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Una piccola tribù mai contattata prima è stata scoperta nella foresta amazzonica da una spedizione del governo brasiliano. Il villaggio di questo popolo finora sfuggito al contatto coi bianchi si trova nella valle del fiume Javari, in una delle zone più difficili dell'Amazzonia occidentale, non lontano dal confine con Colombia e Perù.

La spedizione, organizzata dal Dipartimento per gli affari indigeni del governo brasiliano (Funai) e diretta da Sydney Possuelo, ha raggiunto la valle dopo un interminabile viaggio in canoa lungo gli affluenti della Rio delle Amazzoni e a piedi nella foresta. Nel villaggio, situato in prossimità del fiume Jutai e formato da 16 lunghe capanne, gli esploratori hanno incontrato per circa un'ora una trentina di indios ma, date le dimensioni dell'abitato, si ritiene che l'intera comunità possa essere formata da alcune decine di persone. Secondo il capo spedizione, il gruppo ritrovato fa parte della tribù Tsohon-Djapa ed era a conoscenza dell'esistenza dei bianchi sia per i contatti con altre tribù vicine, sia per aver visto volare elicotteri e piccoli aerei sul loro territorio.  

L'esistenza di questo gruppo isolato era stata segnalata lo scorso anno durante una ricognizione aerea che aveva permesso di osservare le loro lunghe capanne in una radura della foresta nella regione dichiarata riserva indiana dal 1996. Subito dopo l'annuncio dell'avvistamento, le autorità brasiliane cercarono di tranquillizzare le organizzazioni che si battono per la tutela dei popoli indigeni assicurando che sarebbe stato impedito qualsiasi contatto diretto con la tribù in modo da evitare rischi per la sopravvivenza degli indios. Male cose sono andate diversamente. Secondo le dichiarazioni del capo della spedizione, i responsabili del Funai hanno deciso di raggiungere la tribù per verificare l'attendibilità di certe voci secondo le quali il piccolo popolo dei Tsohon-Djapa sarebbe di fatto dominato e sfruttato dalla vicina tribù dei Canamaris, ma il comunicato non precisa se è stato possibile verificare il reale stato delle cose e neppure quali misure siano state prese per tutelare la tribù.  

Secondo le stime degli specialisti di affari indiani, nell'Amazzonia occidentale, in particolare in prossimità del confine con il Perù e con la Bolivia, vi sarebbero almeno 53 gruppi indigeni non ancora contattati, alcuni formati da poche decine di individui, altri di 100-200 persone: in tutto circa mille indios che non hanno avuto contatti con la "civiltà". Questo isolamento non è dovuto solo alle particolari caratteristiche dell'ambiente in cui vivono, ma è piuttosto il risultato ultimo della secolare pressione che i bianchi hanno esercitato sulle popolazioni indigene; si tratta di sopravvissuti che per continuare a vivere si sono volontariamente isolati nelle zone più inospitali della foresta.

Ora il loro isolamento è finito per sempre e, nonostante le rassicurazioni delle autorità brasiliane, il futuro di questo piccolo popolo appare tutt'altro che roseo.  

L'esperienza insegna, purtroppo, che già nei primissimi anni (o addirittura pochi mesi) dopo il contatto coi bianchi, le tribù ritrovate subiscono un tracollo demografico (fino al 50 per cento) a causa dell'arrivo di cercatori d'oro, tagliatori di legname, coloni in cerca di terre (con assassini! e violenze di ogni genere) e malattie prima sconosciute, come malaria e influenza che decimano la popolazione insieme all'alcol e ai suicidi provocati dallo scardinamento sociale. Si calcola che al momento della scoperta del Brasile (1500) gli indios fossero circa 5 milioni. Oggi sono ridotti a 350 mila e alcune delle 215 etnie sopravvissute sono rappresentate da solo un paio di individui. Questi popoli, ha scritto il celebre antropologo brasiliano Darcy Ribeiro, "hanno affrontato cani, catene, fucili, mitragliatrici, napalm, arsenico, abiti infettati (volontariamente, ndr) di vaiolo, certificati falsi, sfratti, deportazioni, autostrade, steccati, incendi,mandrie, decreti legge e... la negazione dei fatti".

Un vero e proprio genocidio che solo poche organizzazioni non governative (una delle le più attive è Survival International, presente anche in Italia, sito Internet http://www.survival.com/) denunciano per dire che il dramma è ancora in atto e che i Paesi industrializzati non possono più considerare "inevitabile" e insito nel "progresso"l'annientamento di popoli ai quali viene ancora oggi negata la proprietà delle terre su cui vivono da millenni. Un dato per tutti: circa l'il per cento del territorio brasiliano è designato come "terra indiana", ma nemmeno un metro diterra è di effettiva proprietà degli indios. 

Viviano Domenici

(Corriere della sera, Lunedì 23 Aprile 2001), foto tratte da <<Diseredati>>. Ed. Survival .

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