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Lo Sguincio
Rigorosissimo delirio intorno a "Recitazioni" (1)

di Michele Fianco

 

 

 

 

 

1. Intro esclusiva: via ciò che appare

Non azzardatevi a chiedere a un testo come questo le solite dimostrazioni. Dunque via le citazioni immediate, via il Faust. E via i corollari che ne potrebbero conseguire del "più o meno", quindi i pirandelli e consimili seduti in sala si alzino e se ne vadano. E se ne vada pure chi si aspetta la còccola – ormai – dolce del "riconoscersi", del "dire giusto" in letteratura, esausta – ancora ormai – la vena dei pochi antagonisti, materialisti, critici delle odierne peripezie del capitale. Questa barba già tonsa non basta più per un testo che percorre… - no, percorre è troppo lineare - che forza e strappa i ricci, i nodi, gli impedimenti – appunto - della barba che fu.

Un decennio, tempo breve in letteratura, è un’era nel nostro mondo. Non c’è il tempo anzi – sembra dire Muzzioli – non c’è lo spazio, se non quello per rappresentarlo il decennio e le sue contraddizioni. Siamo già nell’azione, nella frenesia e nell’agire frenetico. E se tanto ci dà tanto, come ad una teoria si risponde con un incremento teorico – Sanguineti docet – ad un’azione si risponde con un incremento d’azione. Va da sé che non si può pretendere di rimanere puliti. L’azione è corpo che di per sé – si sa – è limitato e si sporca. Il fondamento allegorico che mi appare chiaro nel testo di Muzzioli è questo. È tra queste righe, in un rigore teorico corporeo, ormai divenuto corpo, che è vivissimo e nitidissimo il testo, e presentissimo. I superlativi valgono una sottolineatura, quella che se la letteratura e le teorie intorno ad essa si compiacciono – alle volte anche le nostre di convinti materialisti – allora smettiamole. Se sono inutili e non incidono più, smettiamole.

Allora, cosa fare? I capitali, l’opposizione ad essi, la messa in scacco ed altro va bene, è una legge universale, così universale da sembrare sterile. Le lobbies, i poteri forti, il riconoscimento delle trame e l’antagonismo vanno bene, sono estensibili all’intera storia dell’uomo. E non ci costa alcuna fatica ammettere la loro giustezza, ma non costa fatica a chicchessia, anche agli stessi detentori del potere.

Ripeto: ma ora, cosa fare? E le cose stanno esattamente così?

È l’ordito di questo testo a fornire un criterio, a dare una risposta. Un ordigno "altro" che più che storicizzare il presente – abbiamo una certa mano ormai - presentifica la storia. Ovvero raccoglie la sfida, se infila nel mondo più presente che c’è, mette da parte carte e bussole utili per misurazioni passate e ricomincia daccapo.

E ci prende in pieno.

 

2. Una contraddizione in termini: il diavolo (tra virgolette) positivo

Il diavolo etimologicamente si oppone al simbolo. Il primo divide, il secondo unisce. Ecco l’accezione tradizionalmente positiva che si dà al simbolo (Dio, del resto è uno e trino). In sostanza se il diavolo non dividesse più, se non conservasse la sua natura dia-bolica, dunque dia-lettica, riuscirebbe perfettamente accettabile sotto tutte le latitudini. Sarebbe plausibile una sua riuscita e perfetta integrazione.

Questa riflessione ha origine in un intervento di un autore molto stimato da me e da Francesco Muzzioli, che risponde al nome di Sandro Sproccati. E torna buona in questa lettura che riconosce l’azione critica del testo proprio lungo questa strada. "Non c’è altra strada – dice Faust – tra post-modernismo e neotradizione". Ancora: "o il sapere è potere (…) o è impotente", dunque la massima divaricazione dialettica si pone sulla questione "se dobbiamo costruire rotelle per gli ingranaggi (…) o dobbiamo incartapecorire dei nostalgici eremiti che sognino quel che non c’è più". Ma quale dialettica vive se la soluzione obbligata è quella di mettere "le due cose insieme"? Nessuna, se la legge che se ne ricava è quella del "finché tu sei io esisto. E finché esisto tu sei".

Finalmente, ci siamo. L’analisi è completa. Il diavolo è spento, è possibile solo un gioco di varianti ed è tutto facile, tutto esposto. Basta partecipare. Il bello è che perfino lo "spiritello" ne ha coscienza. Se prima "ab sempre diceva no", ora è ridotto a un misero "calabraghe", a un povero "corrotto". Di più: non solo è spento (accezione autocritica), ma il diavolo è "positivo" per la controparte. Si mette in fila, accetta e aspetta. È in questa piega che si insinua – ben oltre la rappresentazione dunque – la riflessione di Francesco Muzzioli. Del diavolo resta il nome, il ricordo, il vessillo. Accetta l’esistente, il consolidato, il certo. Ma è questo il mestiere del diavolo?

Torniamo dunque – come già nell’introduzione – alle intenzioni fondamentali: se il diavolo e la dialettica, se l’antagonismo e tutti gli annessi e connessi non incidono più allora smettiamola di chiamare il diavolo diavolo, dichiariamone la fine e non riconosciamolo più come tale. Non c’è più (sempre accezione autocritica), peggio, è figura positiva a detta di tutti, riconosciuto e tollerato perfino da Dio. Portando il discorso alle estreme conseguenze, Muzzioli intravede un ulteriore paradosso e tragico: il diavolo non parla più. Ormai è inibito. Nemmeno di se stesso, della sua casa, dell’inferno. È sospeso nel limbo di un "teatro politico muto". Non gli è possibile l’espressione ma soprattutto non gli è – a questo punto - concessa l’esistenza.

Da che parte si guardi la faccenda, s’arriva alla medesima conclusione: il diavolo è carino, ci ricorda bei momenti e in fondo non fa male a nessuno. E perché allora farlo parlare o parlare di lui? Non esiste e se non ne parliamo esiste ancora meno. Oppure: il diavolo è alla prova dei fatti un ricordo, esiste ma è disperso e non ha possibilità comunque di dire. Forse, qualcosa, da dire l’avrebbe anche, magari ancora non perfettamente a fuoco… È qui che il testo di Muzzioli "riaccende" il diavolo e oltre le consuetudini.

 

3. La roba che non c’è (materia not found)

Il diavolo è positivo, la letteratura insufficiente, il silenzio – dicono – d’oro.

Le Recitazioni di Muzzioli dipanano la matassa con estrema lucidità e individuano il campo di applicazione e l’ambito in cui operare da adesso in poi. È facile menar botte contro il capitale, i poteri forti, la globalizzazione. Ci riusciamo tutti. Ma sa – come si diceva in precedenza – di un’azione sterile, dunque una "non-azione". Più difficile interrogare il presente, entrare a piè pari nella contemporaneità e portare a conseguenze estreme i discorsi intorno alle nuove forme (ancora fuori giurisdizione) di pericolo.

"Il denaro che prima era rappresentativo, metafora reale del capitale che consisteva essenzialmente nei mezzi di produzione, tende a conquistare una sempre maggiore autonomia dalla materialità e determinazione dei mezzi di produzione". Di più: il denaro non è più materia. Il suo potere è nominale, comunicato, virtuale. Paradosso del paradosso: anche la comunicazione non è più materia, sempre più disgiunta dalla realtà. Non è più comunicazione, tutto qui.

Il tutto si risolve in una formula che non ha legge sotto: siamo nell’epoca della metacomunicazione del metadenaro e del metapotere.

E la roba non c’è più. Materia not found. O meglio, si distingue in analogica e digitale: una questione di impulsi elettrici, linguaggi complessi dispersi in codici binari, pagine visibili solo se visibili su motori di ricerca, polarizzazioni continue dell’informazione che si fa e si disfa, finanze che si annodano e si sciolgono, e si fanno e si disfano nella "terra di nessuno".

Uno spazio da occupare, con frenesia. Il tavolo di una roulette con i numeri che vanno da zero ad infinito. Praticamente la libertà. La "terra di nessuno" per i capitali – seppur virtuali – è la libertà. L’azione è ingenua e barbara per frenesia di occupazione, comunque tendente alla dominanza. Una dominanza immateriale e pericolosissima. E questo mi sembra il segno forte, il luogo dove Muzzioli vuole riaccendere il diavolo. In questo mercato allo stato puro, nella diffusione e dispersione dei poteri, nelle concentrazioni momentanee, intangibili, "retificate", golpistiche. In una parola, nel selvaggismo virtuale, sul "prodotto nell’epoca della sua creazione e riproduzione digitale".

Dunque il prodotto come "oggetto od evento"? In questa chiave direi il secondo. La merce si sposta sempre di più verso l’evento. E dà inizio ad un nuovo modo di acquisire la merce stessa: l’evento non si compra, si partecipa all’evento. Ed è questo particolare aspetto che sancisce l’esclusione:"c’era una volta lo sfruttamento che opprimeva tutti insieme" e oggi invece c’è "l’esclusione" individuale. Chi non partecipa – dunque chi non "compra" – è escluso.

Una domanda era in principio però: è possibile girare siffatta modernità – intendendo con essa lo strumento, il linguaggio che la rappresenta per antonomasia e cioè internet – verso sinistra? Non voglio attribuire a Muzzioli ciò che non dice, ma mi sembra che molto concorra a riconoscere in lui l’autore di cotanto quesito.

 

4. Conclusioni inclusive: enumeratio e grazie

Qualche forzatura l’ho usata, riconosco. Ma il testo già di per sé forza. È questo il metodo e il merito di questa scrittura in movimento, complessa e "attiva".

E di sguincio e in sintesi renderei all’autore alcuni momenti essenziali di questo delirio: via le citazioni immediate (troppo esposte per non essere facile preda delle autonomie letterarie), piuttosto presentifichiamo la storia (lungi dalla neutralità e dal piattume post-moderno, ma nel senso di un’azione critica e contrastiva). Dunque agiamo (ci vuole un incremento di azione) in questa terra di nessuno, riaccendiamo il diavolo contro la roba che non c’è (che è evento, materia not found, virtuata ed è metaroba infine).

Questo, uno spettatore della tua vocazione teatrale ti rende. Aspetterebbe in verità anche una risposta da chi – forse per primo – ha messo a fuoco un nuovo scenario di intervento, attuale e concreto.

Chiuderei con un grazie alle "recitazioni" così ricche in un corpo così piccolo ed elegante, nucleo essenziale di una riflessione a venire – che chissà quale forma prenderà – per l’autore e il suo pubblico.

(1) Francesco Muzzioli, Recitazioni, Le Impronte degli uccelli, 2000. Riprendi la lettura

 

 

 

 

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