Mappare lo spazio specifico delle letture di poesia a Roma nell'arco
di un trentennio circa, dai Settanta a oggi, muovendo la carta
di Roma lungo l'asse diacronico, segnando la topografia degli
spazi e gli snodi cronologici rappresentati da alcuni eventi.
Tagliare poi porzioni sincroniche di un altro spazio, interno
alla poesia stessa: per cercare le allusioni, le relazioni tra
oralità e scrittura, tra grafia e dizione nella superficie
insonorizzata dello spazio tipografico, o nelle dichiarazioni
dei poeti stessi.
Mappa contesto e mappa in-testo: sei gli "ospiti" ascoltati,
esemplari per la loro esperienza e testimoni per una tessitura
prospettica dello sfondo: Francesco Muzzioli, Biancamaria Frabotta,
Franco Cordelli, Simone Carella, Valerio Magrelli ed Elio Pagliarani.
Contesto
Luoghi nel luogo: a Roma, negli anni Sessanta, è la galleria
d'arte lo spazio degli incontri e degli eventi: La Tartaruga
di Plinio De Martiis, prima a via del Babuino, poi a Piazza del
Popolo, che raccoglie tanto i giovani "popartisti" romani
quanto scrittori, poeti, critici, collezionisti; o L'Attico,
di Fabio Sargentini, con i primi assaggi di performance.
L'intervento del gruppo neoavanguardista resta di fatto policentrico,
"installato" ma allo stesso tempo mobile rispetto al
contesto urbano, anche se la redazione di Quindici ha sede
stabile a Roma. Di fatto, lungo i Sessanta non ci sono Festival
né letture programmate di poesia, tranne quella, nel 1967,
al Dioniso club di via Madonna dei Monti: una Free Poetry
session dove intervengono Pagliarani, Amelia Rosselli, Patrizia
Vicinelli, Valentino Zeichen, mentre sempre Roma dà spazio
a due nuovi progetti di avanguardia: Nuova Consonanza con
Aldo Clementi, Franco Evangelisti, Ennio Morricone, Antonello
Neri e il loro progetto Mev (musica elettronica viva); il Gruppo
Romano Free Jazz con Schiano, Melis, Schiaffini, Tonani e
Pecori.
La mappa urbana dei Settanta è puntellata da segnalazioni
di teatri, teatrini, cantine: lì si trasferisce quella
dimensione di progettazione e sperimentazione delle forme, alte
o basse, di cultura urbana: teatri off, teatro-cabaret, teatro
politico di Centocelle, teatro femminista a via della Stelletta,
Dioniso club alla Suburra, la nuova programmazione al Beat
72, cantina di via Belli attiva già dal 1966.
Ci sono momenti più favorevoli a un tipo di arte: il teatro,
tra il 1965 e il 1980 è stata una "esplosione straordinaria",
come dice Pagliarani, allora anche critico teatrale, prima per
Quindici poi per Paese Sera, "un momento decisivo
è stato l'arrivo del Living Theatre".
Il Living o il Teatr Laboratorium di Grotowsky,
l'happening, inaugurato già alla fine dei Cinquanta
da Kaprow: suggestioni che segnano la topografia e favoriscono
l'attrazione della poesia nell'orbita del nuovo teatro d'avanguardia
romano.
"Anno zero della letteratura", il 1970, rispetto al
numero di opere pubblicate: già il decennio precedente
si era chiuso, nel '69, con la fine di Quindici e il conseguente
scioglimento della neoavanguardia. "A partire da questo decennio",
spiega Muzzioli, "non è più possibile ricostruire
la letteratura italiana. Inizia una sorta di divaricazione/isolamento
degli autori: la poesia si restringe al poeta".
Nel 1975 l'antologia, dal titolo significativo Il Pubblico
della Poesia, a cura di Cordelli e Berardinelli, propone uno
scenario da "deriva": nessuna distinzione di generi
o poetiche ma un'apertura illimitata e irrequieta alla versione
più "testimoniale" della poesia. "E' stata
un gesto liberatorio, di crescita, nato dalla necessità
di liberarsi dell'ipoteca ideologica della neoavanguardia, anche
se io non ero antiavanguardista", racconta Cordelli. A suo
modo una nuova e diffusa tendenza risponde all'onda crescente
della contestazione: se da una parte "la poesia è
di tutti" sembra essere lo slogan del momento, senza distinzione
col pubblico, in un clima di diffusa "artisticità",
dall'altra, i poeti che emergono recuperano proprio il momento
soggettivo, centrato su un io produttore di senso che corrode
le proposte avanzate a suo tempo dai Novissimi.
L'antologia, di cui i poeti "performeranno", tre anni
dopo, tutti i testi alla cantina del Beat 72, mette in
chiaro il nuovo statuto di "pubblico" assunto dai lettori-ascoltatori,
l'intercambiabilità di ruoli, mentre la poesia accetta
dl trascinare la forma del reading verso soluzioni sempre
più dirette all'happening, ad una modalità
dove il pubblico è sollecitato a farsi co-protagonista
dell'evento poetico.
Diversamente, alla galleria di Plinio De Martiis sono attivi i
Laboratori di Poesia di Elio Pagliarani: una sua invenzione, con
un seguito di "nuove leve" come Valerio Magrelli: "Si
leggeva, si discuteva di "cose concrete" tipo i generi
letterari", racconta Pagliarani, "come si è
fatto una volta, fino a tardi, di epigrammi". Sempre Pagliarani
è promotore, poi presidente, della Cooperativa Nazionale
Scrittori, con Giuliani, Guglielmi, Malerba, Manganelli, Pedullà,
Zavattini e altri. Una costola della Cooperativa è
la casa editrice Area, diretta da Balestrini: un catalogo
fitto di narrativa, saggistica politica, poesia: tra le pubblicazioni
c'è anche la relazione parlamentare sulla mafia. Per iniziativa
della Cooperativa si organizza un Convegno a Orvieto
nel 1976.
"È un punto di svolta", spiega Muzzioli, "lì
si portano le prime contestazioni fatte dal movimento dei cosiddetti
"nuovi soggetti", che poi sfocerà nella contestazione
del '77, con la sua divisione tra ala militarista e ala creativa";
"nuovi soggetti" fondamentalmente "politici"
o sociali ma comunque raccolti e antologizzati, per esempio, nel
'78, dalla casa editrice Savelli, col volume Dal Fondo, la
Poesia dei Marginali: poesie di omosessuali, eroinomani, prostitute,
carcerati, pazzi.
"È stata la seconda tappa importante" racconta
Magrelli, allora ventenne. "Era un grande convegno, una discussione
molto frontale e rudimentale. Lì ho conosciuto per esempio
De Angelis, che veniva da Milano". Contro il Convegno
maturano nuove modalità, ancora embrionali ma già
tipiche del moto centrifugo del movimento: "Fu l'ultimo atto
di rilievo della neoavanguardia", racconta Cordelli. "Era
il momento di massima gloria di Balestrini: aveva pubblicato
La Violenza illustrata e non si parlava d'altro. Noi andammo
a questo Convegno a "fare casino", e lo facemmo,
ma a livello di provocazione".
Lo spazio più esplosivo della mappa romana del 1977 è
la cantina del Beat '72, già da tredici anni luogo-chiave
dell'avanguardia teatrale romana.
Dall'incontro tra Cordelli e Carella - già attivo al teatro
di via Belli dal 1972 con i lavori della Scuola Romana
- nascono le famose "sedici serate" di poesia, poi raccontate
nel libro-reportage di Cordelli Il Poeta Postumo, del 1978.
Uno ogni sabato, i poeti dell'antologia del 1975 performano i
testi tra un pubblico folto e curioso, anche critico, ma
puntuale all'appuntamento con letture che ammiccano e cedono al
teatro: di fatto, a Roma, la poesia alla ribalta è una
novità.
"L'idea delle serate al Beat non era di fare letture
di poesia", racconta Cordelli, "ma di chiedere che i
poeti esprimessero come volevano il loro mondo, attraverso una
performance. Erano sedici sabati, sedici serate, sedici
poeti come espressione di sé, corporale, gestuale, C'era
una grande esplosione di soggettivismo, anche politica: il '77
è stato anche questo. La mia idea era di portare questa
misura a livello iperbolico: di far esplodere la soggettività
dall'interno". La stessa impostazione manipolatoria, maieutica
spinge anche Carella a "dirigere" i poeti, o a lavorare
direttamente sulla messa in scena dei testi: "Pensavo che
il poeta fosse il nuovo drammaturgo", spiega Carella, "colui
che ha la proprietà della lingua: attraverso il testo e
il gesto poteva diventare protagonista dell'evento".
Con Morte Funesta di Dario Bellezza, di fatto, non si pronuncia
nemmeno una parola. Il testo, accompagnato dalla musica d'avanguardia
di Antonello Neri, è proiettato su tutte le pareti: lo
spettatore è invitato a ricostruirlo seguendo le lettere,
Da I Delfini Saltano di Giuseppe Conte, sorta di favola
fantascientifica, Carella tira fuori un fumetto, disegnato da
Vincino e proiettato su diapositive, mentre alcuni doppiatori
leggono il testo assieme al sottofondo, Sheherazade, di
Rimsky-Korsakov.
"II pubblico? Andavano alle manifestazioni e scendevano giù
al Beat a sentire i poeti", continua Carella. "Non
era una semplice lettura ma una messa in scena. Mi interessava
la presenza viva del poeta, spettacolare, per far arrivare la
poesia".
Di neo-soggettivismo o neo-orfismo si finirà per parlare,
poi, per un'altra antologia, La Parola Innamorata del 1978,
una raccolta di autori assolutamente diversi, autonomi. "In
se stessa non è importante", dice Muzzioli. "Ma
lo è sintomaticamente, proprio perché testimonia
di questa fase "neoromantica", di ripresa del momento
sentimentale, di invasamento di matrice platonica: la parola che
si innamora del poeta, che viene a parlare per bocca sua".
Sempre con la regia di Carella.e Cordelli la mappa dello spazio
teatral-poetico dirotta, nel 1979, verso il Lido di Ostia per
il Primo Festival Internazionale dei Poeti, a Castel Porziano.
Una tre giorni di poesia finita in prima pagina, anche e soprattutto
per la rissa della prima sera e un pubblico di cinquemila persone
scalpitante nell'attesa di una Patti Smith che non arriverà
mai.
È un disastro per i poeti italiani che vengono fischiati
e si difendono come possono, anche provocando il pubblico, come
fanno Bellezza o Viviani per esempio, mentre l'unico successo
è riservato a star internazionali quali Ginsberg,
Evtuenko o Amiri Baraka (LeRoi Jones). Il Festival
è l'ultima fermata della corsa verso la spettacolarizzazione
della poesia, con la decisa e reciproca opposizione pubbllco-poeta.
In molti, da subito, puntano il dito contro l'intenzione di spingere
i poeti italiani a lanciarsi in pasto a un pubblico che reclama
la sua parte di spettacolo sul palco.
"Quella è un po' la storia che si è inventato
Andermann nel film", dice Carella. "Era fissato con
l'idea "la nave dei poeti è affondata", ma era
la prima volta che avveniva un incontro di massa di quel tipo"
.
"Mentre nel '77", spiega Cordelli, "ogni poeta
faceva il suo spettacolo, lì doveva solo leggere. Poi,
di fatto, Castel Porziano fu un vero happening perché
il pubblico è diventato attore".
"Rispetto a Castel Porziano", racconta Muzzioli, al
tempo nel gruppo dei Quaderni di Critica, "avevo la
sensazione della inconscia messa in scena del mito di Orfeo: il
poeta che si fa sbranare dalle Baccanti. Fu l'acme del tentativo
di portare la poesia verso il movimento".
"Come osservatrice", racconta la Frabotta, "l'impressione
fu di violazione, la sensazione che qualcosa fosse violato proprio
nel rapporto che esiste tra pubblico e poeta".
"Certo", dice Magrelli, "è stata anche una
cosa molto spettacolare, ma mi dava fastidio che la poesia scomparisse
per il gesto ad effetto, fagocitata dal teatro".
Pagliarani, come Giuliani, dovrebbe leggere, ma quel giorno è
inviato da Paese Sera a recensire una prima di teatro ("da
una parte fu un bene, perche fu una serata disastrosa per gli
italiani"). È invitato, comunque, per la sera successiva,
ma si ritira quando l'organizzazione sta per cedere all'ipotesi
di una "quota" di poeti imposti dal pubblico.
Dal 1980 la realtà dei reading di poesia si accomoda
su spazi decisamente più istituzionali o "borghesi",
mentre l'ibridazione con altri linguaggi assume la forma di pacifica
convivenza. "Esce Il Nome della Rosa", spiega
Muzzioli. "Quello è uno spartiacque molto chiaro.
Entriamo nel Mercato Editoriale".
"Abbiamo vissuto un "dodicennio nero"", racconta
Cordelli. "Il primo paletto è i11968, il secondo il
1980. Quando è uscito Il Nome della Rosa ho detto:
"la letteratura è veramente morta". Mi sembrava
un libro "finto" e che aveva successo: allora era una
infamia questa cosa, eravamo forse esagerati, ma quella fu la
sensazione".
Sempre per iniziativa di Carella e Cordelli proseguono i Festival
di poesia: nel 1980 a piazza di Siena, dentro Villa Borghese,
nel 1981 all'Università, con una tenzone poetica tra Benigni
e i poeti in ottava rima, una specie di jam session su
temi proposti dal pubblico. Nel biennio '84 -'85 al Parco dei
Daini, a Villa Borghese. Nel 1985, l'ultima di questa serie, al
Pincio.
"Bisognava allargare il tipo di proposta", spiega Carella.
Come accade con la undici giorni a Piazza di Siena, con teatro,
musica indiana, astrofisica. Brodskij come Neil Armstrong, Margherita
Hack o Ruffini, che porta al pubblico la registrazione del bip
di una supernova.
"Lì a piazza di Siena", racconta Muzzioli, "si
entra già nelle manifestazioni dell'Estate Romana,
ma c'era anche chi, come Spatola, presentava una sperimentazione
di un certo tipo, con una fortissima dose di ironia". Spatola
performa il suo classico aviation-aviateur, dove ripete
le due parole imitando il rumore dell'aereo; Arrigo Lora-Totino
indossa una tuta nera e emette il suo bip-bip, secondo
suggestioni futuriste. Lora-Totino viene bersagliato dal pubblico
con delle bucce di cocomero.
"Spatola e Lora-Totino", continua Muzzioli, "portavano
una sperimentazione diversa ma il pubblico, anche in questa generazione
"controculturale", aveva ancora la vecchia idea di poesia
di invasamento. Questo comportava difficoltà perché
passassero anche sperimentazioni autoironiche".
Con gli anni Novanta la mappa degli spazi poetici scantona di
nuovo verso il litorale romano: nella cornice, stavolta suggestiva
e scenografica, del teatro di Ostia antica, riprendono vita, a
tratti, i Festival organizzati da Carella. Dal 1994, con un ritorno
a reading o edizioni-revival decisamente "raffreddate",
come quella Da Castel Porziano 1979 a Ostia 1999.
Nel 1992 un tentativo diverso di performare la poesia è
il reading al Museo laboratorio di arte contemporanea alla
Sapienza, presentato da Pagliarani e riproposto alla Festa
nazionale dell'Unità di Reggio Emilia, che ha finito
per costituire il punto di partenza per il futuro laboratorio
di nuove scritture Ricercare. Promotori e protagonisti
sono i poeti del Gruppo '93, nato nel 1989 dal confronto
con l'eredità della neoavanguardia e teso verso la contemporaneità
"per inserirsi nei suoi punti di crisi" (Ottonieri).
Nel corso della lettura vengono esposte alcune installazioni interattive
a cura della videorivista Videor e dello spazio Audiobox
di Rai-Radiouno (Audiopoesia), mentre Lorenzo Durante invia,
per fax, la Sestina Fugata per Facsimile, le cui ottanta
pagine sono esposte alla parete man mano che arrivano. L'Anello
Che Non Tiene è l'antologia-catalogo nata dall'evento,
con la presenza di autori quali Lello Voce, Giuseppe Caliceti,
Giuliano Mesa, Marco Berisso, Mariano Baino, Paolo Gentiluomo.
Sarà dal 1997 che, su ideazione di Franca Rovigatti e,
dall'anno successivo, con Nanni Balestrini e Luigi Cinque, si
inaugurerà lo spazio poetico, policentrico di romapoesia:
prima edizione al Campidoglio, poi dislocato tra gli ambienti
dell'archeologia industriale urbana: l'ex Mattatoio di Testaccio
o il Teatro India, lungo l'Ostiense del gasometro. Una fitta sezione
internazionale con "latinoamericapoesia", "africapoesia",
"indiapoesia" e l'avvio di nuovi percorsi incrociati
e ibridazioni di poesia con arti visive, rave, musica,
nuove tecnologie, come il Rave Apocalisse o, nel 1999,
Hypertext Ulysses: opera etnotecnica, operapoesia di Luigi
Cinque, con testi di vari autori e performer tra i quali
Rosaria Lo Russo. La poesia è un'interminabile Apocalisse.
O non è. (Nanni Balestrini).
*dal catalogo ROMAPOESIA
2001-1997 a cura di Tommaso Ottonieri e Franca Rovigatti, per
la redazione di Anna Paola Bonanni, Claudio Mapelli, Lorenzo Mazzoni,
Marina Saraceno. riprendi la lettura