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UN SANTUARIO  (parole da sussurrare)

 

Topografo di corridoi di sabbia
gettato su viottole d'issopo
col passo ed il respiro sussurrati
a zolle, della medesima terra.
Gioviali s'addipanano i pampini
al portale. E l'ondivago pastore
di pantere cosperge di polvere
che si posa rugiada, i frastornati
intorni. Stordite, anche le pareti
da celesti tremiti e pantomime
di carne velare, di celluloide.
Un mezzogiorno che chiama la notte
come questi piedi senza bussola,
ricetto del formicolio terrestre.

Un topografo, col viso rorido
di rosa, disegna carte di luoghi
in cui mai si dirige, perché ha scritte
sul corpo le isoipse dei petali.
Adesso, di fronte; e vento che scarmiglia
i tralci all'entrata dischiusa,
m'accolgono i muri che schiumano lievi
dell'ondisona celeste -una radice germogliata
in forma d'arpa- calcati dalla nudità
di cinepellicole danzanti
nel battesimale. Questo ventre proiettato
sull'altare, nella sembianza
di un martirio asperso di formalina.

Poi una pioggia, che scioglie dal viso
la biacca di cenere silvestre
che ravviva i muschi, un santuario.

a MM.