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Giurisprudenza 2001 Corte di Cassazione sez. III civile - sentenza 7 marzo 2001 n. 3341

Svolgimento del processo. Con atto notificato il 24/1/1995 Z. M., proprietario di locali ad uso autorimessa, siti in Bologna, concessi in locazione a P. L., esponendo che costui non aveva provveduto al pagamento dei canoni relativi al periodo 1/7/1994-1/1/1995, pari al L. 22.673.000, oltre interessi, intimava al medesimo lo sfratto per morosità, citandolo a comparire davanti al Pretore per la convalida.
Il P. L. si costituiva e replicava che non aveva corrisposto il canone in quanto l'immobile versava in situazione di degrado per infiltrazione di acqua, per difetto dell'impianto elettrico ed idrico e per altri inconvenienti e chiedeva che in via riconvenzionale fosse accertata l'inadempienza del locatore agli obblighi sullo stesso incombenti in relazione ai gravi vizi della cosa locata, con condanna ad eseguire gli interventi necessari.
Con successivo atto di citazione, notificato il 6/10/1995, lo Z. M., adducendo che non erano stati versati i canoni relativi al periodo 1/2/1995-1/9/1995, pari a L. 26.708.000 intimava al P. L. un ulteriore sfratto, citandolo contestualmente a comparire davanti al Pretore. Il P. L. si costituiva, ribadendo le stesse posizioni.
Il Pretore, disposto il mutamento del rito, riunite le cause ed espletata una consulenza tecnica, accoglieva le domande dello Z. M. e dichiarava risolto il contratto di locazione.
Avverso la sentenza proponeva appello il P. L..
Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 24/12/1997, rigettava la domanda di risoluzione del contratto proposta dallo Z. M.; dichiarava legittimato il P. L. a non corrispondere i canoni finché lo Z. M. non avesse eseguito i lavori necessari per mantenere la cosa locata in buono stato locativo; condannava Z. M. ad eseguire i lavori di riparazione.
Riteneva il tribunale che dalla disposta consulenza tecnica emergeva che per i vari vizi della cosa locata (in parte ascrivibili a difetto di manutenzione straordinaria, in parte a difetto di manutenzione ordinaria, in parte a cattivo uso della cosa, in parte a cedimenti strutturali delle fondazioni, in parte a mancato rispetto delle prescrizioni dei vigili del fuoco) emergeva una riduzione della godibilità dell'immobile nella misura del 44%; che, anche se tutti questi vizi non erano addebitabili al locatore, poiché solo una parte di essi era sicuramente riconducibile al disinteresse addebitabile allo Z. M. per i lavori di manutenzione straordinaria, il rifiuto del conduttore di corrispondere il canone era giustificato a norma dell'art. 1460 c.c., per cui non sussisteva un inadempimento di quest'ultimo; che la dichiarazione del conduttore di accettare al momento del contratto la cosa nello stato in cui si trovava non comportava una rinunzia dello stesso a far valere i vizi non apparenti ed, in ogni caso, non incideva sugli obblighi del locatore.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione lo Z. M., che ha presentato anche memoria.
Resiste con controricorso il P. L., che ha anche presentato ricorso incidentale.

Motivi della decisione. 1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1455 e 1460 c.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Assume il ricorrente che, essendo pacifico che il conduttore ha continuato a godere l'immobile in questione, ciò non lo esentava dal pagamento dei canoni, né lo stesso poteva sollevare l'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. Assume il ricorrente che dalla consulenza tecnica emergeva che solo alcune zone del locale adibito a garage erano degradate; che detti vizi o preesistevano alla stipula del contratto di locazione ed erano noti al conduttore, ovvero dipendevano dalla mancata manutenzione ordinaria o dalla mancata realizzazione di opere prescritte dai Vigili del fuoco successivamente al 1994 per l'utilizzazione a garage del locale, per cui, in ogni caso non sussisteva un obbligo di esso locatore di provvedere a detti lavori di manutenzione. Lamenta il ricorrente che, in ogni caso, non è stata effettuata alcuna comparazione tra l'inadempimento del conduttore e quello a lui ascritto.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1372 e 1456 c.c. Assume il ricorrente che con la clausola 9 del contratto il conduttore aveva riconosciuto perfettamente adatto all'uso il locale, mentre con la clausola 15 era stato pattuito che ogni inadempimento del conduttore produceva la risoluzione ipso iure. Ritiene il ricorrente che le opere di manutenzione in questione non gravavano su di lui, ma sul conduttore e che, in ogni caso, per effetto del mancato pagamento del canone da parte del conduttore, stante la suddetta clausola risolutiva espressa, doveva dichiararsi risolto il contratto.

2.1. I motivi, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente. Essi vanno accolti per quanto di ragione. Secondo un orientamento di questa Corte, in tema di locazione di immobili, non può disconoscersi che il pagamento del canone costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal versare il corrispettivo o di determinare unilateralmente il canone nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte (in tale senso Cass. 5/10/1998, n. 9863; Cass. Sez. III, n. 3411/83; Cass. 23/5/1962, n. 1172).

2.2. Il principio è solo parzialmente da condividere, poiché esso porta ad escludere l'applicabilità dell'eccezione di cui all'art. 1460 in ipotesi di inesatto adempimento, limitandola all'exceptio inadimpleti contractus. Infatti il 2° c. dell'art. 1460 c.c., ove non si voglia ritenere meramente ripetitivo del primo, secondo la più attenta dottrina, va riferito anche al caso in cui la controparte potrebbe aver già adempiuto la propria prestazione, ma in maniera inesatta. In questo caso l'eccezione sarebbe quella di non rite adimpleti contractus.
Sennonché l'exceptio non rite adimpleti contractus, a cui è egualmente applicabile l'art. 1460 c.c., postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto ed alla buona fede (Cass. 9 agosto 1982, n. 4457; Cass. 22 gennaio 1985, n. 250; Cass. 20 giugno 1996, n. 5694). Pertanto se il conduttore ha, in ogni caso, continuato a godere dell'immobile, per quanto lo stesso presentasse vizi, e quindi ha ricevuto la prestazione, per quanto nei termini predetti, non può lo stesso sospendere l'intera sua prestazione, perché in questo caso mancherebbe la proporzionanti tra i due inadempienti.

2.3. Ne consegue che la sentenza impugnata, che pura riconosce che i vari vizi della cosa locata non erano tutti imputabili al comportamento omissivo del locatore (pag. 9) e che, complessivamente, limitavano la possibilità di godimento dell'immobile nella misura del 44% e che in ogni caso l'immobile era goduto dal conduttore, sia pure con detta limitazione, erroneamente ha ritenuto applicabile l'art. 1460 c.c. alla fattispecie. Infatti, anzitutto, la sentenza impugnata avrebbe dovuto accertare se i vizi della cosa locata, rilevati dal c.t.u., erano già esistenti al momento della stipula del contratto ovvero erano insorti successivamente ed erano imputabili ad inadempimento del locatore.

2.4. A tal fine va osservato che, allorquando il conduttore all'atto della stipulazione del contratto, non abbia denunziato i difetti dell'immobile da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può pertanto chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l'esatto adempimento né, tanto meno, avvalersi dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. 7 maggio 1979, n. 2597). Quanto ai vizi della cosa locata, insorti successivamente, la sentenza impugnata avrebbe dovuto accertare, quali fossero quelli da ascriversi a mancanza di manutenzione straordinaria, alla quale era tenuto il locatore.

2.6. A tal proposito va ricordato che l'inidoneità dell'immobile all'esercizio di una determinata attività commerciale o industriale, per il quale è stato locato, non può costituire valida ragione per pretendere che il locatore operi trasformazione della cosa, che né per legge, ne per contratto, fanno carico al locatore stesso (Cass. 25/2/1981, n. 1142; Cass. 23/1/1970, n. 155). Con riferimento a caso analogo a quello in esame, è stato statuito che esulano, altresì, dagli obblighi a carico del locatore le opere imposte dai vigili del fuoco nel corso della locazione, dalla natura dell'attività del conduttore (esercizio di autorimessa), le quali modificando l'originario stato di fatto, non rientrano nel concetto di manutenzione (Cass. 21/4/1958, n. 1333).

2.7. Una volta accertati quali fossero i vizi della cosa locata (la cui prova grava sul conduttore che l'invocava a sostegno della sua eccezione), imputabili al locatore, la sentenza impugnata avrebbe dovuto valutare se esisteva proporzionalità tra l'inadempimento del locatore e quello del conduttore. Nell'individuazione di questa proporzionalità, da individuarsi nell'ambito dell'economia del contratto di locazione, possono tenersi in conto per analogia i principi di cui all'art. 1584 c.c., per cui se residua pur sempre un godimento dell'immobile da parte del conduttore, nonostante i vizi della cosa locata imputabili al locatore, non è giustificabile, a norma dell'art. 1460, c. 2, c.c., il rifiuto di prestazione dell'intero canone, potendo giustificarsi solo una riduzione dello stesso proporzionata all'entità del mancato godimento. La sentenza impugnata, che ha ritenuto che il solo fatto che alcuni tra i vizi della cosa locata fossero da imputarsi al locatore, giustificava ex art. 1460 c.c. l'inadempimento del conduttore nel pagamento dell'intero canone, nonostante che questi conservasse il godimento parziale dell'immobile, è errata in diritto, per cui sul punto va cassata.

3. L'accoglimento, per quanto di ragione, dei primi due motivi di ricorso comporta l'assorbimento del terzo motivo.

4. Con il ricorso incidentale il P. L. lamenta che la sentenza impugnata abbia dichiarato assorbito il secondo motivo di appello, con cui egli chiedeva che fosse ridotto il canone di locazione. Il ricorso incidentale è inammissibile. Infatti legittimata a proporre ricorso incidentale, oltre ai soccombenti parziali o reciproci che intendano impugnare la sentenza per motivi diversi da quelli dedotti nel ricorso principale, ovvero che abbiano una ragione comune contraria o indipendente da quella del ricorso principale, è anche la parte del tutto vittoriosa in appello che intenda riproporre in cassazione l'eccezione del giudicato interno. Al di fuori di tale ipotesi la parte totalmente vittoriosa (in appello o nell'unico grado di merito) è priva di interesse processuale a proporre ricorso per Cassazione, poiché questo, come ogni impugnazione, presuppone la soccombenza, quanto meno parziale. Per le domande o eccezioni della parte vittoriosa, espressamente non accolte dal giudice di merito, questa può proporre solo ricorso incidentale condizionato all'accoglimento (almeno parziale) del ricorso principale. Infatti solo in questo caso, proprio per l'accoglimento del ricorso principale e per effetto della cassazione (almeno parziale) della sentenza impugnata, viene meno la posizione di parte totalmente vittoriosa e quindi sorge l'interesse all'impugnazione. Per le domande o eccezioni, invece, non esaminate o ritenute assorbite dal giudice di merito, non è ammissibile neppure il ricorso incidentale condizionato, poiché sul punto nessuna decisione vi è stata e l'accoglimento del ricorso principale comporta pur sempre la possibilità di riesame nel giudizio di rinvio di dette domande o eccezioni (Cass. 30/5/1975, n. 2119). Nella fattispecie la sentenza impugnata non ha esaminato (ritenendolo implicitamente assorbito) il secondo motivo di impugnazione. Per i motivi suddetti, quindi, il ricorso incidentale è inammissibile per carenza di interesse del ricorrente, vittorioso nella fase di merito.

5. Pertanto, in accoglimento per quanto di ragione del primo e del secondo motivo del ricorso principale, va cassata l'impugnata sentenza, con rinvio (per effetto dell'entrata in vigore del Dlgs. n. 51/1998) alla corte di appello di Bologna, che si uniformerà ai principi di diritto sopra esposti e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

Riunisce i ricorsi. Accoglie per quanto di ragione i primi due motivi del ricorso principale, assorbito il terzo. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia.


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