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GIURISPRUDENZA 2000 Corte di Cassazione sez. I civile - sentenza 5 luglio 2000 n. 8983

Svolgimento del processo. Con citazione notificata in data 09/06/95 (A) conveniva innanzi al Pretore di Milano la Banca (...) per sentirla condannare in suo favore al pagamento di L. 18.500.000, oltre interessi moratori dal 27/12/94.

Assumeva l'attrice: di aver versato in detta data sul proprio conto corrente presso la Banca convenuta assegno bancario tratto da (B) in favore di essa istante sulla Banca Nazionale dell'Agricoltura, filiale di Bologna, in pagamento di un orologio d'oro;

che (C), funzionario di detta agenzia della Banca (...), a seguito della richiesta effettuata telefonicamente, in data 29/12/94, di informazioni in ordine alla "copertura" di detto assegno, asseriva che "l'assegno era stato pagato";

che essa (A), dopo aver provveduto, pertanto, alla consegna dell'orologio alla (B), venne a conoscenza che l'assegno in questione, non pagato, era stato poi protestato.

Si costituiva la Banca convenuta eccependo l'insussistenza di ogni responsabilità a suo carico, essendosi il funzionario (C) limitato a riferire alla (A) notizie riguardanti il buon esito dell'assegno comunicategli, sempre telefonicamente, dalla sede di Bologna della Banca Nazionale dell'Agricoltura.

E Pretore di Milano, con sentenza n. 4008/95, condannava la Banca convenuta, a titolo di responsabilità contrattuale, al pagamento in favore della (A) di L.18.500.000, oltre interessi legali dal 13/12/94 al saldo.

Proponeva appello la Banca (...) e il Tribunale di Milano, costituitasi l'appellata, con la decisione in esame, rigettava il gravame.

Ricorre per cassazione, a mezzo la proposizione di tre motivi, la Banca (...); resiste con controricorso la (A). La ricorrente ha, altresì, depositato memoria.

Motivi della decisione. Con il primo motivo di ricorso si afferma la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., e relativo difetto di motivazione, in quanto i giudici di secondo grado, confermando la sentenza del Pretore, hanno configurato la responsabilità dell'odierna ricorrente quale contrattuale nonostante l'originaria richiesta della (A) di condanna della Banca (...) a titolo extracontrattuale ai sensi dell'art. 2049 c.c.

Con il secondo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 1703, 1710, 1856, 2043 e 2049 c.c., e relativo difetto di motivazione, per avere erroneamente ritenuto il Tribunale la responsabilità di essa Banca ricorrente come mandataria per le inesatte informazioni in tema di benefondi, "dimenticando che la ricorrente Banca (...) svolgeva nella circostanza la funzione di negoziatrice per l'incasso".

Con il terzo motivo, infine, si censura l'impugnata decisione, per violazione e falsa applicazione dell'art. 1223 c.c. e relativo difetto di motivazione, laddove non ha valutato "la mancanza di nesso eziologico tra il comportamento della Banca, ritenuto foriero di responsabilità, ed il danno affermato dalla (A)", in quanto quest'ultima "avrebbe comunque dovuto attendere la conferma dell'avvenuto incasso da parte della Banca ricorrente dell'importo dell'assegno".

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le esposte doglianze. In relazione alla prima censura deve osservarsi che, nella fattispecie in esame, non è configurabile alcuna violazione dell'art. 112 c.p.c., con riferimento al principio della "corispondenza tra chiesto e pronunciato", non solo perché l'originaria domanda della (A) al Pretore di Milano, quale formulata nell'atto introduttivo del giudizio, nel richiedere la condanna dell'odierna ricorrente non qualificava specificamente il titolo della relativa responsabilità (come contrattuale o extracontrattuale), a parte un generico e di per sé non decisivo riferimento all'art. 2049 c.c., ma anche, e soprattutto, perché spetta al giudice, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'attribuzione alla domanda del nomen iuris, indipendentemente dall'indicazione delle parti, con il solo limite di non mutamento del "fatti" (rectius: degli elementi oggettivi) posti a suo fondamento.

Tra l'altro, sul punto, i giudici dell'appello ben hanno evidenziato come, ai sensi del "novellato" art. 183, ultimo comma, c.p.c. (applicabile al caso di specie per essere stato l'atto di citazione notificato il 9/6/95), riguardo al riferimento dell'attrice, nel corso del giudizio di primo grado nella memoria del 5/10/95 al rapporto contrattuale intercorrente tra la Banca (...) "la controparte, con la memoria del 26/10/95, non replicando nulla sul punto, ha implicitamente accettato il contraddittorio così instauratosi".

Anche il secondo ed il terzo motivo del ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti allo stesso profilo decisionale, sono da rigettare. Sulla base della vicenda in esame, quale compiutamente esaminata dai giudici di merito, il rapporto intercorso tra la (A) e la Banca (...) in relazione alla richiesta di informazioni sul buon esito dell'assegno in questione ed alla accettazione ed esecuzione del relativo obbligo, si configura come contratto di mandato; ne deriva, fermo restando che il comportamento posto in essere da un dipendente di un istituto di credito è a quest'ultimo riferibile se compiuto nell'esercizio delle incombenze a detto dipendente affidate nell'ambito dell'attività propria della banca, la responsabilità dell'odierna ricorrente, ai sensi degli artt. 1176 e 1710 c.c., così come correttamente statuito nell'impugnata pronuncia, per mancata diligenza nell'espletamento dell'incarico affidatole.

La responsabilità di un istituto di credito, infatti, deve essere rigorosamente valutata, in quanto connessa all'espletamento dell'attività bancaria in senso tipico, come "raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito" riservata a determinati enti, sottoposti ad un particolare sistema di autorizzazioni, vigilanza, controllo e "trasparenza" (si veda il D.L.gs n. 385/93), con riferimento alla specifica "natura" (ex art. 1176, secondo comma, c.p.c.) di tali compiti e di ogni ulteriore comportamento in essi rientrante nell'ambito del rapporto ente bancario-cliente; pertanto, sulla scorta di quanto analiticamente osservato dal Tribunale di Milano ("è pacifico che il funzionario dipendente della convenuta, una volta assunte telefonicamente le informazioni richiestegli, ha dichiarato all'attrice che l'assegno è stato pagato") deve affermarsi che la banca, che tramite un proprio dipendente, abbia su richiesta di un cliente correntista assicurato quest'ultimo, telefonicamente o in altro modo, circa l'esistenza di fondi per il pagamento di un assegno di conto corrente (c.d. benefondi) è contrattualmente responsabile, configurandosi nella specie un rapporto di mandato, se le notizie date non risultano poi rispondenti alla situazione di fatto esistente al momento di detta richiesta e ciò con particolare riferimento all'inadempimento dell'obbligo di diligenza a carico dell'istituto di credito-mandatario, derivante dalla specifica natura dell'attività bancaria.

Non può, ancora, non sottolinearsi che, riguardo al caso in esame ed in relazione all'art. 1223 c.c., il danno cagionato alla (A), e sul punto logiche, ampie e pienamente condivisibili sono le argomentazioni addotte nella sentenza in esame, danno consistito nel mancato incasso dell'importo di cui all'assegno, si connota come "conseguenza immediata e diretta" del negligente comportamento del dipendente della Banca (...) "come prova la circostanza che l'appellata, dopo aver ricevuto l'informazione, ha eseguito la prestazione in favore del traente".

Né, infine, addebito alcuno può muoversi alla stessa (A) che, stante la particolare qualifica del mandatario, ha correttamente adempiuto l'onere di una preventiva informazione sul benefondi, per poi riporre un legittimo affidamento su quanto incautamente comunicatole senza ulteriori verifiche e precauzioni da parte di detta Banca. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.


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