue parole, gli credette: di notte s'alzò e fuggì
dal mio fianco; lei che non poteva sopportare di rimanere lungi da me per
una sola ora, lei che non poteva vivere senza di me! Manda, dunque, a
prendere Sifur e l'illusionista nascosto presso di lui, e castigali;
altrimenti, a motivo delle sue parole, perirà tutta la nostra
gente". [102]
Udite queste cose dal suo parente, il re Mazdai rispose: "Non
rattristarti e non tormentarti! Manderò a prenderlo e lo castigherò, e
tu riavrai tua moglie. Ho reso giustizia ad altri che non potevano
rendersela da soli, tanto più la renderò a te!". Ordinò
che fosse chiamato da lui il generale Sifur. Quelli che andarono a casa
sua, lo trovarono seduto a destra dell'apostolo di Dio, Giuda, mentre
Migdonia sedeva ai suoi piedi e una grande moltitudine lo stava
ascoltando; avvicinato il generale Sifur, gli dissero: "Tu siedi e
ascolti parole vane, mentre il re Mazdai, pieno d'ira, cerca di ucciderti
a motivo di questo stregone e seduttore, che hai introdotto a casa
tua?". Udite
queste parole, il generale rimase angustiato, non perché il re era in
collera con lui, ma perché il re aveva saputo ch'egli andava d'accordo
con l'apostolo Giuda. Sifur disse a Giuda: "Sono angustiato per causa
tua! L'altro giorno ti dissi che quella donna era moglie di Carisio,
parente del re Mazdai, e che egli non avrebbe permesso che ella mantenesse
fede alle promesse, giacché qualunque cosa egli dica al re, è
accontentato". Giuda rispose a Sifur: "Non temere, ma credi in
Gesù, che prende le mie e le tue difese, e quelle di tutti coloro che si
rifugiano in lui e vengono al suo luogo di riunione" A
queste parole, il generale indossò gli abiti e andò dal re Mazdai. [103]
Tomaso in prigione. Giuda domandò a Migdonia per qual motivo suo marito
era irritato contro di lei e progettava tali cose contro di loro. Lei
rispose: "Perché non mi sono data con lui alla corruzione. La notte
scorsa, infatti, egli voleva soggiogarmi e assoggettarmi a ciò che era
solito fare, ma colui al quale mi sono affidata mi ha liberato dalle sue
mani, io fuggii nuda dal suo fianco, me ne andai a dormire dalla mia
nutrice; non so cosa gli sia capitato per ordire queste cose contro di
voi". L'apostolo
le disse: "Figlia mia, queste cose non ci nuocciono! Credi in Gesù
ed egli frenerà le voglie di Carisio, ti libererà dalla corruzione e
dalla lascivia. Egli ti sarà compagno lungo il sentiero pericoloso, ti
sarà guida verso il regno suo e di suo Padre, ti condurrà alla vita
perpetua e ti darà quella sovranità che non passerà e non cambierà
mai". [104]
Quando Sifur fu davanti al re Mazdai, Mazdai gli domandò: "Qual è
la sua storia, donde viene e che cosa insegna quello stregone che trama
contro di te?". Sifur rispose: "Non sa, forse, il mio signore,
ch'io e tutti i miei amici eravamo in grande affanno per mia moglie, che
conosci e che molti hanno in onore, e per mia figlia, per le quali io
reputo un nulla tutto quanto possiedo? La calamità e la prova che le colpì,
e come fossero diventate irrisione e maledizione per tutto il paese? Io,
dunque, sentii parlare di quest'uomo, andai da lui, l'interrogai, lo presi
e lo menai quivi. Mentre camminavo con lui sulla strada vidi miracoli
strepitosi; molti sono coloro che hanno visto e udito quanto disse un
asino selvatico e ciò che un demone affermò di lui. Egli guarì mia
moglie e mia figlia, ed ecco che ora stanno bene, senza accettare
ricompensa alcuna ad eccezione della fede e della purezza affinché
possano essere partecipi di quanto egli compie. Egli insegna: "Temete
un solo Dio, Signore di tutto, e Gesù Cristo, suo Figlio, e vivrete per
sempre". Da una sera all'altra, non mangia altro che pane e sale, e
beve acqua; prega molto e Dio gli concede tutto quello che egli chiede;
egli rallegra anche noi, asserendo che il suo Dio è santo, buono,
misericordioso, benevolo, datore di vita, e che quindi coloro che credono
in lui, gli si devono accostare con mondezza, con purezza e con
amore". [105]
Udite tali cose da Sifur, il re Mazdai mandò alla casa del generale Sifur
dei soldati che erano alla sua presenza affinché prendessero Giuda Tomaso
e quelli che avrebbero trovato con lui. Questi, entrati, lo trovarono
seduto che insegnava a una grande folla mentre Migdonia era seduta ai suoi
piedi. Vista la folla che lo circondava, ne furono impauriti e se ne
ritornarono dal re Mazdai per dirgli: "Non osammo dirgli nulla perché
era con lui una grande folla, ed anche Migdonia se ne stava seduta ai suoi
piedi ascoltando le sue parole". Mazdai e Carisio udirono queste
cose. Allora
Carisio balzò dalla presenza del re Mazdai, prese con sé dei soldati e
disse: "Andrò a prendere lui ed anche Migdonia, alla quale egli ha
fatto perdere la testa". E si precipitò in casa del generale Sifur
ed entrato trovò Giuda seduto che stava insegnando. Al suo ingresso egli
vide Giuda ma non trovò Migdonia, che era tornata a casa sapendo che
avrebbero riferito a suo marito che l'avevano vista là. [106]
Carisio disse a Giuda: "Alzati malvagio, corruttore, nemico! Che cosa
mi può fare la tua stregoneria? Le tue stregonerie le farò ricadere sul
tuo capo". Dopo
che egli pronunciò queste parole, Giuda lo guardò e gli disse: "Le
tue minacce ricadranno su di te. Tu, infatti, non mi puoi nuocere per
nulla, poiché è con me il mio signore Gesù Cristo; in lui io mi rifugio
ed egli è più forte di te, del tuo re e di tutti gli eserciti".
Carisio prese il turbante di uno dei suoi servi e lo gettò attorno al
collo dell'apostolo, e disse: "Trascinatelo via! Vediamo un po' se
Gesù lo libererà dalle mie mani!". Fu trascinato via e condotto
fino al re Mazdai. Quando
Giuda fu davanti al re Mazdai, questi gli domandò: "Narrami la tua
storia e in potere di chi tu compi queste opere". Giuda rimase zitto
e non diede alcuna risposta Allora il re Mazdai ordinò ai soldati che gli
dessero centocinquanta frustate e che lo portassero legato in prigione:
essi lo legarono e lo condussero via. Partito ed entrato in prigione,
Mazdai e Carisio progettavano la maniera di ucciderlo, giacché tutto il
popolo lo venerava come un dio. Si preoccuparono di fare sapere ovunque:
"Ha vilipeso il re ed è uno stregone". [107]
Ma, entrando in prigione, Giuda era allegro e contento, e diceva:
"Grazie, Signore Gesù Cristo, di avermi reputato degno non soltanto
di credere in te, ma anche di sopportare molte cose per amor tuo!".
Ed aggiunse: "Ti ringrazio, mio Signore, di avermi ritenuto degno di
queste cose! Ti ringrazio, mio Signore, perché la tua provvidenza ha
vigilato su di me e tu mi hai giudicato degno di sopportare molti mali per
amor tuo! Ti ringrazio, mio Signore, perché per amor tuo sono stato un
recluso, un asceta, un povero, un girovago mendicante! Possa io, dunque,
partecipare alla beatitudine del povero, alla pace dell'afflitto, alla
beatitudine di quelli che sono odiati dagli uomini, perseguitati e
vilipesi, di coloro ai quali sono dette parole odiose. Ecco che per amor
tuo sono odiato ed evitato da molti; per amor tuo, dicono di me ciò ch'io
ignoro". [108]
Tutti quelli che erano in prigione, vedendolo pregare, lo supplicarono di
pregare anche per essi. Dopo aver pregato, Giuda, si sedette e prese a
cantare quest'inno. Inno
della perla dell'apostolo Giuda nel paese degli Indiani 1
Quand'ero un piccolo fanciullo dimoravo
nel mio regno, nella
casa di mio padre 2
lieto della ricchezza e del fasto dei
miei nutritori. 3
Dall'Oriente, nostra casa, i
miei genitori mi equipaggiarono e
mi mandarono, 4
dalla ricchezza del nostro tesoro attinsero
abbondantemente allestendomi
un carico 5
grande, ma leggero, ch'io
stesso potevo portare: 6
oro di BethÄEllaye e
argento della grande Gazak 7
rubini d'India e
agate di BethÄCashan, 8
mi provvidero di diamante che
può frantumare il ferro. 9
Mi tolsero la veste scintillante che
nel loro amore mi avevano fatto 10
e la toga porpurea, misurata
e tessuta sulla mia statura. 11
Fecero con me un contratto e
lo scrissero nel mio cuore affinché
non fosse dimenticato: 12
"Se tu discenderai in Egitto e
porterai la perla 13
che è in mezzo al mare attorno
al serpente sibilante, 14
tu indosserai la tua veste scintillante e
la tua toga di cui ti allieti 15
e con tuo fratello, il più vicino alla nostra autorità, sarai
erede del nostro regno". [109]
16 Io lasciai l'Oriente e discesi, accompagnato
da due custodi, 17
lungo la strada pericolosa e difficile ed
io ero molto giovane per percorrerla. 18
Attraversai le frontiere di Maishan punto
d'incontro dei commercianti dell'Oriente, 19
raggiunsi la terra di Babel e
attraversai le mura di Sarbug, 20
discesi in Egitto e
i miei compagni si allontanarono da me. 21
Andai diritto dal serpente e
mi fermai presso la sua dimora 22
nell'attesa che si appisolasse e dormisse per
portargli via la perla. 23
Allorché fui unico e solo, divenni
estraneo alla mia famiglia, 24
vidi laggiù un orientale, uno
della mia stirpe, un uomo libero, 25
un giovane gentile e amabile figlio
di venditori d'olio; 26
mi si avvicinò, si unì a me, ed
io ne feci il mio intimo amico, un collega, 27
con il quale spartire la mia merce. 28
Lo misi in guardia contro gli Egiziani, contro
quanti sono in comunione con l'impuro; 29
indossai le loro vesti affinché
non mi avessero in avversione 30
essendo giunto dall'estero per
prendere la perla e
aizzare il serpente contro di me. 31
Ma in un modo o in un altro essi
si accorsero ch'io non ero un loro compatriota, 32
dimorarono con me slealmente e
mi diedero a mangiare il loro cibo. 33
Io dimenticai che ero figlio di re, e
fui al servizio del loro re. 34
Dimenticai la perla per
la quale ero stato inviato dai miei genitori 35
e a motivo del peso delle loro oppressioni giacqui
in un sonno profondo. [110]
36 Ma di tutte queste cose che mi accaddero si
accorsero i miei genitori ed
erano afflitti per me. 37
Nel nostro regno fu fatto un proclama affinché
tutti venissero alla nostra porta 38
re e prìncipi dei Parti e
tutti i dignitari dell'Oriente. 39
In mio favore scrissero un piano affinché
non fossi lasciato in Egitto. 40
Mi scrissero una lettera ed
ogni dignitario la sottoscrisse: 41
"Da tuo padre, re dei re, e
da tua madre, signora dell'Oriente, 42
da tuo fratello, nostro secondo, a
te nostro figlio, che sei in Egitto, salute! 43
Su, alzati, dal tuo sonno e
ascolta le parole della nostra lettera! 44
Ricordati che sei figlio di re! Considera
la schiavitù a cui sei sottoposto! 45
Ricordati della perla, per
la quale tu fosti inviato in Egitto! 46
Pensa alla tua veste e
ricordati della tua magnifica toga 47
che porterai e che ti adornerà. Il
tuo nome fu letto nella lista degli eroi 48
e con tuo fratello, nostro vicer‚, tu
sarai nel nostro regno!". [111]
49 La mia lettera è una lettera che
il re ha sigillato con la sua destra 50
per custodirla dai malvagi, dai figli di Babel, e
dai selvaggi demoni di Sarbug. 51
Essa volò nelle sembianze di un'aquila, re
di tutti gli uccelli, 52
volò e si affiancò a me e
divenne tutto un discorso. 53
Alla sua voce e al suono del suo rumore io
partii e mi destai dal sonno. 54
La afferrai e la baciai e
presi a leggerla: 55
conformi a quanto è segnato in cuor mio erano
le parole della mia lettera. 56
Mi ricordai che i miei genitori erano re e
la nobiltà dei miei natali affermò la sua natura. 57
Mi ricordai della perla, per
la quale ero stato mandato in Egitto, 58
e incominciai a incantare il
terribile serpente sibilante. 59
Lo costrinsi a dormire e lo cullai nel suo assopimento pronunciando
su di lui il nome di mio padre 60
e il nome del nostro secondo e
quello di mia madre, regina dell'Oriente. 61
Afferrai la perla e mi volsi per
ritornare a casa di mio padre. 62
Mi tolsi la loro sordida e immonda veste e
la lasciai nel loro paese, 63
e subito ripresi la via del ritorno verso
la luce di casa nostra, l'Oriente. 64
La mia lettera, la mia destatrice, trovai
davanti a me sul cammino 65
e come essa mi destò con la sua voce così
la sua luce mi guidava. 66
Essa che abita nel palazzo con
la sua forma irradiò la sua luce davanti a me, 67
con la sua voce e con la sua guida mi
spinse ad accelerare il passo, 68
e con il suo amore mi sospinse. 69
Procedendo, passai da Sarbug, lasciai
Babel sulla sinistra 70
giunsi alla grande Maishan, porto
dei commercianti, 71
posta in riva al mare. 72
L'abito splendido che mi ero tolto e
la toga che era avvolta con esso 73
da Ramtha e Rekem i
miei genitori mi mandarono 74
per mezzo dei loro tesorieri che
per la loro fedeltà potevano godere di
una tale fiducia. [112]
75 Io più non ricordavo il suo modello avendo
fin dall'infanzia abbandonato la casa di
mio padre, 76
ma subito, non appena lo ricevetti, mi
parve che l'abito fosse
diventato uno specchio di me stesso. 77
L'osservai molto bene e
con esso io ricevetti tutto 78
giacché noi due eravamo distinti e
tuttavia avevamo un'unica sembianza. 79
Anche i tesorieri, che lo portarono, io
vidi allo stesso modo: 80
erano due, ma in un'unica sembianza poiché
lo stesso segno del re su
di loro era tracciato 81
dalle mani di colui che per mezzo di loro mi
restituì la fiducia e la ricchezza, 82
la mia veste ricamata, adorna
di splendidi colori, 83
di oro e berilli, di rubini e agate, 84
di sardonici dai colori diversi. A
casa sua su, in alto, fu
abilmente lavorata 85
con fermagli di diamante erano
unite tutte le giunture, 86
l'immagine del re dei re era
interamente ricamata e dipinta su di essa, 87
e come pietre di zaffiro rilucevano
le sue tinte. [113]
88 Vidi che in tutto il suo essere pulsavano
i moti della conoscenza 89
e che si preparava a parlare, 90
udii il suono degli accenti che
egli bisbigliava con se stesso: 91
"Io sono colui che è operoso nelle azioni quando
mi educavano presso il padre 92
io mi compresi e percepii che la mia statura cresceva
in proporzione del suo lavoro". 93
Con i suoi movimenti regali si
versò tutto in me 94
e sulle mani dei suoi dispensatori si
affrettò affinché lo prendessi. 95
L'amore mi spingeva a correre, ad
andargli incontro e accoglierlo, 96
mi protesi in avanti e lo presi. Mi
adornai con la bellezza dei suoi colori 97
e mi avvolsi interamente nella mia toga, dalle
tinte sgargianti, 98
l'indossai e mi recai su alla porta. 99
Chinai il capo e adorai la maestà del
padre mio che mi aveva mandato: 100
io avevo adempiuto i suoi comandamenti ed
egli mantenne quanto aveva promesso 101
alla sua porta mi
associai con i suoi prìncipi: 102
egli si rallegrò di me e mi accolse ed
io fui con lui, nel suo regno, 103
mentre lo lodava la
voce di tutti i suoi servi. 104
Promise che anche alla porta del
re dei re sarei andato con lui 105
con la mia offerta e con la perla mi
sarei, con lui, presentato al nostro re. L'inno
dell'apostolo Giuda Tomaso, pronunciato quand'era in prigione, è
terminato. [114]
Mutamento di Migdonia. Carisio, marito di Migdonia, ritornò a casa
contento perché pensava in cuor suo che d'ora in avanti sua moglie
sarebbe stata con lui come prima che udisse la parola di Giuda e credesse
in nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Quando Carisio giunse, trovò
la moglie seduta, lo sguardo rivolto a terra, le vesti strappate; a motivo
di Giuda era divenuta come una pazza. Egli le domandò "Migdonia, che
è questa malata follia che si è impossessata di te? Perché hai fatto
tali cose? Io sono Carisio, lo sposo della tua giovinezza. Io sono colui
che per gli dèi e per la legge ha potere su di te. Perché ti sei
comportata come una pazza? Perché sei diventata oggetto di scherno per
l'intero paese? Da questo momento togliti dalla mente il pensiero di quel
mago! Sto infatti per togliere la sua presenza di sotto ai tuoi occhi, di
modo che non lo veda mai più". [115]
Udite tali cose da Carisio, suo sposo, lei rimase amaramente triste e
afflitta. Ma egli proseguì ancora: "Che delitto hai tu commesso
contro gli dèi che ti lasciarono precipitare in questa sventura? Che
peccato hai tu contratto davanti ad essi che ti hanno condotto a questa
umiliazione e degradazione? Ti prego, Migdonia, la tua vista non torturi
più la mia anima, non affliggere oltre il mio cuore con l'affanno per te.
Io sono Carisio, lo sposo della tua giovinezza, sono il tuo vero sposo,
onorato e temuto da tutto il paese. Non so che cosa debbo fare, non so
come mi devo comportare, né che cosa escogitare. In
cuor mio ricorderò la tua bellezza e tacerò. Dovrò pensare alla tua
casta condotta e non dire nulla? E chi è colui che si lascia privare di
un così divino ed eccellente tesoro? Posso forse sopportare la perdita
delle tue amabili bellezze, che furono sempre con me? La
tua dolce fragranza è tuttora nelle mie narici, il tuo bel colorito è
tuttora davanti ai miei occhi! Anima mia, che mi vogliono sottrarre! Mio
occhio splendente con il quale io vedo, che mi vogliono cavare e portare
via! Mio corpo gentile, del quel ero fiero, che essi maltrattano e
vogliono portarmi via! Mio braccio destro, che vogliono amputarmi! Mia
bellezza che viene distrutta! Mio conforto, con il quale essi mi
tormentano! Mia gioia che viene mutata in tristezza! Mia pace, che mi è
diventata afflizione! Mia vita, che si è mutata in morte! Mia luce che si
è tinta di tenebre! I
membri del mio grande casato non mi rivedranno più, in questa tristezza;
infatti, da loro non ebbi aiuto alcuno! I miei nobili amici non mi
rivedranno più, non avendo saputo liberarmi da questa tristezza! Non
adorerò più gli dèi dell'Oriente, che mi hanno condotto in queste
sventure; non li pregherò più, non offrirò più sacrifici, non
presenterò loro più alcun dono, poiché sono stato privato di questa mia
unione verace! Che preghiera potrei io innalzare ancora a loro? Che cosa
supplicare da loro, che cosa chiedere a coloro che mi hanno privato di ciò
che m'era più caro d'ogni altra cosa ch'io possedevo in questo mondo e
che mi rendeva contento? Ho più ricchezze di quanto mi serve, e
possessioni ch'io non so calcolare. Sono stato fatto principe e sono stato
nominato sostituto del re; molti sono quelli che mi temono e molti quelli
che sono sotto il mio potere. Oh,
se qualcuno mi privasse di tutte queste mie glorie e delle mie ricchezze,
purché mi desse un'ora dei tuoi anni passati Migdonia! Oh, se qualcuno mi
accecasse un occhio, purché i tuoi occhi si posassero su di me come una
volta! Oh, se qualcuno mi amputasse il braccio destro, purché io ti
potessi abbracciare con il sinistro!". [116]
Mentre Carisio, piangendo, diceva queste cose, Migdonia sedeva muta e
sorda come un sasso, senza guardarlo, e rivolta a terra. Egli
le si avvicinò e le disse: "Figlia mia, mia diletta Migdonia,
ricorda che tu mi piacesti più di tutte le donne dell'India, ch'io ti
scelsi quando avrei potuto prenderne tante altre di classe più elevata
della tua. Veramente, non mento, Migdonia, no! Per me in tutta l'India non
c'è una donna come te. Quale bellezza e quale ornamento, quale eleganza e
quali nobili qualità io perdo! Guai a me e al mondo, giacché io non ti
vedrò parlare mai più. Sebbene egli mi abbia ingiuriato, ti supplico di
alzare i tuoi occhi e di guardarmi, poiché io sono molto migliore di quel
mago, e più bello di lui; ho ricchezze e onori, ed ognuno sa che nessuno
ha una stirpe come la mia. Tu, però, sei per me più preziosa della mia
stirpe e di tutto quanto ho; ed ecco che vogliono sottrarti a me". [117]
Allorché Carisio terminò di dire queste cose, Migdonia gli disse:
"Carisio, colui ch'io amo è superiore a tutto ciò che tu possiedi e
a tutto quello che tu hai. Tutto quello che tu hai è della terra e resta
sulla terra, mentre colui ch'io amo è in cielo, e mi prenderà in cielo
con lui. Infatti, la tua ricchezza passa, la tua bellezza svanisce, i tuoi
abiti si invecchiano, si logorano e periscono, e tu sei lasciato solo con
i tuoi peccati e le tue mancanze. Se tu non ti liberi di loro, essi ti
seguiranno. Non ricordarmi le tue passate azioni con me, per le quali io
supplico il mio Signore affinché le cancelli. Non ricordarmi gli impuri e
immondi piaceri e le tue azioni carnali, dalle quali prego di poter essere
liberata dall'amore del mio Signore. Ho dimenticato tutte le tue pratiche
e familiarità, il tuo agire è giunto alla fine. Il mio Signore e
salvatore Gesù dimora per sempre con quelle anime che si sono rifugiate
in lui. Colui nel quale mi sono rifugiata e nel quale ho creduto, mi
salverà e mi libererà da tutte le azioni vergognose ch'io ero solita
compiere con te quando non ero credente". Udite
tali cose, Carisio, rattristato, andò a coricarsi per dormire, dopo
averle detto: "Rifletti e medita su questo nel tuo animo per tutta la
notte. Se tu vorrai restare con me come prima che tu incontrassi questo
mago, ti asseconderò in tutto ciò che tu vuoi. Se tu lo desideri, per
l'amore che avesti per lui, io lo trarrò fuori, lo lascerò libero ed
egli se ne andrà in un altro paese; non ti arrecherò noia alcuna ben
sapendo che egli ti sta molto a cuore. Questa storia non principiò con
te, lo stesso essendo accaduto a molte donne; ma, al fine, queste sono
rinsavite, compresero quanto era loro capitato, ritornarono in se stesse
salvandosi così dall'insulto e dal disprezzo. Non ritenere, dunque, che
quanto ti ho detto sia cosa di poco conto, non pensare che siano cose che
non ti interessano. Non fare sì ch'io diventi in India oggetto di
disprezzo, uno zimbello, una favola". [118]
Quando ebbe terminato di dire queste cose, se ne andò a dormire.
Migdonia, invece, senza essere scorta da alcuno, prese venti zuze e andò
alla prigione per darle ai custodi dei prigionieri affinché le
permettessero di recarsi da Giuda. Lei
se ne stava andando, quando incontrò Giuda che veniva da lei; appena lo
vide, lei si spaventò ritenendo che fosse uno dei nobili a causa della
grande luce che da lui promanava. Lei disse: "Guai a te, anima debole
in procinto di morire. Mai più vedrò Giuda, apostolo di Gesù, Dio vivo,
poiché non ho ancora ricevuto da lui il segno del Battesimo". Poi
lei fuggì e andò su di un'altra strada, dicendo: "Meglio per me
ch'io sia presa da gente povera perché potrò convincerla a lasciarmi
andare e non mi prenda quest'uomo grande che da me non accetta alcun
donativo!". X Atto
decimo: Migdonia riceve il battesimo [119]
Migdonia stava meditando su queste cose, allorché giunse Giuda entrando
dall'ingresso posteriore. Lei rimase spaventata e, dal timore, cadde a
terra. Egli le si avvicinò e le disse: "Non temere, Migdonia! Gesù
Cristo non ti lascerà, il tuo Signore al quale tu hai affidato l'anima
tua, non ti abbandonerà; il benevolo, la cui grazia è grande, non ti
lascerà! Il benigno, in forza della sua bontà, non ti abbandonerà! Il
buono, in forza della sua bontà, non ti lascerà e il grande, in forza
della sua grandezza, non ti abbandonerà! Alzati
dalla terra sulla quale una volta stavi. Guarda alla luce del tuo Signore
il quale non permetterà che coloro che lo amano camminino nelle tenebre!
Osserva il compagno dei suoi servi, ai quali egli è luce nelle tenebre!
Osserva l'aiuto dei suoi servi, ai quali egli è soccorritore nelle
afflizioni". Migdonia
si levò e, guardandolo, gli disse: "Dove vai, mio signore? Chi ti
permise di uscire dalla prigione per vedere il sole?". Giuda le
rispose: "Nostro Signore Gesù Cristo è più forte di tutte le
potenze, dei re e dei governanti: egli aprì le porte, cullò e addormentò
i guardiani". [120]
Migdonia gli disse: "Dammi il segno di Gesù Cristo e concedimi di
ricevere il suo dono dalle tue mani, prima che tu te ne parta da questo
mondo". Presolo
con sé, andò a casa, destò la sua nutrice e le disse: "Narchia,
mia madre e nutrice, quello che hai fatto per aiutarmi, e la gentilezza
che hai avuto verso di me, dalla mia infanzia fino ad ora, è stato tutto
invano e per esso ti accordo una effimera riconoscenza. Fammi invece un
piacere che resta per sempre e sarai ricompensata da colui che ai suoi dà
tutto e ai quali la sfortuna non può togliere nulla". Narchia
le domandò: "Che desideri, sorella mia, Migdonia? In che cosa ti
posso accontentare? Tutti gli onori che mi promettesti, quello straniero
non ti ha permesso di concedermeli e tu mi hai disonorato di fronte al
paese. E ora che vuoi tu ancora da me?". Lei rispose: "Partecipa
con me alla vita perpetua e riceverò da te un'educazione perfetta.
Prendimi segretamente una pagnotta, portami una miscela di vino e abbi
pietà di me che sono nata libera". Narchia le rispose: "Ti
prenderò pane in quantità e molti bottiglioni di vino, e farò così
quanto desideri". Migdonia le disse: "No ho alcun bisogno di
molti bottiglioni ma solo di una miscela in una coppa, di un'intera
pagnotta, di un po' di olio e, se c'è, di una lampada". [121]
Dopo che Narchia ebbe portato queste cose, Migdonia si scoprì il capo e
si pose davanti al santo apostolo. Egli, allora, prese l'olio e si accinse
a versarlo sul suo capo, dicendo: "Olio santo, datoci per l'unzione,
nascosto mistero della croce, che attraverso di lui è reso visibile, tu
che rafforzi le membra malate, tu Signore nostro Gesù vita, salute e
remissione dei peccati, manda la tua potenza affinché dimori in questo
olio e fa' che la tua santità abiti in esso!". Versando l'olio sul
capo di Migdonia, disse: "Guariscila dalle sue ferite del passato,
lava le sue piaghe, fortifica la sua debolezza!". Versato
l'olio sul di lei capo, ordinò alla nutrice di ungerla e di cingerle i
fianchi con un abito, mentre Giuda, afferrata la bacinella della loro
fontana, salì e battezzò Migdonia nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito santo. Dopo che fu battezzata e che si rivestì delle sue vesti,
egli prese e spezzò l'Eucaristia, riempì la coppa e fece partecipare
Migdonia alla mensa del Messia e alla coppa del Figlio di Dio. Poi
le disse: "Ora tu hai ricevuto il segno e ti sei conquistata la vita
per sempre!". S'udì, allora, una voce dal cielo che disse: "Sì,
amen, amen!". Allorché
udì questa voce, Narchia fu atterrita e supplicò anche lei l'apostolo di
potere ricevere il segno. Egli glielo diede e le disse: "La grazia di
Gesù sia con te e con le altre tue compagne!". Ritornò
poi a chiudersi in prigione: trovò le porte aperte e i guardiani
addormentati. [122]
Giuda esclamò: "Chi mai è come te, Dio, che non rifiuti all'uomo il
tuo amore e la tua bontà? Chi è come te nella bontà e nella grazia,
eccetto tuo Padre, per il quale tu hai liberato il mondo dalla miseria e
dall'errore? Amore che vinse la concupiscenza, verità che distrusse la
menzogna! Tu sei amabile e in te non c'è nulla di brutto, tu sei l'umile
che buttò giù la superbia, tu sei il vivente che distrusse la morte, tu
sei il pacifico che ha posto fine alla fatica! Gloria all'unigenito del
Padre, gloria alla bontà inviata per mezzo della bontà, gloria alla tua
bontà che riposa su di noi!". Terminato
che ebbe di dire queste cose, le guardie si svegliarono, trovarono tutte
le porte aperte, ma i prigionieri erano addormentati; allora esclamarono:
"Abbiamo dimenticato queste porte e non le abbiamo chiuse. Se avesse
fatto ciò un nemico, qui non ci sarebbe rimasto più alcuno". [123]
Di buon mattino, Carisio si recò da Migdonia e dalla sua nutrice e le
trovò che pregavano così: "Dio nuovo, che sei venuto qui per opera
di uno straniero; Dio santo, che sei nascosto a tutta la stirpe degli
Indiani; Dio, che ci hai mostrato la tua gloria per opera del tuo apostolo
Tomaso; Dio, al quale noi siamo accorsi, avendo compreso che in te c'è la
vita e che ce la puoi dare; Dio, che hai raggiunto la nostra piccolezza, a
motivo della tua misericordia e della tua grazia; Dio, che ci hai cercato
quando noi non ti conoscevamo; Dio, che sei in alto ma al quale nulla è
nascosto di quanto si trova nelle profondità; tu, Signore, tieni lungi da
noi la ferocia di Carisio, arresta la sua bocca bugiarda e gettalo ai
piedi dei tuoi credenti!". A
queste parole, Carisio disse a Migdonia: "Ben mi hai chiamato
cattivo, feroce, detestabile e amaro, giacché se io non ti avessi
sopportato, non sarebbe piombata su di me questa cattiveria e amarezza e
tu non staresti invocando contro di me la stregoneria di quell'uomo. Che
hai, dunque, deciso, Migdonia? Che vuoi ch'io faccia per te? Credimi,
Migdonia, non c'è nulla di bene in quello stregone ed egli non può fare
nulla di quanto ha promesso. Io, invece, ti mostro davanti agli occhi
tutto ciò che ti dico perché tu acconsenta a prestarmi fede, ad
ascoltare le mie parole e a restare con me come tu eri prima". [124]
Le si avvicinò nuovamente per supplicarla: "Se tu mi acconsentirai,
io non proverò più alcuna pena. Ricorda, sorella mia, il giorno del
matrimonio, il primo giorno nel quale tu mi hai accolto come sposo, e
dimmi ora schiettamente che cosa ti è più caro, io a quell'epoca o Gesù
adesso?". Migdonia
gli rispose: "Carisio, quell'epoca ha avuto quanto le spettava, ed
ora è passata. Il presente vuole anch'esso quanto gli spetta. Quella era
l'epoca iniziale della vita temporale, transeunte, questo è il tempo
della vita perpetua. Quella era l'epoca della gioia transitoria, questo è
il tempo della gioia eterna, intramontabile. Quella era l'epoca del giorno
e della notte, questo è il tempo del giorno senza notte. Tu hai visto
come la festa nuziale sia passata e scomparsa, ma la presente festa
nuziale non passerà mai più. Quella era la festa nuziale della
corruzione, questa è la festa nuziale della vita perpetua Quei paraninfi
erano uomini e donne transeunti, questi sono uomini e donne che rimangono
per sempre. Quell'unione era basata sulla terra, ove c'è una mischia
continua, questa è basata sul ponte di fuoco irrorato dalla grazia.
Quella camera nuziale fu abbattuta, questa camera nuziale dura per sempre.
Quel letto era ricoperto con stoffe preziose che invecchiano questo letto
è ricoperto con l'amore, con la fede e con la verità. Tu sei uno sposo
transitorio e mutevole, Gesù è il vero sposo che dura sempre, non muore
mai e non è soggetto a corruzione Quella dote consisteva in denari e
vestiti, cose che invecchiano e passano, questa dote consta di parole vive
che non passano mai". [125]
Dopo aver udito queste cose, Carisio andò a riferirle al re Mazdai. Il re
gli rispose: "Prendiamolo ed eliminiamolo!". Ma Carisio gli
disse: "Abbi ancora un po' di pazienza verso di lui! Fallo uscire
dalla prigione, parlagli, minaccialo; forse egli se ne andrà e convincerà
Migdonia a comportarsi con me come prima". Il
re Mazdai allora mandò a prendere Giuda Tomaso, apostolo dell'Altissimo.
Tutti i prigionieri restarono addolorati per la partenza da loro
dell'apostolo Giuda e, desiderandolo, dicevano: "Ci hanno privato
della gioia che avevamo!". [126]
Il re Mazdai domandò a Giuda: "Perché insegni tu una dottrina
detestata dagli dèi e dagli uomini e nella quale non c'è nulla di
buono?". Giuda rispose: "Che cosa insegno io di male?".
Mazdai replicò: "Dici che gli uomini non possono vivere per Dio se
non conservandosi puri per il Dio che tu predichi". Giuda
gli confessò: "Veramente insegno proprio così e insegnando questo
non mento! Forse che tu non ti irriti se i tuoi servi ti si presentano con
uniformi volgari, oppure sozzi e sporchi? Tu che sei un re terrestre e
perisci con la terra, esigi dai tuoi servi decenza e mondezza, perché ti
sdegni e affermi che parlo male quando insegno che i servi del mio re lo
devono servire con santità, con purezza e con temperanza, liberi da ogni
dolore, da ogni sollecitudine, liberi dal pesante fardello dei figli e
delle figlie, dalla grande sollecitudine per le ricchezze, liberi dal
tormento e dall'inane vanità degli averi? Tu vuoi che quanti ti servono e
obbediscono si comportino come tu desideri, e fai punire colui che
trasgredisce uno dei tuoi comandamenti, ma tanto più è doveroso che noi,
che crediamo nel nome di questo mio Dio, lo serviamo con purezza, con
santità, con temperanza, con castità, con modestia e che siano alieni da
noi tutti questi piaceri corporali: l'adulterio, il furto, l'ubriachezza,
la sregolatezza, il servizio del ventre, gli atti vergognosi e le azioni
turpi!". [127]
Udite queste cose, Mazdai disse a Giuda: "Ti lascio libero! Va' da
Migdonia, moglie di Carisio, e persuadila a non abbandonarlo". Ma
Giuda gli rispose: "Se tu mi vuoi fare qualcosa, non indugiare! Se
lei, infatti, ha realmente ricevuto quanto ha udito, né il ferro né il
fuoco né alcun altro male peggiore di questi le potrà nuocere o
separarla da colui che ha preso possesso della sua anima". Il
re Mazdai replicò a Giuda: "Ho sentito che gli stregoni possono
sciogliere gli incantesimi e che la puntura di una vipera può essere
guarita con un antidoto preso da un'altra creatura peggiore della vipera.
Perciò se ritieni di potere sciogliere i tuoi precedenti incantesimi e
stabilire la pace e la concordia tra il marito e sua moglie, avrai anche
pietà di te stesso; tu, infatti, non sei ancora sazio di vivere. Sappi
che se tu non la convinci, io ti toglierò questa vita, cara a tutti gli
uomini". Giuda gli rispose: "Questa vita non è che un prestito,
il tempo presente passa e muta, la bellezza e la giovinezza che ora sono
palesi, di qui a un poco non mi apparterranno più". Il re Mazdai
insistette: "Ti ho consigliato quanto ti è vantaggioso; tu però lo
sai meglio di me!". [128]
Allontanatosi dalla presenza del re Mazdai, Giuda Tomaso fu avvicinato da
Carisio che gli disse: "Non ho mai compiuto nulla di male né verso
gli dèi né verso gli uomini; ti domando, dunque, perché tu mi hai
tirato addosso questa calamità? Perché hai tu portato in casa mia questo
disastro? Che vantaggio ritrai tu da questo? Dimmi ciò che vuoi e te lo
darò senza indugio. Perché mi fai un torto, quando sai che non puoi
sfuggire dalle mie mani? Sappi che se tu non la convinci, eliminerò da
questa vita sia tu che lei e, infine, toglierò anche me stesso da questo
mondo. Se, come tu affermi, c'è una vita e una morte, una condanna e una
vittoria, un giudizio e una ricompensa, io mi presenterò in giudizio con
te; e se il Dio che tu predichi è giusto e infligge i castighi in modo
giusto, io sarò ricompensato: io, infatti, non ti ho fatto alcun male,
mentre tu mi hai rattristato; io non ho peccato contro di te, mentre tu
hai peccato contro di me. Ma anche quaggiù posso vendicarmi su di te
agendo verso di te come tu hai agito verso di me. Ascoltami, dunque, vieni
a casa mia con me, parla a Migdonia e convincila ad essere con me come era
prima che vedesse il tuo volto". Giuda
lo seguì sorridendo e gli disse: "Se gli uomini amassero Dio come
amano i loro simili, sarebbe loro dato tutto ciò che chiedono e ogni cosa
sarebbe loro ossequiente". [129]
Detto ciò, Giuda entrò in casa di Carisio. Migdonia era seduta e di
fronte a lei c'era Narchia; aveva tra le mani le sue guance e diceva alla
sua nutrice: "Passino veloci i giorni, madre mia, si riducano a una
sola le ore, possa io partire da questo mondo e andare a contemplare colui
che è bello del quale ho udito parlare, il vivente e datore di vita a
coloro che credono in lui, là ove non c'è né la notte né il giorno,
ove non sono tenebre ma solo luce, ove non c'è né il bene né il male, né
il ricco né il povero, né il maschio né la femmina, né gli schiavi né
i liberi, ove non sono gli orgogliosi che spadroneggiano sugli umili". Giuda
entrò mentre lei diceva queste cose; allora s'alzò e si prostrò davanti
a lui. Carisio gli disse: "Vedi, ti teme e ti ama, ti accontenterà
in qualsiasi cosa gli dirai". [130]
Giuda le disse: "Sorella mia, Migdonia, ubbidisci a ciò che ti dice
tuo fratello Carisio!". Migdonia rispose: "Tu che sei incapace
di menzionare quell'atto, come puoi convincermi a compierlo? Io ti ho
sentito dire: "Questa vita temporale non è che un prestito, questo
riposo è soltanto passeggero, queste ricchezze non durano". Tu hai
detto ancora: "Chi odia questa vita, riceverà la vita perpetua. Chi
odia la luce del giorno e della notte andrà a ricevere la luce nella
quale non v'è alcuna notte". Tu hai detto pure: "Chi abbandona
questi beni terreni, troverà i beni perenni"; ed altre cose simili.
Tu hai detto quello perché ora hai timore. Chi
è che fa qualcosa e ne gioisce, ma poi ne arrossisce e si vergogna? Chi
è che costruisce una torre, ma poi la abbatte dalle fondamenta? Chi è
che scava un pozzo in una terra arida, e poi vi getta dentro delle pietre
fino a riempirlo? Chi è che trova un bel tesoro, e poi non se ne
serve?". All'udire
queste cose, Carisio, parente del re Mazdai, disse: "Non sono come
voi, non ho premura di eliminarvi. Quanto a te, però, ti legherò, avendo
io autorità su di te, né ti permetterò di andare da questo stregone e
di conversare con lui. Se tu ti arrendi, bene; in caso contrario, so bene
ciò che farò". [131]
Battesimo del generale. Giuda uscito dalla casa di Carisio, andò in casa
del generale Sifur e quivi abitò. Sifur disse a Giuda: "Preparati
una camera per insegnarvi". E fece come gli era stato detto. Il
generale Sifur gli disse ancora: "Io, mia moglie e mia figlia d'ora
in avanti vivremo santamente, con una sola mente e un solo amore.
Supplichiamo di potere ricevere il segno dalle tue mani, diventare veri
servi di nostro Signore ed essere annoverati nel suo gregge e nel numero
delle sue pecore". Giuda rispose: "Sto pensando che cosa dire ed
ho paura. Conosco ciò che so, ma non lo posso esprimere". [132]
Cominciò poi a parlare del Battesimo, dicendo: "Questo è il
Battesimo per la remissione dei peccati. Questo genera l'uomo nuovo.
Questo è il restauratore delle intelligenze, colui che unisce l'anima e
il corpo, colui che pone l'uomo nuovo nella Trinità e diviene partecipe
della remissione dei peccati. Gloria a te, potenza nascosta del Battesimo!
Gloria a te, potenza nascosta che ti comunichi a noi nel Battesimo! Gloria
a te, potenza invisibile, che ti trovi nel Battesimo! Gloria a voi, nuove
creature, rinnovate per opera del Battesimo al quale si sono avvicinate
con amore!". Dette
queste cose, versò l'olio sul loro capo dicendo: "Gloria a te,
frutto amato! Gloria a te, nome di Cristo! Gloria a te, potenza nascosta,
che abiti in Cristo!". Mentre
parlava, essi portarono una ampia vasca, ed egli li battezzò nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito santo. [133]
Quando furono battezzati e rimisero i loro vestiti, egli fece portare pane
e vino, li pose sulla tavola e cominciò a benedirlo, dicendo: "Pane
vivo onde quelli che ne mangiano non muoiono! Pane che riempi, con la tua
benedizione, le anime affamate! Tu sei degno di ricevere il dono e di
essere per la remissione dei peccati, affinché non muoiano quelli che
mangiano di te! Invochiamo su di te il nome del Padre, invochiamo su di te
il nome del Figlio, invochiamo su di te il nome dello Spirito, il nome
esaltato a tutti nascosto". E proseguì: "Nel tuo nome, Gesù,
venga la potenza della benedizione e del ringraziamento e riposi su questo
pane, affinché tutte le anime che ne partecipano siano rinnovate e siano
perdonati i loro peccati". Poi egli lo spezzò e ne diede a Sifur, a
sua moglie e a sua figlia.
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XI Atto
undecimo: della moglie di Mazdai [134]
Dopo avere congedato Giuda Tomaso, il re Mazdai andò a cenare a casa sua,
e narrando a sua moglie quanto era accaduto al suo parente Carisio, le
disse: "Vedi, sorella, ciò che è accaduto a quel poveretto! Tu sai,
sorella Terza, che l'uomo non ha alcuno come la propria moglie nella quale
trova la pace. Ora avvenne che Migdonia andò a vedere uno stregone del
quale aveva sentito parlare e aveva udito le opere; costui la ammaliò e,
non so come, lei si separò da suo marito, il quale non sapeva più che
cosa fare. Io volevo ucciderlo, ma egli non mi permise. Vai tu, e
consigliala ad ascoltare suo marito e a non seguire le parole vane di
quell'uomo". [135]
Alzatasi di buon mattino, Terza andò a casa di Carisio, parente di suo
marito, e trovò Migdonia seduta per terra, vestita di sacco e cosparsa di
cenere, che supplicava dal Signore il perdono dei suoi peccati passati e
una spedita liberazione da questo mondo. Entrata da lei, disse a Migdonia:
"Mia sorella, mia diletta e intima amica, che è questa follia che ti
ha preso? Com'è che sei diventata come una pazza? Pensa a te stessa,
pensa alla tua famiglia! Abbi un pensiero per i tuoi numerosi parenti,
abbi pietà del tuo vero sposo e non fare alcuna cosa che non sia degna
della tua nascita come persona libera!". Migdonia
rispose a Terza: "Tu non hai udito le buone notizie riguardanti la
nuova vita, non hai gustato le parole del predicatore della vita e non sei
stata liberata dalle pene della corruzione. Tu non hai visto la vita
perpetua, tu sei ancora nella vita temporale! Tu non sei ancora divenuta
sensibile al vero vincolo matrimoniale, tu sei tuttora afflitta dal
vincolo matrimoniale della corruzione! Tu indossi abiti che invecchiano,
non aneli agli abiti eterni! Tu sei fiera di questa tua bellezza
corruttibile, non ti interessi della turpitudine della tua anima! Tu sei
fiera di una numerosa servitù, ma non liberi dalla servitù la tua
propria anima! Tu sei fiera della pompa di molti che ti circondano, e non
ti sei liberata dalla condanna di morte!". [136]
Terza segue Tomaso. Udite queste cose da Migdonia, Terza si affrettò
subito alla casa del generale Sifur per vedere l'apostolo che là era
giunto. Quando
lei giunse, egli le domandò: "Che cosa sei venuta a vedere? Un
errante misero e vilipeso più di tutti gli uomini, senza proprietà e
senza ricchezze? Egli ha però una proprietà che re e principi non gli
possono togliere, che è incorruttibile e non viene meno, Gesù Cristo, il
datore di vita a tutta l'umanità, il Figlio del Dio vivo che dà la vita
a tutti coloro che credono e vanno a rifugiarsi in lui, e sono annoverati
tra le sue pecore". Udito
ciò, Terza gli disse: "Anch'io vorrei essere partecipe e ancella di
questa vita che tu insegni, anch'io vorrei essere serva di questo Dio che
tu predichi, vorrei ricevere da lui la vita che tu prometti e che egli dà
a quanti vanno al suo luogo di raduno". Giuda
le rispose: "Il tesoro del re celeste è aperto, chiunque ne è degno
vi attinge e trova riposo e, trovato il riposo, diventa re! Ma l'uomo non
può avvicinarsi a lui quando è ancora impuro e le sue opere sono
malvage. Egli, infatti, scruta il contenuto del cuore e dei pensieri:
nessuno lo può ingannare! Se, dunque, tu veramente credi in lui, egli ti
renderà degna dei suoi santi misteri, ti farà grande, ti arricchirà,
rinnoverà la tua mente e ti costituirà erede del suo regno". [137]
Dopo avere udito queste cose, Terza se ne andò a casa piena di gioia, ed
incontrò suo marito, Mazdai, che l'attendeva: non aveva ancora desinato.
Le domandò: "Perché mai il tuo ingresso dalla strada mi pare oggi
più allegro che in qualsiasi altro giorno? E perché sei venuta a piedi,
cosa che non s'addice a donne come te?". Terza rispose a Mazdai:
"Ti sono grata di avermi mandata da Migdonia! Andai, sentii parlare
di un'altra vita e vidi l'apostolo del nuovo Dio. Io credo che egli sia
l'apostolo del Dio che dà la vita a chiunque crede in lui e adempie la
sua volontà. Ho dunque il dovere di ricompensarti della gentilezza che tu
hai avuto per me: ti do un buon consiglio, affinché tu pure possa
diventare re o principe in cielo purché tu mi voglia ascoltare e compiere
quello che ti dico. Ti esorto a temere il Dio venuto qui per mezzo di
questo straniero e a mantenerti puro per questo Dio; la tua regalità,
infatti, è passeggera e la tua quiete sarà mutata in tormento. Ma va da
quest'uomo, credi a ciò che dice, e vivrai per sempre". All'udire
queste cose dalla moglie, si batt‚ la faccia con le mani, lacerò le sue
vesti e disse: "L'anima di Carisio non abbia mai pace, avendo egli
addossato questa disgrazia sulla mia anima! Non abbia più alcuna
speranza, colui che mi ha privato della mia speranza". E se ne uscì
gravemente afflitto. [138]
Trovò per strada il suo parente Carisio e gli disse: "Perché mi hai
preso come tuo compagno nello sheol? Perché mi hai danneggiato, senza
alcun guadagno? Perché sei stato ingiusto verso di me, senza riceverne
alcun vantaggio? Perché mi hai ucciso, senza conquistarti la vita? Perché
hai compiuto una malvagità contro di me, quando non ne avevi alcun
diritto? Perché non mi hai lasciato eliminare quello stregone, prima che
con i suoi incantesimi corrompesse mia moglie?". E seguitava a
rimproverare Carisio. Carisio
domandò a Mazdai: "Che cosa è capitato?". Mazdai rispose:
"Ha stregato anche Terza!". Allora andarono insieme a casa del
generale Sifur e trovarono Giuda seduto mentre stava insegnando. Tutta la
gente s'alzò e rimase in piedi; ma Giuda non s'alzò davanti a loro. Il
re Mazdai riconobbe che era quello seduto e, preso un sedile, lo rovesciò,
lo afferrò per due gambe, lo sbatt‚ sulla sua testa e lo colpì; poi lo
prese e lo consegnò ai suoi servi dicendo: "Trascinatelo via! Voglio
sedere e ascoltarlo pubblicamente". Essi,
dunque, trascinarono Giuda nel luogo ove Mazdai soleva sedere in
tribunale; quando giunsero al posto, egli rimase in piedi tenuto dai servi
di Mazdai. XII Atto
dodicesimo: Vizan, figlio di Mazdai, e Tomaso [139]
Giunse Vizan, figlio di Mazdai, e disse ai servi: "Datelo a me!
Voglio parlare con lui fino all'arrivo del re". Ed essi glielo
diedero. Preso
Giuda, e giunto nel luogo ove il re soleva sedere e giudicare, Vizan gli
domandò: "Tu sai ch'io sono il figlio di Mazdai e che ho la libertà
di dire al re tutto quello che voglio: se glielo dico io, il re ti lascerà
vivere, e se glielo dico io, egli ti ucciderà. Ora, dimmi, chi è il tuo
Dio? Di chi è il potere che tu hai e del quale ti vanti? Se si tratta di
stregoneria, insegnamela; io parlerò al re ed egli ti lascerà
andare". Giuda
rispose a Vizan: "Tu sei figlio di Mazdai: è un re passeggero! Io
sono servo di Gesù, re che rimane per sempre. Tu hai il potere di parlare
con tuo padre e di preservare la vita di quelli che tu vuoi: ma si tratta
di una vita breve, nella quale gli uomini non rimangono, anche se tu l'hai
loro concessa. Tu e tuo padre siete ambedue mortali. Io supplico il mio
Signore, di intercedere per gli uomini ed egli dà loro la vita che dura
per sempre. Tu ti vanti degli uomini e degli schiavi, delle ricchezze e
degli ornamenti, dei domestici e delle concubine, dei cibi transitori e
del letto impuro; io, invece, mi vanto della povertà, dell'ascetismo e
del disprezzo, del digiuno, delle preghiere, della grandezza, del
ringraziamento, della comunione con i fratelli e con lo Spirito santo,
della relazione con i fratelli che sono degni, davanti a Dio, di vivere
una vita perpetua. Tu ti rifugi in un uomo come te, incapace persino di
liberare la propria anima dalla condanna e dalla morte; io, invece, mi
rifugio in colui che condanna e che assolve, che è grande ed è il
giudice di tutti gli uomini. Tu e colui nel quale ti rifugi siete per oggi
e domani, ma dopo un po' di tempo non ci siete più; io mi rifugio in
colui che resta in perpetuo, che conosce tutti i tempi e tutte le
stagioni. Anche
tu, dunque, figlio mio, se vuoi diventare servo di questo Dio ch'io adoro,
lo puoi molto presto. Ti dimostri suo servo con queste cose ch'io ti
enumero: con la purezza che è la principale di tutte le buone qualità,
il grande principio, il ritorno a uno stato superiore e la comunione con
il Dio ch'io predico; con la mondezza, con la temperanza, con l'amore, con
la fede e con la speranza in lui, con la semplicità di una vita
pura". [140]
Il giovane Vizan, persuaso da nostro Signore, cercava la maniera di
liberare Giuda. Mentre rifletteva su di ciò, giunse il re. Vennero i
servi, presero Tomaso e lo condussero fuori. Uscì con lui anche Vizan e
si mise al suo fianco. Il
re si sedette' e ordinò che gli fosse condotto Giuda con le mani legate
dietro; giunto davanti a lui, il re gli domandò: "Dimmi, chi sei tu
e con quale potere fai queste cose?". Giuda rispose: "Io sono un
uomo come te e faccio queste cose con il potere di Gesù Cristo, Figlio di
Dio". Mazdai gli disse: "Parla sinceramente, prima ch'io ti
faccia perire!" Giuda rispose: "Tu non hai alcun potere su di
me! Contrariamente a quanto tu pensi, non puoi farmi male alcuno". Dopo
che Giuda ebbe pronunciato queste parole, il re Mazdai era furioso; diede
ordine che fossero riscaldate due piastre di ferro e fosse posto su di
esse a piedi nudi. Lo fecero sedere, gli tolsero e strapparono le scarpe,
mentre egli, sorridente, diceva: "La tua sapienza, Gesù, è ben
superiore a quella di tutti gli uomini. Tu deliberi contro di essi e la
tua amabile bontà si prepara contro la rabbia di costoro". Portate
le piastre roventi come il fuoco, afferrarono Giuda per fargli mettere i
piedi su di esse; ma, improvvisamente, dalla terra sgorgò molta acqua, le
piastre rimasero sommerse, gli uomini le lasciarono e se ne fuggirono. [141]
Quando il re vide questa quantità d'acqua, disse a Giuda: "Domanda
al tuo Dio che ci liberi da questa morte per alluvione, affinché non
moriamo così". Giuda pregò, dicendo: "Signore nostro Gesù, io
ti chiedo di arginare questo elemento confinandolo in un solo luogo. Tu
hai mandato in diversi luoghi il tuo servo e il tuo apostolo Giuda, e per
mezzo suo tu hai concesso molti segni meravigliosi, tu che fai sì che la
mia anima aneli affinché io pure riceva il tuo splendore; datore della
ricompensa per tutti i miei travagli, tu che lasci che la mia anima sia in
pace con la sua natura senza alcuna relazione con ciò che è nocivo tu
che in ogni tempo sei la causa della mia vita, fai cessare questa
alluvione affinché non si innalzi superba e distruggitrice: ci sono,
infatti, alcuni dei presenti che crederanno in te e vivranno". Appena
Giuda terminò la preghiera, ci fu quiete e a poco a poco le acque furono
assorbite e disparvero, mentre il luogo ritornò asciutto come era prima.
Quando vide ciò, il re Mazdai disse: "Trascinatelo in prigione fino
a quando decideremo il da farsi". [142]
Tomaso imprigionato. Giuda andò per essere imprigionato e tutto il popolo
lo seguiva, mentre Vizan, figlio del re Mazdai, camminava a destra di
Giuda e il generale Sifur alla sinistra. Entrato in prigione, Giuda
permise che Sifur, Vizan, la moglie e la figlia di Sifur, che lo avevano
seguito, si sedessero e ascoltassero la parola di vita; sapevano, infatti,
che a motivo della sua grande collera, il re Mazdai lo avrebbe ucciso. E
Tomaso cominciò a dire: "Tu sei il liberatore della mia anima dalla
schiavitù di molti, giacché mi sono offerto per essere venduto a una
persona! Io ora sono felice perché so che tempi e stagioni, anni e mesi e
giorni sono giunti alla fine e io verrò a riceverti, mio datore di
riposo. Sarò liberato dalle cose di oggi e da quelle di domani, ed io mi
occupo soltanto delle cose di oggi. Io smetto di sperare perché ricevo la
verità. Io sfuggo dalla tristezza e dalla gioia quotidiana, e mi rivesto
solo di gioia. Sarò senza preoccupazioni, senza tristezza, senza bisogno
e abiterò per sempre nella quiete. Sarò liberato dalla schiavitù e andrò
alla libertà alla quale sono chiamato. Ho atteso per tempi e stagioni, e
ora sono innalzato al di sopra dei tempi e delle stagioni. Riceverò la
mia mercede dal rimuneratore, il quale dà senza fare calcoli, bensì
elargisce liberamente perché la sua ricchezza è sufficiente per tutti i
suoi doni. Mi svestirò e mi rivestirò senza più svestirmi. Mi metterò
giù per dormire e mi alzerò, senza più mettermi giù a dormire. Morirò
e vivrò, e non morirò più. Essi gioiranno e mi osserveranno, perché io
andrò, mi congiungerò alla loro gioia, ed essi metteranno fiori nelle
loro ghirlande. Nel tuo regno, Gesù, io sarò fatto re, perché quaggiù
l'ho sperato. I malvagi saranno svergognati, essi che pensavano di
assoggettarmi al loro potere. I ribelli saranno distrutti davanti a me,
poiché mi elevai al di sopra di loro. Avrò la pace nella quale
converranno i grandi". [143]
Mentre Giuda diceva queste cose, tutti i presenti che ascoltavano
pensavano che la sua dipartita da questo mondo sarebbe avvenuta in quello
stesso momento. Ma Giuda proseguì: "Credete in colui che guarisce
tutti i mali, i nascosti e quelli manifesti, in colui che dà la vita a
tutte le anime che gli chiedono aiuto! Costui, nato libero e figlio di re,
divenne schiavo e povero. Costui guarisce la sua creatura ed è malato per
i suoi servi. Costui purifica chi crede in lui, ed è disprezzato e
insultato da coloro che non l'ascoltano. Costui affrancò dalla schiavitù,
dalla corruzione, dalla soggezione e dal danno le sue proprietà, ed è
diventato sottomesso e insultato dai suoi schiavi, egli che è il Padre
celeste, il Signore di tutte le creature, il giudice del mondo. Costui
venne dall'alto, diventò visibile attraverso la Vergine Maria, e fu detto
figlio del falegname Giuseppe. Costui del quale abbiamo visto con i nostri
occhi la piccolezza del corpo, e del quale abbiamo ricevuto la maestà
attraverso la fede. Costui del quale abbiamo palpato con le nostre mani il
sacro corpo, e del quale con i nostri occhi abbiamo visto l'aspetto
rattristato e la cui forma divina noi soli abbiamo contemplato sul monte.
Costui che fu detto impostore, ed è la verità che non inganna, colui che
pagò il tributo e l'imposta per noi e per sé. Costui del quale il nemico
ebbe paura non appena lo vide, tremò e gli domandò chi era, che cosa era
detto di lui, e al quale egli non manifestò la verità, perché in lui
non c'è verità alcuna. Costui sebbene Signore del mondo, dei suoi
piaceri, delle sue ricchezze e delle sue gioie, le tenne lontane da sé, e
ammonì quanti lo ascoltano e credono in lui di non servirsi di queste
cose". [144]
Preghiera al termine della missione. Quand'ebbe finito di pronunciare
queste parole s'alzò per pregare, dicendo: "Padre nostro che sei nei
cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua
volontà in terra come in cielo. Dacci il costante pane del giorno,
perdona a noi i nostri debiti e i nostri peccati affinché noi pure
possiamo perdonare ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma
liberaci dal maligno. Mio
Signore e mio Dio, mia speranza e mia fiducia, mio maestro e mio conforto,
sei tu che ci hai insegnato a pregare così. Ecco io recito la tua
preghiera e adempio la tua volontà. Sii tu con me fino alla fine. Tu che
fin dalla mia giovinezza hai seminato in me la vita e mi hai preservato
dalla corruzione. Tu che mi hai portato alla povertà del mondo e mi hai
preparato per la tua vera ricchezza. Tu che mi hai fatto conoscere ch'io
sono tuo e perciò non mi sono avvicinato a donne, affinché ciò che è
desiderato da te non sia trovato macchiato. [145]
La mia bocca non basta a lodarti, né la mia intelligenza a glorificare la
tua bontà verso di me. Mentre io desideravo acquistare e diventare ricco,
tu mi mostrasti, con una visione, che l'infelicità di molti deriva dalla
ricchezza e dalle possessioni; io credetti alla tua visione e sono rimasto
in continua povertà fino a quando tu, vera ricchezza, ti manifestasti a
me riempiendo della tua vera ricchezza quelli che sono degni di te, e
liberandoli dal bisogno, dalla sollecitudine e dall'avarizia. Ecco,
io ho eseguito la tua volontà e ho compiuto la tua opera. Per amore tuo
sono povero, bisognoso, straniero, disprezzato, prigioniero, affamato,
assetato, nudo, scalzo e affaticato. Non permettere che venga meno la mia
fiducia e che la mia speranza in te sia confusa. Non permettere che le mie
fatiche siano state vane e il mio lavoro sia trovato senza frutto. Non
permettere che i miei digiuni e le mie pressanti preghiere periscano. Non
permettere che siano mutate le mie opere che sono in te. Non permettere
che il nemico rapisca la semenza del tuo grano dalla tua terra e che tra
di esso si trovi della zizzania; la tua terra, infatti, non può
accogliere la zizzania e questa non può venire posta nei granai del tuo
contadino". [146]
Ed egli proseguì ancora: "Ho piantato la tua vigna sulla terra:
metta radici in profondità, intrecci i suoi tralci verso l'alto, appaiano
i suoi frutti sulla terra, e ne gioiscano coloro che ti sei acquistati,
che sono degni di te. Il denaro che tu mi hai dato l'ho messo in banca;
verificalo e ridammelo con l'interesse, come tu hai promesso. Con il
talento che mi hai dato, ne ho guadagnato dieci; siano aggiunti a quelli
che già avevo, come tu hai promesso. Ai miei debitori io ho rimesso un
talento; la tua mano non esiga ciò che io ho condonato. Invitato a cena,
ci andai subito; non ne volli mai sapere del campo, dell'aratro e della
moglie; non sia dunque allontanato da essa, né abbia a mangiarne in forza
di scongiuri. Sono stato invitato a feste di nozze e ho indossato abiti
bianchi; ch'io sia degno di essi, le mie mani e i miei piedi non siano
legati, né sia gettato nelle tenebre esteriori. La mia lampada splende
della sua luce; il Signore la custodisca fino a quando egli lascia la sala
del banchetto ed io la riceva, ma non la veda mai tremolante a motivo
dell'olio. I miei occhi ti accolgano, il mio cuore gioisca perché io
adempio la tua volontà e adempio i tuoi comandamenti. Ch'io assomigli al
servo saggio e timorato di Dio, che con prudente diligenza non trascura
nulla. Mi sono stancato tutta la notte vegliando per proteggere la mia
casa dai predoni, per impedire che vi irrompessero". [147]
"Ho cinto i miei lombi di verità, ho legato ai piedi i miei sandali:
ch'io non veda mai allentati i loro legacci! Ho posto la mano al vomere
del mio aratro e non ho mai guardato indietro, affinché i miei solchi non
diventassero curvi. I miei campi sono biancheggianti, pronti, ormai, per
la mietitura: possa io ricevere la ricompensa! Il vestito che si consuma,
l'ho consumato, e ho portato a termine il lavoro che introduce al riposo.
Ho vegliato alla prima, alla seconda e alla terza veglia: possa io
accogliere il tuo volto e adorare la tua santa bellezza! Ho abbattuto e
raso al suolo i miei granai: possa io ricevere il tuo tesoro che non viene
mai meno! Ho prosciugato l'abbondante sorgente che era in me: possa
adagiarmi presso la sorgente viva e accanto a essa riposarmi! Il legato
che tu mi hai consegnato, l'ho ucciso; libera lo sciolto che è in me e
non permettere che la mia anima perda la sua fiducia! Ho fatto esterno
l'interno, e interno l'esterno: possa la tua volontà adempiersi in tutte
le mie membra! Non mi sono voltato indietro sempre proteso in avanti:
ch'io non sia una causa di stupore e un segno! Non ho dato vita al morto,
non ho messo a morte il vivo, non ho colmato l'indigente: capo dei due
mondi, possiamo ricevere la corona della vittoria! Sulla terra ho ricevuto
disprezzo: dammi una ricompensa in cielo!". [148]
"Le potenze non si accorgeranno di me, i capi non terranno consiglio
contro di me, i pubblicani non mi vedranno, né mi opprimeranno gli
esattori. Non mi schernirà l'abbietto, il cattivo non deriderà il
valoroso e l'umile; il valoroso, il mediocre e il grande che esalta se
stesso, non oseranno resistere davanti a me, a motivo della tua forza
vittoriosa che mi circonda, Gesù; fuggano e si nascondano, incapaci di
resistere, poiché con astuzia e di nascosto piombano su coloro che
obbediscono ad essi. I miei figli gridano e risplendono, nessuno si può
celare ai loro sguardi perché la loro natura è fragrante. Da essi si
distinguano i malvagi: il loro albero fruttifero è amarezza; transiterò
in silenzio dal loro posto e verrò da te. Mi sorreggano la gioia e la
pace, ed io giungerò davanti alla tua gloria! Non mi osservi il
calunniatore: i suoi occhi siano accecati dalla tua luce, nella quale io
dimoro, e la sua bocca menzognera se ne stia chiusa, giacché ha della
cattiveria contro di me". [149]
Poi riprese a dire a coloro che erano con lui in prigione: "Figli
miei, credete nel Dio ch'io predico. Credete in Gesù Cristo, ch'io
annunzio. Credete in colui che è il datore di vita e l'aiuto dei suoi
servi. Credete nel datore di vita, a quanti lavorano alla sua opera, in
colui nel quale gioisce la mia anima essendo giunto per me il momento di
andarlo a ricevere. Credete in colui che è bello e la cui bellezza mi
incita a dire ciò che egli è, sebbene io sia incapace di dirlo
pienamente. Tu, mio Signore, sei colui che nutre la mia povertà, colui
che sopperisce alla mia deficienza, colui che provvede al mio bisogno. Sii
con me fino in fondo, affinché io possa venire e ricevere te". XIII Atto
tredicesimo: Vizan riceve il Battesimo [150]
Il giovane Vizan, figlio del re Mazdai, gli domandò: "Te ne
supplico, apostolo di Dio, permettimi di andare a supplicare i custodi dei
prigionieri affinché mi concedano che tu venga con me a casa mia per
darmi il segno della vita e così diventi anch'io un servo di questo nuovo
Dio che tu predichi. Io camminavo in conformità di tutte le cose che tu
hai detto fino dalla mia gioventù, fino a quando mio padre, facendomi
violenza, mi diede in moglie Manashar. Ho ventun anni e sono sette che
sono unito in matrimonio con una donna; prima di sposarmi non conobbi
altra donna e da mio padre ero ritenuto un buon a nulla. Dalla donna
ch'egli mi ha dato, finora non ho avuto né figlio né figlia e mia
moglie, in tutti questi anni, ha vissuto con me in piena castità. Ed
oggi, se essa fosse stata bene, se ti avesse visto e avesse udito la tua
parola, io sarei tranquillo, essa vivrebbe e avrebbe ricevuto la vita
perpetua; ma essa è da lungo tempo afflitta e malata. Io dunque
supplicherò i custodi dei prigionieri, qualora tu mi prometti di venire
con me a casa mia: io, infatti, vivo da solo in casa mia e tu guarirai la
povera malata". Giuda,
apostolo dell'Altissimo, udite queste cose disse a Vizan: "Figlio
mio, se tu credi vedrai le meraviglie del nostro Dio, vedrai come guida
alla vita e come ha misericordia dei suoi servi". [151]
Mentre stavano parlando, presso la porta della prigione si trovavano
Terza, Migdonia e Narchia sua nutrice. Esse diedero 360 dramme ai custodi
dei prigionieri, i quali le lasciarono andare da Giuda. Entrate, videro
Giuda, Sifur, Vizan e la moglie e la figlia di Sifur, e tutti i
prigionieri che, seduti, ascoltavano Giuda. Quando
giunsero davanti a lui, egli domandò loro: "Chi vi ha lasciato
venire da noi? Chi vi ha aperto la porta che era chiusa?". Terza gli
rispose: "Non siete voi che ci avete aperto la porta, dicendoci:
"Venite in prigione, così andremo a prendere i nostri fratelli che
si trovano là. Il Signore ci mostrerà così la sua gloria"? Quando
giungemmo alla porta della prigione, tu sei scomparso e udimmo il rumore
della porta che si chiuse di fronte a noi. Allora abbiamo dato ai custodi
del denaro e così ci lasciarono entrare; ed ecco che ci troviamo qui
supplicandoti di fare quello che desideriamo noi, scappando fino a quando
non sia svanita l'ira del re Mazdai, freddo a tuo riguardo". Giuda
disse a Terza: "Raccontateci prima com'è che siete state chiuse
qui". [152]
Terza gli rispose: "Tu non ci hai mai abbandonato eccetto che per un
momento, e non sai come siamo state chiuse qui dentro? Ma se tu lo vuoi
sentire, senti. Il re Mazdai mandò a chiamare me, Terza, mi fece condurre
da lui e mi disse: "Quello stregone non ti ha ancora vinto perché, a
quanto ho sentito dire, egli incanta con acqua, pane e vino e tu non sei
stata ancora incantata. Ma ascolta ciò che ti dico, io non ti torturerò
e non ti ucciderò; so, infatti, che fino a quando egli non ti avrà dato
acqua, olio, pane e vino non avrà su di te pieno potere". Io gli
risposi: "Fammi quello che tu vuoi! Tu hai il potere di fare quanto
vuoi sul mio corpo, ma io non ucciderò l'anima mia con te". Udite da
me queste cose, mi rinchiuse in una camera oscura, sotto la sua sala da
pranzo. Suo cugino Carisio condusse Migdonia e Narchia e le chiuse ambedue
con me. Ma a noi non mancò mai la luce, tu stesso ci hai tratte fuori ed
ecco che ci troviamo qui davanti a te. Dacci il segno! Cada la speranza di
Mazdai che ha progettato tutte queste cose contro di me". [153]
Quando Giuda, apostolo di nostro Signore, udì queste cose, disse:
"Sia gloria a te, multiforme Gesù! Sia gloria a te, che ti mostri
simile alla nostra povera umanità! Sia gloria a te, che ci dai forza e
coraggio, che ci rimproveri e ci consoli, che ci stai vicino in tutte le
nostre pene, che fortifichi la nostra debolezza e dai coraggio al nostro
timore!". Queste
parole diedero coraggio ai prigionieri, e i custodi dissero:
"Spegnete le lampade affinché non ci si accusi calunniosamente
presso il re Mazdai!". Si soffiò allora su tutte le lampade e tutti
andarono a dormire. Giuda, però, disse a nostro Signore: "Ora è il
momento di affrettarti, Gesù nostro illuminatore, giacché ecco che i
figli delle tenebre ci hanno collocato nelle loro tenebre! Tu, Signore
nostro, illuminaci con la luce della tua natura!". Sull'istante,
tutta la prigione splendette come il giorno; tutti coloro che vi erano
rinchiusi dormivano, vegliavano solo quelli che credevano in nostro
Signore. [154]
Battesimo ed Eucaristia. Giuda disse a Vizan: "Va' davanti a noi e
preparaci il necessario per il nostro servizio". Vizan gli domandò:
"Chi ci aprirà le porte della prigione? Essi le hanno chiuse tutte e
i custodi sono addormentati". Giuda gli rispose: "Credi in Gesù
e non avere alcun dubbio! Va', e troverai le porte aperte, girate sui loro
cardini". Poi partì e li precedette. Tutti gli altri andarono dietro
a Giuda. Percorsa
metà strada, incontrarono Manashar, moglie di Vizan, in cammino verso la
prigione. Lei lo riconobbe e gli domandò: "Sei tu mio fratello
Vizan?". Egli le rispose: "Sì, e tu sei mia sorella
Manashar?". Lei rispose: "Si!". Egli seguitò: "Ma
dove vai tu sola a quest'ora? E come sei riuscita ad alzarti da
letto?". Lei rispose: "Questo giovane pose la sua mano su di me
e io guarii; ed in sogno vidi che dovevo andare dallo straniero
imprigionato per avere una guarigione completa". Vizan le domandò:
"Dov'è il giovane che era con te?". Lei rispose: "Non lo
vedi? Ecco, mi sta tenendo per mano e sorreggendo!". [155]
Mentre parlavano, giunse Giuda con Sifur, sua moglie e la figlia, con
Migdonia, Terza e Narchia dirette alla casa di Vizan. Non appena Manashar,
moglie di Vizan, vide Giuda si inchinò e l'adorò dicendogli: "Sei
venuto, mio guaritore dalla dolorosa malattia? Tu sei colui ch'io vidi in
sogno, colui che mi hai affidato a questo giovane affinché mi conducesse
da te in prigione. La tua gentilezza non permise ch'io mi stancassi e tu
stesso sei venuto da me". Ciò detto si guardò attorno e vide che il
giovane non c'era più; disse quindi a Tomaso: "Sono incapace di
camminare da sola, e il giovane al quale mi avevi affidato non è più
qui". Giuda le rispose: "Il tuo sostegno sarà Gesù!". Lei
allora corse e andò avanti a loro; quando entrarono in casa di Vizan,
figlio di Mazdai, era notte, ma nostro Signore dava loro luce in
abbondanza. [156]
E Giuda prese a pregare così: "Compagno e aiuto del debole, speranza
e fiducia del povero, rifugio e riposo dello stanco, voce che viene
dall'alto a confortare i cuori dei tuoi credenti, asilo e porto di quanti
percorrono la regione delle tenebre, medico senza onorario che tra gli
uomini fosti crocifisso per molti e per il quale nessuno fu crocifisso! Tu
discendesti nello sheol con grande potenza, i morti ti videro e
riacquistarono la vita e il principe della morte non pot‚ sopportarlo!
Tu salisti con grande gloria portando con te quanti avevano cercato
rifugio in te, tracciando loro il sentiero verso l'alto sicché tutti i
redenti seguirono le tue impronte! Tu li portasti nel tuo gregge
mescolandoli con le tue pecore! Figlio
della perfetta misericordia inviato a noi con potenza dal Padre, lodato
dai suoi servi! Figlio inviato dalla paternità suprema e perfetta!
Signore di ogni cosa, che non può essere contaminato! Ricco che riempisti
la tua creazione con il tesoro della tua ricchezza! Bisognoso, che
soffristi la fame e digiunasti per quaranta giorni! Tu che sazi, con la
tua benedizione, le nostre anime assetate! Tu, Signore, sii con Vizan, con
Terza e con Manashar, uniscili al tuo gregge, mescolali con il tuo numero,
sii la loro guida mentre si trovano ancora sul sentiero dell'errore. Nel
luogo dell'infermità, sii il loro guaritore! Nel luogo della stanchezza,
sii il loro fortificatore! Nel luogo impuro, rendili puri! Nel luogo del
nemico, rendili incontaminati dalla corruzione! Sii il medico dei loro
corpi, da' vita alle loro anime, rendili santuari e templi affinché lo
Spirito santo dimori in essi". [157]
Terminata questa preghiera, disse a Migdonia: "Figlia mia, svesti le
tue sorelle". Lei le svestì, pose su di loro delle cinture e le fece
avvicinare a lui. Il primo a giungere fu Vizan. Giuda
prese dell'olio e su di esso glorificò Dio, dicendo: "Nobile frutto,
degno di divenire splendente con la Parola di santità, affinché gli
uomini si rivestano di te e, per mezzo tuo, vincano i nemici, non appena
sono purificati dalle loro precedenti opere! Sì, Signore, vieni e sii in
questo olio come tu fosti sull'albero, mentre quelli che ti crocifiggevano
erano incapaci di sopportare la tua Parola. Venga il tuo dono, che tu
soffiasti contro i tuoi nemici allorché retrocedettero e caddero bocconi,
e sia su quest'olio sul quale invochiamo il tuo nome". Indi
lo versò sul capo di Vizan e poi sul capo degli altri, dicendo: "Il
tuo nome, Gesù Cristo, sia su queste persone per la remissione delle
offese e dei peccati, per l'annichilimento del nemico, per la guarigione
delle loro anime e dei loro corpi". E
ordinò a Migdonia di ungerle, mentre egli personalmente unse Vizan. Dopo
l'unzione li fece discendere nell'acqua nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito santo. [158]
Dopo che furono battezzati e salirono, portò del pane, e la miscela in
una coppa e recitò su di essi la benedizione, dicendo: "Noi mangiamo
il tuo santo corpo che fu crocifisso per noi e beviamo il tuo sangue
vivificatore che fu versato per noi. Il tuo corpo ci sia vita e il tuo
sangue ci sia remissione dei peccati. Per
il fiele che tu bevesti per noi, sia allontanata da noi l'amarezza del
nostro nemico. Per l'aceto che tu bevesti per noi, sia rinvigorita la
nostra debolezza. Per gli sputi che tu ricevesti per noi, noi riceviamo la
tua vita perfetta. Poiché tu ricevesti per noi la corona di spine, noi
riceviamo da te la corona che non perisce. Poiché tu fosti avvolto per
noi in una veste di lino, noi siamo cinti con la tua vigorosa e
insuperabile fortezza. Poiché tu, per la nostra mortalità, fosti sepolto
in un sepolcro nuovo, possiamo essere in comunicazione con te nel cielo.
Come tu risorgesti, possiamo noi pure risorgere e stare davanti a te nel
giudizio veritiero". Spezzò
l'Eucaristia e la distribuì a Vizan, a Terza, a Manashar, a Sifur, a
Migdonia, alla moglie e alla figlia di Sifur, dicendo: "Questa
Eucaristia sia per voi vita e riposo, gioia e salute, guarigione delle
vostre anime e dei vostri corpi!". Essi
risposero: "Amen!". E si udì una voce che diceva loro: "Sì,
amen!". Udita questa voce, caddero bocconi. E si udì nuovamente la
voce che diceva: "Non abbiate timore, ma credete soltanto!". Martirio
dell'apostolo Tomaso [159]
Giuda ritornò in prigione e così pure Terza, Migdonia e Narchia
ritornarono in prigione. Giuda disse loro: "Figlie e sorelle mie nel
Signore, mie compagne e ancelle di Gesù Cristo, ascoltatemi in
quest'ultimo giorno: affiderò a voi la mia parola, giacché in questo
mondo non parlerò mai più con voi. Sarò innalzato a nostro Signore Gesù
Cristo, a colui che mi vendette, a colui che abbassò la sua nobile anima
alla mia pochezza, trasportandomi alla sua grandezza che non tramonta e
ritenendomi degno di essere suo servo sincero e verace. Gioisco che il
tempo sia giunto a compimento, che sia giunto il giorno di andare a
ricevere la ricompensa dal mio Signore. Colui, infatti, che mi ricompensa
sa come debbo essere ricompensato, giacché non è né malvagio né
invidioso, bensì è generoso nei suoi doni: egli dà senza misura, sicuro
della inesauribilità della sua ricchezza. Figlie mie, ascoltate. [160]
Io non sono Gesù, ma servo di Gesù. Io non sono il Cristo, ma un suo
ministro. Io non sono il Figlio di Dio, bensì prego e supplico di poter
essere giudicato degno di Dio. Voi, figlie mie, dimorate nella fede di Gesù
Cristo, e mirate alla speranza del Figlio di Dio. Non siate affrante,
figlie mie, nella persecuzione, vedendomi trattato ignominiosamente,
imprigionato e morto, non sorga in voi dubbio alcuno: io, infatti, adempio
la volontà del mio Signore. Voi sapete che s'io pregassi di non morire,
lo potrei fare; ma questa che si vede non è la morte, bensì una
liberazione da questo mondo. Perciò io l'accolgo con gioia, sono liberato
per potere andare a ricevere colui che è magnifico, colui che amo, colui
che è amato. Ho lavorato molto, al suo servizio, ho portato a termine il
mio compito per merito della sua grazia che mi ha sostenuto e non mi ha
abbandonato. Non
permettete che il nemico entri in voi con inganno e scuota le vostre menti
con il dubbio. Non permettete che quel perfido turbolento trovi posto in
voi, giacché colui che avete ricevuto, colui nel quale avete creduto, è
più forte di lui. Mirate alla sua venuta, poiché egli verrà e vi
accoglierà, cioè andrete a vederlo". [161]
Quando Giuda ebbe finito di parlare, esse entrarono nella casa oscura. E
Giuda disse loro: "Datore di vita, tu che hai sopportato, per noi,
molte cose, fa' che queste porte ritornino come erano, fa' che siano
sigillate con i loro sigilli". Le lasciò e andò anch'egli in
prigione. Esse rimasero afflitte e piangevano sapendo che il re Mazdai lo
avrebbe ucciso. [162]
Andato in prigione, trovò i custodi che litigavano e dicevano: "Che
male abbiamo fatto a questo stregone che con i suoi incantesimi ha aperto
le porte con l'intento di fare uscire tutti i prigionieri? Andiamo a
manifestarlo al re Mazdai e diciamogli anche di sua moglie e di suo
figlio, venuti da lui". Mentre
il capo della custodia dei prigionieri parlava così, Giuda se ne stava
zitto ad ascoltare. Quelli, levatisi di buon mattino, andarono dal re
Mazdai e gli dissero: "Re, nostro signore, o lascia libero questo
stregone oppure rinchiudilo in un'altra prigione, poiché non siamo capaci
di custodirlo: la tua fortuna custodì i prigionieri due volte, altrimenti
sarebbero sfuggiti tutti; noi chiudemmo le porte, ma le trovammo aperte.
Tua moglie, tuo figlio e il resto della gente non lo lasciano mai". Udite
tali cose, il re Mazdai andò a vedere i sigilli da lui posti sulle porte,
e li trovò intatti. Disse allora ai custodi: "Perché dite bugie?
Ecco che i sigilli delle case sono intatti. Come potete dire che Terza e
Migdonia sono andate da lui in prigione?". I custodi risposero:
"Ti abbiamo detto la verità!". [163]
Il re Mazdai andò a sedersi nell'aula del tribunale e mandò a prendere
Giuda, lo fece spogliare e gli fece mettere una cintura ai fianchi; lo
condussero poi davanti a Mazdai. Mazdai
gli domandò: "Sei tu uno schiavo o un uomo libero?". Giuda
rispose: "Sono uno schiavo, ma tu non hai alcun potere su di
me". Mazdai gli domandò: "Come hai fatto a sfuggire e a venire
in questo paese?". Giuda gli rispose: "Venni qui per poter dare
la vita a molti per mezzo della Parola, e per opera tua lascerò il
mondo". Mazdai gli domandò: "Chi è il tuo padrone? Come si
chiama? Di che paese sei?". Giuda rispose: "Il mio padrone è il
tuo padrone, quello di tutto il mondo e il signore del cielo e della
terra". Mazdai gli domandò: "Come si chiama?". Giuda gli
rispose: "Ora tu non puoi udire il suo nome! Il nome che gli è dato
è Gesù Cristo". Mazdai gli disse: "Non ho avuto premura di
farti fuori! Con te sono stato paziente, ma tu hai moltiplicato i tuoi
atti e tutto il paese parla delle tue stregonerie! Io comunque farò in
modo che essi ti accompagnino e ti seguano, e la nostra terra ne sia
liberata". Giuda
rispose: "Queste stregonerie delle quali tu dici che mi
accompagneranno, non cesseranno mai più da questo luogo!". [164]
Dopo queste cose, Mazdai rifletteva su quali ordini impartire per farlo
morire dato che aveva paura della grande moltitudine presente: molti,
infatti, credevano in nostro Signore, anche tra i nobili del re. Mazdai
prese Giuda e uscì dalla città; con lui c'erano pochi soldati armati. Il
popolo pensando che egli desiderasse imparare qualcosa da lui, se ne
stette ad osservarlo. Percorso circa mezzo miglio, lo consegnò ad alcuni
soldati che erano con lui e a un principe, dicendo: "Salite su questa
montagna e pugnalatelo". Egli poi se ne tornò indietro in città. [165]
Il popolo correva dietro Giuda per liberarlo, ma i soldati lo scortavano
con lance affiancandolo a destra e a sinistra mentre quel principe lo
teneva per mano e lo reggeva. Giuda
disse: "O misteri nascosti che si compiono in me persino nell'ora
della partenza da questo mondo! O ricchezza della sua grazia che non ci
lascia sentire le sofferenze del corpo! Sono consegnato all'Unico! Ecco,
infatti, che un capo mi guida e mi tiene per mano per potermi affidare
all'Unico, al quale appunto io miro con la speranza di riceverlo. Nostro
Signore, che è l'Unico, soffre per mano di uno". [166]
Salito Giuda sulla montagna dove essi dovevano pugnalarlo, disse a quelli
che lo tenevano: "Almeno ora, che sono sul punto di partire da questo
mondo, ascoltatemi! Non siano ciechi gli occhi del vostro cuore, né siano
sorde le vostre orecchie da non ascoltare! Credete in questo Dio ch'io
predico, non seguitate a camminare secondo la pervicacia del vostro cuore!
Camminate secondo tutte le virtù che si addicono alla libertà e alla
gloria degli uomini, e alla vita di Dio". [167]
Giuda disse a Vizan: "Figlio del re terreno, Mazdai, e servo di Gesù
Cristo, lascia che gli inservienti compiano la volontà del loro re
Mazdai. Io vado a pregare". Vizan parlò ai soldati, ed essi
permisero che Giuda andasse a pregare. Giuda
andò e pregò così: "Mio Signore e mio Dio, mia speranza e mio
salvatore, mia guida e accompagnatore in tutti i paesi che ho percorso nel
tuo nome, sii con tutti i tuoi servi e guidami affinché io possa giungere
a te. A te, infatti, io ho affidato la mia anima, e nessuno la può
strappare dalle tue mani. I miei peccati non mi siano di impedimento!
Ecco, Signore, ch'io ho compiuto la tua volontà, sono divenuto schiavo
per amore di quella libertà ch'io sto per ricevere oggi. Dammela, dunque,
Signore Gesù, e perfezionala in me. Non ho dubbio alcuno a proposito
della tua verità e del tuo amore, ma parlo al tuo cospetto a motivo dei
presenti, con l'intenzione che sentano". [166]
Dopo avere pregato così, Giuda disse ai soldati: "Venite e portate a
compimento la volontà di chi vi ha mandato!". I soldati si
avvicinarono, lo colpirono tutti insieme ed egli cadde a terra e morì. I
fratelli piansero tutti insieme. Portarono dei bei capi di vestiario e
molti indumenti di lino, e seppellirono Giuda nel sepolcro ove erano stati
sepolti gli antichi re. [169]
Dopo la morte di Tomaso. Sifur e Vizan non avrebbero voluto più scendere
in città: se ne stettero là tutto il giorno e passarono là anche la
notte. Ma Giuda apparve loro e disse: "Io non sono qui! Perché ve ne
state qui a farmi la guardia? Sono salito dal mio Signore e ho ricevuto ciò
a cui miravo e aspettavo. Alzatevi dunque, andate giù di qui, ancora un
breve istante e poi voi pure vi unirete a me". Mazdai
e il suo parente Carisio presero Migdonia e Terza, le tormentarono molto,
senza riuscire a ciò che desideravano. Giuda apparve loro e disse:
"Figlie mie, non dimenticatevi di Gesù nostra luce, del santo, del
vivente, di colui che presto vi allestirà il riposo e l'aiuto". Il
re Mazdai e il suo parente Carisio vedendo che non riuscivano a
persuaderle come volevano, le lasciarono libere di vivere come esse
desideravano. Tutti
i fratelli si radunavano insieme per pregare, per offrire il sacrificio e
spezzare il pane; sulla montagna, infatti, prima di morire, Giuda aveva
ordinato Sifur sacerdote e Vizan diacono. Nostro Signore li aiutava con il
suo amore e per mezzo loro aumentava i suoi fedeli. [170]
Dopo molto tempo accadde che uno dei figli del re Mazdai fosse assalito
dal demonio; nessuno riusciva a legarlo perché era molto violento. Il
re Mazdai allora pensò: vado ad aprire la tomba di Giuda prenderò una
delle ossa dell'apostolo di Dio, la appenderò al collo a mio figlio e
guarirà. Giuda
gli apparve in una visione e gli disse: "Tu non hai creduto nel vivo
e vuoi credere ora nel morto? Il mio Signore Gesù Cristo avrà
misericordia di te a motivo della sua clemenza". Di
ossa non ne trovò perché un fratello le aveva segretamente portate via e
trasferite in Occidente. Allora il re Mazdai prese un po' di terra dal
luogo ove erano state le ossa dell'apostolo e la appese al collo di suo
figlio, dicendo: "Credo in te, mio Signore Gesù Cristo, ora che mi
ha lasciato colui che tormenta sempre gli uomini affinché non riescano a
vedere la luce". Dopo avere appeso con fede la terra al collo del
figlio, questi guarì, ed egli fu aggregato ai fratelli. Il
re Mazdai curvò la testa sotto la mano del sacerdote Sifur, mentre
pregava e supplicava tutti i fratelli affinché pregassero per lui ed
anch'egli, con loro, ricevesse la grazia nel regno di nostro Signore Gesù
Cristo, che è nei secoli dei secoli. Amen. Qui
finiscono gli atti di Giuda Tomaso, apostolo di nostro Signore Gesù
Cristo, che fu martirizzato in terra indiana per ordine del re Mazdai. Gloria
al Padre, al Figlio e allo Spirito santo, ora e sempre nei secoli. Amen. Inno
di lode dell'apostolo "Lode
al Padre celeste, signore dell'universo, ineffabile, nascosto per tutte le
epoche nello splendore della tua gloria! Gloria
al Figlio, primogenito della vita, Verbo di vita, che procede dal Padre
eccelso! Lode
al Padre unico, che con saggezza si riflette in tutte le creature e in
tutte le epoche! Gloria
al Figlio della luce, che con saggezza, possanza e intelligenza è
presente in ogni epoca! Lode
al Padre eccelso, che per opera di tutti i suoi profeti è uscito dal
nascondimento all'aperto! Gloria
al Figlio dell'amore per opera del quale, nel silenzio, fu eseguita ogni
cosa con saggezza! Lode
al Padre glorioso, che genera il suo primogenito nel silenzio e nella
quiete della mente! Gloria
al Figlio adorabile, la cui forma sorse, nella quiete e nella gloria, dal
Padre! Lode
al Padre buono, che per mezzo dello Spirito santo rivelò ai suoi profeti
il mistero del suo primogenito! Gloria
al Figlio eletto, che per mezzo dei suoi apostoli ha rivelato a tutti i
popoli la gloria del Padre! Lode
al Padre sereno che per mezzo del suo primogenito, datore di vita alla sua
creatura, santifica la sua maestà! Gloria
al Figlio bello, che sorse dallo splendore del Padre e liberò le nostre
anime con il suo sangue puro! Lode
al Padre onnipotente, che abita nella luce gloriosa, nascosto nella sua
gloria, a tutti manifesto per opera della sua grazia! Gloria
al Figlio perfetto, che fu seminato in una terra viva e che prima dei
secoli è nel suo Padre santo! Lode
al Padre, che a tutto provvede, sempre in alto e nel profondo, ma non c'è
luogo privo di lui! Gloria
al Figlio, frutto adorabile, che sorse con amore verso tutti, rivestì la
nostra umana natura e uccise il nostro nemico! Lode
al Padre infinito, che per mezzo degli effluvi del suo spirito ha formato
gli angeli e i suoi servi come un fuoco ardente! Gloria
al Figlio della luce che procede sul vento e sulle nuvole sante ammantato
della luce del Padre! Lode
al Padre, che dà la vita a tutti, che per opera del prediletto ha
radunato tutte le generazioni per la sua gloria perché gli dessero
gloria! Gloria
al Figlio della vita, con il cui dono il Padre nutre i santi che
procedettero da lui e raggiunsero i sentieri della pace! Sia
lode al Padre, che dà la vita a tutti, che, nella quiete e nella
tranquillità, rivelò ai suoi santi i misteri del Figlio per opera dello
Spirito santo! Gloria
al Figlio, frutto del Padre, che ha portato a compimento l'opera del Padre
suo, ha redento i suoi cari e nasconde i suoi eletti sotto le sue ali! Lode
al Padre buono, che con l'amore e la grazia, per opera del suo prediletto,
per mezzo della morte in croce, dà la vita a tutte le creature! Gloria
al Figlio primogenito, che con il suo corpo nutre le generazioni, cancella
i nostri peccati con il segno delle sue stigmate e aspergendo su di noi il
suo sangue! Lode
al Padre buono, che dimora in ogni cuore puro, nella mente dei suoi
adoratori, il cui aspetto nascosto a tutti, ci è manifesto per opera del
suo Cristo! Gloria
al Figlio Verbo, che nella quiete annunzia la sua venuta, che ha indossato
la nostra umanità e ci ha redento con il suo sangue puro e vivo! Lode
al Padre vivo, che ha vivificato la nostra natura mortale, mentre eravamo
lontani dalla sua via, la cui misericordia ci raggiunse mentre eravamo
morti e perduti! Gloria
al Figlio amato, che vivificò la nostra natura mortale, e distolse il
nostro errore, fu per noi una medicina vivificante con il suo corpo datore
di vita e con l'aspersione del suo sangue vivo! Lode
al Padre, che trascende ogni bocca e ogni lingua, che ci rappacifica con
noi stessi per mezzo del suo Cristo, che abbiamo gustato per mezzo del suo
frutto divenendo poi figli della sua pace! Gloria
al Figlio pacificatore, che sanò le nostre ferite, ci dimostrò la nostra
pervicacia, raddrizzò il nostro smarrimento, ci fece camminare sulla sua
via e per lui abbiamo conosciuto il Padre! Lode
al Padre onnipotente, che ci ha mandato il suo frutto vivo e vivificante,
che con il sangue del Crocifisso pacificò la sua grazia con le sue
creature! Gloria
al Figlio Verbo della luce, che sorse dall'eccelso e ci saziò con la sua
sapienza, purificò la nostra immondezza e vivificò la nostra mortalità
con il suo segno, la croce luminosa! Lode
al Padre di ogni lode, il suo nome sia grande in ogni epoca perché senza
guardare ai nostri debiti ci ha vivificato per opera del suo Cristo, vita
della sua volontà! Gloria
al Figlio, nostro sacerdote, voce generatrice della conoscenza, che ci
perdonò per mezzo della sua offerta pura e santa e versò il suo sangue
vivo per i peccatori! Lode
al Padre eccelso, nascosto a tutte le epoche e palese ai suoi adoratori,
conforme alla sua volontà! Gloria
al Figlio della vita, che eseguì la volontà del Padre, pacificò le sue
creature affinché per mezzo suo adorino colui che l'ha mandato e
diventino partecipi dei suoi misteri! Lode
al Padre sublime, per opera del suo prediletto, da ogni ginocchio che si
piega sia in cielo che in terra! Gloria
al Figlio adorato della perfetta misericordia per opera del quale sorsero
per le creature la pace e la speranza affinché conoscessero il loro
creatore! Lode
al Padre vivificatore di tutti, la cui abbondante misericordia non viene
mai meno per l'effusione dei suoi doni e ha sempre bisogno di farci
regali! Gloria
al Figlio frutto, che è la porta della luce e la via della verità, che
ci fa camminare sulle sue orme affinché giungiamo alla casa del suo Padre
sublime! Lode
al Padre dolce, che ci ha dato la pace per opera del suo vivificatore e ci
ha rivelato i suoi santi e gloriosi misteri per mezzo dell'ascolto della
sua dottrina! Gloria
al Figlio unigenito del Padre, che versò su di noi la sua misericordia e
ci ha segnato con la sua croce viva e vivificante! Tutte
le labbra, tutte le lingue, le epoche e le creature occulte e manifeste,
lodino il Padre, adorino il Figlio e glorifichino lo Spirito santo! Lo
lodino, in alto, i suoi angeli per mezzo del suo Cristo che nell'Ade è
diventato pace e speranza dei morti che vissero e sono stati risuscitati! Preghiamo
il Signore vivificatore, nostro paraclito, medicina della nostra vita e
nostro segno vittorioso! Beati
noi, o Signore, che ti abbiamo conosciuto! Beati
noi, che in te abbiamo creduto! Beati
noi a motivo delle tue ferite e del sangue sparso per noi! Beati
noi, perché la nostra speranza sei tu! Beati
noi, perché sei il nostro Dio adesso e per sempre! Così sia". |