INDICE EDIZIONI Giovedì 12 Dicembre 2002

Dalle stazioni dell’arte
alle stazioni archeologiche

La strada è tracciata e, una cosa è certa, la metropolitana andrà avanti nel segno dell’arte. La novità piuttosto potrebbe essere un’altra e si rispecchia in un’idea suggestiva che man mano che procedono gli scavi per la realizzazione del tratto Dante-Garibaldi pare prenda sempre più corpo. L’idea é che l’arte contemporanea, quella che caratterizza il tratto Vanvitelli-Dante, possa lasciare il passo alla storia, alle tradizioni, alla vita stessa della città. «Ma è presto per parlarne, e comunque prima di ogni decisione andranno ascoltati gli esperti e soprattutto andrà ascoltata la città», si limita a osservare un abbottonatissimo Rocco Papa. La questione, in effetti, è delicata e le recentissime polemiche su alcune scelte artistiche, dai teschi in piazza Plebiscito alla stessa pubblicità per il San Carlo, scelte che hanno irritato non poco la Iervolino, inducono alla cautela. Eppure, cautela a parte, il «metrò archeologico» è un’immagine che piace e affascina, che piace innanzitutto al sindaco, e che, proprio sulla scia dei dissidi di questi giorni, potrebbe diventare l’elemento caratterizzante della metropolitana «targata» Iervolino. Al sindaco legare il metrò alla storia della città non dispiace, non ne fa mistero, e ieri lo ha fatto chiaramente capire quando si è rivolta a Daniela Giampaola, a Palazzo San Giacomo in rappresentanza del sovrintendente Stefano De Caro. «Non siete voi che dovete ringraziare noi, ma noi che dobbiamo ringraziare voi perchè saremmo folli se per costruire il futuro della città ne uccidessimo il passato».
E una «stazione archeologica», del resto, è già prevista: in piazza Municipio sarà creato un «mezzanino» destinato a museo; qui è stato anche modificato il progetto originario per mettere in evidenza il Torrione dell’Incoronata di epoca coeva al castello; qui saranno visibili, attraverso una vetrata, le fortificazioni aragonesi che circondavano Castel Nuovo. I lavori della metropolitana (in corso a margine dell’area della «Neapolis» greca e romana) stanno del resto confermando quanto già si sapeva, e cioè che il sottosuolo è una cassaforte che custodisce un patrimonio storico e artistico di assoluto valore. Ieri, a Palazzo San Giacomo, sono stati mostrati un vasetto cinese di porcellana del XV secolo, ceramiche spagnole o autoctone di epoca aragonese, manufatti importati da Bisanzio nel XII e XIII secolo. Si tratta di alcuni dei reperti ritrovati, ma sono soprattutto l’esempio della straordinaria possibilità di studiare grazie al metrò le modificazioni del paesaggio urbano nei secoli. Insomma, un’occasione irripetibile per la Sovrintendenza archeologica (e di conseguenza per Napoli) che per la prima volta si misura sia con evidenze preistoriche, come nel caso della stazione di via Toledo dove sono state studiate le arature risalenti alla fine del neolitico, sia con le espansioni medievali della città.
Ce n’è abbastanza per trasformare le stazioni in testimonianze della storia della città. Frattanto, la Sovrintendenza ha già annunciato che i reperti ritrovati saranno il fulcro di una mostra (probabilmemte a gennaio), mentre prende corpo l’ipotesi di un gemellaggio tra Atene e Napoli (e De Caro ieri era nella capitale greca) per uno scambio di mostre tra i reperti emersi dagli scavi delle metropolitane delle due città.
p.mai.