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PARACELSO

Nell'alchimia rinascimentale la figura più significativa la troviamo in Paracelso il cui vero nome era Teofrasto Bombast von Hohenheim. Si faceva chiamare con lo pseudonimo di Paracelso  a significare che egli era qualcosa più di Celso Aulo Cornelio famoso scrittore romano di cose mediche e naturalista, vissuto nella prima metà del I secolo, considerato nella medicina, autorevole quanto i classici Ippocrate e Galeno.

Il padre, Guglielmo Bombast di Hohenheim, era un medico discendente dell'antica e celebre famiglia Bombast detta di Hohenheim dalla sua antica residenza, un castello presso il villaggio di Plinningen, nelle vicinanze di Stoccarda, nel Wurttemberg. Il nonno di Paracelso, Giorgio Bombast di Hohenheim, era Gran Maestro dei Cavalieri dell'Ordine di San Giovanni. Guglielmo si stabili, come medico, presso Maria-Einsiedeln e, nel 1492, sposò la direttrice dell'ospedale appartenente all'abbazia del luogo. Il 17 dicembre 1493 nacque Paracelso, loro unico figlio.

Dopo la prematura morte della moglie, nel 1502 Guglielmo si trasferì a Villaco in Carinzia, portando con sé Paracelso dove rimase per trentadue anni ad esercitare la sua professione di medico.

Dei primi anni di vita  poco ci è noto, Paracelso ricevette un’istruzione scientifica da suo padre, che gli insegnò i rudimenti dell'Alchimia, della chirurgia e della medicina.

Nel 1509 andò a studiare a Vienna, sotto la guida dell’umanista svizzero Joachin de Watt (Vadianus), dove, nel 1511, ottenne il baccalaureato.Avrebbe anche studiato nell'Università di Basilea e, a Wurzburg come discepolo del celebre Johann Trithemius di Spanheim , universalmente noto con il nome di Trithemius, abate di San Giacomo a Wurzburg (1462-1516), uno dei maggiori adepti della Magia, dell'Alchimia e dell'Astrologia del suo tempo, venerato nel seicento, insieme ad Agrippa von Nettesheim, come uno dei maggiori luminari dell’Arte Spagirica (Alchimia Esterna).

Sotto la guida di questo maestro Paracelso coltivò e mise in pratica il suo talento e il suo amore per l’occulto. Nel 1514 egli andò nelle miniere ed alle officine metallurgiche di Sigismondo Fugger nel Tirolo, dove, durante un anno di lavoro, poté farsi un'approfondita preparazione tecnica intorno ai metalli preziosi ed ampliare le sue conoscenze alchimistiche  in quanto  Fugger era un entusiasta cultore di quella scienza.

In seguito continuò gli studi sotto la guida dei monaci del convento di Sant'Andrea (nella valle di Savon) e dei dotti vescovi Eberhardt Baumgartner, Mathias Scheydt di Rottgach e Mathias Schacht di Freisingen. Paracelso ci fa sapere : « Io ho anche fatto grande pratica, per molti anni, con parecchi alchimisti che hanno investigato intorno a quest'arte ».

Per il suo temperamento inquieto Paracelso era costituzionalmente incapace di fermarsi a lungo in un luogo.

L'abate Lenglet du Fresnoy nella sua opera Histoire de la Philosophie Hermétique, così lo dipinge: << mai uomo ebbe tanti nemici e fu tanto criticato, mai uomo ebbe tanti seguaci e fu tanto ammirato >>.

Successivamente intraprese un viaggio di perfezionamento attraverso la Germania, la Francia, il Belgio, l'Inghilterra, la Scandinavia, l'Italia; secondo qualcuno, avrebbe visitato anche la Russia e l'Oriente e forse si recò anche in India, e dopo essere stato fatto prigioniero dai Tartari e portato al cospetto del Khan, ne accompagnò il figlio a Costantinopoli.

È probabile che Paracelso sia rimasto presso i Tartari fra il 1514 e il 1521, perché secondo la relazione di Van Helmont, giunse a Costantinopoli in quest'ultimo anno, e là, la leggenda dice,  avrebbe ricevuto la Pietra Filosofale. Come chirurgo militare, Paracelso avrebbe preso parte a diverse campagne comprese le guerre di Venezia del 1521-25; rimase in Italia a lungo per laurearsi in medicina (conseguì il lauro dottorale in 'filosofia e in medicina nel settembre (1541??) nell'Università di Ferrara).

 

Nel 1526, ottenuto il diritto di cittadinanza, si stabilì a Strasburgo per esercitarvi la medicina, egli non si trattenne a lungo perché gli si presentò l'occasione di un brillante avvenire.Fu indicato alle autorità cittadine di Basilea per la cattedra, allora vacante, di Medicina all'Università e per la carica di Medico Civico, incarichi che, offerti, furono subito accettati.

Le sue originali vedute portarono a screditare l'efficacia dei vecchi rimedi vegetali, allora usati da tutti ed a esaltare la virtù dei medicamenti tratti dai minerali; offese inoltre le tradizioni conservatrici facendo lezione in tedesco anziché in latino; e le ostilità erano acuite dalle ingiurie che egli ed i seguaci che si era cattivato, lanciavano contro chiunque la pensasse diversamente.

Egli sostenne che era molto più giusto indirizzare le ricerche dell’alchimia a favore della salute dell’uomo, piuttosto che cercare l’introvabile pietra filosofale.

Le cose erano giunte ad una situazione critica, quando un eminente cittadino di Basilea, il canonico Lichtenfeis, caduto ammalato, offrì un emolumento di cento gulden a quel medico che lo avesse guarito. Paracelso accettò il compenso, guarì il paziente che rifiutò di pagare la somma promessa. Paracelso non era un uomo da subire un tale sopruso in santa pace e citò l'inadempiente dinanzi alla Corte di giustizia. Per una ragione o per un'altra   la sentenza riuscì a lui sfavorevole, facendolo andare su tutte le furie, tanto che superò se stesso nelle contumelie contro i magistrati atterriti. Ma il flutto di improperi scurrili e calunniosi contro i giudici lo rendeva passibile di pene severe per offese alla giustizia e, messo in guardia, lasciò Basilea in tutta fretta e segretamente, riprendendo ancora una volta la vita errabonda attraverso la Germania e l'Austria. Si hanno notizie di lui a Colmar, Essiingen, Norimberga, San Gallo, dove un cittadino lo descriveva come « un uomo che scriveva sempre, sempre, senza posa».

Nel 1530 lo troviamo a Noerdlingen, a Monaco, a Regensburg, ad Amberg ed a Merano. Nel 1531 è a San Gallo, e nel 1535 a Zurigo. Andò poi a Maehren, a Kaernthen, a Krain ed in Ungheria, e finalmente invitato dal principe palatino arcivescovo duca Ernesto di Baviera, anch'egli studioso di scienze occulte grande amante e studioso di Esoterismo e di Alchimia, a Salisburgo dove sembra trovasse un ambiente tranquillo a lui congeniale, di cui purtroppo non potè godere a lungo. Là Paracelso raccolse finalmente i frutti delle sue lunghe fatiche e della sua vasta fama. Ma non era destinato a godere a lungo il riposo da lui tanto meritato perché, il 24 settembre 1541, mori all'età di quarantotto anni e tre giorni in una stanzetta della locanda del "Cavallo Bianco" lungo il fiume. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero della chiesa di San Sebastiano, conformemente alla sua volontà. Il Principe Arcivescovo ordinò due solenni funerali. Sulla tomba fu eretta una piramide, al centro della quale fu posto il suo ritratto. 

Sulla tomba si può leggere questo epitaffio:  

È qui sepolto Filippo Teofrasto, illustre dottore in Medicina, che con arte mirabile seppe guarire orrende ferite, la lebbra, gotta, idropi sia ed altre contagiose infermità corporali, e largì ai poveri le ricchezze guadagnate ed accumulate. Nell'anno di Nostro Signore 1541, il 24 Settembre passò dalla vita alla morte.  

Grava ancora un mistero sulla sua morte: molti biografi sostengano che egli morì di morte violenta, dovuta a veleno od a ferite. Nulla avvalora però questa tesi. Il cranio di Paracelso fu ripetutamente esaminato: esso presentava in realtà una frattura lungo l'osso temporale, ma non ci sono prove che facciano supporre che tale ferita gli sia stata inferta in vita. Paracelso non ebbe pace nemmeno nella tomba: fu dissepolto innumerevoli volte (sono documentati almeno sette spostamenti delle spoglie) e le sue ossa furono scompigliate e trafugate

I suoi avversari divulgarono che egli era morto in seguito ad orgiastiche bevute, una storiella che sembrò avere apparente conferma da un'esumazione avvenuta al principio del XIX secolo allorché si trovò che il suo cranio portava una frattura che poteva esser causata da un colpo o da una caduta, ma un ulteriore esame, eseguito nel 1880, accertò che la screpolatura era la traccia di un rachitismo ed il fatto che Paracelso aveva fatto testamento (fin ad oggi conservato) tré giorni prima di morire, dimostra che egli conosceva l'approssimarsi della sua fine.

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