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All'inizio del 2000, Amnesty International - insieme ad altre organizzazioni - ha lanciato la campagna mondiale sui diamanti insanguinati: da allora, l'espressione "Un diamante è per sempre" suscita in molti un sentimento di inquietudine e di istintiva repulsione, tant'è che sembra essere stata accantonata dalla De Beers che la utilizzava nella propria pubblicità. Consumatori, produttori, commercianti di gioielli e oreficeria hanno scoperto che potrebbero essere stati inconsapevolmente implicati in uno dei conflitti che hanno devastato - e ancora devastano- una larga parte del continente africano (soprattutto Angola, Sierra Leone, Liberia, Repubblica Democratica del Congo).
I diamanti estratti - spesso da civili obbligati sotto la minaccia delle armi - nelle zone controllate da gruppi di ribelli armati sono, infatti, la principale fonte di finanziamento per l'acquisto delle armi e dell'equipaggiamento militare che alimentano queste guerre, causando grandi masse di sfollati, omicidi, stupri, mutilazioni, uso di bambini soldato.
L’Onu ha bandito, a luglio 2000, il commercio di armi in Sierra Leone e sottoposto quei diamanti a controlli. Il Consiglio d'Europa ne ha vietato il commercio fino all'inizio del 2002. A distanza di quasi due anni, si continuano a raccogliere i frutti di questo lavoro:

Il 22 giugno 2001, il Consiglio mondiale dei diamanti, che presiede alla commercializzazione di tutti i diamanti grezzi, Amnesty International e altre associazioni hanno espresso in una dichiarazione comune il loro sostegno al "Clean Diamonds Act", introdotto dal Senato degli Stati Uniti per proibire l’importazione dei diamanti provenienti da zone di conflitto e imporre gravi sanzioni a chi li commercia;

Il 5 luglio scorso, i rappresentanti di 34 governi e della Commissione europea hanno concordato a Mosca le linee generali di un sistema internazionale di certificazione dei diamanti grezzi in modo da escludere dal commercio il contrabbando;

Un risultato dovuto in massima parte al lavoro infaticabile e spesso poco appariscente di centinaia di migliaia di persone nel mondo, che per mesi e mesi hanno inviato lettere e appelli a governi, istituzioni intergovernative, aziende, commercianti, sensibilizzato l'opinione pubblica. Esponenti del business dei diamanti a tutti i livelli sono stati chiamati - anche nelle fiere specializzate del settore come Vicenza Oro del giugno 2000 - a garantire che non commerciavano in "diamanti sporchi". In questo modo, consumatori grossisti e gioiellieri hanno cominciato a fare domande scomode ai propri fornitori. La De Beers, che controlla quasi i due terzi del commercio mondiale - dopo alcuni lunghi silenzi e un imbarazzato comunicato del marzo 2000 - ha dovuto impegnarsi a eliminare dai propri acquisti i "diamanti insanguinati".

Un lavoro iniziato nel 1991, quando Amnesty ha denunciato -inascoltata - i rischi insiti nelle vicende della Sierra Leone: il traffico illegale di armi e il loro uso per gravi violazioni dei diritti umani, la piaga dei bambini soldato, l'impunità concessa ai responsabili di gravi crimini contro l'umanità. Un lavoro che, che continuerà per contrastare le nuove scappatoie che i signori della guerra probabilmente si inventeranno per eludere i controlli.

Amnesty International chiede che:

I governi dei paesi maggiormente impegnati nel commercio dei diamanti (Gran Bretagna, Israele, India) lo tengano sotto stretto controllo, e accertino senza ambiguità la effettiva provenienza delle gemme per evitare acquisti o scambi con i ribelli del RUF;
L'ente attraverso il quale passa il 75% del commercio dei diamanti, l'Hoge Raad Voor Diamant di Anversa, utilizzi nuove e piu' efficaci tecnologie (ad es: "Finger Printing" e "holograms") per identificare con certezza l'originaria provenienza dei diamanti, ed aumenti il numero dei gemmologi che effettuano questi controlli.
La De Beers - Central Selling Organization, che commercializza il 65% dei diamanti nel mondo, continui a rifiutarsi di acquistare, lavorare, rivendere gemme provenienti da miniere controllate dal RUF e accetti un controllo internazionale indipendente.
Grossisti, dettaglianti ed operatori nel settore in genere si rifiutino di commerciare i diamanti "sporchi di sangue" della Sierra Leone e chiedano impegnative garanzie ai propri fornitori.


fonte : http://www.promiseland.it/