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Il servo serve(?)
Dimostrazione semi-deontologica della servile idiozia del Tajan minore.

Piero Vaglioni

 

Dove sono andati a finire i servi finto-scemi con le cui argute parole Shakespeare e Goldoni ci deliziavano? Che nostalgia di quegli inchini (ir)riverenti fatti di sorrisi accomodanti e di pernacchie metaforiche! I servi della postmodernità sono servi senza una pinzillacchera di spessore, una quisquilia di dignità: sono servi. Ma quanto poi servono?

Un caso eclatante e deprimente ci viene dal triste Antonio, il portavoce del Cittadino Berlusconi che, dopo anni di servitude silente (diceva solo parole non sue), si è presentato timido, a chiedere un compenso di tanto oscuro lavoro. "Va bene" ci immaginiamo il Cittadino Cavaliere che sorride magnanimo "hai fatto il tuo dovere e ora ti spetta una ricompensa! A un patto però" deve aver continuato il Cavaliere Buono "che tu faccia esattamente come farò io. Non ti inventare nulla che io non mi inventi, non dire e non fare nulla che io non farei o direi, e soprattutto non saturare il video con la tua immagine, se non nei TG regionali."

Che tenerezza!! Il Cavalier Kane sembra proprio uno di quei padri che, orgogliosi dei progressi dei propri piccoli, decidono di portarli nel bosco con sé ma non li lasciano camminare da soli e li invitano a mettere i piedi esattamente dove li mettono loro. Così il triste Antonio, tutto eccitato dalla nuova avventura, si lancia nel mondo dei grandi, mette i piedini sulle ormone del Cavalier Cortese (ardimentoso eroe di mille imprese) e procede allegro cantando la vispa teresa sulle note dell'inno di partito.

Allontanandoci da tale scena pastorale, vorrei con i miei (pochi, immangino, ma buoni, mi auguro) lettori analizzare il testo del "contrattino" che il triste Antonio ha inviato a mezzo "cartolona" postale agli elettori romani. Per cominciare, sulla destra troviamo l'intestazione "Gentile Famiglia", che già porta un po' fuori strada: si è tentati di pensare che sia indirizzata soltanto alle famiglie cosidettenormali; e i single e le single? I divorziati e le divorziate, i separati e le separate? I vedovi e le vedove? Ma per non far torto a nessuno, il triste Antonio, nella parte sinistra, dove c'è il testone della cartolina, esordisce con un più ampio e democratico "Cari Concittadini".

Dopo due righe troviamo le prime affermazioni concrete: il voto del 13 maggio, rispettando i dettami neo-linguistici del Cavalier Cortese, risulta "'una scelta di campo' decisiva dalla quale dipende il futuro della nostra città. Per questo vi chiedo un minuto per rispondere a queste domande …" Non c'è traccia di formalità o di sovrastrutture retoriche, il tono della cartolona è chiaro: Antonio è l'amico di tutti e dà del tu!

Queste le domande:

  • Roma è una città sicura?

  • I trasporti e il traffico sono migliorati?

  • I nostri giovani hanno possibilità di lavoro?

  • La qualità della vita per anziani e bambini è migliorata?

  • Il verde e l'ambiente sono stati meglio tutelati?

  • I più deboli sono stati garantiti?


Sia Amadeus che Gerry Scotti, concederebbero molto più di un minuto per rispondere a tutte queste domande, e soprattutto prometterebbero un premio in denaro una volta ricevute le risposte corrette. Chissà se anche il buon Antonio, o magari i suoi fidati amici …

Andiamo avanti. "Se come credo, la risposta a queste domande è negativa [prima assunzione automatica] allora è arrivato il momento di cambiare, di voltare pagina, di aprire con il nostro voto una nuova stagione per la nostra città".

A parte la forma, alla quale la mia cara maestra delle elementari darebbe un cinque e mezzo, ritroviamo l'uso furbesco del possessivo, forse troppo evidente come trucchetto comunicativo per creare (o simulare) aggregazione. Inoltre, tutt'altro che secondario, non ha dedicato due parole due a chi non la pensa come lui; chi ritiene che il bilancio degli anni di governo della giunta Rutelli sia tutto sommato positivo non viene considerato come interlocutore? Non ha dunque argomenti per convincerci che le cose sono, sì andate bene, ma potrebbero addirittura migliorare? È evidente come, quantomeno in termini di tattica comunicativa, il triste Antonio escluda a priori una quantità non trascurabile di elettori.

Andando avanti, la "drammatica persona" si moltiplica: da un "come credo", si passa a un "Il bilancio che riceviamo" [noi chi? I romani, il cui voto è importante? "noi" centro destra?]. Non è chiaro; non è dato sapere. Forse non ha importanza. Peggio ancora, si scende nel patetico, tirando in ballo, come al solito, "i più deboli, soprattutto i bambini, gli anziani, le persone disabili", in una visione del tutto democristian-populista che taglia fuori gli immigrati (quelli buoni e integrati che tanto piacciono al centro sinistra), i disoccupati, quelli che campano con un milione e duecentomilalire al mese: per il triste Antonio quelli non sono da considerare "deboli".

Poche righe e la persona si ri-singolarizza: "Per questo vi chiedo di fare una scelta di campo e di scegliere come sindaco il mio nome che troverete scritto sulla scheda di colore azzurro che troverete …" A questo punto la mia cara maestra si sarebbe alterata sul serio: quella che all'inizio era apparsa evidente come una citazione dal Libro del Kavalier Kane (e come tale riportata tra virgolette) viene buttata là come creazione autonoma [ci sembra di sentire il Cittadino Mi Consenta, tuonare un che facciamo, ci allarghiamo, prendiamo iniziative personali??]. E poi lo stridore sintattico tra "scelta" e "scegliere": un buon dizionario dei sinonimi e contrari non dovrebbe costare molto!

Ancora. Gli elettori, secondo il triste Antonio, dovrebbero scegliere come sindaco il suo nome? Ma cos'è, una metonimia sghemba? Peccato, perché un uso corretto dell'italiano sarebbe gradito un po' da tutte le forze politiche, dal nazional-orgoglioso Fini al centrosinistra che tanto ha sudato sulla riforma della scuola.

Soprassediamo su un impeto post-romantico suggerito da un comunicatore buontempone ("un voto annullato è un voto regalato alla sinistra" [!?]) e passiamo alla parte finale, con cui il triste Antonio giustifica l'invio della cartolona: "Con voi voglio assumere il mio impegno in modo solenne e visibile [un po' troppo solenne, forse, quanto al visibile poi…], con un patto sottoscritto alla luce del sole, che troverete allegato alla lettera. È un modo nuovo di far politica: a ciascun impegno deve seguire un fatto, a ciascun progetto una realizzazione vera e concreta. Le promesse non bastano più. Occorre mantenerle."

Qui il comunicatore ha l'orgasmo prima dell'abbandono. Però. Ci sono una serie di però:

  • Un patto sottoscritto alla luce del sole; come se gli altri fossero roba da carbonari che si incontrano in fumosi e segreti sotterranei!

  • Il "modo nuovo di far politica" si commenta da solo: "Porta a Porta" con Berlusconi non l'ha visto nessuno, così come nessuno deve aver seguito la campagna elettorale tutta media e conventions che ha portato Superciuk Bush a capo del governo più influente del pianeta!

  • Quanto alla chiosa strappavesti e impetuosa sulle promesse da mantenere, (ma anche queste non sono altro che promesse, per la cui realizzazione, oltre a dover rischiare di eleggere un servo scemo a sindaco della nostra città, dobbiamo anche aspettare, come minimo, un paio di anni): le promesse, caro signor triste Antonio, non sono mai bastate!
    "Grazie per la vostra attenzione", continua nella convinzione che il lettore non abbia stracciato la cartolona o che non ci abbia fatto i filtri (in realtà il cartoncino è della giusta consistenza), "per il sostengo che vorrete darmi in quella che io considero una missione per la città che amo, la città in cui sono cresciuto e ho studiato, in cui è nata e vissuta mia moglie e i miei figli, in cui intendo dare, anche grazie alla forza della vostra fiducia, il meglio di me nei prossimi anni." Punto; fine della cartolona.

Arrivato in fondo il lettore/elettore tira un sospiro, se fuma si accende di certo una sigaretta e rilegge l'ultimo periodo, sentendo che qualcosa è sfuggito alla prima lettura. La sua missione per la città che ama, in cui è cresciuto e ha studiato … e dove sono nati e vissuti moglie e figli: il padre di famiglia modello qua fa passare un'informazione opposta a quella a cui aveva alluso all'inizio, cioè che la "nostra" città (nostra di noi romani) sia anche la sua, in quanto a nascita. Evidentemente il triste Antonio a Roma non vi nacque, il che va pure bene, fa molto figlio adottivo che ama i genitori più di quello naturale, molto Mosè nella cesta, ma va detto chiaro e tondo, senza paura di essere per questo considerato meno amante di Roma. Qui invece si allude!!

Dopo lo scempio della lingua italiana, così come della stima dei romani che leggono, di cui mi son fatto testimone e portavoce, vorrei chiudere questo mio intervento, ci tengo a precisarlo, non politico ma logico-linguistico, con una citazione da una lettera che il "Profeta Pasolini" scrisse al "Barbone Ginsberg" nell'ottobre del 1967. In tempi in cui la sinistra sembrava ancora essere tale, il nostro savonarola friulano già puntava il suo dito ossuto sulle contraddizioni del PCI e parlava con il beat all'idrogeno delle differenze, pensate un po', della borghesia e del linguaggio della protesta tra America e Italia, che da oggi in avanti, 14 maggio 2001, saranno un po' più unite:

Caro, angelico Ginsberg, (…) La tua borghesia è una borghesia di PAZZI, la mia una borghesia di IDIOTI. Tu ti rivolti contro la PAZZIA con la PAZZIA (dando fiori ai poliziotti): ma come rivoltarsi contro l'IDIOZIA? (…) Perché tu, che ti rivolti contro i padri borghesi assassini, lo fai restando dentro il loro stesso mondo … classista (sì, in Italia ci esprimiamo così), e quindi sei costretto a inventare di nuovo e completamente - giorno per giorno, parola per parola - il tuo linguaggio rivoluzionario. Tutti gli uomini della tua America sono costretti, per esprimersi, ad essere degli inventori di parole! Noi qui invece (anche quelli che adesso hanno sedici anni) abbiamo già il nostro linguaggio rivoluzionario bell'e pronto, con dentro la sua morale. (…) Non riesco a MESCOLARE LA PROSA CON LA POESIA (come fai tu!) - e non riesco a dimenticarmi MAI e naturalmente neanche in questo momento - che ho dei doveri linguistici.
(…)
E perché mi lamento di questo linguaggio ufficiale della protesta che la classe operaia attraverso i suoi ideologi (borghesi) mi fornisce? Perché è un linguaggio che non prescinde mai dall'idea del potere, ed è quindi sempre pratica e razionale. Ma la Pratica e la Ragione non sono le stesse divinità che hanno reso PAZZI e IDIOTI i nostri padri borghesi? Povero Wagner e povero Nietzche! Hanno preso tutta loro la colpa. E non parliamo poi di Pound!
(in Pier Paolo Pasolini, Vita Attraverso le lettere, Torino, Einaudi, 1994, pp. 275,276)


Alla sinistra che oggi finge di leccarsi le ferite, a cui è rimasto uno strascico di linguaggio rivoluzionario e una morale a brandelli, rileggere un suo figlio che troppo prematuramente essa bollò come eretico, male non farebbe di certo. Se di autocritica c'è bisogno, allora che autocritica, e seria, sia! Buttando un po' a mare i miti delle americhe patinate anche se anni sessanta, e tornando a risciacquare un po' di panni in Europa, tra Casarsa e la Germania, magari, che se tanto s'è letto (diamolo pure per scontato), tanto ancora c'è da leggere e non tutto, ancora, è andato perduto.


 


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