I   TEMPLARI  NELLA  RIVOLUZIONE  FRANCESE

 

 

La controffensiva giacobina alla campagna diffamatoria dei girondini sfociò nel processo  a Luigi XVI  che le due correnti si erano palleggiato.

Il 21 gennaio 1793 il re fu giustiziato  e, ingenuamente,  i girondini si scavarono  la loro fossa. Risorgeva infatti l’egualitarismo di Rosseau,  anche se nelle massa rivoluzionaria, il diritto assoluto alla proprietà privata del suolo, iniziava ad essere intaccato dalla indigestione causata da un lungo periodo di sangue e di violenza.

La morte di Luigi XVI  divenne il pomo della discordia fra le fazioni politiche.

Fu a questo punto che la guerra con la Gran Bretagna e l’Olanda fu  inevitabile. Non solo ma anche la Spagna divenne nemica della Francia. Dopo tormentate guerre, l’Europa, tranne la Russia,  si trovò , alla fine dello stesso anno 1793 a sventolare la croce e il tricolore che erano diventati gli stemmi per milioni di persone. Tanto è vero che Schleiermacher sostenne che la religione era :”Non un complesso  di dogmi o un codice morale, ma un’esperienza interiore, diretta, intuitiva, che ha un’esistenza autonoma  al centro della vita umana”.

Le situazioni apportate attraverso questa  guerra, furono veramente catastrofiche: il terrore e la le violenze avevano dominato ed esaltato la folla. La ghigliottina  avrebbe finito il suo raffinato taglio di teste.

Via, via cadevano anche i capi-popolo, prima osannati, ora fra la polvere.

E i Templari ?  Non a caso mi soffermo ad esaminare  questa realtà sia storica che politica, ma anche religiosa.  Dove erano  i cavalieri del Tempio ?

         Nel periodo più attivo e fecondo dell’illuminismo, l’Ordine dei Templari era governato e continuò ad esserlo dalla più alta aristocrazia di  Francia dal 1705 al 1792, aristocrazia di sangue reale, distaccata dal mondo degli affari e dei commerci; un’aristocrazia  poco cortigiana, aperta ai pensatori, a scienziati, un’aristocrazia inquadrata più militarmente che politicamente, attaccata alla monarchia ed ai principi  che la Francia rappresentava. Con questo spirito, avevano guidato l’Ordine del Tempio, esigendo dai fratelli rigore quanto dovevano averlo i cavalieri della fede che si erano battuti ad Acri e a Damietta.

         Una grande cultura era entrata nell’Ordine del Tempio. Essa infatti era sempre stata accolta a braccia aperte per il trionfo delle grandi Verità; di quella poliedricità  che solo dal libero dialogo può scaturire.

         L’Ordine aveva perseguito da sempre il trionfo della libertà, della ragione nell’esercizio della sua funzionalità proveniente dalla filosofia, portatrice del sapere umano e della conseguente ricerca scientifica.

         Un’aristocrazia che aveva saputo conservare il difficile desiderio  del sapere per conoscere, per approfondire e di conseguenza per poter dare il meglio di quanto un essere umano possa offrire alla storia del progresso: dignità  al sapere,  dignità al sostegno delle proprie idee, ai propri ideali, apertura al dialogo e al confronto per  una crescita non solo sociale, ma anche  e  soprattutto  spirituale.

Possiamo citare a questo punto alcuni Templari presenti nell’ordine in quel periodo: l’Abate Bartelemy, Federico I di  Prussia,  Don Pedro Bolivar, lo storico Lancret, il predicatore  Massilon, il Cardinale 

Polignac, l’economista Qesnay, il letterato Montesquieu barone di La Brède , l’Abate Saint-Pierre.

         Conoscere i nomi dei Gran Maestri presenti  dal 1705 al 1792 è una realtà storica da non sottovalutare. Essi sono :

-         S.A.R. principe  Philippe, duca d’Orleans;

-         Principe Louis-Auguste de Bourbon, duca di Maine;

-         Principe Louis-Henry de Bourbn, principe di Condè;

-         Principe Louis-Francois de  Bourbon, principe di Conty;

-         -Louis-Hercules Timoleon de Cossè, duca de Brisac,  Pari  di , Francia Luogotenente generale del re.

Sulla rosa dei sopracitati  nomi,  tutti gli storici  sono concordi  , includendo fra questi anche coloro che ritengono falsa o nulla la continuità storica dei Templari.

Ancora oggi a molti fa comodo riportare la storia come desiderano loro e i vari sistemi succedutesi, riportando una serie di  “pseudo leggende”, di contraffazioni e di iniquità attraverso i quali sembrerebbe  “destinato a non morire l’odio per i Templari”.

         Questa  alterata situazione storica  generò nell’Ordine una situazione veramente obbrobriosa, da somigliare alla nefasta Bolla di Clemente V e agli stessi roghi di Filippo il “Bello”; il re definito dal vescovo Bernardo Saisset: “il re simile ad un gufo reale, il più bello degli uccelli, eppure  buono a nulla…”.

         Per l’istituzione monarchica, trovò la morte il Gran Maestro Louis-Hercules Timoleon de Cossè, giustiziato  dai sans-culottes.

         Louis-Henry de  Bourbon, principe di Condé fece onore  all’Ordine ed alla sua casata. Politicamente influente nel corso della reggenza fu capo del consiglio, primo ministro dal 1723 al 1726. Quale cavaliere Templare si  dedicò all’Ordine tanto da essere nominato Gran Maestro nel 1737; incrementò la vita culturale dell’Ordine e fu autore  di varie opere e memorie. Suo figlio Louis-Joseph, cavaliere Templare,  si distinse durante la guerra dei 7 anni. Anche lui proclive a molti interessi culturali scrisse, come il padre, memorie della sua famiglia oltre ad opere di storia dell’Ordine. Sostenne l’assemblea dei notabili nel 1787.

         Fu lui che nel 1792  organizzò il celebre “Corpo di Guardia” poi “esercito di Condé” dove militarono molti cavalieri Templari. Fu questo esercito che divenne il simbolo della lotta contro la Francia rivoluzionaria; riportò successi in Alsazia nel 1793 , combatté sino al 1797  dopo di che, con i suoi confratelli trovò rifugio in Russia dopo il trattato di Campoformio.

         Quando nel 1789 cominciò la rivoluzione francese, il Gran Maestro, assai lungimirante, consegnò gli archivi e la reggenza dello stesso al  cavaliere Claude Mathieu Radix de Chevillon. Infatti il Gran Maestro venne giustiziato. La rivoluzione colpì anche Luois-Francois Bourbon, principe di Conty, cavaliere Templare, figlio del precedente  Gran Maestro che aveva combattuto la guerra dei 7 anni il quale vista che la rivoluzione si faceva cruenta emigrò. Rientrato in patria nel 1790, fu arrestato nel 1793,  poi liberato 2 anni dopo, venne espulso dalla Francia,  i suoi beni confiscati e costretto  all’esilio andò a Barcellona.

E’ certo che la rivoluzione apportò grandi cambiamenti storico-sociali imprevedibili ai più, ma è pur vero che la silenziosa opera Templare proseguì anche nei secoli dopo.

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         Concluderei questa breve disamina sulla realtà Templare ricordando due cose che a mio dire sono importanti:

nel corso della rivoluzione francese il papato rimase estraneo agli avvenimenti di Francia. Infatti molti preti furono duramente perseguitati. E’ da aggiungere che con l’avvento di Napoleone Bonaparte, tali  ostilità  si attenuarono.

Fu allora che Papa Pio VI affrontò con molta dignità la complessa situazione che gli valse l’ammirazione anche degli avversari. Il Pontefice condannò la rivoluzione con il breve “Charitas” e, nel 1790 attraverso la “Costitution Civile du Clerge” ridusse allo stato laicale tutti i preti. Ma presto giunse alla rottura fra Roma e Francia.

   La seconda  notizia storica che ritengo interessante è quella accaduta il 28 marzo del 1808, quando, previa autorizzazione dell’imperatore dei francesi Napoleone I, venne celebrata a Parigi, nella chiesa di  “Saint Paul e Saint Louis”  una solenne cerimonia religiosa in commemorazione di  Jacques de Molay e dei Cavalieri Templari martirizzati. Il celebrante fu Pietro Romano  di Roma, abate Clouet, canonico di “Notre –Dame” de Coutances, città della Normandia e primate dell’Ordine che pronunciò l’orazione funebre e concesse l’Assoluzione con ferventi parole di fede nella giustizia divina.

 

Alessandro  D’Angelo