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Giurisprudenza 2001 Consiglio di Stato sez. V - sentenza 31 gennaio 2001 n. 358

Fatto. 1. I sigg.ri Anacleto Villa, Gianvincenzo Villa e Piero Canegrati, in proprio e nell'interesse del Comitato spontaneo pro interramento ferrovia, nonché i sigg.ri Ennio Muraro, Maio Galimberti, Giovanni Perego, Carlo Vittone, Armando Pioltelli, Giuseppe Civati, Lidia Baiocchi, Paola Sacconi, Valerio Maria Imperatori, Pietro Zonca, Giorgio Crippa e Paolo Pilotto impugnarono (con ricorso n. 5231/97) avanti al TAR Lombardia i seguenti atti del Comune di Monza:
- delibera giuntale n. 1701, in data 3 ottobre 1997 avente ad oggetto l'approvazione del progetto esecutivo del sottopasso viario (della linea ferroviaria Milano - Lecco - Bergamo) collegante via Messa e via Ovidio;
- delibera giuntale n. 1700, in data 3 ottobre 1997 avente ad oggetto l'approvazione del progetto esecutivo del sottopasso viario (della linea ferroviaria Milano - Lecco - Bergamo) collegante via Grassi e via Rota;
- per quanto occorra, delibera giuntale n. 1666, in data 26 settembre 1997, avente ad oggetto la gara d'appalto per la realizzazione dei sottopassi interessanti le vie Grassi - Rota e Messa - Ovidio.
I ricorrenti - in qualità di cittadini abitanti nella zona interessata dai sottopassi e di componenti di un comitato spontaneo pro l'interramento della ferrovia oppure in qualità di consiglieri comunali - deducevano nove motivi e in particolare, con profili del secondo e del terzo motivo la incompetenza della Giunta municipale, sul rilievo che l'approvazione dei progetti, comportando variazione urbanistica, doveva essere effettuata dal Consiglio comunale.
Si costituivano in giudizio il Comune di Monza e le Ferrovie dello Stato s.p.a. che eccepivano profili di irritualità del gravame e controdeducevano nel merito.
Il TAR, con sentenza n. 4193, in data 7 giugno 2000:
a) - dichiarava improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso nella parte in cui era diretto contro la delibera giuntale n. 1701/1997, in quanto la Giunta regionale, con deliberazione n. 41428 in data 12 febbraio 1999, aveva restituito la variante ritenendo competente il Consiglio comunale;
b)- riteneva di conseguenza superata un'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Comune di Monza, sul rilievo che il gravame era stato proposto avverso una pluralità di atti amministrativi non collegati tra loro sotto il profilo funzionale e procedimentale;
c)- dichiarava inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, l'impugnazione proposta dal Comitato spontaneo pro interramento della ferrovia;
d)- respingeva invece le eccezioni di difetto di legittimazione ad agire sollevate dalla difesa delle Ferrovie dello Stato nei confronti dei cittadini e dei consiglieri comunali;
e)- relativamente a questi ultimi respingeva una eccezione di tardività del ricorso anch'essa sollevata dalla difesa delle Ferrovie dello Stato;
f) - accoglieva i profili del secondo e del terzo motivo (incompetenza della Giunta municipale) e, per l'effetto, annullava la delibera giuntale n. 1700/1997.
2. La sentenza è stata appellata dal Comune di Monza, quanto ai punti b) e f), nonchè dalla società Ferrovie dello Stato, quanto ai punti d) e f).
Non si sono costituiti in giudizio gli appellati, ancorchè ritualmente intimati.
Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2000, il ricorso in appello è passato in decisione.

Diritto. 1. Gli appelli in epigrafe vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., perchè diretti contro la stessa sentenza (n. 4193 in data 7 giugno 2000 del TAR Lombardia, II).

2. Oggetto del contendere in questo grado di giudizio è la delibera n. 1700, in data 3 ottobre 1997 con la quale la Giunta municipale ha approvato il progetto esecutivo del sottopasso viario (della linea ferroviaria Milano - Lecco - Bergamo) collegante via Grassi e via Rota.
Con la sentenza n. 4193/2000, tale delibera è stata annullata dal TAR Lombardia a seguito di ricorso (n. 5231/97) dei sigg.ri Anacleto Villa, Gianvincenzo Villa e Piero Canegrati, in proprio e nell'interesse del Comitato spontaneo pro interramento ferrovia, nonché i sigg.ri Ennio Muraro, Maio Galimberti, Giovanni Perego, Carlo Vittone, Armando Pioltelli, Giuseppe Civati, Lidia Baiocchi, Paola Sacconi, Valerio Maria Imperatori, Pietro Zonca, Giorgio Crippa e Paolo Pilotto.
L'annullamento giurisdizionale è stato motivato, sul rilievo che l'approvazione del progetto comportando variante urbanistica era di competenza del Consiglio comunale e non della Giunta municipale.
Sono estranei, invece, all'odierno grado di giudizio i seguenti altri atti comunali, che pure erano stati oggetto del ricorso n. 5231/97 avanti al TAR Lombardia:
- la delibera giuntale n. 1701, in data 3 ottobre 1997 avente ad oggetto l'approvazione del progetto esecutivo del sottopasso viario (della linea ferroviaria Milano - Lecco - Bergamo) collegante via Messa e via Ovidio;
- la delibera giuntale n. 1666, in data 26 settembre 1997, avente ad oggetto la gara d'appalto per la realizzazione dei sottopassi interessanti le vie Grassi - Rota e Messa - Ovidio.
Quanto al primo atto, ove pure potesse ritenersi ammissibile il ricorso in primo grado, risulterebbe comunque incontrovertibile (in difetto di appello) la declaratoria di improcedibilità in parte qua del ricorso n. 5231/97 pronunciata dal TAR, per sopravvenuto difetto di interesse.
Il secondo atto, impugnato in primo grado "per quanto occorra", non risulta in alcun modo interessato nè dalla sentenza appellata, nè dall'unica censura riproposta all'esame del giudice d'appello e concernente la questione della competenza (consiliare o giuntale) in materia di approvazione di progetti comportanti variante urbanistica.

3. Negli ambiti oggettivi dell'odierno grado di giudizio, testè delineati, la prima questione da esaminare è quella riguardante la legittimazione e l'interesse ad agire dei ricorrenti avanti al TAR.
La questione viene riproposta nell'appello della società Ferrovie dello Stato che censura la sentenza appellata, nella parte in cui ha respinto sul punto due eccezioni pregiudiziali sollevate in primo grado dalla società medesima.
Al riguardo, va premesso che nel ricorso collettivo avanti al TAR la posizione soggettiva in ordine alla iniziativa processuale risulta così precisata:
a) i sigg.ri Anacleto Villa e Gianvincenzo Villa sono cittadini del Comune di Monza, che si dichiarano residenti in via C. Rota n. 10;
b) il sig. Piero Canegrati si dichiarava residente in Monza, in via Ovidio n. 10;
c) i sigg.ri Villa e Canegrati sono componenti del Comitato spontaneo pro interramento ferrovia, il quale persegue l'obiettivo di realizzare l'interramento del tratto ferroviario della linea Lecco - Monza che interessa il territorio di Monza e che ha raccolto oltre 2.000 firme di cittadini monzesi a sostegno delle proprie istanze;
d) i sigg.ri Ennio Muraro, Mario Galimberti, Giovanni Perego, Carlo Vittone, Armando Pioltelli, Giuseppe Civati, Lidia Baiocchi, Paola Sacconi, Valerio Maria Imperatori, Pietro Zonca, Giorgio Crippa e Paolo Pilotto "sono consiglieri comunali appartenenti ai diversi gruppi consiliari, i quali, oltre a condividere la soluzione dell'interramento, intendono reagire ai continui colpi di mano della Giunta che, in assenza di qualsiasi preventiva decisione da parte del Consiglio, ha deciso la realizzazione di due sottopassi viari lungo la stessa linea - in alternativa, evidentemente rispetto alla soluzione dell'interramento - con una spesa complessiva di circa 22 miliardi di lire".
A fronte della descritta, eterogenea, composizione soggettiva della parte ricorrente in primo grado, risulta ormai incontrovertibile la declaratoria pronunciata dal TAR circa la inammissibilità della impugnazione relativamente al Comitato spontaneo pro interramento.
Il TAR ha infatti affermato che deve riternersi esclusa la legittimazione ad agire dei comitati istituiti, come nella specie, in forma associativa temporanea, con scopo specifico e limitato, caratterizzati dalla proiezione di fatto degli interessi dei soggetti che ne sono parte e, quindi, strumentali all'esercizio di una sorta di azione popolare, non ammessa dal vigente ordinamento, in quanto privi del carattere di enti esponenziali portatori in via continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio.
Tale statuizione non è stata appellata dal Comitato spontaneo (destinatario della notifica degli odierni appelli) ed è quindi passata in giudicato.

4. Ad avviso del Collegio, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR e come esattamente eccepito dall'appellante società, il ricorso in primo grado appare inammissibile anche con riguardo ai cittadini residenti, non risultando dai medesimi dimostrata la loro legittimazione e il loro interesse personale, attuale e diretto ad agire.
E' stato osservato in giurisprudenza che a tal fine, nei ricorsi contro atti relativi ad opere pubbliche, non è sufficiente l'affermazione di avere la titolarità di un bene sito nelle immediate vicinanze dell'opera pubblica ma occorre anche dimostrare il danno che dall'opera pubblica deriva specificamente al soggetto in quanto titolare del bene (cfr. C.S., VI, 18 luglio 1995, n. 754; C.S.,V, 13 luglio 1998, n. 1088). Analogamente è a dirsi per la residenza in prossimità dell'area interessata dall'opera.
Nella specie i sigg.ri Villa e Canegrati, quanto alla legittimazione ad agire, si sono limitati ad affermare di essere residenti in due delle vie interessate dai progetti esecutivi dei sottopassi. Quanto all'interesse ad agire, poi, nel ricorso in primo grado sono svolte argomentazioni che da un lato non sembrano riguardare la posizione specifica dei sig.ri Villa e Canegrati (danni per i piccoli commercianti e il supermercato;) e che dall'altro evidenziano pregiudizi (asseritamente non risolti, ma anzi aggravati dalle opere progettate) per l'ambiente (inquinamento atmosferico e acustico), per la sicurezza pubblica, per la viabilità e per la utilizzabilità di altri servizi pubblici nella zona.
Non sono però forniti riscontri probatori adeguati che consentano di verificare la esistenza e la rilevanza dei pregiudizi in relazione ai singoli ricorrenti. Allo stato degli atti, manca in proposito un sufficiente riscontro probatorio in ordine ad esempio alla distanza delle abitazioni dei ricorrenti dalla linea ferroviaria e dai progettati sottopassi.
Quanto ai pregiudizi per la sicurezza stradale e per la viabilità, essi non sembrano dedotti, né tantomeno documentati con riferimento alle singole posizioni dei cittadini.
Altrettanto è a dirsi per l'affermazione contenuta nel ricorso in primo grado, secondo cui i due sottopassi "non consentono il recupero ad uso sociale e ricreativo degli spazi di superficie e anzi, comportano la riduzione di alcuni servizi pubblici esistenti (il giardino pubblico lungo il fiume Lambro)."
I cenni sul pregiudizio dei residenti riguardano piuttosto l'inquinamento atmosferico ed acustico. Quanto al primo le enunciazioni sono però generiche, mentre sul secondo è depositata una nota della Azienda U.S.S.L. n. 29 di Monza n. 4454, in data 26 marzo 1997, che evidenzia la attuale precaria situazione in particolare della zona di via Rota. Non è tuttavia chiaro se tale inquinamento si riconnetta al traffico ferroviario o a quello veicolare (quest'ultima ipotesi sembra più attendibile, stante la precisazione che la postazione di rilevamento in via Rota è più vicina alla sede viaria rispetto ad altra postazione, sita in via Durini).
Del tutto indimostrato è però il pericolo di aggravamento della situazione sotto il profilo dell'inquinamento acustico, in conseguenza della realizzazione dei sottopassi. Né viene dimostrato che, sotto tale profilo, il miglioramento della situazione dei cittadini ricorrenti, possa dipendere dall'interramento della ferrovia, piuttosto che dai sottopassi.
Ma quel che appare decisivo, ai fini della verifica della dedotta irritualità del ricorso in primo grado (quanto ai cittadini), è il fatto che le indicazioni generiche contenute nel ricorso non risultano integrate sul punto neppure in corso di causa avanti al TAR, ancorchè la società Ferrovie dello Stato avesse espressamente eccepito che i sigg.ri Villa e Canegrati non avevano documentato il loro status di residenti nel territorio del Comune di Monza, nè, in ogni caso, fornito alcuna allegazione del pregiudizio che deriverebbe loro in concreto dagli atti approvativi dei progetti dei sottopassi (cfr. memorie depositate avanti al TAR in data 25 marzo 2000 e 12 aprile 2000).
A fronte di tale precisa contestazione, i sigg.ri Villa e Canegrati avevano l'onere di depositare documenti utili a certificare la loro residenza e ad evidenziare la distanza delle loro abitazioni dalle opere progettate, nonché lo specifico danno ad essi derivante dalla loro realizzazione.
Essi, per quanto consta agli atti, si sono invece limitati a replicare ad altra eccezione (inammissibilità del ricorso cumulativo) senza produrre ulteriori documentate difese a dimostrazione della legittimazione e dell'interesse ad agire, neppure relativamente al loro stato di residenti. A quest'ultimo proposito va rilevato che molto spesso elementari questioni di fatto rilevanti ai fini del decidere risultano pacifiche in causa fra le parti. Sicchè il giudice le dà per certe, senza bisogno di prova.
Ma quando la residenza del ricorrente in un Comune od in una strada sia oggetto di contestazioni dall'altra parte, come nella specie in primo grado e poi di nuovo in appello, spetta al privato far fronte al ben tenue onere di prova depositando il corrispondente certificato. Non certo al giudice disporre con sentenza interlocutoria indagini d'ufficio.
Il TAR, ha poi richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui la "sola riduzione degli spazi aperti, considerati valori in materia urbanistica, configura lesione di un interesse qualificato per gli abitanti della zona, senza necessità di dimostrazione di alcun pregiudizio particolare ulteriore".
La tesi, in astratto condivisibile, non appare peraltro correttamente applicata nella specie, in quanto i ricorrenti in primo grado non hanno dedotto in modo specifico detta lesione alla loro posizione soggettiva, nè tanto meno ne hanno documentato i presupposti per la necessaria verifica.
Per contro in appello, la società Ferrovie dello Stato hanno replicato, con affermazione che non è smentita dagli atti di causa, che nella specie le opere progettate non avevano ridotto le superfici aperte disponibili.
Va infine aggiunto che, nei ricorsi collettivi, la necessità di una puntuale specificazione della legittimazione e dell'interesse ad agire, in relazione a ciascun ricorrente, si correla all'esigenza di verificare i presupposti di ammissibilità di tale forma di ricorso, che è consentito solo in presenza in capo ai ricorrenti di posizioni giuridiche non disomogenee e non congligenti tra loro, quanto all'interesse ad agire (cfr.C.S.,IV, 11 febbraio 1999, n. 146 e 28 agosto 1997, n. 932).
Il ricorso originario dei cittadini di Monza risulta dunque inammissibile.

5. Quanto alla posizione del sig. Piero Canegrati, va altresì rilevato che lo stesso, nel ricorso in primo grado, ha dichiarato di agire, quale residente in Monza, in via Ovidio.
La sua azione sembra quindi collegarsi alla progettazione del sottopasso, collegante via Messa e via Ovidio, approvata con la delibera giuntale n. 1701/1997, che come detto non è oggetto dell'odierno giudizio e per la quale il ricorso in primo grado è divenuto comunque improcedibile (come affermato dal TAR, con la sentenza n. 4193/2000, in parte qua non appellata).
La sua legittimazione, relativamente alla delibera n. 1700/2000, risulta quindi inesistente, anche nella prospettazione generica contenuta nel ricorso n. 5231/97.

6. Il Collegio ritiene fondato l'appello delle Ferrovie dello Stato, anche nella parte in cui viene riproposta l'eccezione (respinta dal TAR) circa il difetto di legittimazione ad agire dei consiglieri comunali di Monza, sigg.ri Ennio Muraro, Mario Galimberti, Giovanni Perego, Carlo Vittone, Armando Pioltelli, Giuseppe Civati, Lidia Baiocchi, Paola Sacconi, Valerio Maria Imperatori, Pietro Zonca, Giorgio Crippa e Paolo Pilotto.
I predetti, come accennato, hanno dichiarato in primo grado di agire a tutela, nella sostanza, delle prerogative del Consiglio comunale, asseritamente lese dalle iniziative della Giunta municipale, in assenza di qualsiasi preventiva decisione da parte del Consiglio e in materia riservata alla competenza di quest'ultimo consesso.
Osserva il Collegio che, in via di principio, i consiglieri comunali, in quanto tali, non appaiono legittimati ad agire contro l'Amministrazione di appartenenza.
Il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di una stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive.
I conflitti interorganici, all'interno di uno stesso ente, trovano composizione in via amministrativa (ad esempio, per quel che qui rileva, nella forma della mozione di sfiducia nei confronti della Giunta municipale sottoscritta da un gruppo qualificato di consiglieri comunali ex art. 37 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come modificato dall'art. 18 della legge 25 marzo 1993, n. 81).
Non sembra invece ammissibile un'azione di singoli consiglieri in relazione ad un contrasto funzionale tra Consiglio e Giunta, che non può essere risolto prescindendo dalla volontà dei rispettivi organi. Un siffatto contrasto non riguarda infatti in modo diretto il singolo assessore e il singolo consigliere, ma i consessi dei quali i medesimi fanno parte. I quali, si ripete, come organi della stessa persona giuridica, non sarebbero (tranne il caso di particolari disposizioni di legge) legittimati a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo l'uno contro gli altri atti dell'altro.
Un ricorso di singoli consiglieri (in particolare, contro l'Amministrazione di appartenenza) può ipotizzarsi soltanto allorchè - e non è tale il caso di specie - vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all'ufficio dei medesimi e quindi su un diritto spettante alla persona investita della carica di consigliere (ad esempio scioglimento del Consiglio comunale e, fattispecie richiamata dal TAR, nomina di un commissario ad acta). 7. Per le ragioni che precedono, l'appello delle Ferrovie dello Stato appare fondato nella parte in cui si deduce la rinammissibilità del ricorso in primo grado per difetto di legittimazione e di interesse in capo a tutti i ricorrenti.
Risultano conseguentemente assorbite le ulteriori questioni di merito proposte negli appelli in epigrafe e la ulteriore questione in rito (inammissibilità del ricorso cumulativo) proposta nell'appello del Comune di Monza.
In accoglimento dell'appello della società Ferrovie dello Stato, il ricorso in primo grado va dichiarato inammissibile. Quello del Comune di Monza risulta invece improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo diretto contro sentenza come sopra riformata.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

8. Il dispositivo della decisione viene depositato ai sensi dell'art. 23 bis, comma 6, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come inserito dopo l'art. 23, dall'art. 4 della legge 21 luglio 2000, n. 205,in quanto il giudizio ha per oggetto l'approvazione di un progetto esecutivo di opera pubblica, comportante dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità dell'opera stessa (art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1).

PQM

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V), riuniti gli appelli in epigrafe,: - accoglie l'appello delle Ferrovie dello Stato (n. 8774/2000); - dichiara improcedibile l'appello del Comune di Monza (n. 7330/2000); - per l'effetto, dichiara inammissibile il ricorso in primo grado; - compensa le spese dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


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