L'elezione e la rinuncia di Celestino V

"Io Celestino V, mosso da ragioni legittime, per bisogno di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di coscienza, per debolezza del corpo, per difetto di dottrina e per cattiveria del mondo, per l'infermità della persona, al fine di recuperare la pace e le consolazioni del mio precedente modo di vivere, liberamente e spontaneamente, mi dimetto dal Pontificato..."

La vicenda

Celestino V si alzò dopo aver finito di leggere l'atto papale, scese dal trono, si tolse mitra, manto porporino e insegne deponendole per terra. Si rivestì del suo rozzo mantello e uscì dal Concistoro. Così si concluse l'avventura di fra' Pietro da Morrone, dopo soli cinque mesi di tormentato pontificato, unico esempio di dimissioni dalla carica di pontefice. Per capire i motivi della rinuncia bisogna compredere il particolare momento che attraversava la chiesa in quel periodo, segnato dalla feroce lotta tra la famiglia degli Orsini , guelfi, e dei Colonna , ghibellini.
Dopo la morte di Nicolò IV nell'aprile del 1292, le riunioni del Conclave (l'organo predisposto all'elezione del papa) furono spostate da Roma a Rieti e infine a Perugia. Dopo 27 mesi di discussioni con le quali non si riusciva a ottenere un'accordo, giunse al cardinale Malabranca , decano del Sacro Collegio, Lo scosceso sentiero percorso dalla delegazione una lettera di fra' Pietro da Morrone, con la quale lo pregava di giungere in fretta alla nomina, pena gravi castighi a lui rivelati da Dio in un sogno. La lettera fu letta nel Conclave e raggiunta l'unanimità dei consensi sul nome di fra' Pietro, fu stilato il decreto di elezione in data 5 luglio del 1294 . L'annuncio venne inviato all' eremo di Sant'Onofrio , dove l'eremita si trovava, tramite una delegazione di cui facevano parte Carlo II d'Angiò e suo figlio Carlo Martello .

"Il gran rifiuto" della Divina Commedia

Questo episodio è entrato nella storia anche grazie alla Divina Commedia nella quale Dante narra in un episodio di aver visto "colui che fece per viltà il gran rifiuto" (Inf III, 58-60) . Il personaggio, volutamente ignoto, venne identificato in Celestino V, ma ci sono diversi studiosi che affermano tesi diverse. Provo a riassumere le prove "a favore" di Celestino: Dante, che sceglieva nel modo più preciso possibile le parole, scrive di un " rifiuto " mentre fu quella del papa fu una " rinuncia " che è cosa ben diversa. Inoltre Dante era profondamente religioso e non avrebbe mai posto all'inferno un santo (il poema venne pubblicato nel 1319 , sei anni dopo la proclamazione di santità di Celestino).
Oggi le ipotesi più accreditate sono quelle che riferiscono il personaggio a Ponzio Pilato o al cardinale Matteo Rosso Orsini . Quest'ultimo, subito dopo la rinuncia di Celestino, era stato eletto al primo scrutinio dal Conclave ma rifiutò l'elezione per poi sostenere con forza la candidatura del futuro papa Bonifacio VIII . Infatti se avvesse accettato il papato avrebbe dovuto mettersi al di sopra delle parti, mentre con l'elezione dell'amico Caetani riuscì a far espellere la famiglia dei Colonna, sequestrandone i beni e privandone dei titoli.
Al di là di queste vicende però rimane l'atto di umiltà e fede di Celestino, che rifiutava la "chiesa politica" a favore di una più alta spiritualità. Inoltre la figura di umile e sprovveduto frate di provincia non corrisponde a realtà: infatti Celestino fondò un proprio ordine e guidò monasteri. Il motivo vero della rinuncia è dunque riconducibile alla sua limpida condotta morale che è anche la ragione per la quale questo papa viene ancora oggi ricordato con ammirazione e a titolo d'esempio.

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