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Cesare Brandi e l'autore del film

Mario Verdone

 

In un convegno, svoltosi a Siena, che ha reso giusto omaggio allo scrittore, storico e critico d'arte, Cesare Brandi, sono state messe in luce le qualità non comuni del fine critico, ma anche dell'estensore di prose di viaggio (pellegrino in Toscana, in Puglia, in Africa, in Oriente) e di poesie (le Elegie). Un denso volume di Atti, curato da Electa, è dedicato all'evento. Sono stati evocati i suoi magistrali saggi sui pittori senesi del passato e su artisti dell'epoca contemporanea, come Morandi Braque e Picasso, e ricordati i dialoghi dedicati alle varie arti, così come i suoi trattati sul restauro dell'opera d'arte e sulla teoria della critica.

Non potei mancare alle onoranze per il concittadino e il maestro, e dopo gli immancabili e giustificati consensi non ho creduto di fare torto all'amico soffermandomi su un punto della Teoria generale della critica sul quale avevo un rispettoso dissenso. Cesare Brandi, trattando del cinema, e dei testi preparatori dei film, cioè le sceneggiature, aveva manifestato l'opinione che alle stesse non si doveva riconoscere un valore letterario.

Indubbiamente chi ha dimestichezza con la lettura delle sceneggiature guarda più alla struttura del film ideato, non gli sfugge il valore del dialogo, ma non pretende di trovare in ogni copione valori assoluti di scrittura, tanto più che la sceneggiatura non è quasi mai "di ferro" e subisce cambiamenti nel lavoro pratico di realizzazione. Poi, sullo schermo, quel che conta finora è stata ed è soprattutto l'immagine. Sarebbe difficile ritenere esempio di validità letteraria ogni scenario cinematografico, ma neppure è accettabile una affermazione di tipo contrario.

L'analisi del fenomeno cinematografico non è tenuta in disparte negli scritti di Brandi, dal Carmine o della pittura, dove definisce il cinema "il volgare del nostro tempo", alla Teoria generale della critica. Non ne riporteremo che le conclusioni.

Brandi riconosce che nel cinema, a differenza che nel teatro, si realizza il voto di una certa regìa teatrale aspirante, nel regista-cineasta, ad essere autore dello spettacolo, di contro all'autore del dramma. "Nel cinema", conviene lo scrittore, "può esservi più discussione, ormai l'autore del film non è lo sceneggiatore ma il regista, anche se il film sia tratto da un romanzo o da un dramma. Il regista, infatti, con i suoi mezzi a disposizione realizza il processo di immagine del film. Il film, anche se si basa come il teatro sulla fragranza-astanza dell'attore-trama, è film per l'immagine audiovisiva, e solo attraverso questa immagine si determina. Ora la realizzazione di questa immagine solo al regista compete di diritto, anche se questo si sdoppi nello sceneggiatore, nello scenografo e nell'operatore fotografico". Insomma Brandi conviene che il copione non è il film e nemmeno un genere letterario speciale (come peraltro apparve ai sovietici): non è che un canovaccio, allo stesso modo che il canovaccio della commedia dell'arte non era la commedia.

Su questo punto si rimpiange che Brandi - per la sua scomparsa - non abbia potuto fare ritorno, dato che i suoi interessi per il cinema sembravano sempre più accesi dopo aver preso conoscenza dei testi teorici di Ejzenstejn, Pudovkin, Kulešov, Arnheim, Cohen-Séat e Mitry, oltre che dei film più significativi.

E qui c'è da osservare, a nostro avviso, che il copione può aspirare a diventare genere letterario speciale. Vi sono testi di Carl Mayer straordinariamente pertinenti, e poetici in sé, a questo proposito, e tuttavia esistenti soltanto quali scenari per film.Ve ne sono di Pierre Albert-Birot (I poemi nello spazio), di Philippe Soupault, di Romain Rolland, di Laszló Moholy-Nagy, di Zavattini.

Inoltre v'è, dietro la affermazione perentoria, inattaccabile, che condividiamo, che il regista è l'autore del film, anche la possibilità di una casistica più ampia che è, almeno, degna di discussione: penserei intanto a F.W. Murnau e Carl Mayer, a Marcel Carné e Jacques Prévert, a Vittorio De Sica e Zavattini, e così via, per ipotizzare l'esistenza di alcuni co-autori: l'uno, il regista, autore spaziale, l'altro, lo sceneggiatore, autore temporale.


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