GUERRA CIVILE IN JUGOSLAVIA
1991-1995

Chi contro chi

In una società gravemente disgregata come quella jugoslava degli anni '90, in cui i nazionalismi e gli odi etnici ebbero la meglio sulla ragione e sulla solidarietà, la guerra jugoslava fu (ma il conflitto è ancora aperto su altri fronti) una guerra di tutti contro tutti che coinvolse sia le etnie che le fedi religiose:

  • Sloveni

  • Croati

  • Bosniaci

  • Serbi e Montenegrini

  • Macedoni

  • Albanesi

  • Musulmani

  • Cattolici

  • Ortodossi

attuale Jugoslavia

           

La Iugoslavia (1945-1991) comprendeva sei repubbliche (Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina) e due provincie autonome (Kosovo e Vojvodina). La Bosnia-Erzegovina si rese indipendente nel 1992, mentre la Serbia e il Montenegro costituirono la Repubblica federale di Iugoslavia; divennero autonome: Croazia, Slovenia, Macedonia.

Presidente dal 1989 della Serbia e dal 1997 della Federazione iugoslava, Slobodan Miloševic stato il fautore della rinascita del nazionalismo serbo e, dopo la rottura del vecchio stato federale iugoslavo e la formazione di nuove entità statali indipendenti, dell’idea di una Grande Serbia, sostenendo la componente serba nella guerra civile in Bosnia. Ostile alle opposizioni interne e a ogni pretesa di autogoverno della minoranza albanese del Kosovo, la sua politica ha determinato un aggravamento dei contrasti politici ed etnici, sfociato nel 1998 nelle operazioni serbe di “pulizia etnica” nel Kosovo e nell’intervento militare della NATO che ha colpito la Serbia con un bombardamento aereo durato 78 giorni. Tra i maggiori responsabili del lungo conflitto che ha imperversato durante tutti gli anni Novanta nella regione balcanica, nel 1999 è stato accusato dal Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia di crimini contro l’umanità.

 



LA SITUAZIONE

Slobodan Milosevic 

 

Dopo la morte del maresciallo Tito (1980) la coesione della federazione jugoslava cominciò ad incrinarsi e il declino dei regimi comunisti nel resto dell’Europa orientale favorì le pressioni per una maggiore democrazia e autonomia.

Nel 1990 la Jugoslavia abbandonava il sistema di potere monopartitico e il suo particolare socialismo autogestito. Di lì a poco fattori interni ed esterni portarono alla disgregazione; una dopo l'altra, Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina (1991-1992), che male avevano sopportato il predominio serbo, si dichiararono indipendenti. La separazione fu pacifica per la Slovenia e la Macedonia ma avvenne solo dopo una guerra feroce per la Croazia e si trasformò in un dramma per la Bosnia dove l'estremo frazionamento etnico e religioso alimentò una sanguinosa guerra civile che nessun accordo e neppure l'intervento dell'Onu riuscivano a fermare. Soltanto nel 1995 veniva raggiunto un precario equilibrio tutelato dalla massiccia presenza militare dei paesi della Nato. In ogni caso il compromesso che garantiva l'integrità territoriale della Bosnia non poteva cancellare rancori e desideri di vendetta provocati da una guerra intestina che lasciava dietro di sé decine di migliaia di morti ed efferatezze di ogni genere.

Ancora oggi, 1998, l'area non può essere considerata né pacificata né stabilizzata. Dopo la guerra serbo-croata e la guerra civile bosniaca, che potremmo considerare la terza e la quarta guerra balcanica, oggi sembra profilarsi una guerra serbo-albanese per il possesso del Kosovo (sarebbe la quinta guerra dei Balcani in questo secolo!)

 

LE TAPPE DELLA GUERRA CIVILE

 

1980

Il Kosovo, provincia serba ma abitata da una popolazione in maggioranza albanese, rivendica l’indipendenza dalla federazione jugoslava per poter riunirsi all'Albania, ma la Serbia risponde con violente oppressioni e si impone come potenza egemone, la sola capace di garantire l’unità della federazione jugoslava.

1991

La Slovenia, repubblica etnicamente omogenea, dichiara unilateralmente la propria indipendenza. Di fronte al sollecito riconoscimento del nuovo stato da parte della comunità internazionale (il primo a riconoscere la nuova repubblica fu lo Stato del Vaticano) la Serbia accetta il fatto compiuto.

1991, giugno

Nello stesso giorno anche la Croazia dichiarava unilateralmente la propria indipendenza. Ma la Croazia non era etnicamente omogenea e l’armata serba intervenne a fianco della minoranza serba del paese che aveva proclamato fondato uno stato serbo indipendente dalla repubblica croata. La guerra si concluse, dopo violentissimi scontri e disumani episodi di «pulizia etnica», con il riconoscimento dell'indipendenza della Croazia e l'espulsione della popolazione serba di Croazia.

1992-94

Terminata in Croazia, la guerra si sposta nella Bosnia-Erzegovina. Nel mese di marzo i musulmani di Bosnia, etnia di poco maggioritaria nella regione, proclamarono l'indipendenza. Dopo il referendum sull’indipendenza, i serbi proclamano a loro volta la Repubblica del Popolo Serbo di Bosnia-Erzegovina dando inizio a una feroce guerra civile che oppose le milizie serbe a quelle mussulmane e croate. L’assedio di Sarajevo da parte dell’esercito serbo diventò il simbolo di una guerra atroce e per certi versi assurda, nella quale il maggior numero delle vittime si contò fra i civili. Fu la più crudele delle guerre civili, nel coso della quale serbi, croati e musulmani di Bosnia tentarono di eliminare qualsiasi presenza estranea nelle zone in cui prevaleva la propria etnia. Ogni mezzo fu ritenuto valido: violenze fisiche sulle persone, distruzione di villaggi, espulsione oltre confine e internamento in campi di concentramento delle popolazioni.

1995

Gli sforzi della diplomazia internazionale ottengono che i contendenti firmino la pace a Parigi. Tuttavia non fu possibile fare accettare alle parti in lotta una sistemazione definitiva dell'area; in verità si trattò piuttosto di un precario equilibrio tutelato dalla massiccia presenza militare dei paesi della Nato. l'accordo di pace era stato stabilito a Dayton, in Ohio (Stati Uniti d'America), tra i rappresentanti politici della Repubblica Federale di Jugoslavia, comprendente le repubbliche di Serbia e di Montenegro, e quelli della Bosnia e della Croazia. Il compromesso garantiva l’integrità territoriale della Bosnia ma non poteva cancellare rancori e desideri di vendetta provocati da una guerra intestina che lasciava dentro di sé decine di migliaia di morti ed crudeltà di ogni genere. La Bosnia fu suddivisa in due parti (una amministrata dai Serbi, l’altra dai musulamani) ma le diverse etnie avrebbero formato una confederazione con capitale Sarajevo.