Tanti Auguri di Puona Pasqua a voi e alle vostre
famiglie.
Sicuramente a Delia il periodo della Settiman
santa è molto bello,
Per noi che siamo lontani e ancora più bello
perchè è legato ai nostri giorni più liti della fancillezza e ai ricordi
degli affetti perduti nel tempo.
Un caro saluto a tutti
Giuseppe Buscemi e famiglia
Caro Giuseppe, ti ringrazio per gli auguri di
buona Pasqua. Ricambio aggiungendo i saluti più cordiali da parte mia e della
mia famiglia. Devo però aggiungere una cosa. Certo, la Settimana Santa a
Delia sicuramente è l'avvenimento più importante e denso di significato
specialmente per i cristiani, ma non solo per loro.
Per noi che siamo lontani non è, come dici
tu, "ancora più bello". Stando lontani, semmai, ne
sentiamo la struggente mancanza anche perchè leghiamo la Settimana Santa
della nostra infanzia, a quando c'erano ancora tutti quelli che contavano per
noi: i genitori, i fratelli, gli amici. Per noi che siamo lontani, è
un'ulteriore pena proprio perchè non possiamo viverla da vicino, non possiamo
assaporarne l'aria di festa e insieme di tormento. Noi si può solo
immaginare e cercare nei meandri della memoria tutto quello che da
piccoli ci riempiva di gioia. Non è la stessa cosa!
La settimana santa coincideva (e coincide) con il
risorgere della natura, dei fiori, dei profumi, del primo caldo. La domenica
delle Palme dava l'avvio e noi, mocciosetti, venivamo come rapiti
dall'entusiasmo che contaggiava tutti, piccoli e grandi. Tutti a cercare
di di fare la più semplice delle composizioni (qualcuno non ci riusciva lo
stesso) la croce, con le foglie di palma spezzate a metà. Ma
c'era da rimanere meravigliati dalle virtuose opere che si vedevano
in giro per il paese. Sculture di foglie intrecciate meticolosamente,
con pazienza da abili mani d'artigiano, appannaggio esclusivo delle
ragazze e dei ragazzi più fortunati. E poi l'ultima cena a base di lattuga e
finocchi mangiati pudicamente in pubblico; Gesù nell'orto e i soldati alla
ricerca affannosa "dell'Infame Cristo Re dei Giudei"; i nomi
strani: Nicodemo, Caifas, Veronica, Nizec, Misandro, Longino; la
condanna: "Noi Preside romani che le veci
d'Augusto sosteniamo illese, per conservar le leggi dell'Impero latino
condanniamo in alta Croce affisso, come iniquo e rubelle tra disma e
Gisma ambo convinti rei il Nazaren Gesù Re dei Giudei e infin che l'anima sua
si divida dal corpo, Ei resti appeso: così placar vogliamo Tiberio offeso. E, a
questo punto, i giochi erano fatti e tutti gridavano: al monte al monte. La
tromba suonava il suo inconfondibile e straziante para, pira e una lacrima
scendeva lentamente dal volto di un'anziana donna che affidava le proprie
speranze a quell'uomo vilipeso, deriso e stordito dalle grida di una
folla incosciente; e poi la Scinnenza, il culmine della sofferenza e
della pena. Il destino si compiva: eterno genitor
soffro animoso ogni strazio crudel ...........a tanti tormenti più resister
non posso, al gran dolore il core ha ragione. Mio Dio, mio Dio perchè
m'abbandonasti nell'estrema agonia? Elia pregò tu soccorresti Elia.....Invoca
, invoca Elia........La tragedia si consumava sino in fondo. I
funerali di nostro Signore Gesù Re di tutti i disperati, i maltrattati e gli
offesi del mondo erano previsti per la sera e un'atmosfera plumbea avvolgeva
la campagna, le case e le anime di Delia.
Il Venerdì santo rimane sempre una giornata
triste anche per chi non crede. In questo giorno il tempo sembra essere
un'unica interminabile ORA, L'ORA della morte in Croce del Cristo che finisce
quando l'Urna, rientra in chiesa.
Mi rimane, infine, impresso nella mente il
profumo dei fiori di "barcu" che si confonde con le ossa Sante di
Gesù portato in processione dalle spalle forti dei manovali, dei
contadini o da chi aveva una "purmisa".
L'Incontro, l'Incontro è la vita che risorge.
L'Incontro sono le campane che risuonano a festa e noi con il vestito nuovo in
giro per i parenti a "farni fari di fera".
Caro Giuseppe e cari amici lontani da Delia ho
molto semplificato, ma credo che queste cose fanno parte oramai dei nostri più
intimi ricordi, una sorta di patrimonio genetico della memoria
che rimane per sempre dentro di noi e da raccontare ai nostri figli che non
sanno cosa si son persi.
Un caro saluto e un forte abbraccio.
Salvatore Insalaco