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BRIGANTAGGIO IN SICILIA 

Esiste sempre un “termine speciale” con il quale le classi egemoni liquidano le risposte violente ed indesiderate al loro dominio. Nell’Ottocento questo “termine speciale” fu  BRIGANTAGGIO. Con ciò si intendevano quelle Bande armate costituite da “malfattori, omicidi, banditi e pregiudicati” che imponevano un proprio potere su regie contrade e municipalità. Il fenomeno del brigantaggio già diffuso nel Trecento, assumerà via via proporzioni sempre maggiori fino ad esplodere nella seconda metà dell’Ottocento. Lo stato di drammatica povertà, le usurpazioni e i continui soprusi , le insurrezioni del 1820-1821 e del 1837, le rivoluzioni del 1848-1849 e i moti che precedettero il 1860, ma, soprattutto, le leggi mai capite e sicuramente mai accettate, furono tutti motivi che seppure in modo diverso produssero il dilagare della “macchia”, delle “comitive armate”, degli “scorritori di campagna”, del “brigantaggio”. Briganti furono per lo più quei “giornalieri” e contadini poveri che  impugnarono le armi per riappropriarsi di reddito, per “sanare i torti”, rispondere alle usurpazioni, per riprendersi la terra,  per farsi “sovrani” nei loro territori. E brigantaggio fu, per le classi egemoni, borboniche prima e savoiarde dopo, quella rivolta sociale che si scagliò contro gli assetti giuridici della proprietà, contro la fiscalità dello Stato, contro l’annullamento degli usi civici, contro la leva militare. Un movimento, quindi, antimoderno che opponeva  aspetti importanti della “civiltà contadina” siciliana a “l’altra civiltà” che con le sue truppe e la sua “carta bollata” si faceva largo nella storia. L’esercito di bande e di insorti, usato politicamente e militarmente nella fase della cosiddetta “rivoluzione unitaria” e subito combattuto come “reazione” e brigantaggio al momento della normalizzazione piemontese, verrà distrutto a mezzo di stati d’assedio, incendi, tribunali e leggi speciali, fucilazioni, carcerazioni e deportazioni di massa. La mostra si compone delle drammatiche immagini fotografiche di briganti siciliani fucilati dalle forze di repressione e da una parte documentaria che, nei limiti dell’estrema sintesi che può appunto rappresentare una mostra, tocca gli aspetti più inquietanti di quel dibattito e di quella legislazione che stroncarono e poi cercarono di interpretare il fenomeno del “brigantaggio”. La mostra ( 19 pannelli formato 1mx1m)  prevede, anche, la proiezione di film: un’interessante retrospettiva su come la cinematografia ha trattato la questione del brigantaggio.        

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AL TEMPO DELLA PESTE (in preparazione)