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Dopo la fine della guerra, la politica di Washington verso la regione comprendente   Afghanistan-Pakistan-Iran-Asia centrale è ostacolata dalla mancanza di un quadro strategico.Tra il 1994 e il 1996, gli Stati Uniti hanno sostenuto politicamente i talebani attraverso i loro alleati Pakistan e Arabia Saudita,fondamentalmente perché Washington vedeva i talebani come antiraniani, antisciiti e filoccidentali. Gli Stati unit ignoravano per convenienza lo stesso programma fondamentalista dei talebani, la loro politica oppressiva nei confronti delle donne e la situazione d'allarme che avevano creato in Asia centrale. In effetti, Washington non era molto interessata al quadro complessivo. Tra il 1995 e il 1997, il sostegno Usa sarà persino più esplicito con l'appoggio al progetto Unocal (il progetto di una pipe-line fra il Turkmenistan e il Pakistan che avrebbe dovuto passare attraverso l'Afghanistan . La compagnia petrolifera americana Union Ozi Company of California aveva inizialmente aderito al consorzio multinazionale CentGas che sosteneva il progetto per poi ritirarsi nel 1998, ndr) anche se all'epoca gli Usa non avevano nessun piano strategico di accesso all'energia centroasiatica.

La svolta della politica Usa, dalla fine del 1997 in poi, è stata esclusivamente guidata, in principio, dall'efficace campagna delle femministe americane contro i talebani. Come sempre, nell'agenda di Clinton le preoccupazioni di politica interna pesavano di più rispetto a quelle di politica estera. Il presidente e la signora Clinton hanno fatto largo affidamento sul voto femminile nelle elezioni del 1996 e sul sostegno femminile durante la saga di Monica Lewinsky. Non possono permettersi di contrariare le donne americane liberal.

Nel 1998 e nel 1999 il sostegno dei taleba­ni a Osama Bin Laden, il loro rifiuto di appoggiare il progetto Unocal o cercare il compromesso coni loro oppositori e il nuovo governo moderato in Iran forniscono ulteriori ragioni agli Usa per essere duri con i ta­lebani. Nel 1999 «catturare Osama Bin Laden» diventa l'obiettivo politico primario di Washington che però ignora il nuovo radicalismo islamico che l'Afghanistan sta allevando e che, nel tempo, avrebbe soltanto partorito altre decine di Osama Bin Laden. La politica Usa è stata influenzata da troppi assunti erronei. Quando ho parlato perla prima volta con alcuni diplomatici all'ambasciata americana a Islamabad, dopo l'ascesa dei talebani nel 1994, non hanno fatto nulla per nascondere il loro entusiasmo. Al corteo di diplomatici Usa in visita a Kandahar i talebani avevano det­to che a loro non piaceva l'Iran, che avreb­bero contenuto la coltivazione del papavero e la produzione di eroina. I diplomatici statunitensi credevano che, nella sostanza, i talebani avrebbero assecondato gli scopi americani in Afghanistan. Nel 1995, dopo che i talebani hanno conquistato Herat e cacciato dalle scuole migliaio di ragazze, non c'è stata una sola parola di critica da parte degli Stati Uniti. In realtà gli Usa, insieme all'Isi pakistano (i servizi segreti di Islamabad, ndr), consideravano la caduta di Herat un aiuto a Unocal e un'ulteriore stretta del cappio in­torno all'Iran. Quando i talebani conquistano Kabul nel settembre 1996, la Cia, di nuovo inco­raggiata dalle analisi dell'Isi, valuta possibile una conquista del Paese da parte dei talebani e, con essa, la realizzazione del progetto Unocal. I responsabili della poli­tica Usa più ingenui speravano che si sarebbero ripetute le stesse relazioni che gli Stati Uniti hanno avuto con l'Arabia Sau­dita negli anni Venti. Unocal non ammette ne smentisce di ricevere sostegno dal dipartimento di Stato, come avrebbe fatto qualunque com­pagnia americana in un Paese straniero, ma nega legami con la Cia. «Dato che Unocal è l'uni­ca compagnia Usa coinvolta nel consorzio CentGas, il sostegno del dipartimento di Stato per quella rotta diventa, di fatto, il sostegno per CentGas e Unocal. Allo stesso tempo, la politica Unocal di neutralità politica è ben nota al governo americano», mi dice John Imle, il presidente di Unocal.

C'è ancora un problema più grande: fino al luglio 1997, quando Strobe Talbott tiene il suo discorso a Washington, gli Usa non hanno nessun piano strategico per accedere all'energia dell'Asia centrale. Quando finalmente Washington articola la sua politica di «un corridoio di trasporto» dalla re­gione caspica alla Turchia (evitando Russia e Iran), le compagnie petrolifere sono riluttanti ad adeguarsi, dati i costi e la tur­bolenza nella regione. La questione essen­ziale che gli Usa si rifiutano di affrontare è  il processo di pace nella regione. È nell'interesse di Iran e Russia mantenere l'instabilità nella regione armando l'alleanza antitalebana, in modo che i piani Usa per gli oleodotti non possano mai realizzarsi. Gli Usa sono disorientati. Sebbene la politica generale di Washington sia quella di sostenere a Kabul un governo a larga base e multietnico, per un certo periodo gli Usa puntano sui talebani. Nel budget della Cia non c'è una voce che permetta di mandare armi e munizioni ai tale­bani. Ciononostante, gli Usa appoggiano i talebani attraverso i loro alleati tradizionali, Pakistan e India, accettando che siano loro a fornire le armi e a finanziarli.

«Gli Usa hanno acconsentito tacitamente a sostenere i talebani per via dei nostri legami con i governi saudita e pakistano che li appoggiavano», ha dichiarato nel 1998 il diplomatico di più alto rango incaricato dei rapporti con l'Afghanistan. Quella di Washington, più che una politica discreta, è forse una non politica. Una politica discreta comporta pianificazione, finanziamenti e decisioni, ma nelle alte sfere di Washington non è mai stato avviato un simile processo riguardo all'Afghanistan.

Ahmed Rashid © Feltrinelli

dal Corriere della sera di Martedì 27 Novembre 2001