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da "il manifesto" del 10 Ottobre 2004

Si chiude oggi la Buchmesse del mondo arabo

Le cinque giornate di protagonismo della Lega araba a Fancoforte hanno mostrato al resto del mondo forme letterarie intrecciate al confronto politico, in contesti tormentati dalla guerra, tra problemi di convivenza delle diverse componenti sociali, linguistiche, confessionali
WASIM DAHMASH,

La domanda sul perché la Fiera del Libro di Francoforte, alla sua 56ma edizione, abbia scelto di fare degli stati appartenenti alla Lega Araba gli «ospiti d'onore» ha molte risposte, alcune delle quali facilmente intuibili: i conflitti aperti in Medio Oriente costituiscono una enorme cassa di risonanza massmediatica, e l'iniziativa della Buchmesse - mentre asseconda il bisogno di un pubblico di lettori insoddisfatti e interessati a un maggiore approfondimento - è stata evidentemente ispirata dalla consapevolezza dei limiti che si incontrano nella intermediazione a cui è quasi esclusivamente affidata la conoscenza del mondo arabo. Inoltre, è nella logica del sistema produttivo proporre a un mercato asfittico una produzione libraria poco conosciuta, potenzialmente tutta da mettere a profitto, sperando che si ripeta quanto è avvenuto nel 1976, quando proprio in seguito alla Fiera, fu data visibilità in Europa alla letteratura latino americana. Ma la produzione letteraria araba per i lettori italiani è solo parzialmente una sorpresa, dato che da molti anni alcune case editrici hanno pubblicato con un certo successo numerosi titoli e molti autori, come il marocchino francofono Tahar Ben Jelloun, vincitore del premio Goncourt, cortegiatissimo dalla critica internazionale, e il Nobel egiziano Naguib Mahfouz. Ma se ciò che è auspicabile in seguito alla scelta della Fiera è l'apertura verso una più vasta cerchia di lettori, questi si renderanno conto che anche la letteratura araba ha seguito processi simili a quelli di una produzione che si va omologando in tutto il mondo. Generi e forme si sono adeguate da un pezzo seguendo un processo che affonda le radici in quelle riforme politiche, giuridiche, istituzionali che nell'800 hanno preso avvio nell'impero ottomano e che vanno sotto il nome di tanzimat. Il fermento politico e culturale che allora si è riversato nella produzione letteraria araba è stato soltanto un momento importante di un'evoluzione già avviata nel Settecento, e da allora sviluppato in diverse metropoli cosmopolite del vasto impero. L'interrogativo che si erano posti gli intellettuali arabi sul «ritardo del mondo musulmano» in campo scientifico, è stato solo il primo passo sulla via delle riforme sostenute da una vivace attività di traduzioni, che non è mai venuta meno. E non c'è dubbio che la letteratura sette-ottocentesca europea - francese in un primo momento, inglese e russa successivamente - abbia esercitato attraverso le traduzioni (i grandi traduttori erano anche scrittori «in proprio») una forte azione di rinnovamento del gusto, formando il pubblico alle nuove forme letterarie, in particolare al romanzo e alla poesia moderni. D'altronde, l'influsso europeo si accompagnava alla rinascita di forme e generi della letteratura araba classica, in particolare della forma narrativa delle maqamat. Ben prima dell'intervento coloniale, dunque, è avvenuto il passaggio dal romanzo medievale alla sua forma moderna, la trasformazione dell'aneddoto in racconto breve, transitando dalle complesse forme poetiche classiche, basate su una metrica rigorosa, al verso sciolto e narrativo; mentre recente è, invece, la scrittura per il teatro (basterebbe ricordare il palestinese Emile Habibi e il siriano Sadalla Wannus) fino a pochi decenni fa relegata all'ambito popolare, anche se, già nella prima metà del `900, grazie al poeta egiziano Ahmad Shawqi, si era affermato il teatro in versi.

L'individuazione dei due ospiti «eccellenti» in Assia Djebar e in Idwar al-Kharrat non è casuale: a loro sono dedicati diversi incontri e dibattiti, che hanno contribuito a evidenziarne meglio la appartenenza a tendenze distanti, pur essendo entrambi portatori di una sperimentazione formale che si svolge a più livelli. Assia Djebar è algerina, di famiglia musulmana ma di educazione francese, come lo sono il marocchino Tahar Ben Jelloun o il libanese cristiano Amin Maalouf. La sua attività creativa va dalla scrittura filmica a numerosi testi narrativi che scavano nel mondo femminile dell'odierna Algeria. Idwar al-Kharrat, invece è egiziano, di famiglia cristiana, arabofono: i suoi romanzi e i suoi saggi critici sono esempio di una lingua che non dimentica i canoni classici e insieme fa ricorso a forme dialettali di immediata espressività.

Spesso i critici occidentali, e per induzione quelli arabi, per sottolineare la qualità di un'opera la pongono in rapporto con fenomeni o autori della letteratura europea: operazione, che peraltro evita l'analisi puntuale dei testi, e se può essere legittima in astratto, quando non tiene conto del contesto storico assume una valenza inevitabilmente eurocentrica. Ma ciò che distingue l'attività letteraria araba odierna, nella molteplicità delle istanze formali con cui si esprime, risiede nel fatto che le narrazioni si intrecciano al confronto politico e si svolgono in contesti tormentati dalla guerra e spesso dallo sterminio di larghe fette della popolazione coinvolta, tra problemi di convivenza delle diverse componenti sociali, linguistiche o confessionali. Un esempio di come possa essere sviluppato il tema della guerra in una forma narrativa che tenga conto delle innovazioni formali più attuali è nel romanzo del palestinese Ibrahim Nasrallah, Dentro la notte (in corso di stampo per le edizioni Ilisso), in cui la suddivisione in paragrafi, brevi e intensi, vivacizzati dai dialoghi, riprende le tecniche di un montaggio cinematografico. Le scene si succedono con rapidità, lasciando al lettore il compito di saldare i nessi della storia. I personaggi, senza nome, con i loro ricordi, scorrono in un tempo condensato dalle due voci narranti, «io» e «l'altro», fusi insieme, in una notte senza fine, articolata nei due tempi della narrazione, il presente e il passato che riaffiora e s'impone.