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Pound, la ricostruzione culturale e Bergson
 

di Piero Sanavio

Confesserò una personale insofferenza, se si preferisce una idiosincrasia: mi rifiuto di concedere qualsiasi legittimazione alla corrente tendenza di molta critica poundiana a leggere l'opera del poeta come scritta sulla falsariga di una visione del mondo coerente e compiuta. Fortunatamente, non c’è nulla di coerente e compiuto in ciò che, più che il sistema di pensiero di Pound, sarebbe il caso di chiamare il sistema di indagine poundiano. Tenendo presente che i Cantos – quella summa di sperimentazioni, quell'affresco inconcluso, e giustamente rimasto tale, di cui H. Selwyn Mauberley, Personae, le traduzioni dall'anglosassone e dal latino, le versioni dal cinese rappresentano il lavoro preliminare, gli appunti, lo sketchbook – non sono un'opera filosofica o politica o economica, ma un lavoro di poesia.

Va tenuto presente inoltre che i significati politici, filosofici, economici che se ne possono trarre sono frammentari, non di rado contraddittori. Si vedano per esempio le diverse opinioni sulla legge mosaica: disprezzata prima ed esaltata poi. Mi riferisco ai versi in Canto CXXVI:

and there is no need for the Xtns to pretend that

they wrote Leviticus

chapter XIX in particular

with justice Zion

not by cheating the eye-teeth out of don Fulano

or of Caio e Tizio;

why not rebuild it?

[e non c’è........ ]

Tali significati sono dunque subordinati al significato poetico, al lavoro sul linguaggio, al recupero di culture, lingue, memorie perdute. È dalla letteratura e per la letteratura, è il caso di ricordarlo, che Pound muove verso l'economia. Ce lo dice lui stesso quando nel l933 (Murder by capital, ora in Impact, Chicago, l960) si domanda:

Cosa porta o può portare un uomo, interessato quasi esclusivamente alle arti, a occuparsi di teoria sociale e allo studio degli [...] aspetti economici del presente?

e poi si risponde:

Gli effetti del capitalismo sulle arti e le lettere [...] sono stati: 1) mancato impiego dei migliori artisti e scrittori; 2)creazione di una nuova burocrazia delle lettere, enorme e orribile, che avrebbe dovuto agire come curatrice, eccetera; burocrazia che ha sabotato quasi ininterrottamente la vita intellettuale, oscurando la memoria dei migliori lavori del passato e impedendo al massimo le opere dei creatori contemporanei.

È certamente un segno del suo genio avere intuito, all'altezza di quegli anni e restando all'interno di ricerche squisitamente estetiche e formali, gli effetti nefasti di certa economia sulle arti. Ma su questo punto aveva dietro di sé una decisa tradizione nazionale, a cominciare da Ann Bradstreet e arrivando giù giù fino a H. D.Thoreau e persino a Whistler. Infatti Bradstreet, Thoreau e Whistler, ognuno nel suo linguaggio e all'interno delle convenzioni del proprio secolo, avevano tutti tuonato contro il mercantilismo e i suoi effetti sulla cultura, nessuno però si sognerebbe di desumere da quegli attacchi una teoria economica articolata e compiuta.

D'altra parte, lo stesso carattere frammentario dei Cantos rende vana, inutilmente arrogante, la ricerca nell'opera di un sistema di pensiero che offra soluzioni pratiche a questioni di storia o di economia e li trasformi in qualcosa di diverso da ciò che essi sono: una affermazione appassionata della necessità e dell'eternità dell'arte.

In luogo del canto dell'usura, ormai inflazionato da troppe citazioni, non di rado fatte fuori luogo (così come, in altro campo, le citazioni eliotiane del correlativo oggettivo che alla fine tanto irritavano il loro autore: "They simply drive me mad", mi confessava, camuffato al suo solito da Reverendo, il gennaio o febbraio 1952, nel suo cubicolo di Russel Square), voglio qui ricordare un frammento dei Cantos che nell'ultima parte dell'opera ritorna come refrain, o forse senhal, e che rappresenta la chiave poetica per comprenderne la struttura. Nel Canto LXXVI, Pisani:

Le paradis n'est pas artificiel

States of mind are inexplicable to us

[...]

 

Le paradis n'est pas artificiel,

l'enfer non plus

[Il paradiso non è artificiale ]

E nel XCII, Rock Drill:

Le Paradis n'est pas artificiel

but is jagged,

For a flash,

for an hour.

Then agony,

then an hour,

then agony,

Hilary stumbles but the Divine Mind is abundant

unceasing

[improvisatore.

Non abbiamo né Pareto, né Hume, ma neppure Locke o Karl Marx dietro a tutto questo. Semmai possiamo vedervi Gemisto Fletone e al suo seguito, via via, Ocello, Erigena, Grosseteste e l'intera dinastia dei filosofi medievali della luce. Che ciò investa anche l'economico e il politico, nessun dubbio, ma come individuazione di problemi irrisolti, dei quali il poeta può anche indicare via via ipotesi di soluzioni. In questo senso il sistema dei Cantos non è nient'altro che una serie di esempi, in positivo o in negativo. Il Paradiso è uno stato mentale e così l'Inferno, ci ricorda Pound commentando Dante, e gli stati mentali, pur concreti quanto alla sofferenza e alla gioia che ne derivano, restano "inexplicable to us".

D'altra parte: è la stessa concezione dei Cantos – come spiegata a Yeats e da lui registrata in A Packet for Ezra Pound – che rifiuta l'idea di una struttura ideologica chiusa. Quegli archetipi, cui Pound continuamente si riferisce e poi i Trionfi, gli avvenimenti che non ritornano, l'insorgere del presente come negli affreschi di Tura e Del Cossa a Ferrara... E anche le affermazioni registrate negli opuscoli storici, politici, economici, così come nelle conversazioni da Radio Roma durante la guerra, hanno significati assoluti, sono nient'altro che speculazioni, ipotesi sul contingente. O meglio: sono decodificabili soltanto se messe in relazione con i pamphlet letterari, con How to Read, The ABC of Reading, Guide to Kulchur, eccetera. Come questi, sono anch'esse appunti per l'opera maggiore e soltanto depurate in quell'empireo assumono senso. Che è artistico, poetico, letterario, che investe la memoria di venti e più secoli di storia, di glorie e ignominie, ma soltanto nella creazione artistica si stabilisce.

Non dovremmo dimenticare, in proposito, l'opinione dello stesso poeta in An ABC of Reading (ediz. New York 1960, pp. 32-ss):

Writers as such have a definite social function exactly proportioned to their ability as writers. This is their main use. All other uses are relative and temporary, and can be estimated only in relation to the views of a particular estimator.

Ancora:

Partisans of particular ideas may value writers who agree with them more than writers who do not, they may, and often do, value bad writers of their own party or religion more than good writers of another party or church. But there is one basis susceptible if estimation and independent of all questions of viewpoints.

E prosegue

Good writers are those who keep the language efficient. That is to say, keep it accurate, keep it clear. It doesnt matter whether ther good writer wants to be useful, or whether the bad writer wants to do harm. Language is the main means of human communication. If an animal's nervous system does not transmit sensations and stimuli, animalatrophies. If a nation's literatuire declines, the nation atrophies and decayes.

L'offensiva poundiana contro il cancro dell'usura può anche essere valutata sul metro dell'invettiva, è certamente un attacco contro un certo tipo di economia, però è per la sua espressione poetica, per il suo valore letterario, per l'evocazione di bellezze perdute come il verso di Villon

pauvrette et ancienne

oncque lettres le lus

che sopravvive. L'esaltazione dell'integrità artistica, e quindi - ma in subordine - morale, economica e politica, di Henry James e Gustave Flaubert (Flaubert, ossessionato dalla ricerca del mot juste e la cui Mme Bovary si ammazza per debiti, ricordiamolo bene), non la troveremo in sfuriate per quanto sacrosante contro il mercantilismo, che peraltro qualsiasi giornalista, qualsiasi sociologo o com­men­tatore politico potrebbe aver scritto, ma al contrario la troviamo nel montaggio di un ritratto di James desunto, si direbbe, da quello famoso di J. S. Sargeant, alternandolo a frammenti da Un Coeur Simple. Londra, Tours, Parigi si confondono nella corrosiva volgarità dell'epoca.

Un peu moisi, plancher plus bas que le jardin.

«Contre le lambris, fauteuil de paille,

Un vieux piano, et sous le baromètre...»

[...]

The house too thick, the paintings

a shade too oiled.

And the great domed head, con gli occhi onesti e tardi

Grave incessu, drinking the tone of things,

[...]

And the old voice lifts itself

weaving and endless sentence

È il Canto V: che prosegue:

La vieille commode en acajou...

Nell'ultima edizione (1989) di New Directions il testo ha tuttora Le vieux commode; sarebbe il caso che qualcuno avvertisse l'editore americano dell’errore.

A proposito di Ezra Pound nell'Autobiography of Alice Toklas troviamo una ingiusta, maligna, superficiale dichiarazione di Gertrude Stein.

We met Ezra Pound at Grace Lounsbury's, he came home to dinner with us and he stayed and he talked about japanese prints among other things. Gertrude Stein liked him but did not find him amusing. She said he was a village explainer, excellent if you were a village, but if you were not, not. (ther bodley head, l935, p. 270)

Gertrude Stein esprimeva l'irritazione che Pound parlasse di cose che lei ancora ignorava o forse di cui lei stessa voleva parlare, esagerando con, direi, zitellesca malignità un dato caratteriale che peraltro anche Wyndham Lewis aveva registrato e che, a suo vedere, era la ragione degli insuccessi sociali di Pound a Londra. Scrive Lewis (in Ezra Pound, a cura di Peter Russell, London 1950, p. 258):

The trouble was that he had no wish to mix, he just wanted to impress.The British in question were not of the impressionable kind - hated above all things being impresses and people who wanted to impress them. I may add that they also disapproved of Americans.

Non so se Pound intendesse veramente far colpo sugli inglesi. Più probabile che esprimesse le sue irritazioni e le sue ansie (letterarie, culturali quindi anche sociali e politiche) con una veemenza e un'aggressività che in quei luoghi non erano usuali. Chi l'ha conosciuto prima degli anni della depressione senile sa cosa nascondesse la sua aggressività: l'angoscia di trovarsi culturalmente solo. Anche una timidezza naturalmente, anche una profonda generosità.

Il discorso mi pare del tutto diverso, più ampio e più connesso con la sua attività creatrice di poeta. Ezra Pound faceva sempre partecipe chiunque si trovasse nella sua sfera d'influenza delle proprie ricerche e dei propri interessi. E sarà imagista e vorticista, ideogrammatico e neoclassico, bergsoniano e antibergsoniano attirando chiunque gli si avvicinasse nel suo alveo, perchè come un fiume tutto trasforma in corrente egli tentava di trasformare ogni esperienza, ogni fenomeno, ogni sua personale scoperta, in linguaggio, poesia. Di più: nel suo linguaggio e la sua poesia. Persino la storia americana diventa, con lui, poesia. Al tempo stesso però, "andando avanti", insofferente di qualsiasi catalogazione e di essere inchiodato a un movimento, una singola esperienza, un'etichetta.

Talvolta naturalmente inciampa, quondam dormitat bonus Homerus, e nella foga dell'in­di­gna­zione ottunde la lame dello scherno e dell'ironia finendo per prendere sul serio il piccolo borghese Odisseo, quell'homme moyen sensuel, allora lo stesso "altissimo poeta" cade nel brago delle astrazioni, come egli stesso chiamava, in The Teacher's Mission, le idee preconcette, accettate a occhi chiusi. Esempio flagrante – e imbarazzante anzitutto per la scadente resa formale e l'inadeguatezza nell'uso della lingua italiana in cui sono scritti –appaiono così gli a lungo soppressi Cantos LXXII e LXIII

Purché si ricominci a ricordare la guerra di merda...

Non soltanto imbarazzanti, tragicamente da ridere. Ma basterà riprendere in mano i due libretti An ABC of Reading e How to Read, i classici confuciani e il loro complemento storico, conio, per così dire, L'introduzione alla storia degli Stati Uniti. Tenendo presente, però, due frasi, ambedue da How to Read (p. 33), che ci illuminano meglio di qualsiasi altra sul metodo di ricerca di Ezra Pound.

The man of understanding can no more sit quiet and resigned while his country lets its literature decay, and lets good writing meet with contempt, than a good doctor could sit quitet and cotnented while sone ignorant child was infecting himself with tubercolosis.

E poi:

There's only one quality which unites all great ad perdurable writers, you don't need schools and colleges to keep 'em alive. Put them oout of the curriculum, lay them in the dust of libraries, and once in every so often a chance reader, unsubsidized and unbribed, will dig them up again, put them in the light again, without asking favours.

Con le sue ricerche, dialogando con altri poeti e critici suoi contemporanei, per mezzo della stesura dei Cantos, Pound intendeva ricostruire un tessuto culturale che il trascorrere dei secoli aveva frammentato e seppellito. Tentava di stabilire una koiné che permettesse di decodificare poeti come Lu, S'ang, Catullo, Bertrand de Born, Omero, Saffo, Shakespeare e Dante, per fare soltanto alcuni nomi. Informava chi gli stava accanto, chi pretendeva di occuparsi di arte, di poesia, su ciò che quel lavoro richiedeva e significava. E aveva a suo riferimento alcuni ideogrammi cinesi, Psellos e i filosofi della luce, Cavalcanti e Dante, Omero e Ovidio. Tutto il resto erano in gran parte note a piè di pagina, glosse.

In questo senso, forse non fu una glossa il rapporto con il bergsonismo, che non venne intaccato nel 1920, quando Pound guardò con favore alla critica di Benda.

Belphégor, l'attacco di Julien Benda contro Bergson e la sua teoria dell' élan vital, fu letto da Ezra Pound durante un viaggio a Parigi nel l920 e, come ci informano Antony Julius (T.S.Eliot. Antisemitism and Literary Form, Cambridge, l996) e il suo recensore L. Menand (Eliot and the Jews, in The New York Review, June 6, 1996), ne spedì una copia all’amico T.S. Eliot.

Benda, futuro autore della Trahison des clercs, riprendeva in Belphégor alcune tesi maurassiane relative alla decadenza della cultura nella società francese a lui contemporanea; uno dei sintomi di questa decadenza era il rincorrere nell'opera d'arte il sensazionalismo, il sentimentale, l'emotivo e tutto ciò che solleticasse l'irrazionale. A questo egli opponeva, pensando allo stile del grand siècle, un neoclassicismo che, come si sarebbe espresso André Gide, tendesse "sempre più verso la litote". Una delle tante ragioni della decadenza, proseguiva Benda anche in questo seguendo Maurras, stava nel fatto che la cultura francese era ormai quasi totalmente in mano alle donne. Un'altra ragione era l'influenza negativa delle recenti immigrazioni dall'Europa dell'est di ebrei, che erano ben diversi dagli ebrei francesi. Infatti, mentre questi ultimi erano "severi e moralistici", i nuovi arrivati, che egli definiva "parvenus dell'industria e della finanza", gli apparivano "ingordi di sensazionalismo". Ciò lo spingeva a identificare l'ebreo integrato con l'ebreo della Bibbia, per l’appunto "severo e moralistico", che egli opponeva simbolicamente al "cartaginese", al nuovo arrivato. L'antagonismo, seguitava Benda, era quello antico che aveva sempre opposto Jahvé a Belphégor (il nome biblico di Baal) e adesso opponeva Spinoza a Bergson. Belphégor, insomma, era Bergson.

Sono affermazioni per le quali sarebbe difficile accusare Benda di antisemitismo e non soltanto perché egli stesso, Benda, era ebreo, ma soprattutto perché il suo discorso, proprio nei suoi distinguo, esprimeva in realtà preoccupazioni sociali, quelle dell’ebreo integrato, colto e religiosamente agnostico, cresciuto nella koiné francese, cioè se stesso, di fronte allo straniero nato e cresciuto nell’ebraismo ortodosso dell’est, che si rifiutava o non era capace o non gli importava di integrarsi e che soprattutto, a giudizio di Benda, aveva interessi immediatamente ed esclusivamente economici, per nulla culturali. E tuttavia Benda, attaccando in quei termini Bergson, colpiva invece ciò che c'era di più integrato nella cultura francese, ciò che per molti versi era più francese persino del superpatriottico Maurras, così provinciale e culturamente arretrato.

Era un annoso conflitto, quello in cui Benda si era coinvolto, perché neoclassicismo e bergsonismo, mente e cuore si sarebbe detto in altri luoghi, riproponevano lo scontro tra gli antichi e i moderni, tra i classici e i romantici. Durante il risorgimento anche l'Italia vi era passata. Come alla vecchia querelle italiana anche a questa guerra culturale, letteraria, erano inerenti significati politici, e quelli di Maurras si sarebbero rivelati decisamente inquietanti, ma Benda si sarebbe dissociato per tempo da quel suo maestro.

Antidreyfusardo, monarchico, fondatore dell'Action française, infine a fianco di Pétain dopo la disfatta della Francia (ma dicendo di essere simultaneamente "contro i collaborazionisti di Vichy e i secessionisti di Londra"), Maurras era cattolico scomunicato, poi riammesso all'ortodossia, e antibergsoniano. Era anche antisemita e quindi – secondo critici come i citati Julius e Menand – per la proprietà transitiva, se Pound ammirava il Belphégor di Benda, il quale traeva argomenti per il suo antibergsonismo da Maurras, vuol dire che era antisemita. Fortunatamente, la cultura e le simpatie umane hanno percorsi più concreti e complessi.

E se sono innegabili le simpatie di Pound per la dittatura fascista e per la stessa repubblica di Salò, assai più sfumato dovrebbe essere il discorso sul suo, per me presunto e tuttora indimostrato, antisemitismo. Lo stesso vale per il rapporto che Pound ebbe con il bergsonismo. Anche in questo caso, il suo atteggiamento fu assai più complesso di quanto certa critica sembra voler sostenere.

È credibile che Pound sia stato "iniziato" al bergsonismo da T. E. Hulme. Espulso da Cambridge per una baruffa, Hulme, che sarebbe morto nella prima guerra mondiale, aveva seguito le lezioni di Bergson al Collège de France e poi se ne era fatto propagandista a Londra. Diversamente da Benda, non trovava nessuna contraddizione tra le idee di Bergson e il classicismo, che egli preconizzava come l'arte dei prossimi decenni. Dopo cent'anni di romanticismo, scriveva, «siamo alla vigilia di un ritorno a gusto classico». «Nel verso classico perfino i voli più alti della fantasia tradiscono una volontà di non dir tutto, un riserbo.» Sarà sotto lo stimolo delle teorizzazzioni neoclassiciste di Hulme che Pound muoverà per teorizzare l'imagismo.

Si può concedere, come sostiene Michael Levenson (Genealogy of Modernism,1984), che Hulme sia stato bergsoniano fino al l912 e antibergsoniano a partire da quella data. Anche se personalmente considero superficiale questo tipo di conclusioni. Il fatto è che Hulme trovava in Bergson qualcosa di totalmente diverso da ciò che vi vedeva Benda o, magari, lo stesso Bergson. Come a T.S. Eliot (Essays, p. 89) ciò che importava a Hulme era che il filosofo francese apparisse «in favor of an intuition below reason» (T.S.Eliot, Essays Ancient and Modern, London 1936, p.86), cioè in favore di un'intuizione controllata dalla ragione: i sentimenti inchiavardati all'interno di una forma, era ciò che di più classico potesse darsi dal punto di vista di Hulme.

Il primo interesse di Pound per Bergson sembra in effetti risalire al l911, quando, in una lettera a sua madre, esprimeva apprezzamenti per le conferenze bergsoniane di Hulme. Interesse non significava adesione e, come egli stesso avrebbe ricordato nella prefazione a Cavalcanti, già allora aveva apposto al bergsonismo di Hulme certe notazioni psicologiche e soluzioni stilistiche osservate nelle Canzoni di Guido. Hulme ne era rimasto impressionato.

In realtà non credo che in Pound si possa parlare di bergsonismo o antibergsonismo. Sono piuttosto da notare talune affinità, inaspettate contiguità e forse anche influenze. Probabilmente bisogna parlare, perché no?, di Zeitgeist.

In comune c'era il desiderio di sottrarre l'uomo "la frénésie industrielle de notre civilization [pour] redécouvrir la frénésie d'ascetisme du Moyen Ages", come a proposito di Bergson scrive G. Markow-Totevy (Dictionnaire des idées contemporaines, Paris 1964: ad vocem). Anche qui però occorre distinguere, perché l'interesse di Pound per il Medioevo non includeva certo la "frenesia d'ascetismo". Al contrario, il suo Medioevo era sempre stato corretto da quella che egli chiamava la "sanità mediterranea", con "la sezione aurea", capace di produrre "chiese quali Saint-Hilaire, San Zeno, il Duomo di Modena", con "le linee e le proporzioni chiare" e con l’ "armonia nello stato di coscienza" (la intuition below reason di cui più sopra?) "o armonia del senziente, in cui il pensiero ha la sua demarcazione, la sostanza la propria virtù" (Saggi letterari, p.1030)

È probabile che l’apprezzamento di Pound per "il credo scolastico nella directio voluntatis", nella spontaneità naturale dell'uomo, cioè, obbedisse anch'esso a qualche suggestione di Bergson: o che almeno vi trovasse conforto. In effetti per il filosofo francese "c'est l'élan qui ne depend pas d'un déterminisme ni d'un libre arbitre mais uniquement de lui-même et de sa propre spontanéité, a le pouvoir de repondre aux nécéssités et aux problèmes pressants de la vie, quoique d'une manière" e qui siamo proprio vicinissimi a Pound "discontinue, par sauts brusques" (cit. ivi.) Ricordiamo?

Le paradis n'est pas artificiel

but is jagged ecc.

Forse si trattava dello spirito dell’epoca.

Appartenevano però allo Zeitgeist anche molte altre tendenze o atteggiamenti che non troviamo né in Pound nè in Bergson: ad esempio il positivismo, il marxismo, il nichilismo. Poté essere, questa contiguità, se di influenza non si vuol parlare, l’effetto di certe convergenze? Sia il poeta americano che il filosofo francese avevano assai più che un passeggero interesse per il cristianesimo come cinghia di trasmissione fra passato e presente e come veicolo di cultura. Bergson verso la fine della vita arrivò al punto di convertirsi. Pound giudicava che, con tutte le critiche che si possono portare alla cristianità e alla Chiesa, "c'è più civiltà nelle spaccature..., gli interstizi di quella struttura polverosa e barocca che in tutte le altre istituzioni dell'Occidente" (Guide to Kulchur, London, 1938, p.75)

È vero, difficilmente si potrebbe parlare di analogie tra Bergson e Pound in tema di espressione letteraria o circa il diverso ruolo dello spazio e del tempo o a proposito delle teorizzazioni di Bergson sulla "continuità mentale". E tuttavia Pound non era affatto per una rinascita del classicismo ?lla Hulme, né seguiva gli antibergsoniani, o lo stesso Hulme, nella loro esaltazione della guerra, ma al contrario, come Bergson, odiava la guerra, ogni guerra, e vi si opponeva. E molte altre analogie sono reperibili: l'insistere bergsoniano sull'intuizione come continuo divenire, la vita come eterno movimento, ininterrotto, héterogène, toujours nouveau, qualitatif, la sua volontà di redecouvrir la moral des héros et des saints, il suo aspirare a fournir l'effort nécéssaire pour que s'accomplisse [...] la fonction essentielle de l'univers qui est une machine faire des dieux; infine, la concezione dell'amore come forza dinamica e di rinnovamento...

Basta pensare, non soltanto, e ancora, al piano dei Cantos codificato da Yeats (i Trionfi, i personaggi esempari, i fatti esemplari: come in un testo medievale), ma al concetto poundiano delle metamorfosi, quel meccanismo magico per cui il divino irrompe nell'umano, al ruolo che nei Cantos assumono l'amore e la luce, particolarmente dopo lo spartiacque dei Pisani, l'asse intorno al quale ruota l'intero poema.

In Canto XCIX :

To see the light pour,

that is, toward sinceritas

of the word, comprehensive

koiné ennoia

all astute men can see it encircling.

Chou saw it, my sire also,

With splendour,

Catholicity

Woven in order,

as on chords in the loom.

E in Canto CX:

The quiet house

The crozier's curve runs in the wall,

The harl, feather-white, as a dolphin on sea-brink

I am all for Verkehr without tyranny

- wake exultant

                      in caracole

E nel passaggio dal Canto XCIV al XCV, uno dei momenti più alti dell'intero poema:

«To build light»

                  jih

         hsin

said Ocellus

E questo è l'incipit del in Canto CXV:

Love, gone as lightning,

enduring 5000 years

Shall the comet cease moving

or the great stars be tied in one place!

«Consonantiumm demonstratrix»

 

[...] Beda

Deus est anima mundi,

animal optimum

 

et sempiternum.

Tempus est ubique,

non motus,

in vesperibus orbis.

Perché, come aveva scritto nel Canto LXXI,

Amo ergo sum.

 

 

 


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