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LA DEPRESSIONE SI PUÒ CURARE: COME?

 
La ricerca scientifica indica che un’alta percentuale di persone che soffrono di depressione (circa il 70%) risponde positivamente ai trattamenti farmacologici quando le cure sono prescritte in dosi corrette e per la durata necessaria. Qualora non vi fosse una risposta soddisfacente al primo tentativo di cura antidepressiva è corretto provare un diverso antidepressivo. A tutt’oggi, pur non essendoci un farmaco antidepressivo più efficace dell’altro in maniera assoluta, è di comune osservazione come ciascun individuo ha una sua modalità specifica di risposta e quindi non è possibile a priori stabilire quale antidepressivo per lui sarà quello efficace. Oltre a quello farmacologico, vi sono oggi disponibili altri trattamenti come la psicoterapia, la terapia integrata psicofarmaco psicoterapica, la terapia elettroconvulsionante e la terapia con luce bianca. Ognuno di questi approcci ha specifiche prescrizioni. Ad esempio, il trattamento farmacologico e quello psicoterapico integrati fra loro hanno un tasso di successo dal 60 all’80%. Questa modalità integrata ha una sua particolare indicazione nelle forme di depressione protratte, che mostrano la persistenza di sintomi residui tra un episodio e l’altro e nelle forme in cui farmaci o psicoterapia da sola non si siano dimostrati efficaci.

Terapia farmacologia

Rappresenta sempre più la terapia cardine del trattamento della depressione e tale da far considerare gli altri tipi di trattamento, anche se efficaci, più come una integrazione che come sostituto di farmaci.

Il trattamento della depressione si attua in quattro diversi momenti o fasi:

  • fasi acute 1 e 2 (interventi prioritari d’emergenza e interventi per la cura dell’episodio)

  • fasi protratte 3 e 4 (interventi di consolidamento della remissione sintomatologica e/o prevenzione delle ricadute, interventi di prevenzione delle recidive).

Le prime due fasi sono volte a controllare prima ed a eliminare poi non solo delle condotte a rischio, ma anche la sintomatologia depressiva, e consentono il ritorno ad uno stato di benessere. Le fasi 3 e 4 sono volte a prevenire eventuali ricadute, o meglio una nuova attivazione dei sintomi, e normalmente durano 4/6 mesi. Dopo la fase 4 o della prevenzione di lunga durata, e soprattutto nelle forme ricorrenti (3 o più episodi), viene attuata una terapia di mantenimento volta a prevenire la comparsa di un nuovo episodio depressivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di iniziare una terapia di mantenimento per 6/9 mesi dopo la scomparsa dei sintomi depressivi, se la persona ha avuto tre episodi depressivi di cui almeno due negli ultimi 5 anni. Con questa strategia si sono ridotti del 50% i rischi di ricaduta.  

Sono attualmente disponibili differenti tipi di farmaci antidepressivi utilizzabili nel trattamento della depressione; ciascuna di queste classi di farmaci funziona in modo un po’ differente. In sintesi, questi farmaci facilitano un aumento dei neurotrasmettitori (serotonina, noradrenalina, dopamina) a livello degli spazi sinaptici e conseguentemente anche a livello dei recettori che ne sono in tal modo stimolati. Questi farmaci svolgono quindi una correzione di meccanismi biochimici alterati. Il loro meccanismo d’azione non solo potenzia i neurotrasmettitori implicati nella malattia (effetto desiderato), ma provoca anche alcune azioni negative (effetti secondari), che in ogni caso sono temporanee e transitorie e dipendenti dalla dose. Sono comunque farmaci efficaci che vanno scelti in maniera mirata e assunti in modo regolare secondo regole precise e per una durata sufficiente di tempo. L’azione dei farmaci risulta evidente dopo un periodo variabile che va da 3 a 4 settimane, ma può essere necessario anche più tempo per raggiungere il massimo di efficacia. Anche se tutti i farmaci sono potenzialmente efficaci la risposta ad ogni molecola è molto individuale. La decisione su quale tipo di farmaco scegliere dipende dal tipo di depressione, dalle caratteristiche della persona e dal profilo degli effetti collaterali del farmaco.

  
Sulla base di diverse modalità di azione sui sistemi che regolano la trasmissione nervosa si riconoscono alcune classi di farmaci:

Antidepressivi classici

Bloccanti non selettivi della ricaptazione (Triciclici: Amintriptilina, Desitramina, Nortriptilina, Dotiepina)

Sono farmaci in commercio da molti anni e bloccano in modo variabile e non specifico la ricaptazione di noradrenalina e serotonina; sono farmaci efficaci che però possono dare effetti collaterali di tipo sedativo e cardiovascolare. Sono pertanto controindicati in pazienti con glaucoma, ipertrofia prostatica e disturbi cardiaci e negli anziani in genere.

Inibitori irreversibili delle monoaminoossidasi (IMAO: Fenelzina, Tranilcipromina)

Possono dare ipertensione ed il loro uso richiede particolari restrizioni dietetiche ed attenzione alle interazioni farmacologiche.

Inibitori reversibili delle monoaminoossidasi (RIMA: Moclobemide, toloxatone)

Sono farmaci privi degli effetti delle IMAO e non richiedono restrizioni dietetiche.

Antidepressivi di nuova generazione

Bloccanti selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI: Fluoxetina, Fluvoxamina, Paroxetina, Sertralina, Citalopram)

Questi farmaci sono selettivi nei confronti della serotonina, bloccando la ricaptazione solo di questo neurotrasmettitore e a parità di efficacia con gli antidepressivi classici hanno un profilo di sicurezza e di tollerabilità nettamente superiore. Possono essere utilizzati in pazienti con disturbi cardiovascolari ed altre patologie organiche; sono indicati negli anziani. Come effetti collaterali possono essere presenti nausea e disturbi gastrici transitori.

 

Bloccanti della ricaptazione della serotonina e noradrenalina (SNRI: Venlafaxina, Milnacipram)

Bloccano la ricaptazione sia della serotonina che della noradrenalina. Hanno uguale efficacia degli antidepressivi classici ma con effetti collaterali molto ridotti.

Bloccanti della ricaptazione della noradrenalina (NARI: Reboxotina)

Agisce bloccando la ricaptazione della noradrenalina, presentando buona efficacia e ridotti effetti collaterali, prevalentemente disturbi del sonno e pressori.

Antidepressivi a meccanismo atipico

Mianserina, Maprotilina, Amineptina, Sulpiride, Levosulpiride, S-adenosil-metionina, Trazodone, Mirtazapina

Queste sostanze agiscono a livello dei recettori e non della ricaptazione, coinvolgendo sia le vie dopaminergiche che quelle serotoninergiche-noradrenergiche. Queste molecole sono molto diverse tra loro sia per il meccanismo d’azione che per il profilo degli effetti collaterali. Sono comunque efficaci e con effetti collaterali contenuti e transitori. La S-adenosil-metionina ha un buon profilo di sicurezza e tolleranza.

Altri trattamenti farmacologici

In alcuni casi di depressione, in particolare nella depressione ricorrente o nella depressione in corso di disturbo bipolare, trovano la loro indicazione i cosiddetti stabilizzatori dell’umore: sali di litio, acido valproico, carbamazepina.

Benzodiazepine

L’uso di benzodiazepine (ansiolitici, induttori del sonno) in associazione alle terapie antidepressive può essere utile in alcuni casi, come ad esempio nelle prime fasi della terapia antidepressiva in attesa che questa dia i primi miglioramenti, nei pazienti con alti livelli di ansia, tensione ed irrequietezza oltre che in caso di insonnia. Il loro uso deve essere transitorio e monitorato dal medico perché possono indurre una abitudine al consumo ed a volte un loro abuso.

  
Effetti collaterali

Tra gli effetti indesiderati più comuni degli antidepressivi classici si riscontrano: secchezza della bocca, disturbi visivi, stitichezza, vertigini, sonnolenza, variazioni del peso corporeo, insonnia, irrequietezza e mal di testa. Particolare attenzione va posta nei confronti dei disturbi della funzione urinaria, sessuale e cardiovascolare. In particolare negli anziani questi effetti possono essere più intensi e gravi: il loro uso in questa categoria di pazienti deve essere motivato e ben monitorato. Gli effetti indesiderati più comuni degli SSRI e SNRI sono nausea, riduzione dell’appetito, tremori, disturbi del sonno. Sono effetti in genere transitori e compaiono solo nel 10-15% dei soggetti trattati. Non richiedono diete particolari, non inducono aumento di peso, non vi sono particolari interazioni con altri farmaci. Sono sicuri anche per pazienti anziani o con malattie organiche. In conclusione, il profilo rischio-beneficio degli SSRI e degli SNRI è spesso migliore di quello di un antidepressivo triciclico tradizionale per la presenza di minori effetti collaterali, migliore tollerabilità con una conseguente maggiore adesione ai trattamenti. Nessuno dei farmaci antidepressivi induce dipendenza o assuefazione. Il loro uso, seppure per lunghi periodi, sotto questo profilo è sicuro così come in genere (almeno per quelli di nuova generazione) la loro tossicità è molto bassa.

Regole che è importante conoscere per l’assunzione dei farmaci e la gestione degli effetti collaterali
Gli antidepressivi sono farmaci efficaci e sicuri, ma solo l’esperienza di un medico, dopo la diagnosi, può orientare la scelta di un farmaco piuttosto che di un altro.

  • Il farmaco va assunto secondo le indicazioni di dose e di orario e di durata prescritte.

  • La terapia non deve essere sospesa o modificata senza una previa consultazione.

  • L’assunzione di farmaci per altre terapie va segnalata per evitare eventuali interazioni. Eventuali fastidi durante il trattamento vanno comunicati. In caso di secchezza delle fauci bere molta acqua, tenere in bocca caramelle senza zucchero, curare bene l’igiene dentale.

  • Preferire una alimentazione a base di frutta, verdura e pesce. In caso di stitichezza assumere fibre e liquidi limitando se possibile l’uso di lassativi. Fare movimento all’aria aperta per contrastare gli effetti sulla pressione.

  • Conservare i farmaci lontano dalle sorgenti di calore e non tenerli in bagno perché calore e umidità possono degradarli. Tenere i farmaci lontano dai bambini.

  • Se ci si accorge di aver saltato una dose dopo 6/8 ore, assumere la dose successiva non raddoppiandola.

  • Contenere il consumo di caffè, thè, bevande contenenti caffeina, e ridurre al massimo o abolire l’assunzione di vino, birra, alcolici in genere. Informare gli altri medici (dentista, anestesista ecc.) dell’assunzione di farmaci antidepressivi: spesso non è necessario interromperli, o se è il caso solo per pochi giorni. Durante la terapia con antidepressivi possono essere assunti contraccettivi orali.

Gravidanza e allattamento

In genere, durante la gravidanza sono rari i casi di depressione. Più frequenti, invece, nel periodo successivo al parto (puerperio) e durante l'allattamento. Se una donna manifesta depressione durante il primo trimestre è opportuno evitare la somministrazione di farmaci. Nel caso di depressione nel secondo e terzo trimestre valutare le opportunità terapeutiche con lo specialista. Nell’allattamento vi è una percentuale dal 30 al 70% di donne che presenta tristezza post partum (maternity blues), il 10-20% una depressione di media gravità. La tristezza post partum nella maggioranza dei casi si manifesta entro la prima settimana dal parto e si risolve spontaneamente nel giro di 7-10 giorni. Nei casi che evolvono verso una depressione si rende necessaria l’interruzione dell’allattamento e la somministrazione di farmaci. Se una paziente ha intenzione di iniziare una gravidanza ed è in cura con farmaci antidepressivi è bene che ne parli col suo medico per valutare i tempi e le modalità di sospensione delle terapie.

Soggetti con patologie cardiologiche

Nel caso di persone affette da problemi del ritmo, precedenti situazioni ischemiche infartuali o di angina pectoris, vanno evitati gli antidepressivi triciclici in quanto agiscono sul ritmo cardiaco complicandone lo stato. In questi casi è meglio assumere i nuovi prodotti (SSRI, SNRI) che possono essere utilizzati senza rischio a dosi consigliate e con particolare beneficio sugli esiti anche della malattia cardiologica. Lo stesso vale per problemi di ipertensione arteriosa o insufficienza cardiaca dove sono sconsigliati i triciclici o gli IMAO.

Glaucoma

In caso di glaucoma va assolutamente evitato l’uso di antidepressivi triciclici che possono, con la loro azione, aggravare la patologia oculare.

Ipertrofia prostatica

Lo stesso discorso vale per le persone sofferenti di ipertrofia prostatica che può giungere fino alla ritenzione acuta di urina.

Farmaci e attività sessuale

In alcuni soggetti, i farmaci antidepressivi possono indurre delle difficoltà nella sfera sessuale, in particolar modo sia con riduzione del desiderio, analogamente a quanto già avviene in seguito alla depressione stessa, sia con difficoltà nel raggiungere l’orgasmo o l’erezione ed eiaculazione. Questi sono spesso effetti transitori che in ogni caso scompaiono con l’interruzione del trattamento. In ogni caso è bene che la persona ne parli apertamente con lo specialista per valutare l’eventuale uso di farmaci antagonisti, diminuzioni di dosaggio o cambiamento di farmaco.

  
Il paziente depresso anziano

La depressione nell’anziano ha una frequenza del 13-25%. Spesso è in compresenza di una malattia organica e questa può essere influenzata dal decorso della depressione. I soggetti anziani sono talora in trattamento con più farmaci: per questo motivo è particolarmente importante tenere conto sia delle modificate capacità metaboliche che delle interazioni farmacologiche con altre molecole, in particolare con steroidi, antiaritmici, anticoagulanti, antiasmatici. Per tale motivo è consigliabile utilizzare per il trattamento SSRI o SNRI piuttosto che antidepressivi triciclici. Inoltre, questi ultimi possono, a causa della loro azione, indurre disturbi dell’attenzione, concentrazione e memoria con ulteriore peggioramento delle capacità prestazionali, funzionali e relazionali dell’anziano, compromettendone in ultima analisi la sua qualità della vita. Al contrario, l’uso degli SSRI o SNRI oltre ad una specificazione sulla depressione sembra svolgere una funzione positiva a livello delle funzioni cognitive.

Le psicoterapie

Esistono diversi approcci di tipo psicologico al trattamento della depressione: cognitivo-comportamentale, interpersonale, psicodinamico, fenomenologico, etc. Gli studi più recenti indicano una percentuale di successo del 30-35% per la sola psicoterapia. Particolarmente indicate nelle forme lievi e moderate, dove il tasso di successo sembra più elevato. Nelle forme gravi, invece, il trattamento farmacologico rimane il punto basilare del trattamento, pur beneficiando di un approccio psicologico di supporto.

In senso generale le psicoterapie agiscono nel modificare alcune convinzioni o pensieri o attitudini (comportamenti) errati o a sostenere e aiutare in modo continuativo l’individuo o infine a migliorare le relazioni interpersonali e la stima di sé. Può essere particolarmente indicato un approccio psicoterapico nelle forme depressive cosiddette reattive o situazionali, scatenate cioè da eventi specifici e limitati nel tempo (stress, lutti, conflitti personali e relazionali). La psicoterapia non va considerata una alternativa alla farmacoterapia e comunque, qualunque sia l’approccio, va sempre consigliata da uno specialista psichiatra.


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