L'intervista di Anna Maria Simm

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Incontro con Gina Lagorio

Milano, 13 gennaio 2001 ore 10.30

In una freddissima mattinata di gennaio salgo al decimo piano di un elegante palazzo nel cuore di Milano.

Ci accoglie Elsa la collaboratrice di colore che discretamente indica il divano e accende il giradischi su una tenue sonata per piano di Mozart.

Gina nella sua "innocente mancanza di pensieri" arriva in vestaglia cifrata (ma si chiede di chi sia e chi gliela abbia regalata), ciabatte, il volto struccato confessando di essersi appena alzata.

E’ domenica e aspetta le due figlie a pranzo con le tre nipoti: "una dinastia di femmine", tiene a sottolineare.

Mentre Elsa prepara il caffè (la torta fatta in casa volendo è già lì) Gina mi racconta che stava appunto parlando "del pollo del giovedì così croccante e profumato" che sua madre utilizzava scrupolosamente in tutte le parti anche le meno nobili… cosa impossibile ora in un’epoca di cibi transgenici….

"Questo mondo -prosegue la Lagorio in un ‘incipit’ dal sapore sociologico e non letterario- ora pare fatto perché lo si debba rivestire" mentre una volta le mamme come la sua erano capaci di utilizzare una camicia inservibile per fare ancora grembiuli, vestiti alle bambole o strofinacci…Ecco "… il male segreto di tutto, l’apparenza…Un vecchio proverbio piemontese…dice ‘Vate a cugé che t’acuma’ cioè vai a riposarti affinché io ti possa mettere una pezza, ti possa accomodare, rattoppare l’abito. Ora da questo assurdo siamo passati all’eccesso di vestiti sotto ai quali non c’è però più niente. Questo sperpero folle, questo scialo di ricchezza aumenta vertiginosamente …e il ‘discrimen’ tra chi ha e chi no, è diventato terrificante."

"Le sue sono origini contadine, vero?"

"Sì, i nonni ma poi l’agiatezza calibrata dalla saggezza di mia madre in una famiglia piccolo borghese. Ora il passaggio dalla società contadina a quella industriale si è tramutato appunto in sperpero del troppo.. Son caduti e muri e le ideologie, però la ripartizione dei beni della terra è di quelle ancora che indurrebbero Cristo a cacciare i mercanti dal tempio".

"Ha senso votare?"

"Sono scorata dalla mancanza di memoria e dalla corsa al potere spicciolo: destra e sinistra non sono uguali anche se stanno per diventarlo ma questo non è sufficiente per dimenticare. Io ho sempre espresso liberamente il mio pensiero: dissi no al fascismo; e durante la mia breve esperienza politica all’epoca della guerra del Golfo mentre il gruppo di intellettuali Indipendenti anti craxiani (oltre me, Natalia Ginzburg, Antonio Cederna, Trantelli, Visco, Bassanini, La Valle, Stefano Rodotà,… ) aveva aderito per ragioni politiche all’intervento, io lo contestai. Ci sono dei motivi eterni al di là di tutto per i quali se una persona ha cervello pensante e cuore che batte, non può essere d’accordo con una guerra. La viltà di certi rappresentanti della sinistra non mi fa però diventare di destra. Io sento rimorso per come sono qui ora, musica, torta, calda vestaglia…Dunque vale la pena votare ancora, comunque.

Ho molta fiducia ad esempio nella scuola , ho avuto ottimi insegnanti; anche se oggi la scuola è cambiata così come i giornali per i quali, come ha fatto il Corriere della Sera, dedicare due pagine a trasmissioni come ‘Il grande fratello’ è pacifico, imbarbarendo così sempre più i lettori. Invece solo la cultura oggi può salvare il mondo contro questa omologazione verso il basso alla quale contribuisce anche la televisione. Oggi le prostitute vere non sono le nigeriane costrette ai bordi delle strade per fame, ma ad esempio chi vende il suo corpo per un calendario. Questo è il frutto di anni di femminismo?

Lo stesso vale per chiunque venda la propria immagine.

‘Sarò un premier operaio non una ballerina’ questo l’ultimo slogan berlusconiano…che dire?

Quando c’è questa cialtroneria , la fede nella cultura è salvifica.

Così ho scritto ‘Elogio della zucca’ con questi intenti.

Ma mi sembra di essere una predicatrice stamattina…non so che mi è preso. Mi lascia fumare una sigaretta?"

"Bene io berrò il mio caffè"

"Oggi a scuola è difficile comunicare cultura"

"Io ho insegnato per vent’anni italiano e storia in un istituto commerciale; ero esigentissima. Eppure avevo un rapporto umano straordinario coi miei alunni che mi hanno aiutato a superare anche dolori grossi. E talvolta ho fatto lavori importanti come un libro realizzato con loro sulla storia della resistenza determinante in una repubblica ‘pontificia’ come la nostra ( questa è una definizione di Calamandrei). Io insegnavo cultura liberatoria così come era stata insegnata a me.

Oggi mi sembra che i ragazzi non siano più curiosi verso questo tipo di conoscenza..

E Tullio De Mauro, che conosco ed è uomo di grandi qualità, ha proposto una riforma della scuola che però cozza contro la cornice di omologazione al basso imposta dai mass media. Anche questa scuola di scrittura (saggio breve, articolo di giornale, ecc…) mi sembra dimenticare la lettura dei testi e il commento letterale che può insegnare a scrivere davvero. Queste scuole di scrittura mi sembrano come sfilate di moda"

"Schemi da non riempire"

" Esatto; comunque io son nata come scrittrice a dieci anni, e ho fatto l’insegnante per campare e per fare la moglie e la madre. Scrivevo di notte. E il mio scrivere rispondeva a un’esigenza interiore: era una forma di colloquio con i miei fratelli che non avevo !

Scrivevo favole per loro che non esistevano! Favole che ho buttato, però. Non mi sono mai annoiata, perché la cultura non ti fa mai sentire sola.!

"Ora per chi scrive?"

" Per me… ma ho scritto per i bambini una storia di Gesù attraverso i fotogrammi della cappella degli Scrovegni di Giotto…

Il primo libro è stato scritto per mia figlia, "Le novelle di Simonetta" , conigli, grilli, dei quali le raccontavo per farla dormire…

Anche in " Elogio della zucca" ci son due favole, la storia di Franco e di Lavè e quella della gallina Pirulì. Favole non surreali ma nutrite di esperienza di pensieri e di sangue di realtà concreta."

"I suoi maestri. Perché il poeta Camillo Sbarbaro?"

"Innanzi tutto per il suo modo di poetare… e poi perché l’ho incontrato questo omino straordinario che si affeziona, che dice cose mirabili, che ha gli occhi chiari, che vive di nulla, povero…. dopo l’ammirazione per la parola nasce anche il rispetto diciamo la devozione. Con lui incontrai anche Angelo Barile che tra l’altro rappresentò la Democrazia Cristiana nel Comitato di liberazione nazionale, e rischiò di essere pure fucilato dai tedeschi, uomo di fede ma modernista aderente alla corrente di padre Semeria considerata eretica ma molto amico dell’ateo antifascista come lui Sbarbaro. Compagni di scuola , Barile fece pubblicare il primo libro di Camillo grazie ad una colletta nella loro classe di liceo. Morirono a pochi mesi di distanza.

Barile ad Albissola, io a Savona, Sbarbaro a Spotorno ci raggiungevamo credo in Topolino.

Due persone speciali accomunate dalla fede nella letteratura e nella parola che salva, nella cultura che illumina e ti permette di accettare i diversi da te."

"Da un punto di vista stilistico i maestri chi sono? Lei è infatti essenzialmente una prosatrice"

"Io non ho scritto poesie ma i miei maestri son stati loro. Intanto la pertinenza e l’icasticità della parola era la legge di Barile che è stato il lettore di Montale. Sbarbaro insegnava a scavare, buttar via, arrivare all’essenza, che in musica e poesia è la purezza del suono, in prosa è l’essenzialità; insegnava a non fare arte , lasciar che si facesse da sé, altro che il velleitarismo delle scuole di scrittura. Io ad esempio ho buttato via il doppio di quello che ho pubblicato."

"Sembrano per stile molto diversi ‘Il bastardo’ e ‘Elogio della zucca’, ma è un’apparenza: lei ha lo straordinario dono di far apparire semplice quello che non lo è"

"Cinque anni ho impiegato per scrivere "Il bastardo" che ha alle spalle anche la ricerca storica fatta sulla città di Cherasco (io sono di Brà) per "Tra le mura stellate" pubblicata da Mondadori. Città teatro della guerra dei trent’anni. Certo non è un libro facile.

La storia di don Emanuel di Savoia ne ‘Il bastardo’ tocca il problema del rapporto tra potere e diversità.

La mia è stata una scoperta e un’intuizione della sua omosessualità attraverso la lettura di tutte le sue lettere reperibili (nelle quali non ricorre mai un nome di donna bensì solo quello di sua madre con cui aveva un tenerissimo rapporto).

Lo stile dei due libri non è infatti molto diverso: c’è la ricerca dell’espressione, di una parola che dia la molteplicità di un senso a quello che dici.

Io vado avanti per incisi a volte implicitamente espressi.

Non è uno stile semplice il mio anche se si parla spesso di limpidità e semplicità. Ma queste non sono un inizio, sono una conquista, un approdo, un punto d’arrivo. Ecco, la differenza tra uno scrittore e uno scrivente sta nello scavo stilistico…. Che poi tu lo capisca perché è chiaro, godibile questa è appunto la conclusione del lavoro. Di solo ‘cerebro’ non si può nutrire la letteratura degli uomini che è fatta anche di odori, sapori… parafrasando Barthes che adoro: ‘nul pouvoir, un peu de sagesse et le plus de saveur possible’."

"Vargas Llosa?"

Adoro anche la letteratura sudamericana, (lui, Amado, tra l’altro mio ospite qui, Marquez) che è viva perché aspira a quella libertà politica e quella giustizia sociale che ormai si è persa nelle brume della nostra miseranda seconda repubblica. In quella letteratura c’è empito non disgiunto dalla bellezza della forma."

"Il poeta Raboni mi dice di adorare legger romanzi e non poesia: lei prosatrice e romaziera, con che spirito legge i poeti di oggi?"

"Recentemente con grande piacere ho letto proprio ‘Rappresentazione della croce’ di Raboni che ho trovato di una grandissima castità espressiva e limpidità. Anche in questo caso la limpidità è un approdo e sono in questi versi perfettamente fusi sentimento ispiratore e parole che lo esprimono. Accanto a lui Raboni ha una grande tecnica, Patrizia Valduga . Una strana coppia.

Comunque la poesia non è l’arte di andare a capo; in essa come in qualsiasi letteratura ci deve essere sempre qualcosa che duri oltre il tempo, la contingenza. Che ti comunichi aspirazione all’ altro e all’oltre, quello che si chiama il sentimento religioso della vita."

"Questa semplicità, o attenuazione, è un portato dell’età? Il critico Baldacci per estremo sostiene che è la vecchiaia l’età in cui si riesce di più a vedere il futuro"

"Si certo, non si inventa questa espressività limpida, è prodotta da un esercizio stilistico che dura una vita. Pensi alla leggerezza di Calvino. E poi un uomo a cui togli il passato togli tutto, anche il futuro, ha ragione Baldacci. L’età ti aiuta a vedere le cose in modo diverso. Le illuminazioni improvvise alla Rimbaud sono rarissime. La poesia è anche qualcosa di misterioso. Pensi a Dante che è riuscito a dire le cose più difficili in un connubio audacissimo e misteriosissimo di fede, di intelligenza, di teologia, di cultura, di umanità sanguigna, in una fusione grandissima di tutta quella che l’esperienza di una vita".

"Che futuro intravede?"

"Intravedo un futuro che mi immalinconisce, non mi piace il mio paese, l’uranio impoverito, la mucca pazza, gli ebrei che da vittime rischiano di diventar carnefici, minacce e oscurità per la mia nipotina di nove mesi e mezzo…Gli uomini son stupidi, attaccati alla fatuità, all’esibizione.. come dicevo…

Però io spero sempre, perché c’è una parte di me incredibilmente propositiva (Pensiero e Azione, mi chiamavano): dopo la saturazione del ‘più’ arriveremo spero ad una contrazione dei consumi, ad una riproposizione delle cose…"

"Marx sosteneva che il modo di produzione industrial/capitalistico finché vien lasciato in essere produce da se stesso le sue crisi per rigenerarsi identico a prima. Io non ho speranze se non nei singoli individui"

"C’è una parte dell’umanità che si salva.. i medici senza frontiere ad esempio… i puri folli sono il lievito del mondo"

"Lavori in programma?"

"Non ho progetti… perché non ho più le forze… però se ci fosse qualcosa di appassionante forse mi ci butterei"

"Il teatro, esperienza sporadica per lei?"

"Un’esperienza sporadica nata da un’angoscia, da un furore e un bisogno ..quando c’era il terrorismo scrissi ‘Raccontami quella di Flic’ che piacque a Streheler ma poi non venne dato al Piccolo per mancanza di finanziamenti per essere rappresentato poi a Torino al teatro Gobetti nel 1984. Io credo che per far teatro bisogna vivere con gli attori, bisogna sentir risuonare la parola sul palcoscenico dove ha una valenza diversa da quella scritta e ti accorgi che è o eccessiva o insufficiente. Teatro esperienza magnifica vissuta letterariamente un po’ dal di qua.

Quando c’è stato un successo come è accaduto a Wshington con ‘Dolce Susanna’ (Sweet Susan) scritta nel 1982, mi son stupita. Ci fu un grande ricevimento per me allora.

Il 23 di gennaio di quest’anno a Roma in un teatrino che è un gioiello di architettura del 1600 (Il teatro del xx secolo) sul Gianicolo si tiene una serata per me sulla mia attività teatrale"

" Per prender spunto da Baldacci, ancora, esistono una scrittura maschile e una femminile?"

"Esiste una scrittura sì e una no. E più femminile Proust o Tolstoj?

La scrittura di una donna comunque ha una marcia in più che scaturisce da una maggiore capacità di intuizione. Il ventre femminile, anche se non partorisce assorbe tutto (pensi che le più belle pagine sulla maternità son state fatte da due sterili, Anna Banti ne ‘ Le mosche d’oro’ e Elsa Morante in ‘Ara coeli’) …

Ma le ripeto queste divisioni sono forse opinabili… e davvero non so chi tra la Yourcenar e Proust sia più uomo. Baldacci è un critico di grande profondità che mi scrisse di aver pianto sul mio ‘Tosca dei gatti’ per i funerali di Miciamore e oggi figure come la sua tendono a scomparire."

La conversazione termina dolcemente mentre ci trasferiamo nello studio per scriverci i nostri scambi culturali, … lei mi consiglia un testo di Camilleri, io un libro di Bernard Noel. Nello studio un poster del Che, un computer che Gina Lagorio sta imparando ad usare…foto sue, di figlie e nipoti…Mi regala un suo libro e mi invita di nuovo a bere il tè a casa sua,: allora mi accoglierà vestita di tutto punto persino col vitino da vespa, promette.

Anna M. Simm

interviste anche a Fernanda Pivano, Maurizio Cucchi, Lalla Romano, Giovanni Raboni, e tanti altri

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