Introduzione
indice
Come abbiamo già visto
nella
ricerca "Atlantide la storia nella leggenda" al
capitolo capitolo il cataclisma ;
in età preistorica, il
mar Nero era un grande lago di acqua dolce; nel periodo delle grandi glaciazioni il lago
era circondato da
pianure e altipiani. Di questo lago si ha
notizia in testi antichissimi dei Sumeri,
questo lago era alimentato da un sistema fluviale dalla odierna
Russia meridionale e scaricava le proprie acque attraverso un emissario
che versava, percorrendo il Bosforo, nel Mar Egeo.
La
trasformazione di questo bacino di acqua dolce in un vero e proprio mare
avvenne circa dodicimila anni fa. Con il progressivo aumento della
temperatura dovuto al periodo post-glaciale, lo scioglimento dei
grandi ghiacciai, che nei millenni precedenti avevano formato le calotte
polari e che si estendevano su gran parte della terra, tutto il livello
degli oceani iniziò a salire sensibilmente. Il mare prese a delineare
il nuovo profilo delle terre emerse.
Successivamente,
attorno all’ottavo millennio a.C. le popolazioni di quelle zone si accorsero che il lago stentava a
scaricare le proprie acque attraverso il Bosforo per la pressione del
mar Egeo il cui livello tendeva ad alzarsi vertiginosamente. Finché, a
un certo punto l’acqua salata ebbe la meglio e riuscì a passare nel
lago respingendo quella dolce.
Gilgamesh
o Noè
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Nel 2350 a.C. in Mesopotamia Re
Sargon fece costruire nel suo palazzo reale a Ninive una
immensa biblioteca di tavolette di argilla.
Nel 669 - Re Assurbanipal ricostruisce la distrutta biblioteca
iniziata da Sargon la ricostituisce raccogliendo tutte le
tavolette cuneiformi che fosse possibile reperire nei territori, per dar
vita alla prima grande biblioteca della storia.
Purtroppo nel 612
a.C. il re di Babilonia Napolassar e il re dei Medi Ciassare,
mettono fine all'impero Assiro; distruggendo ogni
cosa.
Nel XX secolo
gli archeologi fecero riemergere dalla sabbia del deserto il palazzo reale con la sua biblioteca
. Tra le 10.000 tavolette recuperate gli archeologi hanno recuperato il Poema di
Gilgamesh.
Mito e
leggenda di Gilgamesh indubbiamente influenzarono (nel 1290 a.C.)
l'estensore del primo biblico libro del Pentateuco: la genesi.
Recenti studi
hanno accertato l’esistenza di questo Gilgamesh. La professoressa Stephanie Dailey -
docente all’università di Oxford - ha però avanzato forti dubbi
sull’esistenza di un poema epico imperniato sull’eroe di cui abbiamo
riferito. Secondo la Dailey, Gilgamesh sarebbe stato in realtà solo un
re, signore e padrone della città di Uruk, in Mesopotamia, vissuto
attorno al 4500 a. C., un periodo troppo lontano, alla catastrofe abbattutasi sul Mar Nero e sulle zone
circostanti.
Ma il Gilgamesh
cui si riferisce la docente di Oxford potrebbe essere in effetti un
omonimo dell’eroe di cui i miti sumerici parlano e che si fa vivere
appunto attorno al 7500 o anche prima. In questi ultimi anni
interessanti studi hanno rivelato la veridicità dell’esistenza di
questa popolazione, la cui comparsa nella regione attorno al mar Nero
(già lago in epoca antidiluviana) si fa risalire alla metà del settimo
millennio a.C..
Gli
studiosi cosa hanno scoperto
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Sir
Leonard Woolley (1880-1960) compì una campagna di scavi archeologici tra il 1928 ed il 1934 nel
sito su cui sorgeva l'antica città di Ur. Come
accerterà Woolley a UR, il Diluvio della leggenda è uno dei tanti
finora accertati catastrofici diluvi-alluvioni . La piana
Mesopotamica è 5 volte più grande della pianura padana (anch'essa
soggetta ad alluvioni) e vi scorrono 2 fiumi il Tigri e l'Eufrate, in
molti punti pensili sulle campagne circostanti che vanno unendosi per
circa 2800 Km (5 volte il Po).
Con queste condizioni tutta l'area è soggetta ad inondazioni, il
territorio circostante è formato da coperture di sedimenti misurabili
nelle varie epoche.
Durante tale campagna gli operai addetti agli scavi si imbatterono in
uno strato di fango alluvionale, tale strato insospettì Woolley
esso si trovava parecchi metri più in alto rispetto al livello
circostante, il che poteva significare che, al di sotto di tale strato
di limo, ci potesse essere una stratificazione di reperti di epoca
anteriore.
Due metri più sotto, li aspettava la sensazionale scoperta di
strumenti di selce e frammenti di vasellame identificati successivamente
come risalenti al Terzo periodo di Ubaid, convenzionalmente datato tra
il 4500 ed il 4000 a.C. L'analisi microscopica dei sedimenti fangosi escluse un'origine marina e
suggerì quale possibile causa una catastrofica inondazione
riconducibile allo straripamento del fiume Eufrate.
Inevitabile,
di conseguenza, associare tale scoperta alla vicenda di Noè ed ai
racconti sumerici svelati in tutta la loro misteriosa somiglianza con la
saga biblica del Diluvio grazie alla decifrazione della scrittura
cuneiforme.
Ma gli scavi nella
regione irachena anticamente occupata dagli insediamenti sumeri non
cessarono e sotto gli occhi di tutti apparvero tracce di un secondo
Diluvio.
L'archeologo autore delle scoperte fu Stephen Langdon,
che nel 1929 pubblicò il resoconto del ritrovamento di tracce di una
inondazione nei pressi delle città di Shuruppak (la moderna Fara) e di
Kish: l'analisi stratigrafica permetteva di collocare l'evento nel
periodo storico denominato Proto-dinastico datato tra il 2900 ed il 2700
a.C.
La datazione decisamente più recente di quella attribuita al Diluvio di
Woolley, abbondantemente in periodo storico e di conseguenza ben
documentabile con opere letterarie, e la coincidenza con il fatto che
proprio Shuruppak è la città nominata nell'Epopea di Gilgamesh
spingevano in modo prepotente a considerare "autentico" il
Diluvio messo in luce dagli scavi di Langdon.
Gilgamesh
La disputa, ovviamente, tenne desta l'attenzione dell'opinione pubblica
ed ebbe ampio risalto anche sui giornali dell'epoca con autentiche cacce
all'ultimo scoop.
E
di
recente...
indice
Di recente Grazie alla
spedizione di Robert Ballard e soprattutto al suo «Little Hercules,
un robot-sottomarino telecomandato, sono state ritrovate a 12 miglia dalla
costa turca e a circa 90 metri di profondità canne
impastate con fango e argilla, corrispondenti a vecchie travi di una capanna di circa 35 metri quadri, attorno alle quali si trovano manufatti e utensili in
ottimo
stato di conservazione. Per gli studiosi non ci sono dubbi: si tratta di un edificio risalente
al neolitico.
A sostenere l'ipotesi della gigantesca
inondazione, anche l'assenza nelle acque del Mar Nero di ossigeno, al di
sotto della superficie. Cosa che lo rende particolarmente sterile, ma
che offre una convincente spiegazione, di come le strutture in legno e
altro materiale deperibile, siano riuscite a conservarsi a distanza di
migliaia d'anni in ottime condizioni. Nel 1993, un
gruppo di geologi
americani guidati da William F. Ryan e Walter C. Pittman del
Lamont-Doherty Eart Observatory della Columbia University di Palisades,
N.Y., illustrarono i risultati delle loro ricerche geologiche e
oceanografiche sulle origini del Mar Nero, si
crede che circa 7.500 anni fa l'ampia zona occupata, oggi, dal mar Nero fosse
probabilmente una fertile pianura coltivata da popolazioni agricole
provenienti dal Medio Oriente. Essa ospitava, nella sua parte più
depressa un piccolo lago e la sua altitudine era molto al di sotto del
livello del vicino mar Mediterraneo.
Diversi
ritrovamenti sui fondali del mar Nero di conchiglie fossili d’acqua dolce scolorite dalla luce del sole;
proverebbero che erano state a lungo all’asciutto confermando questa tesi facendo
ipotizzare eccezionali eventi meteorici, l'improvviso
rovesciamento dell'acqua del Mediterraneo in corrispondenza dell'attuale
stretto dei Dardanelli. Gli
insediamenti umani furono, così, travolti
e cancellati.
Analoghi i
risultati ottenuti anche dall’Accademia russa delle Scienze che con
una nave oceanografica - attraverso i rilevamenti sismici e i carotaggi
subacquei - ha ridisegnato le coste dell’antico lago preesistente al
diluvio. E si è accertato che le genti scampate e sfuggite al
cataclisma divulgarono l’agricoltura in Europa e in Mesopotamia. Tra
queste genti c’erano i Sumeri che dilagarono nella regione tra il
Tigri e l’Eufrate. Nella parte occidentale dell’Europa invece
arrivarono gli altri popoli che portarono con sé le loro tecniche
agrarie. Insieme alle tecniche relative all’agricoltura ad ogni modo
queste tribù scampate al cataclisma conservarono e tramandarono nei
secoli il ricordo della grande paura, dell’immane tragedia che, di
generazione in generazione, assunse i contorni del mito, quello del
Diluvio universale.
Cosa
dicono nel mondo indice
Il concetto degli uomini malvagi puniti
con il diluvio ricorre in innumerevoli tradizioni. Noé lo incontriamo in tutto
il globo, talvolta addirittura con il suo nome, dall'hawaiano Nu-u, al
cinese Nuwah, al Noa amazzonico. In Paraguay e in Brasile é anche
Tamanduare, in Messico Tapi o Nala' e diviene Pokawo per i Delaware
statunitensi, Manibusho per i pellerossa canadesi, Zeukha presso i
Patagoni, Yima in Persia, Dwifa nelle leggende celtiche.Venezia, basilica di San Marco -
mosaici dell'atrio
Per i Greci ...
Deucalione e Pirra
Gli uomini si comportavano male, Zeus arrabbiato li
punì,
Essi si odiarono. Zeus scatenò una tempesta con grandi venti a causa del comportamento
degli esseri umani.
Gli uomini consapevoli cominciarono a fare riti e preghiere, ma il dio
non li ascoltò. A Ftia Deucalione e Pirra, esseri onesti e benvoluti dagli dei, si
salvarono riparandosi in un'arca e salvarono coppie di animali.
L'alluvione durò 9 giorni e 9 notti, quando si accorsero che la pioggia
era cessata i due si affacciarono per vedere il mondo, ma non videro che
un'immensa distesa d'acqua. L'arca toccò terra ed Eucalione e Pirra scesero e si accorsero di
essere capitati sul monte Parnaso.
Ermes arrivò e portò loro un messaggio che parlava delle decisioni di
Zeus. Loro avrebbero avuto la possibilità di essere sereni. I due decisero che questa benedizione doveva ricadere sull'intero genere
umano e chiesero consiglio ad Ermes. Questo rispose loro di gettarsi alle spalle le ossa della grande madre.
I due subito non capirono, poi intuirono la soluzione, presero delle
pietre e se le scagliarono alle spalle e queste presero l'aspetto di
uomini e donne.
Per gli Indiani
Manù, figlio del dio Sole, stava facendo il bagno in
riva al fiume. Si trovò nel palmo della mano un pesciolino di nome
Matsya. Egli provò compassione per lui perché poteva essere mangiato dai
più grandi; lo mise in un' anfora di terracotta piena d'acqua. Poi crebbe e gli scavò un fossato.
In seguito crebbe maggiormente e lo portò nell'oceano. Matsya disse a Manù che tra qualche anno sarebbe venuto un diluvio.
Suggerì di costruirsi una nave per mettersi in salvo e Matsya promise
che sarebbe andato a salvarlo. Il giorno arrivò e Matsya venne a prendere Manù e lo portò in cima ad
una montagna.
Per gli Africani
Kapinga non aveva moglie. Un
giorno incontrò una donna e la portò a casa. La donna non voleva mangiare, perché il
marito non sapeva il suo nome. Kapinga girando incontrò Kakulutu
Kamunto che gli disse il nome della moglie cioè Tumba. Kapinga e Tumba
andarono al villaggio del padre della donna. Arrivati, restarono a
lungo. Dopo un po' Kapinga volle tornare a casa e il capo del villaggio
(il padre di Tumba) gli disse di ritornare a prendere sua moglie in un
giorno di pioggia. Kapinga acconsentì e dopo tornò a casa. Dopo qualche tempo di siccità il marito si diresse
al villaggio di sua moglie. Arrivato non trovò nessuno, ma vide dei
sassi; ne prese uno e affilò il suo coltello e poi tornò a casa.
Quando cominciò a piovere Kapinga tornò al villaggio di Tumba e
incontrando gli abitanti chiese di riavere sua moglie, ma il padre gli
negò il permesso perché quando era andato al villaggio durante la
siccità, affilando il suo coltello su quel sasso aveva fatto una grossa
ferita al capo villaggio perché quel sasso era lui. Kapinga tornò a
casa senza moglie.
Per Tahiti
TAHITI fu una volta sommersa dal mare, nell'isola
sopravvissero solamente due persone e gli animali che essi salvarono; il
disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta furiosa che finì per
travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due
esseri umani si rifugiarono sul monte più alto PITO-HITI. Finalmente dopo 10 notti cessò di piovere e il mare
calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell'isola. Solamente una famiglia d'animo gentile si salvò, costruendo
un'arca spaziosa per rifugiare ogni specie animale.
Per i Brasiliani
Il serpente Kane-roti fece il rio Tocantins e il rio Araguaia. Piovve per molti giorni, i corsi d'acqua strariparono; le acque del
Tocantis raggiunsero quelle dell'Araguaia. Per 2 giorni il mondo fu sommerso.
Le Apinaye fuggirono dalla Sierra Negra. Una coppia di sposi prese tre zucche giganti e le riempì di cibo,
soprattutto di cereali; le chiusero, le legarono e aggrappati, si
lasciarono portare alla deriva. Improvvisamente ritornò a piovere, ma i due se la cavarono.
Quando l'acqua si abbassò i due coniugi cercarono un posto dove
stabilirsi e lì si accinsero a costruire una fattoria.
Un giorno un ragazzo sopravvissuto uccise un uccello e lo portò alla
madre per cucinarlo.
La madre si accorse che il volatile aveva semi di mais nello stomaco e
chiese al figlio dove l'aveva preso saputa la notizia; la gente andò
alla ricerca del posto; trovata la fattoria, si fermarono fino all'
autunno per raccogliere cibo.
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