INDICE EDIZIONI Domenica 14 Luglio 2002

LA STAZIONE DI RIONE ALTO
Arte nel metrò,
si allarga lo scontro
su costi e selezioni

LUIGI ROANO
«Fare l’artista e affermarsi a Napoli? La prima regola è iscriversi alle lobbyies che scelgono chi deve esporre, chi no e soprattutto dove». Poco più che cinquantenne, Nino Ruju fa parte del lotto di artisti che ha esposto due opere nella stazione di Rione Alto. La fermata del metrò dell’arte che secondo alcuni non è più tale perché le opere in mostra non sono di artisti di grido, affermati e soprattutto ben pagati, altrimenti che arte è?
Un caso politico più che da amanti dell’arte, visto che l’ex presidente della circoscrizione Arenella Mario Coppeto, oggi consigliere comunale è finito sotto accusa quale principale sponsor della nuova linea. Con lui buona parte della giunta a partire dal vice della Iervolino, Rocco Papa, che ha lasciato campo libero all’operazione. Perché al Rione Alto artisti non di fama? «Perché - spiegano da Palazzo San Giacomo - essendo una stazione periferica abbiamo preferito privilegiare i giovani e anche chi giovane non è ma è espressione del quartiere». Insomma artisti locali e costi ridotti al lumicino. Secondo il partito dei critici, invece le cose stanno diversamente. Il nocciolo della questione è questo: se il metrò deve essere anche un museo di arte contemporanea, scelta che ha fatto di Napoli la capitale europea in questo campo, allora servono opere di artisti dalla fama consolidata.
Tant’è dal punto di vista economico la scelta dell’amministrazione ha funzionato: quasi due miliardi di lire le installazioni per la stazione di piazza Dante dove campeggiano fra le altre opere di Jannis Kounellis e Joseph Kosuth. Consulenti artistici dell’operazione Achille Bonito Oliva e l’architetto Gae Aulenti la cui supervisione è costata 140 milioni di lire. Poco più di un centinaio di milioni delle passate monete il costo di Rione Alto. Si tratta quindi di arte di serie B? Secondo il partito dei critici, poco sensibile alle questioni finanziarie, sì. «Non è questione di categoria: per affermarsi - conclude Ruju - l’artista ha bisogno di farsi vedere, ma se i luoghi più significativi di esposizione sono appannaggio di poche persone il problema diventa insuperabile». Secondo Ruju è questione di committenze e di sponsor altrimenti la strada del successo e dei lauti compensi è in ripida salita.
Fa discutere e chissà per quanto tempo ancora la scelta effettuata dall’Amministrazione. Il 20 luglio, quando la stazione probabilmente aprirà i battenti al pubblico, ci sarà più chiarezza, perché saranno i napoletani gli arbitri di quella che sembra una querelle politico-artistica.
Giuseppe Morra, la cui galleria d’arte è in via dei Vergini alla Sanità, ha un’idea molto chiara: «È di grande rilevanza che Napoli sia stata la prima città a trasformare le stazioni in luoghi dove c’è anche l’arte, sulla qualità è difficile esprimersi». Ma le stazioni sono o no dei piccoli musei? «Sono considerazioni estetiche - conclude Morra - del resto anche nei musei ci sono opere dal valore diverso ma la gente li visita lo stesso. La caratterizzazione delle stazioni andava fatta a monte puntundo su questo o quell’artista».