Scuola di politica Lenòr de Fonseca

 

La proposta di avviare ad Ancona, come è già avvenuto e sta avvenendo in varie città d'Italia, l'esperienza di una scuola di politica rivolta alle donne, è nata dal confronto e dalla riflessione comune di un gruppo di donne, appunto, collegate tra loro da relazioni significative, che si sono costruite nel tempo in modi anche molto diversi.

Siamo diverse come storia personale e politica, come posizione ideologica, come collocazione rispetto ai partiti, pur condividendo tutte il riferimento ad un'area che potremmo dire "di sinistra", con tutti i punti interrogativi che tale connotazione oggi porta con sé. Anche rispetto al femminismo e alla cultura della differenza abbiamo storie diverse, di maggiore o minor coinvolgimento e approfondimento, ma condividiamo oggi il riconoscimento del valore della differenza di genere come fondante della valorizzazione di tutte le differenze, e la convinzione che anche le differenze tra noi diventano ricchezza, nella pratica dell'ascolto reciproco delle idee e delle esperienze e del confronto leale tra i diversi punti di vista.In comune soprattutto c'è stata, sin dall'inizio del percorso, la volontà di cercare una risposta al disagio nostro e di tante donne nei confronti di una politica sempre più estranea ( e l'attuale guerra è di questa estraneità l'apoteosi più terrificante): abbiamo cercato di definire questo disagio, di analizzarne le ragioni e le forme che ha preso per ognuna di noi.

Siamo partite confrontandoci con il testo: "La porta di vetro" di Maria Luisa Boccia, Gloria Buffo e Ida Dominijanni, e abbiamo convenuto che se è fonte di un malessere comune a tanti - vedi disaffezione crescente nei confronti della politica e diffondersi dell'astensionismo - la percezione del divario sempre più profondo tra ceto politico e cittadini, tra chi ha il potere e chi non ce l'ha, noi individuiamo uno specifico sentimento di estraneità delle donne a questa politica, che è prevalentemente maschile, non solo perché gestita per lo più da uomini, ma perché maschili sono le regole del gioco. Ci sembra anzi che sia proprio una caratteristica maschile rapportarsi con la politica e con la "cosa pubblica" come con un campo di gioco, dove le regole, spesso non scritte, e i codici di comportamento, anch'essi impliciti e trasmessi per vie di solito informali, definiscono l'appartenenza al gruppo, come avviene nei gruppi adolescenziali. Questo fa sì che i luoghi formali delle decisioni siano spesso simulacri di democrazia, perché le decisioni vere sono prese altrove, in luoghi, contesti e nella pratica di relazioni da cui le donne sono per lo più escluse.

C'è anche un altro aspetto dell'estraneità che abbiamo spesso sperimentato sulla nostra pelle, quando ci siamo accorte che anche rispetto ai contenuti avevamo, noi e gli uomini, priorità diverse: una maggiore propensione, in loro, ad appassionarsi a questioni di tattica, o al massimo di strategia, una maggiore attenzione nostra alle questioni di sostanza e alla vita delle persone.

E' certo che l'attuale ceto politico - che è, lo ripetiamo, prevalentemente maschile, di genere e di testa - appare sempre più avviluppato in una spirale di autoreferenzialità. E anche il livello generale degli esponenti pubblici nei partiti e nelle istituzioni non appare certo in crescita: sembra che solo alle donne sia richiesto, per essere ammesse al "Gotha", di essere particolarmente brave e competenti. Gli uomini migliori hanno forse scelto di misurarsi su altri terreni.

Di fronte a questa realtà, vorremmo trovare possibili soluzioni legate alla feconda elaborazione del pensiero femminile. Ma non ci basta affermare che il mondo andrebbe meglio se insieme agli uomini ci fossero anche le donne nelle istituzioni, nella politica, nei luoghi del potere. Vogliamo infatti capire e verificare, se e in che modo, la differenza di genere consapevolmente agita, arricchisca la capacità di leggere e di trovare soluzioni ai problemi.

Abbiamo pensato che altre donne potessero condividere con noi il desiderio di un luogo dove ragionare, studiare, crescere insieme scoprendo e valorizzando le competenze femminili, per accrescere, singolarmente e collettivamente, la nostra autorevolezza e la nostra forza. Siamo consapevoli del fatto che oggi molte donne sono autorevoli in diversi settori della società e della cultura, ma verifichiamo anche quanto poco la loro voce si senta e sia conosciuta, e contribuisca a creare opinione.

Alcune delle domande che ci siamo poste, e dalle quali vorremmo partire, sono:
- quanto, e in che modo, la presenza femminile sta mutando i settori nei quali le donne hanno raggiunto competenze e la possibilità di affermarle;
- quanto questa presenza sia palese, visibile, e se non lo è, quali sono i meccanismi che la ostacolano;
- come può l'elaborazione femminile contribuire a leggere e interpretare i cambiamenti, che caratterizzano tanti aspetti del mondo attuale.

Vorremmo chiederlo a donne che sono autorevolmente impegnate in campi diversi del sapere e della società, dalla storia all'economia, dal diritto alla sociologia, dalla scienza alla politica, dalla pubblica amministrazione alla comunicazione. Vorremmo che riflettessero con noi, a partire dalla loro esperienza, dai loro studi e dalle loro riflessioni, sul contributo specifico che il punto di vista femminile può portare alle questioni di cui si occupano.

Per prima cosa, abbiamo sentito l'esigenza, per affrontare i problemi dell'oggi, di un necessario approfondimento delle grandi questioni dell'economia, chiedendoci se le donne hanno qualcosa da dire che sia davvero espressione di un diverso punto di vista. Abbiamo fatto e condiviso alcune letture, dai testi più recenti che hanno tentato un'interpretazione di questo secolo che si avvia a finire - in questo modo così drammatico - ( Hobsbawn, Ingrao e Rossanda, Accornero ) a saggi e articoli di donne economiste italiane e straniere (Elisabetta Addis, Saskia Sassen). Abbiamo discusso tra noi per tentare di costruire una base comune. Ci siamo rese conto che la materia è molto vasta, e potrebbe costituire uno degli ambiti di studio della nostra scuola.

Ma ci sono anche altre questioni, che sono al centro del dibattito di questi tempi, e rispetto alle quali vorremmo far emergere e valorizzare il contributo di elaborazione delle donne; alcuni esempi: riforme istituzionali e rappresentanza femminile, il lavoro, bioetica e riproduzione, guerra e conflitti.

Per il primo anno pensiamo ad una serie di incontri seminariali, che a partire dallo stimolo proposto da donne competenti nei diversi settori, propongano anche un percorso di approfondimento ( studio, letture) e di discussione-confronto.

Il nome. Abbiamo pensato di intitolare la nostra scuola ad una donna che è stata protagonista del suo tempo ed ha pagato con la vita la sua passione politica. Si tratta di Eleonora De Fonseca Pimentel al tempo della Repubblica Partenopea. La prima biografia completa di Eleonora è quella scritta da Benedetto Croce (1948), il quale ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita, ne fa un ritratto a quattro dimensioni: la letterata, la giacobina, la giornalista, la martire. E' la Eleonora giacobina (chiamata affettuosamente Lenòr) che dà senso al titolo della nostra Scuola politica di donne. Prende parte attiva alla nascita della Repubblica Partenopea e nella sua breve vita (gennaio-giugno 1799) si impegna in particolare sul versante giornalistico dando vita al Monitore napoletano.

La Pimentel svolge la sua battaglia politica soprattutto sul piano della cultura, perché ritiene che è il possesso della lingua che fa diventare popolo la plebe. Con lo stesso ardore si occupa del problema dell'insorgenza, opponendosi a rimedi violenti come la fucilazione immediata, l'incendio delle case degli insorgenti. Una donna generosa e indipendente, che ha creduto in due illusioni: i francesi e il popolo.

Quando il Cardinale Ruffo entra a Napoli, dopo la vana resistenza dei giacobini e l'abbandono dei francesi, Lenòr viene arrestata ed impiccata con altri sette condannati nella piazza del Mercato.

Un nome, quello di Eleonora, ed una vita all'insegna dell'etica politica, nella quale la "Scuola di politica" di Ancona si riconosce.

Marisa Saracinelli
Luisa Sebastianelli
Maria Grazia Camilletti
Rita Censi
Giovanna Curatola
Rosaria Lucarelli
Carla Marcellini
Carla Piccinini

Nov. 1998