LA
REGOLA DI SAN FRANCESCO
CAPITOLO I
NEL NOME DEL SIGNORE!
INCOMINCIA LA VITA DEI FRATI MINORI
La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè
osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesu Cristo, vivendo in
obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
Frate Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi
successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano
tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.
CAPITOLO II
DI COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA VITA
E
COME DEVONO ESSERE RICEVUTI
Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno
dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali
soltanto e non ad altri sia concesso di ammettere i frati. I ministri, poi,
diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della
Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e
osservare fermamente fino alla fine; e non hanno mogli o, qualora le abbiano,
esse siano già entrate in monastero o abbiano dato loro il permesso con
l'autorizzazione del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castita; e le
mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano
ad essi la parola del santo Vangelo, che «vadano e vendano tutto quello che
posseggono e procurino di darlo ai poveri». Se non potranno farlo, basta ad
essi la buona volontà.
E badino i frati e i loro ministri di non essere solleciti delle loro cose
temporali, affinché dispongano delle medesime liberamente, secondo
l'ispirazione del Signore. Se tuttavia fosse chiesto loro un consiglio, i
ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con
il loro consiglio i loro beni vengano elargiti ai poveri.
Poi concedano loro i panni della prova, cioé due tonache senza cappuccio e il
cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo, a meno che qualche volta
ai ministri non sembri diversamente secondo Dio.
Terminato, poi, l'anno della prova, siano ricevuti all'obbedienza, promettendo
di osservare sempre questa vita e Regola. E in nessun modo sarà loro lecito di
uscire da questa Religione, secondo il decreto del signor Papa; poiché, come
dice il Vangelo, «nessuno che pone la mano all'aratro e poi si volge indietro
è adatto per il regno di Dio».
E coloro che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio
e un'altra senza, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da
necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili e
possano rattopparli con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. Li
ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che
vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma
piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso.
CAPITOLO III
DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO,
E COME I FRATI
DEBBANO ANDARE PER IL MONDO
I chierici recitino il divino ufficio, secondo il rito
della santa Chiesa romana, eccetto il salterio, e perciò potranno avere i
breviari.
I laici, invece, dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino,
cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore,
sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti.
E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La
santa Quaresima, invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente
per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno,
coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro
che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del
Signore, la digiunino.
Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in caso
di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale.
Consiglio, invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo
che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e
non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili,
parlando onestamente con tutti, così come conviene. E non debbano cavalcare se
non siano costretti da evidente necessità o infermità.
In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa; e,
secondo il santo Vangelo, è loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno
loro presentati.
CAPITOLO IV
CHE I FRATI NON RICEVANO DENARI
Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo
ricevano denari o pecunia, direttamente o per interposta persona. Tuttavia, i
ministri e i custodi, ed essi soltanto, per mezzo di amici spirituali, si
prendano sollecita cura per le necessità dei malati e per vestire gli altri
frati, secondo i luoghi e i tempi e i paesi freddi, così come sembrerà
convenire alla necessità, salvo sempre il principio, come è stato detto, che
non ricevano denari o pecunia.
CAPITOLO V
DEL MODO DI LAVORARE
Quei frati ai
quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con
devozione, così che, allontanato l'ozio, nemico dell'anima, non spengano lo
spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre
cose temporali. Come ricompensa del lavoro ricevano le cose necessarie al corpo,
per sé e per i loro fratelli, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente,
come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.
CAPITOLO VI
CHE I FRATI DI NIENTE SI APPROPRINO,
E DEL CHIEDERE L'ELEMOSINA
E DEI FRATI INFERMI
I frati non si
approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come
pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed
umiltà, vadano per l'elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il
Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. Questa è la sublimità
dell'altissima povertà, quella che ha costituito voi, fratelli miei carissimi,
eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatto poveri di cose e ricchi di virtù.
Questa sia la vostra parte di eredità, quella che conduce fino alla terra dei
viventi. E, aderendo totalmente a questa povertà, fratelli carissimi, non
vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del
Signore nostro Gesù Cristo.
E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro
reciprocamente. E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità,
poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più
premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale?
E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come
vorrebbero essere serviti essi stessi.
CAPITOLO VII
DELLA PENITENZA DA IMPORRE
AI FRATI CHE PECCANO
Se dei frati,
per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i
quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri
provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi, quanto prima
potranno senza indugio.
I ministri, poi, se sono sacerdoti, loro stessi impongano con misericordia ad
essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri
sacerdoti dell'Ordine, cosi come sembrerà ad essi più opportuno, secondo Dio.
E devono guardarsi dall'adirarsi e turbarsi per il peccato di qualcuno, poiche
l'ira e il turbamento impediscono la carità in sé e negli altri.
CAPITOLO VIII
DELLA ELEZIONE DEL MINISTRO
GENERALE DI QUESTA FRATERNITA
E DEL CAPITOLO DI PENTECOSTE
Tutti i frati
siano tenuti ad avere sempre uno dei frati di quest'Ordine come ministro
generale e servo di tutta la Fraternità e a lui devono fermamente obbedire.
Alla sua morte, l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e
dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano
tenuti sempre ad intervenire, dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e
questo, una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come
dal predetto ministro sarà ordinato.
E se talora ai ministri provinciali e ai custodi all'unanimità sembrasse che
detto ministro non fosse idoneo al servizio e alla comune utilità dei frati, i
predetti frati ai quali è commessa l'elezione, siano tenuti, nel nome del
Signore, ad eleggersi un altro come loro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste
i singoIi ministri e custodi possano, se vogliono e lo credono opportuno,
convocare, nello stesso anno, nei loro territori, una volta i loro frati a
Capitolo.
CAPITOLO IX
DEI PREDICATORI
I frati non
predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo sia stato
loro proibito. E nessun frate osi affatto predicare al popolo, se prima non sia
stato esaminato e approvato dal ministro generale di questa Fraternità e non
abbia ricevuto dal medesimo l'ufficio della predicazione.
Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che, nella loro predicazione, le loro
parole siano ponderate e caste, a utilità e a edificazione del popolo,
annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di
discorso, poiché il Signore sulla terra parlò con parole brevi.
CAPITOLO X
DELL'AMMONIZIONE E DELLA
CORREZIONE DEI FRATI
I frati, che
sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e
li correggano con umiltà e carità, non comandando ad essi niente che sia
contro alla loro anima e alla nostra Regola.
I frati, poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la
propria volontà. Perciò comando loro fermamente di obbedire ai loro ministri
in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono contrarie
all'anima e alla nostra Regola.
E ovunque ci siano dei frati che si rendano conto e riconoscano di non poter
osservare spiritualmente la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro
ministri. I ministri, poi, li accolgano con carità e benevolenza e li trattino
con tale familiarità che quelli possano parlare e fare con essi così come
parlano e fanno i padroni con i loro servi; infatti, così deve essere, che i
ministri siano i servi di tutti i frati.
Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da
ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cure e preoccupazioni di questo
mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione.
E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma
facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere
lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore
puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, e di
amare quelli che ci perseguitano e riprendono e ci calunniano, poiché dice il
Signore: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi
calunniano; beati quelli che sopportano persecuzione a causa della giustizia,
poiché di essi é il regno dei cieli. E chi perserverà fino alla fine, questi
sarà salvo».
CAPITOLO XI
CHE I FRATI NON ENTRINO
NEI MONASTERI DELLE MONACHE
Comando
fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con
donne, e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è
stata data dalla Sede Apostolica una speciale licenza.
Né si facciano padrini di uomini o di donne, affinché per questa occasione non
sorga scandalo tra i frati o riguardo i frati.
CAPITOLO
XII
DI COLORO CHE VANNO TRA I SARACENI
E TRA GLI ALTRI INFEDELI
Quei frati
che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri
infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I Ministri poi
non concedano a nessuno il permesso di andarvi se non a quelli che riterranno
idonei ad essere mandati.
Inoltre, impongo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei
cardinali della santa Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e
correttore di questa Fraternità, affinché, sempre sudditi e soggetti ai piedi
della medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà,
l'umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo
fermamente promesso.
(Finisce il testo della Regola e sèguita il resto della Bolla)
Pertanto a nessuno, in alcun modo, sia lecito di invalidare questo scritto della
nostra conferma o di opporsi ad esso con audacia e temerarietà. Se poi qualcuno
presumerà di tentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e
dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.