SRIMAD-BHAGAVATAM, (manifestazione Cosmica) CANTO: 2, capitolo 3 :

 

“Gli uomini simili ai cani, ai maiali, ai cammelli e agli asini glorificano coloro che non ascoltano mai il racconto dei divertimenti trascendentali di Sìrì Krsna. Colui che ci libera da tutti i mali”.

Da queste poche asserite si comprende che  se l’uomo non riceve un’educazione che lo inizi ai valori spirituali dell’esistenza, è meglio di un animale. Questo verso lo relega più precisamente a livello dei cani, dei maiali, dei cammelli e degli asini. In pratica, le università d’oggi portano lo studente a sviluppare la mentalità del cane e a mettersi al servizio del padrone.  Una volta terminata la loro così detta  educazione, gli uomini istruiti  e debitamente diplomati vanno di porta in porta come  cani, per trovare un impiego, ma, il più delle volte, la loro domanda è respinta per mancanza di posti liberi. Come il cane, animale poco importante, serve fedelmente il padrone per qualche boccone di cibo, anche l’uomo serve lealmente il padrone per un magro salario.

Coloro che non hanno alcun discernimento, in fatto di cibo e mangiano ogni sorta d’immondizie sono paragonati ai maiali. I maiali sono ghiotti  d’escrementi; ciò significa che perfino gli escrementi possono servire da cibo  ad una certa specie d’animali. Alcuni animali, come gli uccelli, inghiottono perfino pietre.  Ma l’uomo non è fatto per mangiare qualsiasi cosa deve nutrirsi di cereali, verdura, frutta, zucchero e prodotti del latte.

La carne non è fatta per l’essere umano; infatti la dentatura  dell’uomo è  strutturata in modo da servire a masticare verdura e frutta, e se l’uomo possiede 2 canini, si tratta di una concessione per coloro che vogliono a tutti i costi  mangiare la carne.

         E’ noto che, ciò che è cibo per gli uni piò essere veleno per gli altri. L’uomo è destinato a mangiare il cibo che è stato prima offerto al Signore. Il Signore accetta  volentieri le offerte di alimenti vegetali,  “una foglia, un fiore, un frutto”…(B.g., 9.26).  Come insegnano le scritture Vediche, non si può offrire al Signore nessun cibo a base  di carne. L’uomo quindi deve nutrirsi d’alcuni alimenti determinanti; non deve imitare gli animali per  ricavarne qualche presunta  vitamina.  Chi mangia qualsiasi cosa, senza alcuna discriminazione, è paragonabile al maiale.

         Il cammello è un animale cui piace  mangiare i cespugli spinosi.  E’ paragonato al cammello chi ispira dolcezze della vita familiare o a  un’esistenza basata sui cosiddetti  piaceri di questo mondo.  La vita materiale è certamente spinosa perciò tutti dovrebbero vivere secondo la via tracciata dalle Scritture  vediche e fare così il miglior uso di un cattivo affare. La vita nell’universo materiale si paga al prezzo del proprio sangue: la vita sessuale, che rappresenta il fattore centrale del godimento materiale, consiste in realtà nel nutrirsi del proprio sangue, e non c’è  bisogno di molti particolari per chiarire quest’affermazione. Il cammello inghiotte il proprio sangue quando mastica i rami spinosi che gli lacerano la lingua. Il sapore delle spine mischiate al sangue fresco è apprezzato da questo stupido animale che gusta così una felicità illusoria. Similmente i grandi capi d’industria  che lavorano con accanimento per accumulare denaro con mezzi discutibili gustano i frutti spinosi delle loro azioni  mischiati  al loro  sangue.  Il Bhàgavatam (Canto della Creazione)

Relega questi malati mentali nella categoria dei cammelli.

         L’asino è conosciuto, anche tra gli animali, come il più sciocco di tutti.  Si spezza la schiena per portare i fardelli più pesanti per guadagnare nulla.  In India, l’asino è generalmente impiegato dal lavandaio, la cui posizione sociale non è molto elevata.  Un’altra caratteristica dell’asino  è quella di essere sempre preso a calci dai sui simili di sesso opposto. Infatti, quando l’asino si avvicina alla femmina per pregarla di accoppiarsi con lui, questa lo riceve a calci, ma ciò non gli impedisce di seguirla docilmente, attaccato com’è al desiderio sessuale. Questa è l’immagine stessa dell’uomo dominato dalla moglie. La maggior parte degli uomini, lavora con accanimento, specialmente nell’età di Kali, facendo lavori che dovrebbero essere destinati agli asini, portando pesanti fardelli o, come in India, tirando Thelà e risciò.  Ecco dunque dove porta il progresso   nella nostra civiltà: ha ridotto gli uomini a faticare come asini. Analogamente, colui che lavora nelle grandi fabbriche e nelle officine deve vivere come una bestia da soma, e, dopo una giornata di duro lavoro, il povero operaio torna a casa per farsi maltrattare dalla moglie, che non solo rifiuta la sua proposta d’avere rapporti sessuali, ma lo assilla anche con innumerevoli problemi domestici. 

         La Bhàgavad-gità  (8, 15) recita: “La più grande ricchezza  consiste nel tornare a  Dio, nella nostra dimora originale…” L’asino ignora qual’è il suo interesse e lavora duramente a vantaggio degli altri; l’uomo che fatica in questo mondo per servire gli altri dimenticando il proprio interesse personale, sarà dunque paragonato all’asino. Il Brahama-vaivarta Purana insegna:

 

                  “Asitim caturas laksams tan jìv-jàtisu

                  Bhramadbhih purusaih pràpyam manusyam janma-parvayàt

                  Tad apy abhalatàm jàtah tesàm  àtmàbhimàninàm

                  Varàkànàm anàsritya govinda-carana-dvavam.”

 

         La vita umana è così preziosa,  che perfino gli esseri che abitano sui pianeti superiori aspirano talvolta  a nascere sulla Terra con un corpo umano, perché questa è la sola forma di vita da cui si possa facilmente tornare a Dio.  Sarà certamente considerato  un pazzo l’uomo che ignora il proprio interesse personale nonostante  una nascita così importante e preziosa trascura il ristabilire la relazione  che lo unisce eternamente a Govinda,  Sri Krsna, Si raggiunge la forma umana con un  veloce processo d’evoluzione graduale da un corpo all’altro attraverso 8.400.000 specie viventi.; ma l’uomo sfortunato, dimentico  del suo interesse, assume responsabilità di ordine politico ed economico e si perde così in innumerevoli attività illusorie che mirano a migliorare la condizione naturale altrui.   Queste aspirazioni politiche ed economiche non hanno nulla di condannabile in sé, ma, non bisogna dimenticare il vero scopo  dell’esistenza: ogni attività filantropica di questo genere deve contribuire a riportarci a Dio. Chi ignora questa verità è paragonato all’asino, che si accontenta di lavorare al servizio degli altri senza pensare né al loro vero interesse, né al  proprio.

 

Alessandro  D’Angelo