Quartu e il Campidano subirono per ben tre volte la tragedia dell'alluvione:
nel 1868, l'8 di ottobre del 1881 e il 5 di ottobre del 1889. Quest'ultima
è ricordata dai quartesi come "s'unda" (la
piena).
L'alluvione ebbe inizio all'alba del 5 ottobre, intorno alle sei,
quando ad un impetuoso vento e ad una violenta pioggia, si aggiunse
una fitta grandine, i cui chicchi superavano i 500 grammi di peso,
che distrusse tutto ciò che colpì. Il paese fu interamente
sommerso sia dalle piogge torrenziali che dai tanti torrenti, ormai
straripati, del circondario. L'acqua limacciosa in certi punti superava
il metro d'altezza. Le case del paese erano state costruite quasi
tutte in mattoni di fango e paglia (lardiri): i muri a mano
a mano che si imbevevano precipitavano nella fiumara.
Persero la vita 25 persone; oltre 500 case furono distrutte; il
90 per cento dei raccolti furono perduti; circa 2.000 persone rimasero
senza tetto, accolte nelle case non coinvolte nella distruzione
o nelle chiese, che confortavano indistintamente tutti i popolani.
Questa disgrazia portò come conseguenza, ancora più
grave, il vaiolo che se normalmente colpiva solo i più poveri,
in quel frangente, a causa delle precarie condizioni igieniche e
del continuo riversarsi di numerose persone nel poco spazio disponibile
nelle chiese, esplose coplendo individui di ogni classe sociale
e di ogni età.
Per commemorare i morti nel nubifragio fu posta una lapide a destra
del portone principale della Chiesa di Sant'Elena, dove si trova
ancora oggi (come indicato con un cerchio rosso nella foto sotto).
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