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saggio introduttivo

 

Indice

p.7

Wasim Dahmash

 

 Introduzione 

 

 

 

al-Mahdi Akhrif                  

 25

Ibrahim                                               

 35

Manal                                                  

 43

Risveglio                                             

 47

I forzieri degli abissi                        

 

 

 

Muhammad Bennis                           

63

Cavità                                                 

77

Foglia della leggiadria

 

 

 

Muhammad al-Khammar   

91

La morte prossima                         

95

Le pianure assopite

99

Le ceneri di Esperidio

 

 

 

Muhammad al-Ashari      

113

Il canto delle nuovole amare         

123

L'insulto

125

Le lettere                                      

127

Cupole sbiadite...Candide tegole  

133

Un giorno d'azzurro                       

137

Una nuvola stupida                    

139

Due uomini                                      

 

 

 

 Abdallah Zrika  

143

Gocce di candele nere                      

 

 

 

 

Ahmad al-Majati                

195

Il ritorno degli sconfitti                  

205

Gerusalemme                                     

211

La caduta                                           

 

 

217

Bibliografia                                         

inizio pagina

 

 

INTRODUZIONE

      

 

 

 

 

Quest'antologia non pretende di offrire una visione complessiva della produzione poetica di lingua araba del Marocco odierno, e tantomeno di ricercarne le origini, seguirne gli sviluppi, descrivere correnti, scuole, tendenze, mode.

Pur nel limite del loro numero, i testi sono comunque  rappresentativi delle più recenti tendenze poetiche,  e  gli autori sono stati selezionati fra coloro che negli ultimi decenni hanno seguito le vie tracciate dalla sperimentazione, intrecciando la versificazione classica con la lezione europea del verso libero.

Si tratta di linguaggi e di stili della poesia arabo-marocchina attuale, il risultato di un rinnovamento che in Marocco parte negli anni ‘30 e che ha visto mettere in discussione gli schemi classici e le forme tradizionali. È a partire da quegli anni infatti che la produzione poetica marocchina è oggetto di un profondo ripensamento critico.

Tale dibattito ha luogo per effetto di due forti spinte. La prima è rappresentata dalla sfida posta dal movimento che si svolge nella letteratura dell'oriente arabo e  di cui sono protagoniste, in quegli anni, in primo luogo le riviste letterarie del Cairo. La seconda deriva dall’influenza della letteratura europea con la quale entrano in contatto i giovani marocchini che studiano nelle scuole francesi e per i quali il francese diviene lingua di scrittura. Il dibattito che si svolge sulle riviste arabo-marocchine, è solo in superficie una semplice difesa dell’ "arabicità". Nonostante che questo tema sia predominante, non sono da trascurare alcuni aspetti di un certo interesse. In primo luogo perché la nuova poesia di lingua araba anche in Marocco comincia ad affermarsi sulla scia del clima generale della nahÿa, la “rinascita”.

Tra gli studiosi che si sono occupati dell’argomento, è stata Isabella Camera d’Afflitto[1] a differenziarsi da altre ricostruzioni che limitano il fenomeno  della “rinascita” all’area siriana e all'Egitto. Nell’esporre lo sviluppo del movimento innovativo della “rinascita”, la studiosa italiana fornisce preziose informazioni sulle attività degli autori maghrebini situando le loro opere nella corrente generale della nahÿa. La nuova poesia marocchina rappresenta quindi un aspetto, sebbene con tempi diversi, del movimento che tra '800 e '900 ha sconvolto il panorama letterario arabo. Se è innegabile l'influenza esercitata dai grandi poeti siriani e egiziani, il dibattito che si svolge sulle riviste locali tra gli scrittori marocchini, tocca solo in parte i problemi relativi alle forme della poesia araba. Verte invece, in particolare, sulla produzione poetica marocchina, ma l’argomento forse più dibattuto ruota intorno alla lingua da usare.  Sul primo aspetto, le forme, intervengono gli articoli della rivista «al-MaÐrib», pubblicata da Ÿ…li| M†sa tra 1934 e 1952 e firmati da Ibn cAbb…d (pseudonimo di Mu|ammad ibn cAbb…s al-Qabb…º), il quale prende in esame la produzione poetica dei suoi contemporanei. La condanna è severa: tale produzione non contiene niente di innovativo, è descrittiva,  subordinata a forme e stili inventati da altri nel passato più remoto; inoltre seguirebbe uno  schema, quello della qa¡†da, superato da secoli. Nel condannare l'uso del nas†b, la parte introduttiva della qa¡†da classica, Ibn cAbb…d non risparmia poeti come al-Sayyid cAbd al-Fatt…| (noto come al-Š…cir al-Ma¥b™c) e un giovane, già famoso, cAl…l al-F…s†,  detto Š…cir al-Šab…b, il Poeta dei giovani, appunto.

Nel numero di aprile 1935, il poeta Mu|ammad al- Šanq†t† risponde a Ibn cAbb…d per difendere la propria poesia chiamando in causa tutta una schiera di poeti classici antichi.

Negli stessi anni emerge la figura di cAbd al-Sal…m al-cAlaw† che nei suoi primi componimenti, pur seguendo gli schemi classici relativi alla rima e alla metrica, usa un linguaggio privo di preziosismi. È da sottolineare che la produzione poetica di cui si parla, si sviluppa in un ambiente tradizionale,  tanto che le voci critiche non esitano a definirne i maestri come "gli immoti"[2], seppure ad alcuni di questi attualmente vengono invece riconosciute grandi capacità stilistiche e formali[3]. I giovani poeti marocchini si cimentavano prevalentemente sui generi tradizionali, in particolare sul "panegirico mu|ammadiano", diffusissimo in tutta la produzione poetica araba del Settecento e dell'Ottocento.

Ed è su questo genere che si avverte in misura maggiore il mutamento del linguaggio poetico. Nel gennaio 1943 la rivista «Ris…lat al-MaÐrib» dedica un numero speciale all'anniversario della nascita del Profeta; vi appare un lungo poema a opera di Mu|ammad al-ðalaw† che, pur composto in base alla metrica classica, si distingue per la semplicità del linguaggio. Sarà un altro poeta, il già citato al-cAlaw†, dopo appena un anno, a rompere clamorosamente gli schemi della metrica classica.

Forse non è superfluo accennare al fatto che la nuova letteratura, e quindi anche la poesia, nasca nel clima della lotta anticoloniale e non sia casuale che alcuni dei nuovi poeti fossero anche leader politici: è il caso di cAl…l al-F…s†. Tra questi alcuni scrivevano sia in arabo, sia in francese, e questo è il caso del già citato al- Šanq†t†.

Il dibattito tra i sostenitori dell’arabofonia e i sostenitori della francofonia, iniziato in quegli anni e ancora aperto, non è che un aspetto dell’intreccio fra letteratura e pensiero politico che coinvolge non solo il Marocco, ma tutto il mondo arabo[4].

Molti luoghi comuni da sfatare esistono intorno alla questione degli influssi che le letterature arabo-orientale da una parte, e quelle europee, in particolare quella francese, dall’altra, hanno esercitato sulla letteratura marocchina. Spesso i critici, per sottolineare la qualità di un’opera la pongono in rapporto con fenomeni o autori della letteratura moderna arabo-orientale o europea. Quest’operazione, legittima in astratto, può assumere una valenza arabocentrica o, in modo diverso, eurocentrica, quando non tiene conto del contesto storico in cui si sviluppa la letteratura marocchina. Certo è che questa letteratura, nelle forme, nello stile e nei generi, ha subito l’influenza della letteratura araba della nahØa e quella delle letterature europee, francese e spagnola in primo luogo, ma resta il fatto che si tratta di un fenomeno complesso, aperto agli influssi esterni, che tende al rinnovamento culturale, con caratteristiche proprie.

 

Nonostante che qui non si sono potuti dare che rapidi cenni sulla nuova poesia di espressione araba in Marocco, bisogna però ricordare che l'esperienza poetica nel Marocco postcoloniale è una delle più ricche del mondo arabo di oggi, con figure quali al-Maym™n†, al- SarІn†, o ¦abb…l che, come il siriano Adonis o il palestinese Ma|m™d Darw†š,  rappresentano oggi la poesia più matura del mondo arabo.

Della poesia di cAbd al-Kar†m ¦abb…l, il critico marocchino al-³a¥†b dice: "les premiers poèmes furent publiés dans un périodique de Tétouan et qui fait montre d’un souffle poétique fort sensible lui permettant l’expression éloquente d’un syncrétisme subtil en la maturité de la sagesse et l’innocence puérile de l’enfance violée"[5]. Poesia d'acqua, un esempio della poesia di ¦abb…l:

 

Disegno nell'acqua

un volto di pietra

più bello del volto dell'acqua

diafano svela il segreto

roseo... come un sogno

ma appena compiuto

dato il frutto la sua ombra

riempiendosi gli occhi ride

del mio vecchio volto

del mio pennello bambino

chiedo con rabbia repressa

la voce rotta

perché ridi di cuore

sei creatura mia ombra

piume delle mie ali

risponde

tu non hai dipinto un volto

né hai infuso vita con l'alito

sono pietra assoluta

ero qui... prima del sorgere di Eridano

ho d'acqua il corpo

che il tempo non logora

ho parole d'acqua

che il vento non cancella

e tu sei un monello

che disegna nella sabbia.

 

Le problematiche immesse in questa poesia si inseriscono in una poetica consapevole della specificità del fatto letterario. E tra i temi  sono ricorrenti, ai confini tra realtà e sogno, tutto il mondo interiore. Il mare e l’acqua, il tempo, reinterpretato in una poesia, La clessidra, di Mu|ammad al-Maym™n†:

 

Conosce la sabbia il percorso

fra le due concavità

s'accumula nel fondo di una di loro

e torna all'inizio in un già percorso viaggio

tempo con noi fiacco

non fermarti sulla strada del presente a venire.

 

Presente celato

riprenditi la tua lesa maestà

sii un domani in essere

colora il tuo cielo come vuoi.

 

Quando ti abbiamo visto, ieri,

mascherato nelle vesti di domani in arrivo

ti abbiamo creduto l'inizio dell'oggi

o l'inizio della saggezza

dopo i giorni della perdizione.

Cosa resterebbe se il domani mancasse l'appuntamento

e filtrasse fra le due concavità

su un ritmo che si ripete.

 

 

***

 

 

Ma con quale lingua tradurre "questa" poesia?

Il problema di fondo è quello di sempre: trovare la “lingua” con la quale tradurre poesia. È un problema che si pone per qualsiasi traduzione letteraria, come è ovvio, tanto che ogni teoria della traduzione continua a volerlo risolvere, instancabilmente. Ma è, anche, un problema pratico per chi si propone il compito di trasmettere il contenuto originale di informazione e di esperienza a un pubblico che è, anzitutto e auspicabilmente, lettore di poesia nella propria lingua. Perciò, se per un verso ci si è dovuti misurare sulla poesia costruita per un pubblico diverso da quello “naturale”, per altro verso il  lettore, come è legittimo che avvenga nell’ambito della lingua e della letteratura di partenza, non potrà riscontrare la costruzione o la distruzione del canone con cui la poesia originale è in rapporto.

Oggi in Italia, possiamo disporre di una lingua standard e di varie lingue poetiche. Poi esistono le varie distanze tra l'italiano e l’arabo letterario moderno che in questa scelta antologica a sua volta si frammenta nella singolarità dei testi da cui questa è formata. È la ragione per cui è stato necessario stabilire quale italiano utilizzare. Non solo, è stato anche determinante scegliere quali aspetti formali dell’originale evidenziare e quali altri sacrificare. Dante è difficilmente immaginabile non in terzine, e infatti in terzine è la famosa versione francese di Jacqueline Risset. Nella tradizione traduttiva dall’arabo, è semmai il ritmo dei versi a risuonare con efficacia nella poesia che all’arabo si ispira, come dimostrano le suggestioni più lontane legate al nome di Goethe, fino alle traduzioni ri-creazioni di oggi, di Gianroberto Scarcia, e recentissime, di Riccardo Zipoli.

Per rispondere all’istanza a cui si faceva cenno poc’anzi, quale italiano utilizzare, qui è stata adottata una lingua italiana contemporanea nella quale, a volte, è stato necessario immettere qualche arcaismo,  o fossile,  nel tentativo di recuperare la forza della lingua poetica dell’originale. Ne è conseguita una copresenza di stili, legittimati, spero, dal pastiche postmoderno. Ma in primo luogo sono stati mobilitati i grandi della poesia italiana, Montale, Sereni, Pasolini, Luzi, per le suggestioni della loro lingua allitterante, e soprattutto Rosselli, per la ragione opposta, per il suo rifiuto della musicalità, degli espedienti ascrivibili a una lingua poetica riconoscibile come tale. Ne sono esempi queste brevi composizioni nelle quali ¦abb…l affronta con delicatezza estrema il tema della vecchiaia, quello della guerra, inesorabilmente attuale o quello possibile della convivialità.

Il vecchio

 

Piano di gabbiani

lacrima che si prepara negli occhi di una nuvola

rosa che la rugiada piange

albero nudo

voce alla fine di un canto

non v'è altro che fumo nei carboni ardenti

non v'è altro che nubi nella neve.

 

La guerra

 

In un incontro segreto

con le ombre arcigne

di un mozzicone di candela

di una parete inclinata

di un vaso di rose appassite

di echi di ricordi pallidi

ho detto loro

siamo qui in un nascondiglio sconosciuto

a definire gli ultimi particolari del piano

e al mattino cominciamo la battaglia

sapendo quanto sarà carico il vento

di brutalità

di sete di sangue

contro la verità sovrana.

 

Il pergolato

 

Ho bevuto il bicchiere due volte

ed era vuoto

tutte e due le volte

stelle si sono oscurate

si è fermato l'usignolo nel giardino

è cresciuta la pianta amara nelle due palme

propagato il cranio

ai bordi della notte

ho detto al mio compagno

ahi, il pergolato.

 

 

Da quanto precede, discende una prima considerazione. Di quale esperienza personale dispone il traduttore che intraprende l’impresa di “importare” opere letterarie? Per essere meno “traditore”, recita il luogo comune, il traduttore dovrebbe anche esercitare “in proprio” l’arte della parola. Un luogo comune che è in buona parte condivisibile per cui l’occasione induce il traduttore a spiegare come nel concreto, essendo un palestinese arrivato in Italia poco più che adolescente, ha potuto affrontare  la traduzione di queste poesie. Nel percorso di vita accompagnato dal sogno di un ritorno in Palestina,  una traccia da seguire: l’esercizio sulla propria lingua, l’arabo, e sull’italiano, lingua d’adozione. Di qui le prime traduzioni, più di trent’anni fa, di poeti come Quasimodo, Montale, Pasolini, appunto. Impresa temeraria, senza dubbio, ascrivibile all’incoscienza della giovinezza. Temerarietà che si rinnova però nel tempo, con la riflessione quotidiana sulla lingua e si rinnova nel perseguire quel sogno sulla Palestina a cui si accennava. Per non scomparire. Dall’esperienza personale, lungo i percorsi dell’appartenenza, da “uomo spaesato”, come direbbe Tzvetan Todorov[6], scaturisce dunque l’ardua impresa di affrontare il profondo pericolo che la traduzione letteraria implica.

Un secondo elemento giustifica il quadro. Dice Pound: “Quando siamo costretti a tradurre in una lingua assai differente, riusciamo per un momento a possedere il calore interno del pensiero che fonde le parti del discorso per rimodellarle a piacimento”.

“Calore interno” dunque, molto vicino a quel che Gian Piero Bona chiama “Cultura animi”: “si direbbe che ogni azione culturale sull’”altro”, quando partecipi di una nostra tensione creativa, produca una libido di dipendenza, una forma di innamoramento. Io sono dunque convinto che il tradurre – come lavoro di identificazione – sia cosa possibilissima, a condizione che si proceda con intenzioni che oserei dire 'amorose'”.[7]

 

Wasim Dahmash

 

 

 



[1] I. Camera d’Afflitto,  Letteratura araba contemporanea. Dalla nahdah a oggi, Roma, Carocci, 1998, pp. 52-64.

[2] La definizione è di A|mad Qabas, Ta'r†² al-šicr al-carab† al-|adt, Bayr™t, D…r al-º†l, 1971.  

[3] L’elenco dei nomi dei poeti marocchini tra '800 e '900 è lunghissimo. Tra i più illustri si ricordano A|mad al-BalІ¡†, cAbd All…h al-F…s†, A|mad al-Ÿubay|†, ‹acfar al-N…¡ir†. Crf. A. Qabas, cit.; e A|mad ðasan al-Zayy…t, Ta'r†² al-adab al-carab†, Bayr™t, D…r al-taq…fa, s.d.

[4]  M. Ruocco, L'intellettuale arabo tra impegno e dissenso, Roma, Jouvence, 1999.

[5] I. al-Khatib, La littérature marocaine: l'appropriation du réel, in The Arabic Literatures of the Maghreb: Tradition revisited or Response to Cultural Hegemony (a cura di I. Camera d'Afflitto), Roma, Istituto per l'Oriente, 1997, pp. 257-266, p.260.

[6] È il titolo dell’edizione italiana di T. Todorov,  L’uomo spaesato. I percorsi dell’appartenenza, Roma, Donzelli, 1996 (tit.orig., L'homme dépaysé, Paris, Seuil, 1996).

[7] G. P. Bona, Interpres et amans (o la condizione del tradurre), in AA.VV., La traduzione del testo poetico, a cura di Franco Buffoni, Milano, Guerini e Associati, 1989, pp.139-143, 139.

 

 

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