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Giurisprudenza 2001 Corte di Cassazione sez. II civile - sentenza 5 febbraio 2001 n. 1596

Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato il 24 aprile-4 maggio 1989 Lorenzo Perrot conveniva davanti al Tribunale di Napoli Teresa, Nicola, Angela, Adriana, Aurora, Giovanni, Vittorio, Ottavio Castellaccio, nonché Guglielmo Regine, esperendo azione di revindica in ordine a vari appezzamenti di terreno in Forio d'Ischia, che assumeva avere acquistato con scrittura privata in data 21 luglio 1982 dalla Immobiliare Ardeatina s.r.l.
I convenuti, costituitisi, contestavano il fondamento della domanda proposta nei loro confronti, in considerazione della inefficacia del titolo vantato dall'attore, e in via subordinata proponevano domanda riconvenzionale intesa ad ottenere l'accertamento che erano diventati proprietari per usucapione dei beni indicati nell'atto di citazione gradatamente in virtù di usucapione abbreviata (art. 1159 cod. civ.), speciale (art. 1159-bis) o ordinaria (art. 1158 cod. civ.).
Con sentenza in data 18 novembre 1993 il Tribunale di Napoli rigettava la domanda principale ed accoglieva la domanda riconvenzionale (sotto il Profilo della usucapione ex art. 1159 cod. civ.) in ordine ad alcuni degli appezzamenti rivendicati da Lorenzo Perrot.
Quest'ultimo proponeva appello principale.
I Castellaccio e Guglielmo Regine proponevano appello incidentale.
Con sentenza in data 8 agosto 1997 la Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento di entrambe le impugnazioni, rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale. In ordine alla ammissibilità dei capitoli di prova dedotti a fondamento della domanda riconvenzionale i giudici di secondo grado così motivavano:
«... Senonché la disamina dei capitoli di prova in oggetto rende manifesto che questi, per un verso, fanno riferimento non già ad obbiettive circostanze di fatto, ma a mere qualificazioni giuridiche non demandabili a testimoni (così, in particolare, i capi a) e b): - "vero che Castellaccio Umberto, padre e dante causa dei convenuti, fin dal 1961, (dal 1954 per la particella 35 del foglio 5) ha sempre ininterrottamente, pacificamente e pubblicamente posseduto uti dominus i fondi di cui è causa (...)"; - "che i convenuti hanno continuato l'ininterrotto, pubblico e pacifico possesso in quanto donatari per le particelle di cui al citato atto di donazione del 1977 ed in quanto aventi causa a titolo di successione dopo la morte del genitore per tutte le altre particelle (...) ». E, per altro verso, attengono ad attività che non costituiscono affatto l'esercizio di poteri che costituiscono il contenuto proprio del diritto di proprietà. Invero, la cura dei terreni mediante prestazioni periodiche di operai in ordine alla pulizia dei fondi, alla sistemazione dei muri a secco, alla potatura di ulivi, alla rottura di pietre superficiali per il livellamento dei fondi stessi (cfr. capi c) e d) rappresentano iniziative assolutamente inidonee ad assolvere l'onere probatorio inerente alla domanda di acquisto della proprietà per usucapione. Le iniziative medesime ben possono, difatti, essere assunte anche da parte di un soggetto che disponga del fondo in virtù di un rapporto meramente obbligatorio, ovvero quale mero detentore. E, dunque, le stesse istanze probatorie delle parti interessate escludono che il loro dante causa abbia esercitato sui beni in questione attività propriamente corrispondenti all'esercizio del diritto di proprietà. E, di conseguenza, l'affermazione contenuta nell'atto di donazione in data 14 maggio 1977 per notar Tirone relativamente all'acquisto per usucapione, da parte di esso Castellaccio Umberto, della proprietà dei beni ceduti ai figli con l'atto stesso costituisce un'espressione di mero valore nominale del tutto inidonea a determinare l'effettivo trasferimento del diritto dominicale.
La Corte di appello di Napoli aggiungeva, poi, che:
Né, a tali effetti, può farsi utile riferimento agli atti prodotti all'udienza del 10 gennaio 1991, come elencati nel correlativo processo verbale sub 1-10. La penetrante disamina del contenuto di tali atti rende, difatti, manifesto che questi riportano qualità direttamente attribuitesi dagli stessi Castellaccio, riflettono iniziative non esclusive del titolare del diritto di proprietà e, per di più, ineriscono - avuto riguardo alle date, peraltro non tutte certe, emergenti dai documenti in parola - ad un lasso di tempo insufficiente rispetto al periodo prescritto dalla considerata fattispecie acquisitiva, atteso che la citazione è stata notificata il 24 aprile 1989 ed il più remoto di tali documenti risale al febbraio dell'anno 1982.
In ordine alla usucapione speciale i giudici di secondo grado ritenevano che mancava l'accertamento nelle forme e con le garanzie (anche di contraddittorio) prescritte dall'art. 3 della legge 10 maggio 1976 n. 346 e comunque i fondi oggetto della relativa domanda non si trovavano in Comune classificato montano.
Con riguardo alla usucapione decennale invocata per gli appezzamenti contesi che risultavano donati da Umberto Castellaccio ai suoi figli con atto in data 14 maggio 1977, la Corte di appello rilevava che, non essendo il donante proprietario dei beni donati, nella specie ricorreva una ipotesi di donazione di beni altrui, la quale non costituisce titolo astrattamente idoneo ai fini dell'usucapione abbreviata, in considerazione della nullità di tale negozio a norma dell'art. 771 cod. civ.
In ordine alla domanda principale proposta da Lorenzo Perrot la Corte di appello di Napoli osservava che questi invocava a fondamento del suo acquisto una vendita per scrittura privata sottoscritta da Ada Moruzzi nella asserita qualità di amministratore dalla soc. Immobiliare Ardeatina e recante la data del 21 luglio 1982.
A tale contratto, però, non poteva essere riconosciuta la natura di vendita definitiva.
In esso, infatti, si dava atto che la soc. Immobiliare Ardeatina in data 29 giugno 1982 aveva deliberato la fusione per incorporazione nella soc. Partecipazioni Finanziarie. Peraltro dalla delibera stessa emergeva che tale fusione era stata approvata sulla base della situazione patrimoniale al 31 maggio 1982, della quale erano componenti costitutivi i beni oggetto della scrittura medesima. Era, pertanto, evidente che le parti di tale scrittura, nel dichiarare e nel prendere espressamente atto del procedimento di fusione in corso nei termini deliberati in data 29 giugno 1982, non potevano manifestare una volontà diretta all'immediato trasferimento dei beni, in quanto tale volontà si poneva in contrasto con la ripetuta delibera di fusione. Di ciò, del resto, costituiva chiara conferma la constatazione che nel successivo atto in data 14 dicembre 1982 recante la fusione per incorporazione della soc. Immobiliare Ardeatina nella soc. Partecipazioni Finanziarie, i cespiti oggetto della scrittura privata risultavano ancora elencati tra quelli che, per effetto della fusione stessa, diventavano di proprietà della società incorporante. L'evidente inconciliabilità tra il contenuto e le condizioni del predetto atto di fusione e l'asserita vendita anteriore in favore di Lorenzo Perrot imponeva di ritenere che il ripetuto riferimento contenuto nella scrittura privata alla successiva stipula dell'atto pubblico di vendita, ovvero all'atto di trasferimento, non poteva affatto significare attribuzione della forma pubblica alla vendita conclusa, bensì indicava il momento di successiva manifestazione del consenso per l'effettivo trasferimento della proprietà.
Ad ogni modo l'inidoneità del titolo invocato da Lorenzo Perrot andava riconosciuta anche sotto altri profili.
Se, da un lato, infatti, era vero che con sentenza del Tribunale di Napoli in data 22 agosto 1984, emessa nel giudizio tra Lorenzo Perrot e la soc. Partecipazioni Finanziarie, era stata dichiarata la autenticità della sottoscrizione di Ada Moruzzi, in qualità di amministratrice della soc. Immobiliare Ardeatina (incorporata dalla soc. Partecipazioni Finanziarie), non era meno vero che tale pronuncia non era opponibile ai convenuti, in quanto terzi.
Lorenzo Perrot avrebbe dovuto dimostrare la autenticità della sottoscrizione apposta sulla scrittura privata in questione dall'amministratore della Soc. Immobiliare Ardeatina. Di tale autenticità non vi era in atti alcuna prova, né tra i documenti prodotti ve ne era alcuno che recasse la firma certa di Ada Moruzzi, in modo da consentire un'utile comparazione con la sottoscrizione della scrittura privata in questione.
La data della scrittura privata, infine, poteva ritenersi certa solo in relazione al 26 marzo 1983, data in cui tale documento era stato notificato alla soc. Partecipazioni Finanziarie ed in cui, però, la soc. Immobiliare Ardeatina non era più proprietaria degli immobili oggetto del trasferimento.
Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Lorenzo Perrot, con tre motivi. Resistono con controricorso Teresa, Nicola, Angela, Adriana, Aurora, Giovanni, Vittoria, Ottavio Castellaccio e Guglielmo Regine, che hanno anche proposto ricorso incidentale con due motivi, al quale resiste con controricorso Lorenzo Perrot.

Motivi della decisione.Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.
Da un punto di vista logico va esaminato per primo il ricorso incidentale, con il quale si deduce che: a) la donazione di beni futuri, vietata espressamente dall'art. 771 cod. civ., è cosa diversa dalla donazione di cosa altrui; quest'ultima, poi, non può essere assimilata alla prima in via di interpretazione analogica; b) pur volendo ritenere nulla la donazione di beni altrui, l'invalidità si riferirebbe solo ai beni la cui non appartenenza al donatore sia nota alle parti, ipotesi non ricorrente nella specie. Sulla base di tali premesse si sostiene che erroneamente la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che la donazione in data 14 maggio 1977 non costituiva titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà, ai fini della usucapione abbreviata, ai sensi dell'art. 1159 cod. civ.
La doglianza è in parte fondata.
Occorre premettere che, anche volendo concordare con quella parte della dottrina che ammette la validità della donazione di un bene altrui espressamente considerato come tale nell'atto di donazione, con assunzione dell'obbligo da parte del donante di procurare l'acquisto del bene al donatario, ai sensi della seconda parte dell'art. 769, primo comma, cod. civ., non si potrebbe, tuttavia, parlare di titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà di cui all'art. 1159 cod. civ., in considerazione degli effetti meramente obbligatori che ad esso si ricollegano.
Il discorso è più complicato con riferimento alla donazione di un bene altrui, che le parti considerano di proprietà del donante. La nullità (e la conseguente inidoneità ex art. 1159 cod. civ.) di tale donazione ex art. 771 cod. civ. potrebbe essere affermata solo ove l'interpretazione (letterale e logica) di tale ultima norma consentisse di considerare come beni futuri i beni non ancora del donante, ma esistenti in rerum natura ed appartenenti ad altri, ma non per via di interpretazione analogica, in considerazione della natura eccezionale della norma in questione.
Ritiene il collegio che tale interpretazione non sia possibile.
A prescindere dall'argomento logico costituito dal fatto che, ad altri fini, il legislatore ha considerato separatamente gli effetti di atti di disposizione di beni futuri e di beni altrui (art. 1472 e 1478 ss. cod. civ.), occorre considerare che l'art. 771, primo comma, cod. civ., espressamente stabilisce che se la donazione «comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati». Appare evidente, dalla formulazione di tale norma, il riferimento del divieto ai soli beni non ancora esistenti in rerum natura.
Una volta chiarito che la donazione di beni altrui non è nulla ex art. 771 cod. civ., la stessa andrà considerata come semplicemente inefficace, ma tuttavia idonea ai fini di cui all'art. 1159 cod. civ., in quanto, come ritenuto da questa S.C. con la sentenza 27 aprile 1964 n. 1011, il requisito dell'esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo, in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.
Ne consegue che erroneamente la sentenza impugnata ha a priori escluso che gli attuali ricorrenti incidentali potessero invocare la donazione in data 14 maggio 1977 ai fini della usucapione abbreviata.
Per potere arrivare ad una cassazione della sentenza impugnata occorre peraltro accertare se nella specie i giudici di merito abbiano correttamente escluso il requisito del possesso utile ad usucapionem.
La questione viene sollevata con il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale si deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello di Napoli, il possesso in questione risultava sia dalla documentazione esibita e sarebbe stato confermato da alcuni dei capitoli di prova la cui ammissione è stata rifiutata, in quanto aventi ad oggetto attività specifiche di chi possiede pro domino e non comuni anche al semplice detentore.
La doglianza è sostanzialmente fondata.
Anche volendo, infatti, concordare con la sentenza impugnata in ordine al fatto che le attività oggetto della documentazione esibita e delle prove testimoniali non ammesse erano comuni sia al possessore che al detentore, i giudici di merito avrebbero dovuto considerare che, quanto meno a partire dalla donazione in data 14 maggio 1977, gli attuali ricorrenti incidentali si trovavano nel godimento dei beni donati in quanto possessori, in considerazione del titolo in base al quale tale godimento era stato loro trasferito.
Per gli appezzamenti di terreno non compresi nella donazione in data 14 maggio 1977, la Corte di appello di Napoli non ha tenuto conto del fatto che in base all'art. 1141, primo comma, cod. civ., si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato ad esercitarlo semplicemente come detenzione.
Ciò significa che, anche volendo ritenere che effettivamente le attività considerate dalla sentenza impugnata (quelle emergenti dalla documentazione esibita e quelle oggetto della prova testimoniale la cui ammissione era stata chiesta) erano - in astratto - espressione sia di possesso che di semplice detenzione, non poteva essere negata rilevanza alle stesse ai fini del dedotto possesso ad usucapionem, in mancanza della prova di una iniziale detenzione.
Resta da esaminare la questione se, sempre con riferimento agli appezzamenti di terreno non compresi nella donazione in data 14 maggio 1977, sia corretta la decisione impugnata nella, parte in cui ha escluso la configurabilità della usucapione speciale di cui all'art. 1159-bis cod. civ.
La questione è affrontata nel primo motivo del ricorso incidentale, in cui si deduce che erroneamente la Corte di appello di Napoli ha fatto riferimento alla circostanza che Forio d'Ischia non è Comune classificato come montano, dal momento che, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1159-bis cod. civ. e del combinato disposto di tale ultimo comma e dell'art. 2 L. 10 maggio 1976 n. 346, l'usucapione speciale si applica anche ai fondi rustici con annessi fabbricati situati in Comuni non classificati montani dalla legge, aventi un reddito non superiore ai limiti (nella specie rispettati) fissati dalla legge speciale.
La doglianza, a prescindere dalla sua fondatezza o meno, non può trovare accoglimento.
La Corte di appello di Napoli, infatti, ha ritenuto che non potesse essere invocata nella specie la c.d. usucapione speciale ...per il mancato accertamento nelle forme e con le garanzie (anche di contraddittorio) prescritte dall'art. 3 della legge 10 maggio 1976, n. 346 e, soprattutto, per il fatto che i fondi in oggetto non si trovano in comune classificato montano.
I ricorrenti hanno censurato soltanto la esattezza della prima ratio decidendi, ma non anche la seconda, idonea da sola a sorreggere la statuizione ora impugnata.
Il ricorso incidentale, in definitiva, va accolto nei limiti in precedenza esposti.
Ne consegue l'assorbimento del ricorso principale, in quanto è evidente che un eventuale accoglimento della domanda di usucapione proposta dagli attuali ricorrenti incidentali eliminerebbe in radice il fondamento della revindica proposta da Lorenzo Perrot ed a fondamento della quale sono stati invocati titoli di natura negoziale.
In relazione alle doglianze accolte la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale; dichiara assorbito il ricorso principale; cassa e rinvia.


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