06/11/2005
  Chiudi  


Pasquale Esposito Anish Kapoor, quando l’arte diventa architettura, e viceversa. Al Madre, il museo d’arte contemporanea di Palazzo Donnaregina, si celebrava ieri la sua opera che sarà permanentemente esposta al primo piano, nella stanza sucessiva a quella di Jeff Koons, ma più che di questa si è parlato del suo intervento, come artista «promosso» architetto, alla stazione della Sepsa di Monte Sant’Angelo-Traiano, prima stazione delle rete di trasporto metropolitano-regionale affidata a un artista con un ruolo diverso. Di architetto, appunto. Al pianterreno sono esposti i progetti e i modellini dell’artista anglo-indiano e del gruppo di architetti, i Future Systems londinesi, che hanno partecipato all’operazione. E allora, v’è da chiedere a Kapoor qual è la sua idea di architettura, non prima d’aver detto che l’opera del Madre - «La vasca», realizzata dai Cantieri Navali Postiglione - è nel solco della sua filosofia del vuoto: una superficie che sembra coperta da un tappeto nero, e che è invece non c’è (ma dà l’effetto che ci sia) e che è profonda tre metri e mezzo. «Per me architettura vuol dire equilibrio tra estetica ed uso, fra forma e funzione, in questo caso pubbica. Il progetto della stazione corrisponde esattamente alla mia idea di arte, con il vuoto rappresentato dal pozzo che consentirà ai viaggiatori di entrare e di uscire dalla stazione, e con la funzione, rappresentata - appunto - dall’uso trasportistico dell’opera, dall’andare e venire dei cittadini che useranno il treno...». Lei ha già esposto a Napoli, sia a piazza del Plebisciito che al Museo Archeologico: qual è la sua idea di questa città? «Napoli mi piace, l’ho già detto nelle precedenti occasioni e lo ripeto con piacere anche adesso... La trovo orientale nell’aspetto, con il suo caos che ritengo creativo, qui respiro un’aria di libertà, mi sento a casa mia, sento anche di avere un rapporto speciale con la gente, con il cibo. Mi piacciono i monumenti, la sua storia. E mi piace questo essersi votata all’arte contemporanea come riqualifcazione urbana: di Napoli si parla in campo internazionale per queste realizzazioni artistiche, le stazioni della nuova metropolitanea, le mostre in piazza, all’aperto e nei musei, gli spazi museali destinati all’arte contemporanea, gli artisti che vengono coinvolti da tutto il mondo». Dopo «Subway» a Monte Sant’Angelo continuerà a fare... l’architetto? «Devo dire che mi piace allargare il campo della mia esperienza artistica. E anche che non era la prima volta che partecipavo ai dei progetti non solo come artista, ma come architetto. Ma nel caso di Napoli è stata una cosa completamente diversa, monto più impegnativa, una sfida nuova. Tanto che, quando il presidente della Regione mi propose questo incarico, pensai ”È pazzo”... Poi, per fortuna, mi sono convinto: aveva ragione Bassolino, così ora posso dire di aver provato un’emozione diversa. Devo dire che tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione totale del gruppo di architetti britannici Future Systems, sono stati bravissimi come sempre, ma Napoli ha contagiato anche loro, non solo me, e qui ci hanno messo qualcosa di più... Verrà una bella stazione, una bella opera». Quando sarà inaugurata? «L’apertura, l’entrata in funzione è prevista per il 2008, non ci sono motivi per ritenere che l’impegno non sarà rispettato». Utopia e concretezza era lo slogan di una parte, quasi una scuola, una corrente dell’architettura internazionale degli anni ’60-’70: la formula è ancora valida per quel che riguarda «Subway» Monte Sant’Angelo? «Qui con me c’è Amanda Levete dei Future Systems, credo che sarà d’accordo, penso che in questo caso c’è la concretezza (un’opera di trasporto a favore della città, dei cittadini) e anche l’utopia: quella di aver voluto abbinare architettura e arte, simbiosi di bellezza e arte». Per Napoli, per «Subway» c’è stata una ispirazione particolare? «Io, si sa, sono attratto dai vuoti, dal concetto di profondità: la zona interessata dal lavoro a me affidato fa parte dei Campi Flegrei, un territorio contrassegnato da tanti crateri, dall’antichità, dalla storia, gli inferi, la mitologia, il mito: tutti elementi che non potevano non influire sulla mia ispirazione. Era la prima volta che a un artista veniva affidata la progettazione di una stazione, Bassolino dice che quest’opera entrerà nella storia dell’arte e anche dell’architettura: speriamo abbia ragione anche stavolta».