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Deviazione del Varrone

Nel 1777 Francesco Buzzi, studente di medicina a Milano, scrisse alle autorità una lettera di lamentela per descrivere alcuni soprusi in lavori di canalizzazione del fiume Varrone.
Il fiume veniva spesso deviato e arginato per togliere acqua a confinanti con cui non si era in buone relazioni o usandola come arma di ricatto.


Nel piano della Villa di Dervio Capo di Pieve Ducato di Milano Riviera di Lecco vi sono lateralmente al Fiume due acquidotti, i quali dopo avere servito ai Mulini si scaricano di nuovo nel fiume suddetto oppure per canali vanno ad adacquare i prati e vigne vicine fino al Lago.
Per popolare tradizione si dice che alcuni compadroni dello stesso paese di maggior facoltà, di maggior grado siansi arrogato l'assoluto dominio e che gli infimi compadroni ne fossero fati privi del beneficio dell'acqua; e ciò fino dal secolo passato, dacché ne sono nate delle particolari fazioni ed anche sono venuti alle mani più volte. Talché la diminuzione della popolazione dall'ultima peste fino ad oggi, la mancanza dei giusti principi dell'agricoltura, e le suddette più volte ripetute controversie ànno fatto che in vari tempi, i varj modi si dasse il corso alle acque pei suddetti rigagni e di nuovo si sospendesse: cosicché se ne conservano ancora le vestigia, senza che però siasi mai tenuto un ordine esatto nella irrigazione di prati per le surriferite rivoluzioni.
Ora in questi ultimi tempi a noi più vicini, alcuni dei compadroni, discendenti da quelli che l'assoluto dominio s'appropriavano, ed altri per acquisto di fondi dai suddetti ànno di nuovo richiamate le passate vicende e senz'altra decisione od anticipato avviso ànno dato corso alle acque a solo loro vantaggio; impedendo invece ai vicini compadroni di adacquare le loro vigne i loro prati, dai quali l'acqua deve prima colare pei canali avanti di pervenire ai prati di coloro che si credono di avere l'assoluto possesso; e ciò ànno fatto anche con giudiziale precetto contro alcuni; e da altri ànno cercato precarje condizioni o patti se volevano godere del beneficio dell'acqua. Per la qual cosa questi impotenti e pusillanimi si sono accontentati per ora piuttosto di restare privi di un tale benefizio, che accordare loro alcun precario o patto o altra cosa in simile forma, né cedere alcun diritto che loro si potessero compettere; finattantochè o la mutazione dei tempi o il fortunato caso gli avesse messi in istato di dimostrare ad evidenza il danno loro a quelli che ànno avuto per merito il Regal diritto di giudicare e di porli colla forza delle leggi senza predilezione in possesso eziandio di un bene che era in origine a tutti comune; ma che forse la maggioranza o la prepotenza di alcuno dei nostri passati se lo è voluto o se lo voleva rendere particolare e difatti se un tale fosse stato assoluto non avrebbero cercato patti o simili essendo inutili; ma piuttosto avrebbero mostrato le loro ragioni per pacificarli, invece che di inquietarli e tenerli dubbiosi.
Questo fatto ultimo è accaduto verso l'anno 1773 e continua ancora di presente antica malagevole usanza. Avvertendo che la quantità dell'acqua che scola dal comune acquidotto è piùcché sufficiente ad adacquare del doppio il terreno dei vicini compadroni, ai quali venga comodo di poterla sui fondi loro condurre, sempre però con ordine distribuita: e questo si intenda tanto da una parte del fiume che dall'altra vicino, e verso la sua foce.
Ond'è che l'ardentissimo desiderio di giovare in qualche modo alla sua patria à stimolato il supplicante di presentare all'Ecc.a Vostra lo stato in cui giacciono alcuni suoi compatriotti, affinché V.a Ecc.a prescelto per sovrana benefica disposizione, siccome padre, somministri loro quei mezzi coi quali possano migliorare i loro fondi, crescere le derrate, arricchire la patria, ed aumentare la popolazione; togliendo a questo fine i rilevanti abusi, limitando la maggioranza presupposta di alcuni sorgente infeconda che ha sempre mai danneggiata manifestamente la patria con seducente apparenza.
E finalmente lusingandosi efficacemente nell'innata bontà dell'Ecc.a V.a: umilmente a vostri piedi s'inchina e prega per il bene della patria.

Il supplicante Francesco Buzzi


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