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pittore italiano (Sassari 1885 - Milano 1961). 

 

Seguendo le orme paterne inizia gli studi iscrivendosi alla Facoltà d’Ingegneria dell’università di Roma ed è particolarmente interessato allo studio della matematica.

 

Tuttavia, il vivace ambiente culturale romano lo induce a passare all’Accademia di Belle Arti, dove segue un corso di nudo. (Galleria)

 

Disgustato dall’incomprensione dei suoi maestri, dal 1910 si butta con passione nel vivo del dibattito futurista dispiegando la sua vena polemica.

 

I rapporti con Giacomo Balla e l'incontro con Umberto Boccioni e Gino Severini portarono l'artista, dopo il 1912, ad aderire al futurismo di cui diede un'interpretazione singolare, distinguendosi per una concezione volumetrica più solida e il valore fortemente espressivo del colore, come stanno a dimostrare i suoi inconfondibili paesaggi urbani.Con Balla, Severini e Boccioni condivide lo spirito innovativo e la proiezione avveniristica.

 

Tuttavia, anche se partecipa alla guerra    arruolandosi tra i Volontari ciclisti come altri futuristi, nel suo lavoro non condividerà mai il dinamismo delle loro immagini,  come del resto neppure la frammentazione dei cubisti, che erano antitetici rispetto alla sua naturale inclinazione verso forme solide, compatte e monumentali.

 

Vive a Roma fino al ’14 e poi si trasferisce a Milano. Alla fine della guerra espone diverse volte col gruppo futurista. A Milano diede personali interpretazioni della visione metafisica, con una pittura  a densi imposti di colore       (Il cavallo bianco e il molo); è affascinato dal paesaggio urbano e industriale che analizza acutamente, intorno al 1920 incomincia a dipingere la serie delle sue celeberrime “periferie”.

                                                                                                           

Si convince della necessità a un ritorno alla tradizione pittorica italiana del ‘400 ed è con questa convinzione che impone alle sue opere paesaggi angosciosi sotto cieli cupi; Il ritorno all'antico in pittura avviene anche tramite il recupero di tecniche classiche, come ad esempio il mosaico, l'affresco,   il bassorilievo monumentale. 

 

La figura umana la si identifica dentro quelle fabbriche o inghiottito da quelle anonime case  e solo rari veicoli transitano i lungo strade quasi sempre vuote.Stabilitosi a Milano definitivamente, svolse attività di critico e d’illustratore per il "Popolo d'Italia" e la "Rivista Illustrata del Popolo d'Italia" Sironi fu tra i fondatori, nel 1922, del gruppo dei Sette pittori moderni divenendo poi il maggiore esponente del Novecento e quindi della cultura ufficiale del fascismo.

 

Nel 1924 il gruppo si presenta alla Biennale di Venezia con l'appoggio di Margherita Sarfatti.

 

Sironi entra quindi a far parte del comitato direttivo "Novecento italiano". È il tempo di ,  cui Sironi è cofondatore e di questo gruppo ordina la prima mostra a Milano nel 1926, Intanto, all’attività pittorica di cavalletto alterna quella di disegnatore e critico d’arte sul “Popolo d’Italia”; molto impegno dedica anche all’antica tecnica dell’affresco, come pure a interventi di progettazione architettonica, alla scenografia e alla scultura.

 

Dopo la prima personale a Milano nel ’29 comincia a conseguire premi anche internazionali e diventa uno dei più quotati elaboratori dell’estetica fascista. Nel 1933 sottoscrive il Manifesto della pittura murale con Carrà, Campigli e Funi. In questi anni esegue opere di grandi dimensioni. Dal 1943 al '52 tiene numerosissime personali in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Dalla metà degli anni Quaranta la sua attività è assai intensa con esiti espressionistici molto personali.

 

A guerra conclusa, si raccoglie nel suo studio milanese a rielaborare le forme monumentali che hanno caratterizzato tutto il suo precedente lavoro e che diventano presenze forti di sapore arcaico entro le tele di piccole dimensioni di questo periodo.Si dedica anche alla progettazione di ambienti industriali (padiglioni della Fiat alla Fiera di Milano) e di scenografie teatrali.

 

Si ripropone in mostre personali e a Venezia espone delle tempere esaltate dalla sue doti grafiche e come ispirate da una certa ricerca arcaicizzante. L’anno stesso della morte gli viene conferito il grande premio “Città di Milano”. Si riconosce in Sironi una sorta di cantore epico del mondo moderno, capace di conferire un simbolismo aulico ai paesaggi - siano essi urbani o raccontino la montagna - e di avvolgere i suoi personaggi in un’aura eroica.

 

Splendidi per potenza evocativa sono anche i suoi monumentali nudi di donna, che paiono incarnare il senso profondo della dea madre.

 

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