INDICE EDIZIONI | Sabato 3 Agosto 2002 |
Vincenzo Trione
Napoli a Venezia.È di questi giorni
l'invito del direttore della VIII edizione della Biennale
di Architettura, Deyan Sudjic. In una sezione della
rassegna veneziana - che sarà inaugurata l'8 settembre -
sarà ospitata una ricca documentazione relativa alla
metropolitana di Napoli. Poche le indiscrezioni, finora. Si
sa soltanto che, accanto ai plastici delle varie stazioni,
saranno esposti i lavori - realizzati per l'occasione - di
alcuni tra gli artisti più significativi che sono
intervenuti nella varie stazioni. Tra essi, Nicola De
Maria, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Enzo
Cucchi, Mimmo Paladino. Ma non è difficile prevedere
sorprese...
Una scelta - stando ai primi nomi -
alquanto scontata. Sono state selezionate le personalità
più riconosciute e celebrate, mentre sono state
completamente trascurate le "voci" più giovani (da Betty
Bee a Perino & Vele), che avrebbero costituito una vera
novità. Un riconoscimento, tuttavia, di grande rilievo, per
una vicenda che sta suscitando interesse. Quali sono le
ragioni di questo invito? Per rispondere a questo
interrogativo, conviene muovere dalla scorsa edizione della
Biennale, diretta da Massimiliano Fuxsas, che ha
rappresentato una svolta importante. Ha rivelato,
attraverso installazioni multimediali e ardite costruzioni
tecnologiche, che ci troviamo dinanzi ad un passaggio
cruciale.
Da sempre considerata un'arte statica -
"musica pietrificata", la definiva Valéry -, l'architettura
è in una fase di dinamizzazione. Sta diventando sempre più
un linguaggio ”in progress”, attento a portarsi al di là
del gusto per le proporzioni auree e degli equilibri
stereometrici cari agli architetti classici. Per approdare,
infine, a una dimensione - come ha scritto Gillo Dorfles -
intimamente "litica", cioè armoniosa. L'architettura è
destinata a sciogliere la corazza statica che, per secoli,
la aveva imprigionata, per misurarsi, fuori da schemi
rigidi, con una realtà abitata da voci, da echi e da
immagini, dalle corse del traffico, dalle incessanti
metamorfosi del territorio, dalla dilatazione dei confini
della metropoli. Un esempio illuminante di queste impetuose
mutazioni dell'idea stessa di architettura è costituito
proprio dall'esperienza della metropolitana di Napoli. Le
stazioni di Salvator Rosa, di Piazza Quattro Giornate, del
Museo e di Piazza Dante sono state progettate,
rispettivamente, da Alessandro Mendini, da Domenico
Orlacchio e da Gae Aulenti. La metropolitana - in questo
consiste l'autentica novità - è stata concepita non solo
come uno "strumento" dal carattere funzionale. È stata
trasformata in una sorta di cantiere rinascimentale, dove
l'architetto ha agito a contatto con pittori e scultori.È
stata individuata una profonda sintonia tra le arti; le
opere sono state iscritte nella griglia architettonica. Le
stazioni sono diventate stanze di un ideale museo senza
confini, all'interno del quale sono stati sistemati lavori
appositamente eseguiti da molti artisti italiani (Albanese,
Barisani, Biasiucci, Betty Bee, Cucchi, Del Pezzo, Jodice,
Longobardi, Perino & Vele, Rotella e Tatafiore, per citarne
solo alcuni), i quali hanno infranto la cornice
tradizionale dell'opera, per confrontarsi con le seduzioni
della città, per dare un'identità a quelli che, spesso,
sono stati considerati come "non-luoghi".
Una
situazione unica. Che, a livello internazionale, ha
suscitato curiosità. Molte città europee, nei prossimi
anni, si muoveranno nella stessa direzione. Ed, ora, la
consacrazione, alla Biennale. Si tratta di un
riconoscimento significativo, per un intervento che ha
completamente ridisegnato il dialogo tra i linguaggi
artistici. Pittura e scultura non sono state più concepite
come mero decoro, né come abbellimento, né come "commento
visivo", né come cifra effimera. Sono state integrate nel
corpo vivo dell'architettura. Nella metropolitana di Napoli
- come negli open air museums statunitensi - l'opera si è
fatta evento pubblico.