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Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. IV - sentenza 2 marzo 2001 n. 1160

Fatto. Con distinti ricorsi al TAR per il Veneto, A.S., geometra principale del Ministero delle finanze, in servizio presso l'Ufficio tecnico erariale di Verona, impugnava prima la nota 30 marzo 1984, n. 3622 con la quale il Dirigente di detto Ufficio comunicava la decadenza dall'impiego ai sensi dell'art. 127, lettera c), del DPR 10 gennaio 1957, n. 3, e, successivamente, il decreto del Direttore generale del catasto e dei servizi tecnici erariali del Dicastero 5 marzo 1984, n. 92/4039.
Egli esponeva che, a seguito di un periodo, piuttosto lungo, di aspettativa per infermità, scaduto il 25 luglio 1983, senza avere ripreso servizio, l'amministrazione prima aveva dato inizio al procedimento per la dispensa, previa visita medica disposta presso l'Ospedale militare di Verona, e, successivamente, aveva dichiarato la decadenza dal servizio per assenza arbitraria e mancata riassunzione del servizio senza giustificato motivo.
Ciò premesso, a sostegno del primo gravame, deduceva le seguenti censure:
1). Violazione degli artt. 71, 129 e 130 DPR n. 3 del 1957, per carenza dei presupposti, erronea interpretazione e violazione della procedura, avendo l'amministrazione completamente omesso di accertare lo stato di inidoneità fisica mediante visita medica collegiale;
2). Eccesso di potere per sviamento, falso presupposto ed erroneo riferimento all'art. 127 del DPR n. 3 del 1957, in quanto il ricorrente non si è mai sottratto alle visite mediche.
3). Violazione dell'art. 129 DPR n. 3 del 1957, perché si sarebbe dovuto procedere alla dispensa per motivi di salute.
4). Eccesso di potere per difetto di motivazione, non avendo l'amministrazione indicato quali delle due ipotesi contemplate dall'art. 127, lettera c), del DPR n. 3 del 1957 ricorra nella specie.
5). Eccesso di potere per erroneo presupposto e contraddittorietà, in quanto la decadenza decorre dal 25 luglio 1983, ma il ricorrente è stato nuovamente convocato per la visita medica l'8 agosto 1983.
6).Illegittimità derivata dai vizi del provvedimento di trasferimento dall'ufficio tecnico erariale di Verona a quello di Pordenone, impugnato con separato ricorso.
7). Illegittimità derivata dai vizi del precedente trasferimento per violazione dell'art. 78 del DPR n. 3 del 1957 e per eccesso di potere.
Con il secondo ricorso, quello rivolto contro il decreto di decadenza, il A.S., in aggiunta alle censure prima elencate, deduceva (8° motivo) eccesso di potere per sviamento, falso presupposto, illogicità e carenza di motivazione, assumendo che non si era assentato arbitrariamente dal servizio; che la stessa amministrazione ha considerato l'ipotesi della dispensa per infermità; che non si era sottratto alla visita medica fiscale, non avendo potuto raggiungere Verona come dimostrato dall'invio del certificato medico.
Con atto di motivi aggiunti, venivano sollevate le seguenti ulteriori censure: 1). Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, sviamento e violazione degli artt. 127, 129 e 130 DPR n. 3 del 1957, in quanto: erroneamente sarebbe stata ritenuta intempestiva la lettera con cui veniva comunicata l'impossibilità di partecipare alla visita dell'8 settembre 1983; l'amministrazione avrebbe prestato acquiescenza alla mancata ottemperanza all'invito a presentarsi presso l'Ospedale di Verona (l'assenza da casa era giustificata dalle ferie estive). 2). Violazione degli artt. 12 e 32 DPR n. 3 del 1957 ed eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti, in quanto al deducente non era mai stato concesso il trasferimento a Verona, per cui nell'individuare la sede della visita medica collegiale si sarebbe dovuto fare riferimento alla residenza effettiva.
3). Eccesso di potere per ulteriore violazione degli artt. 127, 129 e 130 DPR n. 3 del 1957, illogicità e sviamento, in quanto il procedimento è stato variato, da dispensa a decadenza, illogicamente e senza un procedimento disciplinare.
L'Amministrazione intimata si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza dei ricorsi, che, previa riunione, venivano, respinti con la sentenza in epigrafe specificata. Contro questa l'interessato ha proposto appello, chiedendo l'integrale riforma della medesima per le ragioni dedotte in prime cure.
L'Amministrazione si è costituita anche in questo grado del giudizio, replicando con successive memorie alle tesi dell'appellante.
L'appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 5 dicembre 2000, uditi i difensori delle parti come da verbale d'udienza.

Diritto. 1. Il giudice di primo grado, dopo avere richiamato i consolidati principi giurisprudenziali in tema di natura e presupposti del provvedimento di decadenza di cui all'art. 127, lettera c) del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 ha respinto i motivi primo e terzo ed il secondo motivo aggiunto - concernenti la pretesa commistione tra il procedimento di dispensa dal servizio per inidoneità fisica e la decadenza per assenza arbitraria dal servizio - rilevando che il provvedimento di decadenza si basa presupposti distinti ed autonomi rispetto a quelli che avrebbero potuto condurre alla dichiarazione di dispensa per infermità.
L'appellante assume l'erroneità di tale statuizione, perché, non essendosi realizzate le condizioni in presenza delle quali gli artt. 71 e 130 del DPR n. 3/57, consentono la dispensa dal servizio per infermità, non poteva essere dichiarata la decadenza ex art. 127 citato. Tale norma, infatti, subordina la decadenza alla circostanza che il dipendente, senza giustificato motivo, non assuma o riassuma servizio nel termine prefissato, o rimanga assente per un periodo non inferiore a quindici giorni. E poiché non vi è stata alcuna visita medica collegiale, che dichiarava l'idoneità o meno del soggetto a riprendere servizio, ne deriverebbe l'illegittimità del provvedimento impugnato, che ha decretato la decadenza nei confronti di dipendente non responsabile di assenza ingiustificata dal servizio.
La tesi non può essere condivisa, perché non considera che l'assenza arbitraria dal servizio che legittima la decadenza può emergere anche dalle reiterate assenze alla visita collegiale medica disposta per accertare l'idoneità lavorativa del dipendente (cfr., CdS, Sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 25).
Difatti, la consapevole ed oggettiva volontà del dipendente di violare il dovere di presenza in servizio derivante dal rapporto di impiego, è stata desunta dall'amministrazione, come meglio si specificherà in seguito, dal complessivo comportamento tenuto dal A.S. nel procedimento per la dispensa dal servizio per infermità.
Pertanto, le conclusioni del TAR sono pienamente da condividere e vanno, di conseguenza, confermate.

2. I motivi sesto e settimo, prima ancora che infondati come correttamente rilevato dal primo giudice, sono in parte anche inammissibili.
Essi, infatti, attengono a vizi dedotti contro il provvedimento di trasferimento dall'Ufficio tecnico erariale di Verona a quello di Pordenone, e, riguardando un provvedimento che non forma oggetto della presente impugnativa, sono ininfluenti ai fini della legittimità della decadenza. Quanto alla individuazione della data di decorrenza della decadenza (e non della dispensa come erroneamente sostiene l'appellante), si deve ricordare che la natura dichiarativa del provvedimento impugnato comporta che gli effetti del medesimo hanno efficacia ex tunc, e devono necessariamente farsi risalire alla data (25 luglio 1983) in cui sono è maturato il presupposto oggettivo dell'assenza arbitraria.

3. Anche il quarto motivo di ricorso, con il quale si lamentava che l'amministrazione avesse collegato la decadenza sia alla mancata riassunzione del servizio, sia all'ingiustificata assenza per un periodo superiore di quindici giorni, è infondato.
La giurisprudenza ha, in proposito, ripetutamente osservato che la decadenza dall'impiego di un pubblico dipendente per assenza ingiustificata non deve essere preceduta dalla diffida a riprendere servizio, giacché l'effetto decadenziale è ricollegato immediatamente dalla norma al fatto obiettivo dell'assenza ed alla consapevole violazione del dovere di presenza in servizio derivante dal rapporto di impiego (CdS, Sez. VI, n. 894 del 2 luglio 1999). Inoltre, ai fini della dichiarazione di decadenza dall'impiego del pubblico dipendente per assenza arbitraria, non è necessario un previo atto di diffida a riprendere servizio, né l'Amministrazione è tenuta ad accertare l'inesistenza di eventuali ragioni che abbiano impedito la ripresa del servizio, spettando piuttosto all'interessato fornire giustificati motivi della propria assenza (CdS, Sez. V, del 16 giugno 1999, n. 672).
In presenza dei presupposti che legittimano l'amministrazione a pronunciare la decadenza del dipendente, nessun rilievo assume il fatto che nelle more era stato attivato anche il procedimento per la dispensa per infermità.

4. I motivi secondo, quinto ed ottavo, con i quali è contestata la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di decadenza, sono stati respinti dal primo giudice, il quale ha osservato che il provvedimento impugnato è stato adottato avendo riguardo al complessivo comportamento del dipendente, che, scaduto il periodo di aspettativa per infermità (25 luglio 1983), invece di riprendere servizio o sottoporsi alla visita medica nel procedimento per la dispensa, si è reso irreperibile durante tutto il mese di agosto - trascorso, per sua stessa ammissione in ferie non autorizzate - e si è ripetutamente sottratto alla più volte disposta visita fiscale collegiale presso l'Ospedale militare di Verona.
Ad avviso del TAR, la mancata ripresentazione in servizio al termine dell'aspettativa, la prolungata ed ingiustificata assenza dal proprio domicilio ed il rifiuto sistematico (salvo il solo caso in cui è stato inviato un certificato medico) di sottoporsi a visita medica, manifestano, valutati complessivamente, l'oggettiva e consapevole volontà di sottrarsi all'obbligo della prestazione lavorativa ed integrano i presupposti per la dichiarazione di decadenza.
Si tratta di considerazioni pienamente condivisibili, perché fondati su una corretta valutazione di tutta la vicenda, e la cui esattezza non può essere superata dalle critiche rivolte con l'atto di appello.
A questo proposito, conviene ribadire: che l'interessato aveva il preciso obbligo, scaduto il periodo di aspettativa per infermità, di riprendere servizio, e non scegliere, unilateralmente e senza avere prima acquisito il consenso dell'amministrazione, di andare in ferie nel mese di agosto; che egli non ha mai contestato le visite mediche svolte presso l'Ospedale di Verona nella procedura inerente all'aspettativa per infermità; che, assentandosi dal suo domicilio nel periodo delle ferie estive senza dare alcuna comunicazione alla propria amministrazione, si è di fatto reso irreperibile.
Alla luce di tale incontestata situazione di fatto, non può condividersi la tesi che, prima di pronunciare la decadenza, l'amministrazione fosse tenuta a diffidarlo a riprendere servizio nel termine di quindici giorni.
Giova sottolineare ancora una volta che, ai sensi dell'art. 127 T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, l'Amministrazione non ha l'obbligo di comunicare al dipendente, prima dell'adozione del provvedimento di decadenza per assenza arbitraria, la diffida a riprendere servizio, quando l'interessato abbia dimostrato con atti non equivoci la sua volontà di non proseguire il rapporto. Invero, la diffida costituisce presupposto necessario nel caso di decadenza per mancata assunzione o riassunzione in servizio entro il termine prefissato dall'Amministrazione ed in genere ogni qual volta l'inadempienza del dipendente - nel momento in cui si manifesta - non assuma contorni e qualificazioni precise.
Nella fattispecie, non possono sussistere dubbi che il lungo periodo di tempo di assenza dal servizio del dipendente, unitamente alla sua condotta omissiva in relazione ai disposti accertamenti sanitari ed alla sua sostanziale irreperibilità, rendessero superflua la previa diffida (cfr. in termini, CdS, Sez. IV, del 15 maggio 1995, n.329).
Sotto altro profilo, giova sottolineare che la mancata presentazione alla visita medica non costituisce, come erroneamente sostiene l'appellante, una mera violazione dei doveri d'ufficio, sanzionabile diversamente, ma denota una inequivocabile volontà di abbandonare il servizio, direttamente riconducibile alla previsione di cui all'art. 127, lettera c), del D.P.R. n. 3 del 1957 (CdS, Sez. Vi, del 26 gennaio 1999, n. 25).
Anche i motivi ora esaminati devono, quindi, essere respinti.

5. Le considerazioni che precedono sono sufficienti per respingere anche il primo dei motivi aggiunti, con il quale si contesta la sussistenza di comportamenti tali da giustificare, per facta concludentia, la volontà di sottrarsi ai propri doveri d'ufficio.
Come sopra chiarito, il comportamento complessivo del A.S. ha oggettivamente denotato la propria volontà di abbandonare il servizio e, in tale situazione, a nulla valgono le eventuali giustificazioni postume.

6. A conclusioni negative deve pervenirsi in merito al terzo motivo aggiunto, respinto dal primo giudice sul rilievo che la decadenza non ha natura disciplinare e non postulava, quindi, per la sua pronuncia l'apertura di un procedimento disciplinare.
L'appellante si duole di questa statuizione, osservando che la censura concerneva anche l'incompatibilità tra il procedimento di dispensa per infermità, già avviato, e quello per la decadenza.
Sul punto è sufficiente, per disattendere la censura, richiamare le considerazioni prima svolte sulla mancanza di interferenza tra i due procedimenti e sulla possibilità che da quello di dispensa si ricavi oggettivamente anche il presupposto della "assenza arbitraria" che legittima la pronuncia di decadenza.
In conclusione, l'appello deve essere respinto, mentre sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe specificato, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.


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